Bacchette e Libertà di aleck
Hermione tenta di instaurare un regime simil-sovietico ad Hogwarts.

Neville rivela ad Harry un terribile segreto, mentre tra imbarazzanti equivoci proseguono anche gli amori, in un'Hogwarts che messa alle strette si difende con la sua arma finale...
Categoria: Post-HBP Personaggi: [+] Tutti
Era: Harry a Hogwarts (1991-1998)
Generi: Comico
Lunghezza: A Capitoli
Pairing: Nessuno
Avvertimenti: AU (Alternate Universe)
Sfide: Nessuno
Series: Bacchette e Libertà: Hogwarts Revolutions
Capitoli: 7 Completa:Parole: 8997 Read: 38675 Pubblicata: 13/01/07 Aggiornata: 18/01/07

1. Capitolo 1 di aleck

2. Capitolo 2 di aleck

3. Capitolo 3 di aleck

4. Capitolo 4 di aleck

5. Capitolo 5 di aleck

6. Capitolo 6 di aleck

7. Capitolo 7 di aleck

Capitolo 1 di aleck
Harry non aveva mai visto un'alba simile, sul lago di Hogwarts.
Il sole, che si apprestava a sorgere dietro la Foresta Proibita, incendiava la superficie del lago con riflessi poeticamente, meravigliosamente, inequivocabilmente rossi.
Al suo fianco c'era la sua compagna di tante avventure, Hermione Granger, che osservava l'astro sorgente con sguardo rapito.
"Ti starai chiedendo come mai ho chiesto di vederti proprio qui, all'alba, dove nessuno ci potesse sentire..." disse lei.
Harry sobbalzò, come risvegliandosi da un sonno profondo. Probabilmente, visto quanto poco aveva dormito, si era addormentato sul serio. "Ti prego", pensò subito, "fa che non sia l'ennesima stupidissima e dolcissima fanfiction in cui mi metto insieme ad Hermione...".
"Il sole a quest'ora ci inonda dei primi raggi di luce, i più preziosi della giornata, che ci sciolgono dal tenero abbraccio delle tenebre della notte", proseguì lei.
"Sì, ne ho sentito parlare", le rispose Harry imbarazzato, che non sapeva evidentemente cosa dire, ma lei lo ignorò e proseguì.
"L'alba, quest'alba rossa... è stato durante un'alba come questa che ho pensato che in fondo a me sentivo che le cose avrebbero potuto cambiare, che ci stavamo impedendo di essere davvero felici..."
Lo sguardo di Hermione era puntato ipnoticamente al di là del lago, della Foresta Proibita, di Hogwarts e di ogni possibilità di essere interpretato, ma Harry sentiva che da un momento all'altro si sarebbe girata verso di lui e socchiudendo le labbra gli avrebbe sussurrato: "Baciami, Harry, e vediamo se un bacio è davvero meglio della lettura di un paio di paginette di 'Historia delle maximae incantationi inutili et dannose' prima di dormire..."
Harry si era preparato a lungo a quel momento.
Aveva fatto anche delle prove del discorso da farle dopo il lungo e morbido bacio che si sarebbero dati.
All'inizio aveva pensato di farlo davanti a Mirtilla Malcontenta, ma lei continuava a piangere e ad urlare: "Nessuno mi ha mai detto cose così belle, a me! A me dicevano tutti che ero brutta e quattr'occhi! Buaaahh!" e quindi aveva proseguito da solo davanti ad uno specchio, e tutto era andato meglio in quanto era bastato ignorare le smorfie che faceva la sua immagine riflessa alle parole 'amore', 'sentimento', 'come un barile di burrobirra bevuto troppo in fretta e a stomaco vuoto', e altre mielose locuzioni.
In quel momento, tanto intenso che anche il sole si era fermato per un attimo prima di spuntare del tutto da sopra le chiome degli alberi per spiare se finalmente si sarebbero baciati oppure no, sbucò fuori di corsa Ron Weasley, che arrivava trafelato dalla scuola.
"Scusa, Hermione, eccomi q...ehi!!"
Harry ed Hermione si voltarono insieme verso Ron, che li fissava con uno sguardo che non sarebbe stato meno sconvolto se davanti ai suoi occhi avesse avuto la McGranitt che si accoppiava con un gigantesco gorilla.
Harry distolse subito lo sguardo, con la fastidiosa sensazione di essere diventato non meno rosso dell'alba di Hermione, mentre quest'ultima sorrise e disse: "Finalmente Ron, ti stavo aspettando"
Ron, pietrificato sul posto, non riusciva a parlare: "Ma...tu...mi avevi detto che volevi incontrarmi a-all'alba...che non volevi ci sentisse nessuno...Io..."
Anche se adesso cercava di nasconderlo, era assolutamente evidente che il ritardo era dovuto al tentativo di pettinarsi, profumarsi e vestirsi, compatibilmente con il suo guardaroba non certo all'ultima moda, in modo almeno decente.
Il cervello di Harry, già messo a dura prova da anni di sforzi e avventure, fece un impercettibile 'tlic' e gettò la spugna dei ragionamenti.
"L'alba rossa è simbolo della libertà che nasce", disse Hermione, e si alzò a prendere Ron per mano e ad accompagnarlo di fianco ad Harry, che di colpo saltò in piedi e con un tono di voce che voleva apparire il più fermo possibile ma che tradiva una scomposta tempesta interiore disse: "Il triangolo no, non l'avevo considerato!" (nella sua testa, e solo nella sua testa, si disse anche: "d'accordo ci proverò, la geometria non è un reato...").
"In fondo è vero, siamo stati un terzetto molto unito fin dall'inizio della prima" proseguì Harry, "ma in questo modo rischiamo di buttare all'aria tutti i nostri equilibri, sai benissimo di piacere un sacco sia a me che a Ron, e nell'alba rossa che profuma di libertà ti ringraziamo della tua generosa e apprezzabile disponibilità a non scontentare nessuno, però potevi dircelo prima che... ecco... anche psicologicamente voglio dire...io...Ron..."
Ron, che sembrò risvegliarsi da un Petrificus Totalus, mise in atto una vecchia strategia di sopravvivenza e si finse morto.
Hermione li guardò con gli occhi sgranati, poi con un gesto della mano spazzò via ogni discorso e con uno sguardo che non lasciava presagire nulla di buono disse: "Vi informo che non avete capito un accidente. Se sentite la mancanza di intrighi sentimentali, triangoli e pozioni d'amore, leggetevi Strega Moderna o una delle mille fanfiction sul tema. Qui si parla di questioni serie, è in gioco la libertà, la democrazia, e i diritti di tutte le creature del mondo magico".
Harry si lasciò cadere a terra a peso morto, come se volesse sperimentare coi suoi occhi la validità della legge di gravità.
Si riprese subito e cercando di non pensare a quello che aveva detto un attimo prima, conscio che avrebbe avuto molti momenti migliori per pentirsene, cercò di recuperare dicendo: "Hai ragione, Hermione, scusa, è più importante che pensiamo a come sconfiggere Voldemort, ora".
"Voldemort?", rispose Hermione, "Il pallido e squamoso finocchione via di testa? Dai, Harry, non dirmi che ti interessa veramente quell'imbecille... Lasciamolo a quella traditrice della Rowling..."
"Ehi, che ti ha fatto la Rowling?", spuntò fuori Ron, che evidentemente non era morto per davvero. "Lei è...è a posto".
Ron nutriva molta stima per J.K. Rowling da quando era riuscito a convincerla, dopo cinque libri, a scrivere un po' di scene in cui lui pastrugnava con una ragazza. Inizialmente si era dovuto far spiegare cosa volesse dire "pastrugnare", perché era una parola che in vita sua non aveva mai sentito, ma dopo poche righe si era accorto che gli piaceva un sacco.
Si era trattato, a dir la verità, di un compromesso tra la Rowling che avrebbe voluto riservare alla sessualità di Ron un capitoletto nel settimo libro in cui Harry scopre sotto il materasso dell'amico una copia di 'Bacchette Bollenti' e lo prende in giro per parecchie pagine, e il desiderio di Ron che avrebbe voluto invece cospargere l'azione di focose studentesse che dopo ogni sua azione più che dignitosa a Quidditch gli si lanciavano lussuriosamente addosso strappandosi i vestiti e implorando favori sessuali, ampiamente concessi e minuziosamente descritti.
Il compromesso, considerando la forza contrattuale della penna della Rowling, era stato tutto sommato più che dignitoso.
"La Rowling non tiene in debito conto il C.R.E.P.A.", sentenziò Hermione.
"Andiamo, Ron, questa mattina abbiamo quell'importante allenamento di Quidditch che ben ricorderai" disse seriamente Harry, sollevandosi in piedi.
"Certo Harry, ricordo benissimo quell'allenamento di Quidditch proprio importante. Hai ragione".
Ron, se possibile, aveva un'espressione ancora più seria di Harry.
"Scusaci Hermione", disse Harry con un'espressione che ora voleva apparire costernata ma che assomigliava più ad una preoccupante costipazione, "ma tra cinque mesi abbiamo un'importante amichevole. Per non parlare dei compiti di Pozioni. E del fatto che non ci son più le mezze stagioni, è una situazione intollerabile. Scusaci davvero".
Si erano già allontanati di diversi passi quando una luce magica alle loro spalle li investì e sentirono Hermione gridare: "Accio Deficienti!", e una forza invisibile li riportò da Hermione, che li aspettava con la bacchetta estratta e uno sguardo ben più incendiato dell'alba che li aveva accolti in riva al lago.
"E adesso ascoltatemi per davvero, razza di infantili babbuini infoiati".
Non c'era dubbio, era proprio la loro cara amica e compagna Hermione Granger.
Capitolo 2 di aleck
"Il discorso è al tempo stesso semplice e complesso, cercate di seguire i miei ragionamenti", aveva cominciato a esporre Hermione, gesticolando come se disegnasse invisibili Sudoku nell'aria.
"Viviamo in un Paese che si dichiara democratico, ma in cui esiste un Ministero che è sconosciuto agli elettori e a buona parte del Governo stesso.
Viviamo in un Paese che si dichiara democratico, ma in cui un qualunque imbecille con un libro usato riesce a prendere voti più alti di me.
Viviamo in un Paese che si dichiara democratico ma in cui esiste uno stato ombra parallelo che non rende conto a nessuno del proprio operato.
Viviamo in un paese che si dichiara democratico, ma intanto Viktor Krum non mi scrive più e ho come l'impressione che la Rowling si sia già dimenticata la promessa di dedicare un capitolo alla mia visita a sorpresa nel suo spogliatoio di Quidditch.
Viviamo in un Paese che si dichiara democratico ma in cui, nascoste come polvere sotto i tappeti, avvengono le più palesi violazioni dei diritti fondamentali.
Viviamo in un paese che si dichiara democratico, vi dico, ma sotto sotto è il solito vecchio fascismo con la faccia ripulita, ecco cos'è".
Hermione era rossa di collera, prese fiato e proseguì. "Voldemort sta cercando di destabilizzare la situazione". "Il pallido e squamoso finocchione via di testa?", intervenne Harry.
"Proprio lui", lo fulminò con lo sguardo Hermione, "Voldemort vuole destabilizzare la situazione ma non si è reso conto di una cosa: sta cercando di uccidere un cadavere. Un cadavere in putrefazione!".
Ron cercò di immaginarsi la scena di Voldemort che infieriva su un cadavere in putrefazione ma rinunciò al primo conato.
"Questa civiltà, così come la conosciamo, è destinata a rimanere vittima della sua decadenza, con o senza la spallata che intende dargli Voldemort".
"Intendi dire", arrischiò Harry che stava provando a seguire i ragionamenti del discorso di Hermione, "che la spallata di Voldemort è una cosa in fondo positiva, perchè smuove le acque e cambia la società?"
"N-no, non ho detto questo, Harry. Voldemort è un nazistoide mentecatto, lo sai benissimo. Sto solo dicendo che non è cercando di tenere in piedi per i capelli il cadavere che lui cerca di sbudellare che facciamo un servizio alla società".
Ron sentì partire, in maniera terribilmente chiara, il secondo conato, che mandò giù con espressione disgustata.
"Possiamo però approfittare della spallata che sta dando al cadavere per unire ogni possibile nostra forza e darne una a nostra volta, una spallata definitiva, che stenda e spiaccichi definitivamente il cadavere e dalle cui viscere possa nascere una civiltà nuova, un'alba rossa di libertà. Non possiamo lasciare che i verminosi intestini di questo nostro Paese si consumino sotto gli attacchi di un branco di cretini incappucciati e di un frustrato rettiloide dall'omosessualità repressa".
Mentre Ron si era dignitosamente allontanato di un paio di passi per vomitare la colazione e l'immagine mentale dei verminosi intestini, Harry domandò, sorpreso: "Voldemort è gay, sul serio?"
Hermione lo guardò, ancora più sorpresa: "Dai, Harry, non dirmi che non te ne sei mai accorto! Lui e Peter Minus...ma è evidentissimo! Il serpente è simbolo fallico di antichissima tradizione, per non parlare di quel machismo esagerato che cerca di sfoggiare... e poi non l'hai detto tu stesso che quando vi siete incontrati alla fine del Torneo Tremaghi ti ha toccato?"
"Sì, ma non credo che...cioè, mi ha appoggiato un dito sulla cicatrice...Io... insomma, cosa hai in mente di fare?"
"La rivoluzione, Harry.
E' tempo di far sentire alta la voce di chi fino ad ora ha dovuto subire in silenzio e passivamente le ingiuste decisioni del potere.
E' tempo di sollevare gli elfi domestici e dichiarare guerra alle ingiustizie. Harry!" si alzò in piedi e puntando la bacchetta al cielo e con lo sguardo di fuoco continuò: "...e Ron. Oggi daremo inizio alla lotta per una nuova era di pace e libertà per tutti".
Ron guardò sconsolato Harry, che con gli occhi lucidi si era alzato in piedi e aveva steso un braccio dicendo: "Per la libertà, compagni".
Hermione, con un sorriso così splendente come può avere solo la figlia di due dentisti, appoggiò la mano sulla sua e disse anche lei: "Per la libertà, compagni".
Ron, consapevole che in ogni caso non aveva alternative, senza capire bene quel che si era detto fino ad allora, si alzò in piedi, appoggiò lentamente la sua mano su quella di Hermione e disse: "Per la libertà, dei ragni".
Capitolo 3 di aleck
Per prima cosa si trattava di organizzare, all'interno di Hogwarts, un'associazione di gente fidata pronta a rischiare anche la sua vita per difendere gli ideali di libertà e democrazia.
Harry, fino ad un paio di anni prima, avrebbe detto che non sarebbe stato in grado di portare avanti un simile progetto, ma dopo il successo dell'Esercito di Silente non aveva dubbi che ce l'avrebbe fatta anche questa volta. Cominciò con colui che non poteva tradirlo, con il più appassionato membro dell'ES, Neville Paciock.
L'occasione buona si presentò due giorni dopo il discorso con Hermione sulla riva del lago, al ritorno da un meraviglioso pranzo in Sala Grande.
Erano nella camerata, e non c'era nessun altro che potesse ascoltare.
"Neville, devo parlarti di una cosa importante, ti prego di ascoltarmi".
Neville si sedette sul suo letto con un'espressione che poteva dire tanto "dimmi Harry sono tutto orecchi" quanto "ma anche no".
Harry in ogni caso si impegnò al massimo nel presentare meglio che poteva il progetto rivoluzionario di Hermione, cercando però di non essere radicale come lei, per dare a Neville l'idea che il progetto fosse il più possibile simile a quello che era stato l'ES di due anni prima. A differenza di quello che si aspettava, però, Neville non si lasciava convincere.
"Parrebbe quasi che tu abbia paura, Neville!", lo rimproverò Harry.
"Ma io HO paura, se non te ne sei accorto. Te l'ho ripetuto già almeno dieci volte, Harry. Questo è un affare per te: il Sopravvissuto, l'Eletto. O per Hermione, che quando si mette in testa una cosa non si smuove più per niente al mondo, ma non per me. Sai che mi piacerebbe esserti di aiuto, ma non sono il tipo".
"Ascolta, Neville, c'è una cosa che devo dirti... Silente mi aveva fatto promettere di non dirti nulla, ma trovo sia più giusto che tu sappia..."
Gli occhi di Neville si alzarono ad incontrare quelli di Harry. Dopo un attimo di silenzio, Harry proseguì: "La profezia, quella che avevamo cercato di salvare al Ministero, avrebbe potuto parlare indifferentemente di te o di me. Per qualche ragione Voldemort scelse me, ma a tuo modo sei ugualmente un sopravvissuto... o un eletto. Sarebbe bastato che Voldemort scegliesse te, e ora probabilmente al mio posto ci saresti tu, e tutto sarebbe stato diverso. Siamo legati da un destino ironico e crudele, e adesso dobbiamo lottare uniti, di nuovo!"
Neville fissò Harry senza parlare, poi sospirando disse: "Grazie, Harry, ma lo sapevo già. E so una cosa che nemmeno Silente può averti detto, una cosa che nemmeno lui sapeva".
Harry, il cui colpo segreto ad effetto per convincere Neville a questo punto era andato a meretricio, si preparò ad ascoltare quale altra rivelazione nascondeva Neville.
"La notte in cui Tu-Sai-Chi venne a casa tua per uccidere i tuoi genitori e a cercare di uccidere te... Era già stato in giro a combinare guai, quella notte".
Deglutì prima di proseguire. "Quella notte era venuto a cercare i miei genitori". Harry sapeva che i genitori di Neville erano stati torturati con la maledizione Crucio, ma non era il discorso che si era aspettato di affrontare. "Loro non erano in casa, erano a teatro o da qualche altra parte, ma c'ero io, insieme a mia nonna. E dopotutto credo che abbia cercato di uccidere anche me, anche se a lungo non ho potuto collegare questo fatto con la profezia..."
"Ti ha... Ha cercato di ucciderti, Neville? Stai dicendo che in QUELLA notte Voldemort aveva già cercato di uccidere te?"
"Mi ha colpito con una maledizione senza perdono, Harry, la stessa con cui ha cercato di uccidere te, un Avada Kedavra".
Il cervello di Harry ronzava come un calderone di sottomarca lasciato in ebollizione troppo a lungo. "Ma...tu... come...tu...lui ha..."
"E' rimasto un segno, Harry", disse Neville girandosi di spalle e appoggiandosi sul letto. Sollevò il vestito e si abbassò le mutande, mostrandogli il sedere.
"E' una cicatrice come la tua, Harry, a forma di saetta. Solo che io ce l'ho sulla natica sinistra".
Ginny Weasley salì di corsa le scale del dormitorio maschile e si affacciò ridendo alla camerata. "Ehi, Harry, Ron mi ha parlato del... Har...Harry?!"
Davanti ai suoi occhi c'era una scena che evidentemente non si aspettava: Harry stava dietro a Neville, piegato a pancia in giù sul letto e col sedere in mostra. "Ginny, ferma, non giungere a conclusioni affrettate! Aspetta!"
Mentre Neville si ricomponeva in un atteggiamento più dignitoso, Harry rincorse Ginny che correva in lacrime giù dalle scale, riuscendo a prenderla per un braccio appena in tempo prima che lei riuscisse a salire nel dormitorio femminile.
"Ferma, lascia che ti spieghi, ahia!"
Ginny si divincolava, girando continuamente la testa per non ritrovarsi davanti la faccia disperata di Harry. Poi, come se di colpo le forze le fossero venute meno, si lasciò andare, e abbracciò un sempre più confuso Harry Potter. Continuò a piangere per parecchi minuti, prima di avere la forza di asciugarsi la faccia con una manica e di guardare Harry negli occhi per dire: "Quando ero al primo anno... per cinque mesi, cinque mesi davvero di fuoco, sono stata insieme a Cho Chang. Era giusto che lo sapessi. Ti voglio perdonare, ma non teniamoci più segreti, ti prego".
Harry, che evidentemente aveva studiato sullo stesso manuale di sopravvivenza di Ron, stabilì che la strategia migliore fosse fingersi morto.
Capitolo 4 di aleck
Chiarito l'equivoco con Ginny, Harry era riuscito a organizzare un gruppetto rivoluzionario davvero in gamba.
Si erano uniti anche alcuni di Serpeverde, che evidentemente non avevano capito cosa stesse succedendo ma non volevano pr questo star fuori dal gioco.
In una notte di fulmini e tempesta, con i fantasmi che correvano per i corridoi di Hogwarts giocando a nascondino e a staffetta bastarda (simile alla staffetta classica, ma con il passaggio del testimone che va fatto picchiando il possessore fino a costringerlo a farselo consegnare, essendo quest'ultimo vincolato a tenerselo il più possibile ben stretto), il nostro novello gruppetto di rivoluzionari si riversò fuori dalle camere e, strisciando lungo le pareti, si riversò in Sala Grande.
Guardandosi intorno, si accorsero di essere almeno una ventina, soprattutto degli ultimi anni tre anni, una buona metà di Grifondoro (segno che per questa missione il coraggio era molto importante, o che come al solito delle cose che non riguardano Grifondoro a noi non ce ne importa più di tanto). Più che sufficienti, dopotutto.
I sussurri, in quell'ambiente vuoto e silenzioso, rimbalzavano e si espandevano come Puffole Pigmee gonfiate di elio e lanciate contro le pareti, rimbombando cupi. "Andiamo alle cucine" disse Hermione con un tono di voce appena più alto degli altri, "il Comandante Dobby ci aspetta!"
A sentire 'Comandante Dobby' Harry e Ron ebbero un brivido lungo la schiena, ma non ebbero il coraggio di commentare e seguirono ubbidienti Hermione che li guidava, attraverso il noto passaggio segreto nascosto dal quadro rivelatogli da Fred e George anni prima e che portava alle cucine di Hogwarts, luogo di lavoro della numerosa popolazione elfica della scuola.
Dobby li aspettava in piedi sopra un tavolo, con una calza rossa annodata attorno al collo. Tutto intorno alla grande cucina centinaia di candele si occupavano di tenere l'ambiente nella giusta penombra, mentre centinaia di piccole ombre si muovevano agitate sulle pareti: erano quelle di tutti gli elfi domestici di Hogwarts, un centinaio di teste brulicanti che borbottavano tra loro. Dal tono dei borbottii non apprezzavano affatto ricevere quella visita notturna, ma un filo di curiosità e il rispetto che gli era stato insegnato non gli permetteva nemmeno di cacciarli via.
"Dobby è molto contento di vedervi, compagni!" rise Dobby battendo forte le mani, "e adesso Hermione racconterà a tutti gli elfi quello che ha detto a Dobby, vero?"
Hermione si sollevò sul tavolo di fianco a Dobby, mentre molte paia d'occhi rivoluzionari, per un ancestrale istinto, seguirono il suo movimento attraverso la penombra a contemplare dal basso il colore e la foggia della sua biancheria.
"Questa notte siamo chiamati ad una grande opera, fratelli elfi. Sentite questo vento che soffia?"
Gli elfi si girarono perplessi ad annusare l'aria, qualcuno provò ad inumidire un dito e a sollevarlo sopra il mare di teste, qualcuno che si reputava particolarmente simpatico approfittò dell'occasione per liberarsi dagli eccessi di aria nell'intestino.
"Questo è il vento nuovo, un vento che parla di libertà!" urlò Hermione.
L'elfa Winky, che fino ad allora era stata una testa tra le tante, lanciò un urlo più forte di tutti commenti che in quel momento stavano esplodendo, con frasi del tipo "Sacrilegio!", oppure "Tornate in camera o chiamiamo i vostri professori!", per non dire "Tenetevela voi la libertà se vi piace tanto!..." ma anche "A proposito di libertà, sei libera domani sera?".
Hermione e Dobby si girarono verso Winky, che con la faccia rigata di lacrime si teneva la testa, cercando di resistere alla tentazione di sbatterla addosso a un qualche disgraziato elfo attorno a lei per la nota inclinazione genetica elfica al doloroso masochismo.
"C'è qualche problema, compagna Winky?", chiese sdegnosamente Hermione portandosi le mani ai fianchi.
"Winky pensa che Hermione non dovrebbe usare quella parola! Quella parola fa male a Winky!" strillò l'elfa piagnosa rivolta ad Hermione.
"Credo di non capire...quale parola, scusa?" chiese allora Hermione con un sorriso crudele. Per tutta risposta, Winky strillò abbastanza forte da far scoppiare le vetrinette di un armadio alla sua destra.
"Ok, non ti piace sentire la parola 'libertà', Winky, e anche a voi mette addosso paura e disagio. Credete che questo sia un problema mio? O che sia un problema della libertà? E' un problema vostro, imbecilli che non siete altro! Del fatto che non avete voglia di alzare i vostri rugosi fondoschiena e lottare per qualcosa, che avete sempre e solo strisciato per terra e avete paura di soffrire di vertigini se vi alzate in piedi! E' un problema mio, questo? No! Non hanno mai voluto raccontarvi cos'è la libertà, e l'ignoranza in cui siete cresciuti è diventato un abito mentale, quell'abito che lotta per rimanervi addosso, e che vi rende invulnerabili a qualunque buona intenzione di prendere il coraggio a due mani e di cambiare in meglio e definitivamente le vostre servili e zerbinesche vite!"
Le proteste degli elfi si erano abbassate di tono, sembrava quasi -possibile?- che il mare di testoline confabulasse tra loro, come a prendere in considerazione il discorso di Hermione.
Il manipolo di gagliardi moschettieri rivoluzionari, che come si noterà stava avendo un ruolo che definire secondario era generoso, perseverò nella propria inutilità trattenendo il respiro in attesa di vedere cosa sarebbe successo.
Con grossa delusione dei maschietti del gruppo, Hermione scese dal tavolo lanciando uno sguardo d'intesa a Dobby, che rispose deglutendo spaventato ed annuendo.
Chiuse gli occhi per un paio di secondi, controllò che il calzino rosso che teneva legato al collo fosse al suo posto, e poi si rivolse alla penombra di teste elfiche che si stendeva ai suoi piedi: "Compagni elfi, vi prego di ascoltarmi. Ho una notizia da darvi, qualcosa che vi farà pensare..."
Nella piccola folla scese lentamente il silenzio.
Dobby aspettò che tutta l'attenzione si concentrasse su di lui, prima di proseguire.
"Compagni elfi, noi siamo proprio brutti."
Le voci di protesta e discussione ricominciarono a farsi sentire, ma un gesto particolarmente ben riuscito del braccio del nostro Dobby le mise a tacere di colpo.
"Brutti, ho detto, e lo torno a ripetere. Ma bisogna essere liberi per riuscire ad ammettere una cosa del genere. Bisogna avere coraggio. Dobby stesso ha abbattuto un muro e diversi alberi a testate prima di imparare a dire a voce alta questa verità. Ma se c'è una cosa sicura, compagni elfi, è proprio questa: siamo davvero brutti."
Questa volta le proteste furono minime, mentre la confusione, indubbiamente meno rumorosa, era massima.
"Non vi domandate perchè Silente ci tenesse chiusi nelle cucine e ci facesse andare in giro solo di notte? Non vi domandate perchè la Rowling non abbia mai sprecato un aggettivo come 'sexy' per descrivere un elfo domestico? Dobbiamo avere il coraggio di dirlo, compagni: siamo brutti!"
Alcuni, isolati, elfi, alzarono un braccio e urlarono "Sì!".
"Questa è la base, l'ABC della libertà, gridatelo insieme, per il calzino che mi ha liberato: 'Gli elfi sono brutti!!'"
Questa volta le voci a rispondere furono di più: "GLI ELFI SONO BRUTTI!"
"BRAVI!", urlò allora Dobby, "e cosa dobbiamo fare? Dobbiamo forse spaccare le braccia alla Rowling che ci ha descritti così?"
L'unanimità del coro era già andata a caccia di farfalle, visto che alcuni non avevano sentito bene la domanda, altri rispondevano 'sììì' mentre altri 'no!' e altri ancora 'la Rowling chi?!'. Ma Dobby non si perse d'animo e proseguì: "La Rowling ci ha fatto brutti e ci ha fatti schiavi, ma ci ha dato la possibilità, invero alquanto di dubbio gusto, di essere liberati ricevendo in dono dal nostro padrone un qualche vestito. Noi apparteniamo ad Hogwarts, e quindi a questi studenti. Io vi chiedo, compagni, per l'ultima volta: volete salire su questo treno ed unirvi a noi per sognare un mondo nuovo?"
Il silenzio sembrò palpitare, denso e pesante come può esserlo solo un silenzio di cento elfi che pensano a cento cose ognuno contemporaneamente e nella stessa stanza in penombra, dondolando un po', urtandosi l'un l'altro e pestandosi accidentalmente i piedi a vicenda.
E di colpo, come se la risposta fosse maturata contemporaneamente nei loro cervellini affumicati affiorando alle labbra all'unisono, esplose il grido: "SIIII'!!".
Lo sguardo di Hermione si girò a cercare Winky nella folla, e i loro sguardi si incrociarono: Winky stava ancora piangendo, ma questa volta non c'era dubbio che le sue erano proprio lacrime di gioia.
Hermione tornò sul tavolo, alzò la bacchetta, e mentre sotto di lei gli elfi ballavano e si abbracciavano, urlò: "Calzettorum Effluvium!", e sul soffitto della cucina iniziarono a materializzarsi centinaia di calzini spaiati, che si misero a piovere addosso ai festosi mostriciattoli, liberandoli.
Con un'estasi sempre più contagiosa, aprirono le dispense di Hogwarts e distribuirono barilotti di Burrobirra e di Whisky Incendiario (una scorta invero massiccia, considerando che agli studenti non erano stati mai serviti prima di allora all'interno della scuola).
Gruppetti di elfi cercavano simbolico riparo negli angoli per dare sfogo ad una vita di schiavitù in modi naturali ma non per questo riportabili per intero in questo racconto. Hermione diede un bacio appassionato e rivoluzionario a Ron e uno ad Harry, e dopo essersi accorta che Ginny la stava guardando a bocca aperta, non perse tempo e ne diede uno anche a lei.
La notte presto lasciò spazio all'alba, e mentre l'inutile drappello di supereroi giaceva ubriaco e felice sul pavimento, Harry, Ron, Hermione e Ginny si allontanarono con discrezione da quella che fino a qualche ora prima era una cucina e che ora assomigliava di più ad un centro sociale dopo una festa particolarmente ben riuscita.
Harry, pensieroso, si ivolse ad Hermione e le domandò: "Ma davvero lo abbiamo fatto? Il discorso di Dobby sul fatto che appartenevano ad Hogwarts e che quindi noi studenti avevamo questo potere...voglio dire, è vero? Avevamo veramente il potere di liberarli?"
Hermione sorrise, con una luce incendiaria in fondo allo sguardo: "Ha forse importanza? La libertà viene da dentro il cuore, non da un calzino! Loro sono liberi solo nel momento in cui decidono di esserlo! Andiamo, adesso, abbiamo ancora da organizzare l'occupazione di Hogwarts!"
Per un attimo a Ron si affacciò il pensiero che sua mamma lo potesse vedere: lì, all'alba, a discutere di rivoluzione e a mandare senza alcun dubbio in orbita ogni possibilità anche solo meramente concettuale di diploma. Riaffogò giù questo pensiero e cingendo con un braccio Hermione disse: "Ho qualche idea che potrebbe piacervi, avere dei fratelli come Fred e George ha anche i suoi vantaggi!" e ridendo si infilarono nel corridoio della Signora Grassa, alla Torre dei Grifondoro, ognuno con in testa pensieri di libertà che rimbalzavano scoppiettando.
Capitolo 5 di aleck
Vorrei dire che tornarono a dormire contenti quelle poche ore che li separava dal mattino, sognando incantesimi che cancellavano dalla faccia della Terra la sopraffazione e l'avidità degli uomini e svegliandosi stanchi dell'intensa nottata ma pronti di entusiasmo ed emozione per ciò che li attendeva. Purtroppo non fu così.
Era lì, alla fine del corridoio, era un'ombra avvolta nell'oscurità, un ghigno invisibile che li attendeva impaziente.
Ai suoi piedi, un impercettibile movimento felino...
"No, ti prego, Gazza no! Che colpo di scena banale!", fu l'immediato commento di Ron appena Hermione, accortasi che qualcosa non andava, li aveva fermati e zittiti con un gesto.
Dopo il primo momento di smarrimento avevano stabilito che non sarebbero riusciti ad entrare nel dormitorio senza essere visti, e che tanto valeva o scappare oppure affrontarlo. Quattro maghi contro un magonò.
Dopo aver fatto due conti, estrassero le bacchette ed Hermione, cercando (con risultati abbastanza mediocri) di imitare la voce gracchiante e crudele del guardiano di Hogwarts, lo schernì con un: "Bene, bene, bene... chi abbiamo qui?"
Argus Gazza sembrava colto alla sprovvista: probabilmente in anni e anni di lavoro ad Hogwarts non gli era mai capitato niente di simile. Se avesse anche solo immaginato che piega avrebbero preso da quel momento gli eventi avrebbe cercato di reagire meglio.
Tirando fuori un coltello e tagliandosi le vene, ad esempio.
Si dice che ci siano cose peggiori di quattro giovani maghi che vogliono sfogare lo stress di una notte carica di emozioni.
Si dice che la forza del branco scateni spesso il peggio che c'è dentro gli individui.
Si dice che l'ideologia tende a radicalizzarsi e perdere di vista quanto di positivo si era riproposta.
Ma non si dice mai cosa successe quella notte nei sotterranei di Hogwarts dove quattro maghi trascinarono un uomo e il suo animale, cose troppo terribili e per cui nessun vocabolario potrebbe venire in aiuto.
Nessuno negli anni a venire ricordò quella notte come la notte in cui persero la vita, con lentezza e criminale premeditazione, Argus Gazza e la sua gatta.
Ci si ricordò della cucina degli elfi e delle bevute, certo, ma a ben guardare si poteva già intuire che qualcosa non stava andando secondo i piani.

Il sole era già alto e il sangue lavato via quasi del tutto quando Harry e Ron ritrovarono il coraggio di guardarsi in faccia.
A passi lenti e ignorando la lezione a cui sarebbero dovuti andare erano arrivati alle serre, e si erano seduti dietro un muretto che li nascondeva da chiunque fosse passato da quelle parti.
"Harry, ti prego, dimmi che stanotte ho avuto solo un brutto incubo".
"Non credo, in tasca mi sono ritrovato delle unghie strappate e due bulbi oculari, e sai una cosa? Non erano miei. Ron, credo che stanotte abbiamo davvero ucciso Gazza".
"Ma... Harry, non avremo per caso usato una delle Maledizioni Senza Perdono?"
"No, non credo che ce ne sia stato di bisogno, in fondo disponevamo una stanza piena di strumenti di tortura..."
"Per fortuna! Non è stato così grave, allora, no? Pensa se davvero avessimo fatto qualcosa Senza Perdono. Basterà chiedere scusa alla McGranitt e si può sistemare tutto... Credo che ci darà almeno una settimana di punizioni, però..."
Ron era più sollevato, ma Harry si accorse che lo shock non gli era ancora passato, e lo premeva dappertutto come un vestito di due taglie più piccolo.
"Ron, senti, stanotte abbiamo torturato a morte un essere umano che per quanto antipatico stava facendo il suo dovere... E' questa la libertà che ci sta proponendo Hermione? Torturare ed uccidere i nostri professori e tutti gli altri? Da che cosa saremmo diversi allora da Voldemort e i suoi Mangiamorte? Io credo di averlo sentito urlare di gioia, stanotte. La mia cicatrice ha bruciato per un attimo, e anche se a causa di quei bicchieri di Whisky Incendiario non ne posso essere certo, credo che ridesse convinto che presto ci saremmo uniti a lui, accecati dal bisogno di rivoluzione".
"Hermione si è comportata in modo strano, questa notte...", annuì Ron.
"Intendi quando ti ha baciato?" gli domandò Harry.
"No! Cioè, anche...Lì meno però, intendevo quando... quando... Nei sotterranei... Ecco, io credo che fosse ubriaca, o che la furia omicida nei suoi occhi non fosse la sua" concluse Ron.
"Vuoi dire che potrebbe essere sotto la maledizione Imperius?"
"La maledizione Imperius?" Ron provò a ragionare un po' su questa ipotesi.
"Potrebbe essere, in effetti, ma come possiamo dimostrarlo? Sai benissimo che non è assolutamente facile individuare la maledizione Imperius..."
"Non importa, Ron, per il momento ho un'idea migliore! Credo sia ora che ci riprendiamo il controllo di questo racconto, prima che il narratore ed Hermione decidano di costruire un gulag o chissà cos'altro. Credo si stia avvicinando la fine della storia, e sarebbe un peccato farla finire così drammaticamente".
"Era quello che stavo pensando anch'io. Che idea avresti?"
"Seguimi, Ron, anche se non sarà un bello spettacolo dobbiamo tornare nei sotterranei!"
Capitolo 6 di aleck
Nel frattempo le Guardie Rosse di Hogwarts (il gruppetto di studenti che aveva assistito alla rivolta degli elfi nelle cucine), coordinate dalla coppia di amazzoni Hermione e Ginny, avevano chiuso tutti i professori, con un'operazione tanto veloce quanto inaspettata, nella Stanza delle Necessità, che per l'occasione si era rivelata una prigione magicamente isolata.
Nessuno di loro aveva avuto il tempo di reagire, ma diversi studenti furono sfiorati dal pensiero che se Silente fosse stato ancora vivo non ce l'avrebbero mai fatta.
"Benissimo, Ginny, adesso possiamo radunare tutti gli studenti in Sala Grande e spiegare loro la situazione. Non ci possono più fermare, ormai".
Nonostante gli occhi stanchissimi, Hermione appariva soddisfatta.
"Certo, Comandante, ci penso io" rispose una Guardia Rossa dei Corvonero, uno studente che Ginny non conosceva e che filò via con passo veloce.
"Intanto, Hermione" disse Ginny guardandosi intorno, "è tutto il giorno che cerco inutilmente Harry e Ron".
"Hai ragione, non l'avevo notato" rispose distrattamente Hermione sbadigliando. "Mah, saranno in giro per la scuola a godersi il primo giorno di libertà e ci raggiungeranno in Sala Grande, andiamo anche noi!"

Ginny non aveva mai visto la Sala Grande in un simile disordine.
La colazione non era stata servita a causa dello sciopero a tempo indeterminato indetto dagli elfi (le loro richieste erano state stilate ed erano oltre quattrocento), e per sopperire il passaggio per le cucine era stato aperto in via definitiva e chi voleva prepararsi da mangiare si arrangiava.
Una moltitudine di studenti ed elfi occupava in modo caotico i tavoli delle quattro Case e quello dei Professori, quest'ultimo in particolare era particolarmente richiesto come ogni cosa che fino ad un attimo prima appariva preclusa.
Ginny continuava a cercare con lo sguardo suo fratello ed Harry, ma sembravano scomparsi.
Quando Hermione, in piedi a metà gradinata per farsi vedere e sentire da tutti, iniziò a parlare, le ci vollero cinque minuti buoni prima che elfi e studenti si accorgessero di lei e le prestassero un po' di attenzione. "Ci sono cose che anche se fanno male e ci sembrano sbagliate a volte vanno fatte, se servono a portarci ad un bene più grande."
Nella Sala Grande cominciò a scendere un silenzio pieno di timore e tensione.
Harry e Ron, intanto, con le braccia e la faccia completamente sporchi di sangue, erano riusciti a fare ciò che nessun mago prima di allora avrebbe ritenuto possibile: avevano ricucito insieme pezzo per pezzo il corpo di Argus Gazza e quello di Mrs Purrs, raccogliendo i pezzi di intestino abbrustoliti con una paletta e versandoli nella pelle, incollando le ossa ai muscoli, tenendo unita la materia cerebrale con uno spago e buttando via un paio di chili di frattaglie miste che non sapevano bene a chi dei due appartenessero.
Ma non solo: avevano anche convinto con le buone i fantasmi di Gazza e Mrs Purrs a tornare nel proprio corpo, cosicché i due corpi, massacrati e ricuciti, stavano ricominciando a muoversi.
"Siete una manica di pazzi cretini assetati di sangue!" furono le prime parole del nuovo Gazza-zombie, che riusciva nell'impegnativo compito di essere ancora più brutto dell'originale. "Cosa credevate di fare? Non sapevate che cosa significa uccidere il Custode di Hogwarts? La mia anima avrebbe intriso i muri del castello di maledizioni, facendo sgorgare sangue dai mattoni e dando vita e corpo a tutti gli incubi che gli studenti hanno avuto da quando la scuola è stata creata! Pazzi! Sarebbe stata una bella festa, vero?"
Harry e Ron trasalirono al pensiero di cosa avrebbe potuto significare, ma recuperarono presto la calma e fecero capire a Gazza che non era ancora finita, che anzi quello era solo l'inizio, la ciliegina sull'aperitivo della rivoluzione, l'ombrellino sul cocktail della rivolta, la tartina farcita sul vassoio della libertà.
Mentre Mrs Purrs giocava a inseguire un suo bulbo oculare scivolato fuori della sua sede naturale, Gazza si sedette scricchiolando a pensare, li fulminò con lo sguardo e annunciò: "Piccoli deficienti incapaci, a questo punto lo avete voluto voi, non mi lasciate altra alternativa..."
Harry e Ron si lanciarono un'occhiata veloce, senza capire, e quando Gazza si alzò dalla sedia lo seguirono senza fare domande.
Il Custode gli aveva sempre fatto paura, e vederlo zoppicare al buio nei corridoi dei sotterranei, ricoperto di cicatrici e rigonfiamenti sospetti in varie parti
del corpo per non parlare di un occhio completamente rovesciato a mostrare diversi centimetri di nervo ottico insanguinato non era proprio uno spettacolo dei più allegri.
"Harry, non avevamo detto che dovevamo rendere la storia meno drammatica? Il nervo ottico insanguinato almeno potevamo risparmiarcelo, dai!"
"Aspetta Ron, guarda, credo stia per succedere qualcosa!"
Gazza aveva aperto una botola impolverata tra le pietre del pavimento, e da dietro le sue spalle intravidero una grossa leva di ferro, tutta arruginita. Gazza si girò a guardarli con un ghigno: "Non resta altro da fare, ragazzi, dovevate pensarci prima..." e prima che Harry e Ron potessero fare domande, impugnò la leva e diede un colpo secco.
Nella tensione dello sforzo un osso bucò i rammendi alla buona dei due ragazzi e rotolò per terra. Ci furono delle scintille e poi tutto tornò apparentemente come prima.
"Signor Gazza, cosa...cosa è successo?"
"Lo scoprirete presto... Tornate dai vostri amici, io credo proprio di aver bisogno di recuperare il sonno perso stanotte, sono sicuro che comprenderete..."
Lo sguardo che lanciò prima di passar di fianco a loro lasciava intendere che qualunque cosa fosse successa, lui non avrebbe più dimenticato quello che gli era stato fatto.
E ci mancherebbe altro, diremmo noi.
Appena si fu allontanato Harry e Ron si precipitarono a vedere da vicino la leva nella botola che aveva azionato Gazza. Era parecchio antica, e soprattutto sembrava che non fosse mai stata usata prima di allora.
Secoli di polvere coprivano quel poco che si intravedeva nella botola.
Harry tossì quando passando con una manica su una pietra alla base della leva si alzò una nuvola di polvere. "C'è una scritta, qui, incisa nella pietra"
Ripulì meglio la pietra, cercando di leggere: "Credo sia latino, dovrebbe voler dire 'Interruttore generale di Hogwarts'".
Capitolo 7 di aleck
Harry e Ron avevano appena visto un inquietante Argus Gazza zombie azionare una leva misteriosa nascosta in una botola del pavimento dei sotterranei per poi andarsene via, lasciandoli soli e pieni di domande.
Per iniziare ad avere risposte l'unica cosa ragionevole era raggiungere gli altri in Sala Grande e vedere cosa stava succedendo lì. Erano sicuri che prima o poi avrebbero scoperto cosa aveva azionato quella leva. E non erano sicuri che sarebbe stata una bella scoperta.
Nella Sala Grande tutto era come si aspettavano, o quasi.
Non era tanto la confusione e il disordine che li turbava, quello l'avevano messo in conto visto tutto quello che da una manciata di ore avevano messo in moto. Era piuttosto una certa aria... babbana.
Ron non riusciva a capire cosa fosse, finché ad un certo punto Harry alzò gli occhi e se ne accorse: "Il soffitto, guarda! Non c'è il cielo!"
La Sala Grande aveva sempre avuto un cielo magico per soffitto, era sempre stato così. E...i ritratti nei quadri.
"I quadri sono fermi, tutti quanti."
Ron scandì queste parole quasi sillabandole, gli occhi sbarrati.
"Hogwarts..." mormorò Harry guardando i compagni di scuola che non sembravano essersi accorti di niente e allargando poi lo sguardo sui muri della scuola che lo aveva difeso e cresciuto per anni, "Hogwarts... si è spenta".
"Cosa... spenta? Cosa stai dicendo, Harry?"
Ron non riusciva a sbattere gli occhi, fissi sul quadro di un vecchio mago che non solo non sembrava guardarlo, ma non sembrava guardare più da nessuna parte, immobile come un comunissimo ritratto babbano.
"Quella leva ha spento Hogwarts, Ron, qualunque cosa voglia dire o comporti. Lo sento. Andiamo a dirlo ad Hermione prima che succeda qualcosa di terribile."
Uscirono allo scoperto, facendo qualche passo verso la scala su cui Hermione stava parlando del futuro che li attendeva appena avessero trasformato Hogwarts in una repubblica sociale indipendente e libera, ammazzando chiunque non fosse abbastanza democratico da non riconoscere loro quell'autoproclamato diritto. All'improvviso una ragazza si girò verso di loro e si mise ad urlare. L'urlo richiamò l'attenzione di tutti, con disappunto della Comandante Hermione, e presto si moltiplicò in dieci, cento urla.
Harry e Ron si guardarono, e sembrarono accorgersi solo allora di essere coperti di sangue sulle braccia fino alle spalle, con schizzi di sangue sui vestiti e in faccia, e i capelli ugualmente raggrumati e appiccicosi. Diciamo che un urlo era un'accoglienza adeguata, dopotutto.
Harry alzò le braccia e cercò di urlare sopra le urla degli altri studenti: "Compagni, ascoltate Hogwarts! E' spenta! La sua magia è svanita!"
Probabilmente se avesse urlato che le colonne del Tempio di Babilonia erano crollate sotto l'urto dei Ciclopi avrebbe avuto la stessa credibilità e comprensione. Harry ignorò questo particolare e, vedendo che alcuni studenti della Guardia Rossa di Hogwarts gli si stavano avvicinando con la bacchetta in mano e l'espressione di chi ti vuole mettere a tuo agio in un angolo e con un braccio rotto, estrasse al volo la sua bacchetta e gridò forte: "Expelliarmus!"
Le Guardie Rosse si prepararono a parare l'incantesimo, ma non accadde niente: la bacchetta di Harry aveva fatto cilecca.
"Expelliarmus!", provò di nuovo e senza risultato Harry.
In quel momento dietro ad Hermione apparve tutto il corpo docenti, scappato da una Stanza delle Necessità che evidentemente in un'Hogwarts spenta non era altro che una stanza come le altre. Hermione estrasse la bacchetta ma parve considerare in fretta che non solo non ce l'avrebbe mai fatta da sola e contro tutti i suoi professori, ma soprattutto che molto probabilmente la bacchetta non avrebbe funzionato.
Nessuna bacchetta avrebbe più funzionato dentro Hogwarts: Harry aveva ragione, la scuola si era spenta.
La migliore reazione, in quel momento, era salire a cavalcioni del muretto di fianco alla scala e scendere giù scivolando. La fugace visione delle sue mutande rinvigorì l'entusiasmo di Harry e Ron, che senza bisogno di dirsi nulla ebbero lo stesso identico pensiero: "Evviva, questo significa solo una cosa: da qui in avanti solo ed assoluto delirio!"
Come se i professori avessero ascoltato i loro pensieri si lanciarono all'inseguimento di Hermione lanciandosi anche loro giù dalle scale scivolando, chi in modo elegante e chi meno (Vitious conquistò il podio dello stile arrischiando una surfata in equilibrio su un libro che teneva per caso sotto braccio).
Hermione, arrivata in fondo alla scala, fu accolta da una Pansy Parkinson con il pugno chiuso, non tanto a salutare la nascente Repubblica Democratica di Hogwarts, quanto ad assaggiare la sua mascella.
Harry rincorse la McGranitt, e sperando che lei fosse in grado di ascoltare quello che aveva da dirle senza lasciarsi distrarre dagli ettolitri di sangue che aveva addosso, si aggrappò al suo vestito e gridò: "Hogwarts si è spenta, Professoressa! Cosa succederà, adesso?"
La McGranitt lo fissò severa, e disse solo: "Non siamo più una scuola di magia, nè una scuola magica. Anzi, non siamo più nemmeno una scuola, mi pare. Quindi non sono più la tua professoressa, Harry. Finalmente puoi chiamarmi Minerva, tesoruccio caro..."
Harry si allontanò con un balzo e finì tra le braccia possenti di Hagrid, che lo prese per il collo e ridacchiando gli disse: "Così volevate fare la rivoluzione senza di me, eh? E io che sono anni che mi coltivo questa barbona da rivoluzionario, questo non è importante per voi, no?" lanciandolo poi addosso a un gruppetto di ragazze del quinto anno di Tassorosso, che evidentemente trovavano che il sangue che aveva addosso Harry non faceva così paura ed anzi era terribilmente sexy.
"Sexy!", urlò Dobby spuntando da sotto un tavolo. "Dobby ha sentito che il narratore ha detto 'sexy'! Quand'è che finalmente troverà un narratore che userà questa parola descrivendo un elfo domestico? Ed inoltre Dobby spera che non faccia finta di niente che se ne sono accorti tutti qui che il narratore si è dimenticato da un pezzo di aver tirato in ballo noi elfi!"
Winky allungò allora il braccio da sotto il tavolo e, afferrando Dobby, lo ritirò lì sotto mormorando: "Dai Dobby, lascia stare, torna qui che vai benissimo così..."
Il portone di Hogwarts si aprì scricchiolando e controluce apparvero le inquietanti sagome di Lord Voldemort e di una decina di Mangiamorte.
Dopo aver fatto qualche passo dentro la scuola, il Signore Oscuro respirò a pieni polmoni e disse: "Grazie per aver annullato gli incantesimi che ci tenevano fuori da qui... Di nuovo a scuola... Chi l'avrebbe detto, eh?"
Poi guardò versò Hermione, che in quel momento stava tirando i capelli ad una Pansy distesa a pancia in giù e con un braccio immobilizzato sulla schiena, ed urlò: "E per tua norma e regola, cara la mia sporca mezzosangue comunista, io sono assolutamente e totalmente eterosessuale, è chiaro?!"
Per tutta risposta, una scarpa di Pansy Parkinson arrivò a spettinare la folta chioma di Voldemort (che nel frattempo, stanco di essere scambiato per una sfera da chiromante, in incognito aveva incaricato due fedeli Mangiamorte di procurargli una parrucca babbana). Proseguendo la sua corsa, la scarpa di Pansy arrivò a portar via il cappuccio del Mangiamorte che stava dietro a Voldemort, che si rivelò essere Draco Malfoy.
"Draco!", urlò Harry sbucando da sotto un tavolo (non chiedetemi perchè sbucasse da sotto un tavolo, ho promesso di mantenere il segreto).
"Draco, tu sei diventato davvero... sei... un Mangiamorte!"
Draco, con uno sguardo crudele negli occhi, ridacchiò un poco convinto: "Invidioso della mia luminosa carriera, Potter?"
"Draco" continuò Harry, "spero che tu ti renda conto di cosa hai fatto! Questo è.. è...è ridicolo! Ma hai visto come ti sta quel vestito? Sembri uno spaventapasseri! E poi guarda che non è poi questa gran sorpresa, idiota come sei potevi fare soltanto il Mangiamorte!"
"E infatti, stupido Potter, io non sono un semplice Mangiamorte: io sono... un HORCRUX!" e detto ciò sollevò le braccia come a ricevere un applauso per la sua performance. Quello che ricevette, invece, fu un gancio destro di Lord Voldy, che al motto di "Taci, deficiente" lo spedì addosso ad altri due Mangiamorte, i cui cappucci si rovesciarono rivelando due individui che nessuno sembrò riconoscere, rendendo il colpo di scena sicuramente meno interessante.
Nessuno, nemmeno gli altri Mangiamorte.
Voldemort si girò a guardarli e leggermente imbarazzato domandò: "Ehm... ci conosciamo?"
I due si tolsero i lunghi vestiti neri, rivelando due abiti assolutamente babbani.
"Babbani?!", ringhiò Lord Voldemort.
"Noi..." attaccò tremando uno dei due, "...noi pensavamo fosse una manifestazione di cosplay, non abbiamo intenzione di far del male a nessuno, anzi se volete avremmo preparato pure un balletto..."
L'espressione di disappunto sul volto già non proprio rassicurante di Voldemort li portò a lanciarsi con un balzo fuori dalla portata dei Mangiamorte, correndo a nascondersi sotto ad un tavolo prevedibilmente già occupato.
Nel momento in cui avrebbe voluto dare l'ordine di inseguire gli infiltrati, Voldemort sentì che qualcuno gli picchiettava con educazione una spalla: "Scusi, signore, mi può indicare dove posso trovare la biglietteria? Vorrei chiedere informazioni circa gli sconti per le comitive..."
Se gli infiltrati erano palesemente babbani, la signora che gli aveva rivolto la parola era babbana all'ennesima potenza: occhiali da sole, pantaloncini corti, maglietta a fiori con una scollatura parzialmente coperta da una macchina fotografica ed un marsupio giallo in vita. I biondi riccioli cotonati erano coperti da un elegante cappello rosso con visiera di una squadra NBA. Dietro di lei, quattro bambini allungavano il collo cercando di capire cosa stesse succedendo lì dentro scalciando per entrare, tenuti a bada da una coppia di mezza età che nell'esecuzione del compito stava evidentemente esaurendo il budget di pazienza. A pochi passi di distanza, una ragazza scattava foto agli interni della Sala Grande con un cellulare, esclamando: "Mi sembra di ricordare che l'estate scorsa ci fossero solo rovine, qui! Non sapevo si potesse fare un restauro totale tanto in fretta!"
Un frullare d'ali riempì il soffitto e una decina di civette piombò sulla ragazza con meravigliosa coordinazione, sfilandole abilmente il cellulare dalle mani, portandolo con qualche colpo d'ala ben assestato a una decina di metri d'altezza, e lasciandolo infine precipitare ed esplodere con un: "Eeek!" di vittoria dipinto sui loro musetti intelligenti.
Magia o no, Hogwarts difendeva la sua dignità anche a costo di boicottare la concorrenza.
La ragazza aveva seguito la scena a bocca aperta, e solo quando aveva incominciato a capire ciò che stava succedendo al suo telefonino aveva avuto la forza per gridare, con la gola strozzata: "No, fermi! Almeno il backup della rubrica, prima! Noooo!..."
SPATOFF! (non chiedetemi se un cellulare che cade da dieci metri faccia 'SPATOFF', se credete sia interessante sperimentarlo abbiate l'accortezza di usare il vostro cellulare e non il mio)
Il professore di Incantesimi Vitious, che data l'altezza oltremodo modesta aveva paura di essere calpestato dal selvaggio ecosistema che si stava manifestando in quella stanza, aveva risolto il problema capovolgendo la situazione, lasciandosi cioè trasportare sulle teste degli studenti imbizzarriti come ad un concerto punk-hard-rock-metal.
L'esperienza lo stava esaltando, regalandogli emozioni che probabilmente non provava da quando, ancora bambino, aveva fatto la sua prima magia.
Purtroppo, ad un certo punto, il sostegno era venuto meno e si era ritrovato sdraiato per terra circondato da centinaia di gambe pericolosamente agitate: per non trattare ancora di cose drammatiche distoglieremo l'attenzione da ciò che gli accadde nei minuti immediatamente successivi e la rivolgeremo ad Harry, che in fondo è sempre maledettamente lì che si torna.
Harry aveva separato la rissa tra Hermione e Pansy Parkinson (una tra le risse meno violente della Sala, bisogna ammetterlo) e adesso teneva ferma contro un muro la sua amica, cercando di farla ragionare: "Hermione, guardami e rispondimi sinceramente: dove ci volevi portare? Hai provato ad ascoltare il tuo cuore prima di farci fare queste cose? Per te ho la massima stima, e della tua intelligenza ho sempre nutrito una fiducia totale... Guardami e dimmi: ne è valsa la pena?"
Hermione tremava, sembrò per un attimo sul punto di parlare, aprì la bocca e la richiuse.
E poi, per la prima volta in quei giorni, gli occhi le si riempirono di lacrime e gettò le braccia al collo di Harry, mormorando: "Cosa ho fatto, Harry... Io... io volevo solo portare un po' di speranza, non volevo far del male a nessuno! Ci credo ancora, sai, troveremo il giusto modo, vedrai..."
Harry la strinse commosso per aver ritrovato, sotto il guscio della rivoluzionaria, la sua compagna di scuola Hermione.
Ginny, puntuale come la scampanellata di un testimone di Geova alla domenica mattina, spuntò da sotto un tavolo (dai, scherzo, lei non era sotto ad un tavolo, era in giro per la stanza) e prese per una spalla Harry dicendo freddamente: "Basta così, Harry, pace è fatta! Puoi lasciarla andare, adesso. E prima o poi dovrò anche dire due parole alla Rowling per aver creato quel feeling tra te, lei e Ron. Ogni tanto ho come l'impressione di non c'entrare niente con voi!"
"Ma pensavo sapeste che J.K. Rowling non esiste!", disse una voce sognante alle loro spalle.
"Luna, cosa stai dicendo?", chiesero ad una voce Harry, Hermione e Ginny.
Luna, che evidentemente si era preparata quel colpo di scena ma non voleva darlo a vedere, estrasse con noncuranza un numero del Cavillo e spiegò, con tono di saccente maestrina: "Insomma, se non volete leggere il Cavillo poi non lamentatevi della vostra ignoranza! Sull'ultimo numero c'è un articolo molto dettagliato su come in realtà la Rowling sia tutta un'invenzione, un trucco dei Babbani per farci credere che lei abbia creato noi. Dicono che abbia scritto dei libri, capite? Ma come credete che sia possibile che noi siamo solo personaggi di un romanzo?"
Harry arrischiò un poco convinto: "Beh, ma nel nostro caso ci sono anche le fanfiction, dove a volte succede proprio di tutto..."
"Esatto" continuò Ginny, "per non parlare dei film, anche se volendo da parlare in realtà ce ne sarebbe parecchio: ma l'avete visto chi hanno scelto per interpretare me? Io sono DECISAMENTE più bella! Non è realistico fare la cacciatrice di ragazzi con quella faccia da pesce lesso della Bonnie!"
"Guarda, da quel punto di vista la Watson sta crescendo bene, no?" chiese Hermione ad Harry facendogli l'occhiolino.
Harry arrossì cercando di non notare gli occhi che Ginny gli puntava addosso, e con palese improvvisata disinvoltura domandò: "Ma quello non è Voldemort?"
Il Signore Oscuro aveva fatto amicizia con la turista della comitiva, e le stava mostrando alcune pose particolarmente spaventose con la bacchetta estratta e puntata verso invisibili nemici, mentre lei scattava fotografie intervallate da brevi risolini isterici.
"Eh, credo di essere in grado di riconoscere un lieto fine, quando ne incontro uno!" sospirò Harry sorridendo. Recuperarono Ron, che uscì controvoglia da sotto un tavolo, e si diressero tutti sotto ad un sole che, per essere già metà ottobre, era ancora incredibilmente caldo.
"Credete lo stesso che riusciremo ad ottenere i nostri M.A.G.O.?" domandò Hermione pensierosa, guardando le maestose mura di Hogwarts.
Harry lanciò un'occhiata a Ron: l'interesse di Hermione per i M.A.G.O. era, in un certo senso, rassicurante. Poi guardò Hermione e sorridendo disse: "Non temere, l'anno è appena iniziato, può succedere ancora di tutto!"
Questa storia è stata archiviata alle http://www.acciofanfiction.com/viewstory.php?sid=1678