Note alla storia

Spero di essermi mantenuto in Canon anche se per molti personaggi mi sono preso alcune libertà.
Sono 29 capitoli ma li rimaneggerò ancora prima di pubblicarli quindi qualcosa potrebbe saltare e qualcosa dividersi e qualcuno cambiare titolo.
1 Dopo la battaglia
2 Il funerale mancante
3 Colui che non deve essere sepolto
4 Ritorno in famiglia
5 Invito a casa Malfoy
6 Cip!
7 In viaggio per Hogwarts
8 I nuovi professori
9 L'ingiusto riposo del guerriero
10 A lezione ancora
11 La Pura Mano
12 Ricordi che avrei voluto non avere
13 Di nuovo solo
14 Serpeverde domina
15 La Pura Mano colpisce
16 Il nuovo capo Auror
17 Casa Malfoy
18 P.S.
19 Di nuovo insieme
20 L'invasione
21 Grifondoro contro Serpeverde
22 Scade l'Ultimatum
23 Il ritorno del Signore Oscuro
24 Harry Potter
25 Rapimento e riscatto
26 Trasformazione
27 All'ultimo sangue
28 MAGO
29 Felici insieme

Note al capitolo

Harry subito dopo la battaglia e i suoi pensieri
Nella sala comune in tanti stavano ricomponendo i defunti, i Mangiamorte erano in gran parte fuggiti quando Harry era apparentemente ritornato dai defunti e i pochi rimasti, sconfitti, erano stati catturati e si erano comunque arresi quando avevano visto il loro oscuro signore cadere, ucciso dal suo stesso anatema mortale.
Harry era dovuto praticamente fuggire, aveva vagato per il castello, coperto dal suo mantello dell’invisibilità, ed era finito, quasi senza accorgersene davanti alla stanza delle necessità. Aveva osservato la parete, passandole davanti tre volte, certo che non sarebbe mai più tornata, non dopo l’incantesimo distruttivo di Goyle; invece, con sua grande sorpresa, si era aperta una porticina, l’aveva varcata, non sapendo cosa si sarebbe trovato davanti e vide una confortevole camera da letto, agghindata con i colori di Grifondoro, un comodo letto, un pigiama e un bagno in cui potersi lavare, con acqua calda, schiuma e buoni odori. La stanza gli stava offrendo quel riposo cui ambiva, ora che l’adrenalina in corpo era scemata, ora che aveva vinto e finalmente compreso tutto.
Aveva appena indossato il pigiama, dopo il bagno rilassante, che la porta si aprì; Hermone, Neville e Luna entrarono, anch’essi stanchi e sporchi e nella stanza apparvero tre porte da cui usciva il vapore dell’acqua calda e un confortevole profumo di lavanda. I tre amici entrarono nelle loro toilette e ne uscirono dopo una buona mezzora, vestiti in comodi pigiama trovando un letto pronto per ciascuno e vedendo Harry ormai addormentato.
Quello che non potevano vedere era che il sonno non gli stava offrendo un grande riposo riposo. Stremato nel fisico dalle prove dei giorni precedenti e distrutto dal dolore per la morte di tanti suoi amici, nei sogni non aveva trovato altro che ulteriore tormento. Ma il tormento non era stato in alcun modo legato al rimorso, la cosa che Harry non riusciva a sopportare era il fatto che nei suoi sogni tutti i caduti lo ringraziavano di aver sconfitto, per sempre, Voldemort.
La prima apparizione era stata quella di Tonks, con i suoi capelli di un bellissimo e vivido rosa che lo aveva salutato con affetto e lo aveva abbracciato, subito raggiunta da Remus Lupin, più giovane, ben messo di quanto non lo ricordasse.
“Siamo davvero orgogliosi del padrino che abbiamo scelto per il nostro Ted, siamo certi che grazie a te capirà ancora meglio il nostro sacrificio.” Avevano detto insieme i due coniugi e Harry aveva cercato di reagire ma prontamente l’ex malandrino lo aveva zittito:
“Te l’avevo già detto nella foresta, siamo venuti a dirtelo insieme, e non saremo i soli, grazie, Harry. Grazie per aver fatto sì che il nostro sacrificio non sia stato vano, grazie, per aver liberato i nostri cari, grazie, Harry, di tutto.”
E detto questo Harry si ritrovò nuovamente nel grande spazio bianco in cui aveva incontrato Silente, soltanto che questa volta c’era un gran vociare e una lunga fila di persone.
Fred si stava producendo nei suoi soliti numeri comici, Lupin e Tonks erano di colpo in disparte, Colin Canon, e tanti altri volti più o meno noti si susseguivano ringraziandolo, rassicurandolo. Scrimgeour, Karkaroff, Amelia Bones, persino loro, vittime per le quali non si sentiva in colpa, fecero ordinatamente la fila per poter stringere la mano a Harry, al salvatore del mondo magico.
Harry non sopportava l’idea di essere ringraziato per averli fatti morire, sentiva crescere in sé un senso di frustrazione, soprattutto quando nella fila si susseguivano maghi e streghe che non conosceva. Tra questi riconosceva subito gli impiegati del Ministero che non avevano denunciato Sanguemarcio e, una volta scoperti erano stati giustiziati in quanto traditori del proprio sangue, avevano tutti una sorta di uniforme, poi imparò a riconoscere i figli di Babbani, vestiti con abiti comuni e non da maghi. Rimase poi di sasso quando alcuni Mangiamorte vennero a ringraziarlo, li riconobbe perché tra di essi, vestiti con lunghe vesti nere, riconobbe un volto che aveva già visto in foto, vestito da cercatore. Regulus Black aveva un aspetto emaciato, le occhiaie e pesanti borse sotto gli occhi, al collo portava un medaglione simile a quello falso che aveva lasciato nel bacile di Voldemort e appena arrivò vicino ad Harry lo abbracciò. Harry lo guardò un po’ spaesato ma il giovane Black gli sorrise di rimando, in modo luminoso, sincero. Harry non sapeva che dire e prolungò l’abbraccio e quando si separarono gli sembrò di sentire in un sussurro: “è servito!”.
Harry desiderava ormai ardentemente svegliarsi, ma non ci riusciva, il suo corpo gli imponeva quel sonno, ma la sua mente avrebbe voluto essere altrove, o dimenticare, ma sapeva, già mentre lo desiderava, che non avrebbe mai potuto dimenticare quei volti e quelle parole.
I fantasmi, o qualunque cosa fossero, cui stringeva le mani e che ascoltava, sembravano non finire mai, in mezzo a sconosciuti, a persone viste poche volte, Harry riconobbe alcune persone che avevano segnato la vita di Voldemort, persino Hepzibah Smith.
L’arrivo di Dobby segnò un mutamento nel panorama, tutti sembravano farsi da parte per dare spazio alle persone più vicine ad Harry che vide uno sparuto gruppo di anime avvicinarsi.
“Harry Potter, signore.”
“Dobby, mi dispiace, non dovevi morire in quel modo.”
“Non avrei potuto chiedere una morte più bella neanche in sogno, signore. Ero un elfo domestico, trattato come uno schiavo dai più orribili padroni che si potessero avere, ma alla fine ho vissuto e sono morto da Elfo Libero, salvando il mio amico Harry Potter, non agli ordini di un mago ma per mia scelta.” Dobby singhiozzò e con le dita nodose asciugò con delicatezza la lacrima che stava scendendo sulla guancia di Harry. “Grazie della tomba, è bellissima.”
“Avrei voluto fare di meglio, fare di più.”
“Tu hai fatto di più, Harry, hai reso la nostra morte una leggenda, adesso io sono morto per proteggere il salvatore del mondo magico e non per una missione stupida e suicida e la codardia del peggior alleato che si potesse scegliere.”
L’uomo davanti ad Harry aveva un’aria familiare ma non gli riusciva di riconoscerlo, gli occhi avevano una grande profondità e il corpo trasmetteva un’intensa energia nervosa.
“Non sei abituato a vedermi con tutti i pezzi al loro posto, Harry, ma sono stato giovane anch’io.” Solo allora Harry riconobbe la voce e si sorprese a pensare che Alastor Moody fosse stato un bell’uomo da giovane. “Pensa che idiota, io che predicavo la Vigilanza costante mi sono fidato di Mundungus Fletcher, però ce l’abbiamo fatta, sapevo che Voldemort sarebbe venuto da me per primo, per questo non ti ho voluto con me.”
Sirius e i suoi genitori apparvero poco dopo, camminando allegri, come non li aveva mai visti, come immaginava fossero stati prima dell’assalto a Godrick’s Hollow.
“Avrei voluto poterlo fare io, quando Bellatrix mi uccise, Harry. Avrei voluto farti capire che non era stata colpa tua in alcun modo, ma non mi fu possibile, non avevo come tornare indietro. Loro possono dirtelo in questo strano luogo, o non luogo, non so cosa sia, ma ascoltali, siamo morti per ciò in cui credevamo, per la nostra libertà, non per un errore.”
“Ma sono stato io a non capire in tempo tutto quello che serviva, io ho rischiato di fallire per non aver pensato che un Horcrux avrebbe dovuto essere ad Hogwarts, io ho avuto bisogno di mesi per fare quello...”
“Tu hai fatto molto più di quello che ho fatto io, e in minor tempo, Harry.” La voce di Silente lo turbò per la consueta calma. “Hai fatto più di quanto ci si potesse aspettare, più di quanto non avrei sperato e più in fretta. Queste persone hanno solo oggi per salutarti, non negarti questo conforto, Harry.”
“Sei stato bravissimo tesoro,” Harry sobbalzò alla voce di sua madre che delicatamente gli si era avvicinata alle spalle. “Hai preso il tuo posto nella Storia del mondo magico e questo non è certo qualcosa di cui vergognarsi, devi essere solo fiero e orgoglioso, certo di aver fatto l’unica cosa giusta. Dovrai ancora affrontare il dolore di questi giorni e nessuno di noi potrà tornare a consolarti, ma ricorda come queste persone ti hanno manifestato la loro gratitudine, non farti schiacciare dal senso di colpa.”
A Harry parve di sentire una fitta al cuore al pensiero che non sarebbe più riuscito a vedere e sentire sua madre, che quello era l’addio che gli era stato negato in vita e ora voleva sentire.
“Harry, la vita di tutti i maghi e le streghe, nonché di tutti i Babbani, sarà migliore a partire da domattina.” Questa volta fu suo padre a parlargli, con un tono serio molto poco adatto al suo aspetto scapigliato. “Ricordalo sempre, ogni volta che penserai di essere stato tu a causare la morte di qualcuno, ricorda che hai ridato senso alla vita delle persone a loro care, hai dato un senso al motivo per cui sono morti.”
La famiglia Potter si strinse in un lungo abbraccio, Harry cercò di concentrare tutte le sue capacità per trattenere la sensazione di quelle mani sulla sua schiena, che gli carezzavano il volto, respirò più profondamente che potè per ricordare l’odore dei suoi genitori e poggiò l’orecchio al petto di entrambi nella speranza di sentire il battito del loro cuore, ma erano fantasmi, ombre, non loro, non i loro corpi, non la mamma e il papà che sognava da bambino.
“Poi se preferisci potrei diventare un Poltergeist e tormentare un po’ il tuo ultimo anno ad Hogwarts, che ne dici Harry? Magari puoi chiedere a Pix da parte mia come si fa.”
“Fred... Mi dispiace.” Harry non ebbe bisogno di staccarsi, i suoi genitori si erano come spostati fluttuando.
“Certo che per essere un eroe leggendario sei proprio stupido.” Il sorriso di Fred era incredibilmente vivo, e Harry non riusciva a credere che fosse realmente morto. “L’unica cosa che mi dispiace è il non poter donare un orecchio a mio fratello, è così ridicolo con quel buco in testa” e nel dirlo si infilò un dito nell’orecchio affondandolo in maniera innaturale e con un ulteriore sorriso beffardo concluse: “… oltretutto così si vede benissimo che è vuota.”
Ad Harry scappò un sorriso che Fred notò immediatamente.
“Allora non è vero che non capisci, ci vuole soltanto un po’ di tempo. Adesso svegliati, Harry, non possiamo stare qui in eterno... Anzi, veramente noi potremmo pure, sei tu che devi tornare indietro. Dì a George che lo aspetto ma di prendersela comoda, qui c’è molta gente di spirito.”
Harry fece un altro timido sorriso.
“Addio, Harry.” Lo salutarono i suoi genitori. “Siamo davvero fieri di te.”
“Addio mio caro ragazzo, grazie di tutto quello che hai fatto.” Silente si scostò e dietro di lui apparve, torvo come sempre, Piton.
“Potter, sei stato bravo.” La voce gelida del professor Piton tremava e Harry notò gli occhi severi del mago fissi su sua madre.
“Mamma, vieni qui ti prego, il professor Piton deve dirti qualcosa.”
“Potter, ti prego...”
“Io glielo devo, professore, e lei non perda quest’ultima occasione, sia sincero.”
E come se quelle parole fossero la formula magica del risveglio Harry aprì gli occhi.
Vide il soffitto della stanza delle necessità, con i simboli di corvonero e grifondoro intrecciati, come lo erano stati nel bel disegno di casa di Luna, solo che accanto a lui c’era il solo Neville.
“Ben svegliato, dormiglione.” Il sorriso di Neville contrastava con gli occhi tristi e il volto magro segnato da cicatrici e privazioni.
“Dove sono gli altri? Vi siete già svegliati tutti?”
“Già svegliati? Ma lo sai che giorno è oggi? È il tre maggio, hai dormito un giorno e una notte interi.”
“Cosa?” Harry si guardò intorno come a cercare qualcosa che confermasse le parole dell’amico e la Stanza delle Necessità reagì prontamente facendo apparire un calendario magico con la data del giorno evidenziata.
“Ma cosa è successo?”
“Hai dormito! Abbiamo provato a svegliarti in ogni modo ma non ci siamo riusciti, Hermione ha persino provato un paio di incantesimi ma non c’è stato modo di scuoterti, abbiamo chiamato madama Chips che dopo aver confabulato con la bacchetta intorno a te per parecchio tempo ha sentenziato che dovevamo andarcene.” Neville portò la bacchetta alla gola e parlando con la voce dell’infermiera di Hogwarts urlò:
“Non vi ho sempre detto di lasciare riposare i miei pazienti? Non avete imparato niente? Fuori di qui!”
“E... gli altri?” Harry in realtà non si stava domandando dei vivi, ma dei morti, si chiedeva se i funerali fossero già stati celebrati e lui fosse mancato. Neville fortunatamente lo capì meglio di quanto Harry stesso non avrebbe immaginato.
“Io sono salito a vedere se eri sveglio perché stanno per iniziare i funerali. Kingsley Shakebolt è stato nominato Ministro della Magia ad interim e li celebrerà lui stesso. La professoressa McGrannit mi ha chiesto di venire a chiamarti.”
“Scendiamo subito.”
“Vorrai dire ci smaterializziamo?”
Il volto di Harry si tramutò in un grande punto interrogativo.
“I funerali si terranno vicino ai cancelli, e la preside ha sospeso gli incantesimi che impedivano la smaterializzazione per questa giornata, Non c’era un altro luogo in cui poter fare entrare tutte le persone che sono venute ad assistere.”
Neville porse ad Harry un mantello da cerimonia, scuro, che il giovane mago indossò sopra i vestiti per fare prima e di corsa uscirono dalla stanza.
Neville prese la bacchetta e con decisione eseguì l’incantesimo che tante volte aveva dato problemi ad Harry stesso e non poté fare a meno di ammirare la tecnica e la forza del suo amico. Chissà perché si ricordò di quando, al primo anno Hermione lo aveva pietrificato perché lui voleva impedire loro di uscire fuori orario, forse perché era stata la prima volta che aveva potuto vedere il coraggio di Neville.
Dopo la consueta sensazione sgradevole della Smaterializzazione Harry si trovò il viso sferzato da un fresco vento primaverile, fece un po’ di fatica ad abituarsi alla luce del sole ma quando riprese il controllo della vista si accorse che Neville lo aveva guidato in una delle prime file di una immensa distesa di sedie in cui a Harry non fu difficile notare come insieme ai maghi ci fossero anche tanti Babbani. Gli abbracci, le pacche sulle spalle e i singhiozzi del pianto formavano un unico movimento che aveva una sua sgraziata armonia, in qualche modo pur in mezzo alla tristezza che si leggeva nei volti si poteva distinguere un fondo di speranza e allegria. Harry ripensò a quanto gli era stato detto in sogno e gli parve di capirlo davvero per la prima volta.

Note di fine capitolo

Il racconto è molto lungo, spero che vogliate commentarlo sia che vi piaccia sia che non lo gradiate.

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