Note al capitolo

Questo è il mio primo tentativo di fanfic su Tonks e Lupin; beh, in effetti è il mio primo tentativo di fanfic in assoluto!

 

Un uomo osservava il suo riflesso contro il vetro bagnato che gli restituiva un volto stanco, segnato da numerose cicatrici, le gocce di pioggia così simili a lacrime. Remus Lupin guardava la strada deserta al di là della finestra, senza realmente vederla. La sua mente era ingombra di pensieri, quelli tristi uniti a quelli felici. Chiudendo gli occhi, con il solo rumore della pioggia che picchiettava contro il vetro sporco, avrebbe potuto immaginare di trovarsi in un altro posto, forse anche in un'altra epoca, magari tornare a quel pomeriggio di tanti anni prima in cui era rimasto ad osservare la tempesta dalle finestre della Sala Comune, mentre i suoi amici scherzavano accanto al fuoco, accoccolati sulle comode poltrone di velluto scarlatto. James era da poco rientrato da un allenamento di Quiddich ed era completamente fradicio. Senza che nessuno se ne fosse accorto, aveva indossato il suo mantello dell'invisibilità ed aveva combinato ogni sorta di guaio, mettendo a soqquadro l'intero dormitorio prima di essere tradito dalle sue stesse impronte bagnate. Era stata Lily a smascherarlo per prima e si era rivolta a lui perché punisse il colpevole, ma Remus aveva alzato le spalle, invitando la ragazza a godersi quel pomeriggio di riposo. Subito una mano si era posata sulla sua spalla e una voce fiera aveva commentato: «Ben fatto, amico!»

... Sirius.

 Prima James e poi lui.

Remus appoggiò la fronte accaldata contro la superficie gelida del vetro, cercando un po' di sollievo. Sembrava che fosse passata una vita intera. E forse era così, ma gli anni non cancellano i ricordi. Quella stretta allo stomaco che aveva provato per la prima volta sedici anni prima e che da allora non lo aveva mai abbandonato, si era rafforzata nell'ultimo periodo. Nessuna sorpresa, visti gli ultimi tragici avvenimenti. Arthur, Molly e gli altri membri dell'Ordine avevano cercato di consolarlo, spiegandogli che la perdita di Sirius era ancora troppo recente, ma che presto il dolore si sarebbe attenuato, che non avrebbe fatto sempre così male. Ma lui sapeva che non sarebbe stato così. Non lo era stato per James e non lo sarebbe stato neppure per Sirius. Avrebbe dovuto imparare a convivere con questo nuovo peso sul cuore, perché ora dei Malandrini era rimasto soltanto lui.

Perché? Se lo era chiesto talmente tante volte che era diventato una specie di ritornello, un pensiero fisso che di tanto in tanto attraversava la sua mente... Perché? Un giorno aveva anche trovato la risposta, ma questo non aveva fatto che aggravare la sua sofferenza.

Lui era vivo perché aveva rischiato di meno. Perché non si era esposto, non come i suoi amici, almeno. Talora gli sembrava di poter avvertire la presenza di James vicino a lui, intento a guardarlo con un'espressione così colma di rimprovero da fargli abbassare lo sguardo, pieno di vergogna e di rimorso. Ora c'era anche Sirius al suo fianco. E poi c'era lei, Lily... neppure da morta riusciva ad essere sgarbata con lui, ma anche i suoi occhi erano duri... Gli chiedeva, di tanto in tanto, di prendersi cura di Harry, ma anche questo sembrava non riuscirgli bene: da quando si era allontanato da Hogwarts gli era stato sempre più difficile seguire i passi del ragazzo.

Un fracasso improvviso nel corridoio lo distolse dai suoi pensieri. Remus si mise in ascolto, pronto ad estrarre la bacchetta, qualora ce ne fosse stata la necessità. Un tonfo sordo, come di qualcosa di grosso che si abbatte con violenza sul pavimento e poi...

«Ma porca... miseria!» un'imprecazione. «Ma perché deve capitare sempre a me?»

«Chi c'é?» domandò ansiosa Molly, le cui parole giunsero attutite dalla cucina.

«Sono io, tranquilla!» le gridò in risposta il nuovo visitatore. «Arrivo subito, mi tolgo solo il mantell...»

Un altro tonfo, ancora più potente del primo e un'altro commento, pronunciato con troppo foga, fecero improvvisamente risvegliare il terribile ritratto della Signora Black, che iniziò a lanciare maledizioni per tutto il corridoio.

«TRADITORI DEL PROPRIO SANGUE, FECCIA BABBANA...»

«Oh, no!» 

Tonks. Come sempre era arrivata in grande stile.

Remus si lasciò sfuggire un sorriso ed ebbe l'impressione che, se Sirius avesse potuto trovarsi in quella stanza insieme a lui, lo avrebbe condiviso.

Quel sorriso si spense immediatamente quando Lupin capì che avrebbe dovuto occuparsi personalmente della Signora Black. Tonks si era precipitata al ritratto, ma il suo pronto intervento aveva, se possibile, peggiorato la situazione.

«Zia, ora smettila!» stava infatti sbraitando la ragazza. «Non eri simpatica neanche da viva, ma ora stai esagerando!» commentò, cercando di richiudere le tende.

«TU, VERGOGNA DELLA FAMIGLIA... TU, IMMONDA MEZZABABBANA...»

«Lascia, faccio io» si offrì Remus, dopo averla raggiunta.

«Oh, ciao Remus!» lo salutò la ragazza un po' imbarazzata, ritirando la mano che stava cercando di chiudere la bocca alla vecchia megera. «Non sapevo fossi in casa...»

«Tonks».

«Aspetta, ti aiuto» disse ancora risoluta, afferrando un lembo della grossa tenda scura di broccato.

Remus le fece un cenno ed entrambi tirarono con forza, avvicinando le due metà della stoffa. A dirla tutta, Tonks ci mise un po' troppa energia, cosicché finì dritta addosso a Remus che, quasi aspettandoselo, la sostenne senza battere ciglio.

«Ops, scusa... sono troppo forte!» scherzò la ragazza, ma le guance le si colorarono leggermente.

«Non ti preoccupare, non ce l'avrei fatta da solo».

Tonks azzardò uno sguardo su di lui e, trovandolo sincero, lo ringraziò con un ampio sorriso.

«Che facevi di bello?» chiese subito dopo, mentre i due si incamminavano verso la cucina.

«Sistemavo delle cose al piano di sopra, sai... questa casa rivela sempre qualche sorpresa!»

«Sempre al lavoro, eh professore?» lo canzonò lei, mentre Lupin distoglieva lo sguardo.

Molly la accolse con le mani piene di sapone.

«Uh, ci penso io!» esclamò subito Tonks, avvicinandosi al lavello pieno di piatti sporchi; ma cogliendo l'espressione agitata della donna si fermò.

«Ecco, cara...»

Molly sembrava pensare rapidamente.

 «Pensavo che forse potresti aiutare Remus a sbarazzarsi di quel molliccio che abbiamo trovato in soffitta. Un compito sicuramente più interessante per un giovane Auror come te...»

Tonks seguì docilmente Lupin, mentre questo la accompagnava ad affrontare il suo nemico, ma una parte di lei sembrava rimuginare su quanto era appena accaduto. Remus, osservandola con la coda dell'occhio, notò che si torceva le mani, immersa nei propri pensieri.  

«Molly farebbe qualsiasi cosa per tenermi lontana dalle faccende domestiche...» sbuffò, salendo le scale. «Insomma, so di essere un tantino maldestra... però in fondo vorrei solo potermi rendere utile».

«Tu ci sei utile» ribatté Lupin, cedendole il passo di fronte all'entrata della soffitta. «Sei un Auror e lavori al Ministero. Sei una continua fonte di informazioni preziosissime».

«Grazie».

La ragazza gli posò una mano sulla spalla, prima ancora che lui potesse allontanarsi con qualche scusa.

«Grazie, davvero» ripeté quella, stringendo un po' la presa. «Da quando Sirius non c'è più... » iniziò, senza però riuscire a continuare.

Remus, si ritrovò a scrutare il suo volto, individuandovi i segni di quella medesima sofferenza che doveva essere stampata sul suo stesso viso.

«So bene che io non lo conoscevo da tanto...» riprese Tonks, quasi intuendo i suoi pensieri. «Però Sirius era una di quelle persone che ti entrano dentro subito... Scusa!» aggiunse subito, notando il turbamento di Remus a quel suo "era".

«Non fa niente».

La sua voce suonò più sconsolata del previsto, mentre gli occhi della ragazza si posavano su di lui. Lupin si costrinse ad affrontarli, sicuro di trovare sul suo volto la stessa, insopportabile, espressione piena di compassione che spesso gli rivolgevano i suoi compagni.

«Davvero, Tonks, non fa...» ripeté determinato.

La ragazza lo stava guardando, ma il suo sguardo era deciso. Non vi era traccia di pietà, forse vi si poteva scorgere solo un po' di preoccupazione.

«Vorrei che tu sapessi che non sei solo» disse, tutto d'un fiato. «Noi ci siamo, se hai bisogno. In qualunque momento. Puoi chiamarmi quando vuoi!» insistette. «Puoi mandarmi un gufo, se preferisci, e comunque sappi che il camino di casa mia è sempre libero e adora le visite».

Quest'ultimo commento fece ridere Remus, ma la ragazza non sembrò pronta a demordere.

«Parlo sul serio! Anch'io so cosa vuol dire perdere una persona cara; so come ci si sente dopo...»

Lupin decise di interrompere quella discussione penosa per entrambi.

«Tonks, grazie... ma non ce ne sarà bisogno. Sto bene».

«Sì... quanto una salamandra cieca alla luce di mezzogiorno!»

Non aveva voluto dirlo veramente, ma di fronte all'aria affranta dell'uomo non era riuscita a trattenersi.

«Sto bene!» ripeté quello, sempre senza guardarla, con una nota di impazienza nella voce.

Tonks si rese conto di essersi spinta troppo in là; già era strano riuscire finalmente a parlargli a quattrocchi, ma era meglio non approfittarne troppo. Eppure... qualcosa le impediva di rimanere zitta, di accettare in silenzio le sue menzogne.

«Senti, tu c'eri quando io avevo bisogno di aiuto» proclamò in tono spiccio. «Sei stato l'unica persona che sia riuscita ad ascoltare finché ero al S. Mungo. Ora tocca a me starti vicino».

«Nessuno deve starmi vicino, Tonks, perché io...» provò di nuovo Lupin, con tono stanco.

«Stai bene, sì... lo hai già detto».

La ragazza di fronte a lui sorrise, notando la strana espressione che si era dipinta sul suo volto.

«Non ti arrendi mai, vero?»

«Mai».

Remus scosse la testa, sconfitto.

«Non ti devi preoccupare per me» sussurrò, guardandola con un misto di tenerezza e di ansia.

«Qualcuno lo deve pur fare, Remus...» la sua voce era appena udibile «e vorrei essere io».

Lupin non comprese il significato di quell'ultima frase, ma non poté chiedere spiegazioni a colei che l'aveva pronunciata dal momento che la loro conversazione fu bruscamente interrotta: qualcosa, dentro l'armadio alle loro spalle, aveva iniziato a muoversi violentemente, facendolo oscillare pericolosamente.

«Già... il Molliccio... siamo qui per questo» disse Remus rapidamente. Fece per estrarre la sua bacchetta, ma Tonks gli afferrò il braccio costringendolo a fermarsi. Per qualche strana ragione la ragazza stava sorridendo.

«Me ne libero da sola» disse, puntando la bacchetta contro l'armadio sobbalzante.

«Sicura?»

«Non sarò brava come te, Prof., ma sono pur sempre un Auror!» si difese.

«Come vuoi, Ninfadora...»

Lo aveva fatto volontariamente. Aveva detto la parola magica. La ragazza, che tanto disprezzava il suo nome, gli puntò contro la bacchetta con aria oltraggiata.

«Come osi?» sibilò indignata. «Quante volte devo dirti di non chiamarmi così?»

«E quante volte devo dirti che non ho bisogno di un'infermiera?»

Remus la lasciò mentre ancora lo fissava sbalordita. Scendendo le scale poté ascoltare il suo respiro irregolare divenire sempre più flebile, man mano che la soffitta si allontanava dietro ai suoi passi.

Tonks... Era una ragazza stupefacente e la prova evidente che le apparenze spesso ingannano. Non avrebbe mai trovato il coraggio di ammetterlo di fronte a lei, ma da tempo si era accorto di averla giudicata male. Quando l'aveva incontrata la prima volta l'aveva trovata quantomeno bizzarra. Il suo aspetto anticonvenzionale - i Babbani lo avrebbero definito rock - l'aveva tratto in inganno, proprio lui che conosceva molto bene quali abissi possano aprirsi tra l'essere e l'apparire. All'inizio aveva visto in lei solo una ragazzina spiritosa e inesperta, ma presto aveva capito che possedeva tante qualità: era intelligente e coraggiosa e leale; una presenza fondamentale per l'Ordine, nonostante la giovane età. A volte pensava che si stesse esponendo a rischi troppo grossi, ma non riusciva ad immaginare le riunioni a Grimmauld Place senza di lei: certo ci sarebbero stati meno disastri, ma l'umore generale sarebbe stato molto più grigio. Tonks possedeva il dono dell'allegria e la sua risata era contagiosa. Sapeva risolvere con una battuta di spirito anche le situazioni più spiacevoli e stare accanto a lei riempiva il cuore di gioia. Nessun dubbio sul perché Sirius tenesse così tanto a lei: gli aveva detto che era figlia della sua cugina preferita, l'unica della famiglia con cui era rimasto in buoni rapporti. Qualche giorno prima di morire gli aveva chiesto di tenerla d'occhio quando partecipavano insieme a qualche missione.

«È ancora giovane e ha lo spirito dei Black!» aveva spiegato Sirius. «Sarei più tranquillo sapendo che è sotto alla tua tutela».

Sirius gli aveva chiesto di proteggerla ed ora era lei a volersi occupare di lui... quei due erano proprio cugini! Sapevano pensare agli altri prima che a se stessi ed erano pronti a fare qualsiasi cosa per le persone a cui volevano bene. Ma non poteva permetterle di affezionarsi troppo a lui: era naturale che la morte di Sirius l'avesse sconvolta, tuttavia non era una buona idea per lei cercare di diventargli amica. Aveva fatto una promessa a Sirius e l'avrebbe mantenuta: avrebbe fatto quanto in suo potere per difenderla, ma le sarebbe rimasto lontano. Per come stavano le cose in quel momento, era la miglior cosa che potesse fare per lei: Silente gli aveva annunciato di volerlo coinvolgere in una missione delicata, sulla cui entità si era già fatto un'idea abbastanza precisa. Tonks aveva appena perso un cugino, non meritava di perdere anche un amico. Meglio dunque che restassero colleghi, com'erano stati sino a quel momento. Questo l'avrebbe tenuta fuori dai guai, come Sirius aveva chiesto.  

Eppure... per un attimo, quando gli aveva offerto il suo aiuto in cima alle scale, Tonks gli aveva ricordato una persona: Lily, l'unica vera amica che avesse mai avuto. Entrambe erano così cocciute quando si mettevano in testa una cosa, che era difficile farle desistere. Come Lily, anche Tonks non sembrava spaventata dalla sua condizione, di cui certamente era a conoscenza. Non ne avevano mai parlato direttamente, ma non c'era paura nei suoi occhi quando lui le annunciava di doversi preparare ad una nuova notte di luna piena; non tremava quando gli stava vicino... Prima gli aveva anche appoggiato una mano sulla spalla, replicando senza saperlo un gesto che era stato tipico di Sirius...

Lupin si bagnò il viso con dell'acqua fresca, fissandosi allo specchio. Non doveva ripetere l'errore di Sirius, che aveva cercato nel giovane Harry tracce del carattere di suo padre. Sirius era morto e Tonks non poteva sostituirlo. Non spettava a lei. Ma anche senza voler vedere in lei il fantasma dell'amico perduto, Remus sapeva quanto sarebbe stato facile esserle vicino. La sua spontaneità, così diversa dal suo carattere introverso, lo attirava irreparabilmente; il suo umorismo era l'unica cosa che riuscisse ancora a rischiarare le sue giornate. Era consapevole di dover reprimere la naturale simpatia che aveva iniziato a nutrire nei suoi confronti e sapeva di essere perfettamente in grado di controllare i suoi sentimenti... tuttavia la faccenda si sarebbe complicata, qualora la ragazza si fosse veramente messa in testa di occuparsi di lui. Se avessero iniziato a frequentarsi di più, avrebbero finito con l'imparare a conoscersi e qualcosa gli diceva che Tonks, proprio come Sirius, fosse una di quelle persone che, per citare le sue stesse parole, "sanno entrarti dentro"...

Un grido lo distolse dalle sue preoccupazioni. Remus udì dei singhiozzi provenire dalla soffitta. Tonks! Il tempo di materializzarsi e la vide accoccolata ai piedi del corpo di un uomo.

«Tonks!» gemette Lupin, aiutandola ad alzarsi. «Tonks, che succede?»

La ragazza non sembrava in grado di rispondere; continuava a piangere convulsamente, senza distogliere gli occhi dall'uomo che giaceva a terra.

«Oh, Remus!» riuscì infine a pronunciare. «Mi dispiace, mi dispiace tanto... non riesco neanche ad affrontare un Molliccio...»

 «Non ti devi preoccupare, i Mollicci sono creature peggiori di quanto siamo soliti presumere» disse lui in fretta, sperando di poterla rincuorare.

La ragazza alzò gli occhi su di lui e, consideratolo per un attimo, gli gettò le braccia al collo.

«Oh, Remus!» fu tutto quello che riuscì a ripetere, singhiozzando sulla sua spalla.

Per qualche istante Lupin rimase perfettamente immobile, senza sapere come comportarsi. Poi però, visto che Tonks continuava a piangere ripetendo il suo nome, decise che fosse il caso di cambiare atteggiamento. Gettata un'occhiata verso la porta, le cinse la vita con le braccia, stupendosi di quanto quel gesto gli fosse risultato facile. Per un attimo temette di aver esagerato, perché gli sembrò che Tonks si irrigidisse, ma subito dopo la ragazza si strinse ancora di più a lui, circondandolo a sua volta con le braccia. E fu allora che Remus realizzò a pieno la situazione: si stavano abbracciando. Gettando un'altro sguardo preoccupato alla porta, cercò di staccarsi gentilmente da Tonks, ma quella sembrava decisa a non abbandonare la sua posizione e, peggio ancora, non aveva ancora smesso di piangere.

«Tonks, avanti» provò il professore, sussurrandole qualche parola di incoraggiamento all'orecchio. «Ti va se ci sbarazziamo insieme di questo Molliccio?».

Gli occhi ancora umidi della ragazza si posarono sui suoi, rivelandogli un'espressione strana, distante, come quella di chi si sveglia improvvisamente da un sogno.

«Certo...» disse lentamente, «il Molliccio...».

 Scioltasi dal suo abbraccio, frugò con impazienza nelle tasche, alla ricerca della bacchetta.

Remus, avvistandola sul pavimento vicino al Molliccio che giaceva ancora in attesa, si offrì di recuperala.

«Ti è caduta a terra» disse, indicandola. «Lascia, faccio io» aggiunse, mentre la ragazza stava già per chinarsi.

Non appena Lupin si fu avvicinato al Molliccio, la creatura prese a contorcersi, scossa da violenti tremori, fino a quando di fronte a loro non apparve un grande cerchio argenteo, luminoso, che il professore affrontò con un secco «Riddiculus!», a cui fece immediatamente eco l'incantesimo della fanciulla, pronunciato con una strana rabbia. Il Molliccio sembrò indeciso per qualche istante, incerto sulla forma da assumere, e poi sembrò percepire nella ragazza la fonte maggiore di paura, perchè tornò a trasformarsi in quel corpo che poco prima l'aveva tanto spaventata. Desideroso di conoscere che cosa avesse potuto turbare in quel modo Tonks, Lupin fece qualche passo in avanti, scoprendosi del tutto impreparato alla vista di quanto si disponeva di fronte ai suoi occhi.

C'era un cadavere, disteso ai suoi piedi. Il cadavere di un uomo vestito in abiti consunti, ingialliti dalle intemperie e dagli anni. Per un attimo, Lupin pensò con orrore di trovarsi di fronte al corpo di Sirius, e non se la sentì di spingere il suo sguardo fino al volto di quella creatura demoniaca. Poi qualcosa attirò la sua attenzione: c'era una cicatrice sulla mano destra del cadavere, una cicatrice identica alla sua. I suoi occhi cercarono quelli del morto, che giacevano ancora aperti, ma privi di vita. Anche quelli erano identici ai suoi, così come i capelli, il naso, la bocca, le antiche cicatrici che ne rovinavano il volto.

«Riddiculus!» fece ancora una voce alle sue spalle, frantumando in mille pezzi quel corpo da cui Lupin non riusciva a staccare gli occhi di dosso.

L'esplosione del Molliccio procurò un grosso baccano, seguito da un silenzio di tomba. Remus, ancora perplesso, non osava alzare gli occhi dal pavimento.

«Be', ora lo sai».

La voce di Tonks era sicura, quasi allegra.

Lupin si decise a guardare verso di lei e si accorse che era al suo fianco.

«Ora lo sai» ripetè quella, sfiorandogli la guancia con una mano. «Meglio così, no?» insistette. «Uno dei due, prima o poi, deve decidersi a rompere il ghiaccio. Certo, speravo fossi tu, però va bene lo stesso».

Remus si alzò all'improvviso, forse un po' troppo bruscamente. Si avvicinò istintivamente alla porta, ma poi pensò che fosse meglio tornare indietro. Tonks studiava con attenzione i suoi movimenti, a metà tra il divertito e il preoccupato.

«Capisco che tu possa sentirti un po' frastornato» disse «però è più di un minuto che sei zitto. Forse ora dovresti dire qualcosa».

«Di cosa stiamo parlando, Tonks?» riuscì a mettere allora insieme Lupin, a cui si era prosciugata la saliva.

«Di noi due!»

Tonks lo guardava stupita, come un insegnante di fronte ad un allievo brillante che improvvisamente si riveli invece particolarmente stupido.

«Noi... due?»

«Remus!» lo rimproverò, invitandolo alla riflessione. «Hai visto il Molliccio: ha preso la forma del tuo cadavere. Ergo la mia peggiore paura è che tu muoia, ergo...» si interruppe, invitandolo a continuare la frase, ma Lupin sembrava incapace di spicciare parola.

«Ergo io ti amo» concluse lei, come se gli avesse appena spiegato un teorema matematico.

Il professore dovette impallidire di colpo perché la ragazza accorse immediatamente al suo fianco per sorreggerlo, quasi temesse che potesse svenire da un momento all'altro.

«Sto bene, sto bene» assicurò in fretta alzando le mani, senza permettere a Tonks di toccarlo.

«Lo sai, stai diventando monotematico...» fece quella, strizzando un occhio.

Remus agitò la bacchetta e fece apparire dal nulla due sedie, che si premurò con cura di posizionare ad una certa distanza l'una dall'altra. Accomodatosi sulla propria, con un debole gesto della mano invitò Tonks a fare altrettanto, ma la ragazza sembrò pensarci un attimo e quindi estrasse la bacchetta, puntandola dritta contro Lupin.

«Ora, non ti spaventare» annunciò, dandosi un certo contegno. «Che Molly ci creda o no, ho fatto notevoli progressi in questo genere di incantesimi» e, chiudendo gli occhi per trovare una maggiore concentrazione, pronunciò a mezza voce una piccola formula, che trasformò all'istante la sedia su cui giaceva Remus in un divano a due posti.

«Dunque...» riprese, quando si fu accoccolata vicino a lui. «Dove eravamo rimasti?»

«Tonks!» strillò Lupin, quando la ragazza posò la mano sul suo braccio, facendola sobbalzare.

«Ma sei pazzo?!» si difese quella, portandosi una mano al petto. «Vuoi farmi morire di paura?! Ti ricordo che sino a qualche istante fa il morto eri tu!».

«Tonks, ascoltami».

La voce di Lupin si era fatta seria, grave quasi, tanto che la ragazza si spaventò sul serio.

«Tonks, ascoltami bene e rispondimi onestamente: tu stavi scherzando prima, vero?»

Lo sguardo di Lupin esprimeva chiaramente tutta la sua angoscia, nonostante fosse posato sui cuscini fucsia del divano creato da Tonks.

«Quando ho detto che ti amo?»

Neppure la ragazza se la sentiva più di giocare: le cose non stavano andando proprio come se l'era immaginate.

Lupin annuì, preoccupato, poi notando che Tonks si accingeva a rispondere, la interruppe per una precisazione che gli stava particolarmente a cuore.

«Riflettici bene, Tonks, perchè se la tua risposta è sì allora possiamo farci insieme una bella risata, ma se per caso... se eventualmente... » disse Remus, lottando per continuare. «Se invece la tua risposta fosse no, allora avremmo un problema».

«Non abbiamo nessun problema, Remus» disse Tonks, ma c'era una nota fredda che stonava nella voce di solito così armoniosa.

«Bene» la incoraggiò in ogni caso Lupin.

«Ma io ti amo, lo stesso. Per davvero» aggiunse, vedendo l'uomo distogliere adirato lo sguardo da lei.

«Spiegami qual è il problema!» insistette la ragazza, notando l'impazienza del suo compagno, che si era rannicchiato nell'angolino più lontano del divano.

«Al diavolo questo sofa» sbraitò Tonks, muovendosi verso di lui. «Avrei dovuto farlo più piccolo!»

«Tonks, ti prego» implorò lui, sentendo il proprio ginocchio vicino a quello della ragazza.

«Dimmi qualcosa, Remus!» lo pregò a sua volta Tonks, afferrandogli il volto con entrambe le mani per costringerlo a guardarla. «Parla con me!»

E così Lupin fu costretto a guardarla, ma non appena ebbe incontrato i suoi occhi, non riuscì più a pronunciare una parola, neppure uno di quei rifiuti che da qualche minuto affollavano la sua mente. La ragazza si rivelò più abile di lui, perché colse quel suo piccolo istante di esitazione, per posargli le labbra sulle sue. Per un attimo Lupin dimenticò tutto, persino il colossale guaio in cui sarebbe andato a cacciarsi se non avesse posto subito fine a quella storia. Ma poi Tonks si staccò da lui, anche se solo per abbracciarlo.

«Sì...» la sentì mormorare vicino al suo orecchio. «Ora le cose stanno decisamente andando come le avevo immaginate».

«Tu lo avevi... immaginato?» farfugliò Remus, prendendo il tempo necessario per riprendersi.

«Oh, certo... due o tre mila volte...» fantasticò la fanciulla, perdendosi momentaneamente nei suoi pensieri.

Note di fine capitolo

Cari lettori,

se la storia vi è piaciuta lasciatemi un commentino! ^_^

Grazie a tutti!!!

M.

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