Note alla storia

Una piccola storia, un piccolo "quadro narrativo" che ha galleggiato a lungo nella mia testa senza mai prendere davvero una forma concreta. Spero vi piaccia quanto è piaciuto a me scriverla.
Per la dedica vi rimando alle note finali, ma una voglio già scriverla qui. A bic. Non so se ancora frequenti Accio o se mi leggi ancora, ma ogni volta che scrivo una storia così ricordo le tue, che mi sono di ispirazione per non dimenticare di dare dignità alla mia. Ti abbraccio, per questo e per tutto quello che attraverso Accio abbiamo condiviso.
Buona lettura!
La lunga sala era buia, umida e fredda.
I pilastri di pietra, su cui si avvinghiavano quei serpenti così perfetti da sembrare veri, la rendevano inquietante, come se milioni di occhi fossero in agguato, scintillanti e vigili, in quel loro regno rimasto così a lungo inviolato. Come se, con i loro sguardi inanimati, le creature potessero in realtà seguire ogni gesto del loro padrone.
Voldemort, infatti, non era mai sembrato tanto concreto e pericoloso come in quel momento. Con il portamento posato e altero di Tom Riddle, sfidava il suo avversario con orgoglio e sicurezza. Questa volta, nulla sarebbe potuto andare storto, non più.
Il ragazzo mingherlino che gli stava di fronte, d’altra parte, non sembrava un grande problema, e Tom ormai questo lo sapeva. Era stato lui stesso a rivelarglielo. Tanti anni prima, in quella casetta di paese dove i suoi stupidi genitori avevano perso la vita nel goffo tentativo di salvarlo, Harry Potter era sopravvissuto solo per mera fortuna, e quella era l’ultima buona notizia che a Tom mancava per sentirsi pienamente al sicuro. Stavolta il ragazzo era completamente solo, se non per due armi assolutamente ridicole: il Cappello Parlante sdrucito e quel vecchio tacchino cui Silente sembrava tanto affezionato. Sentimentali, magari, ma non di certo distruttive.
Lo stesso eroe, sorrise Riddle sprezzante, non era niente più che un bambino spaventato e tremante, e si concesse di chiedersi come avesse potuto egli stesso lasciarsi condizionare dai racconti sulla sua grandezza e dagli eventi del passato. Ora, riconosceva, quanto accaduto poteva essere tralasciato perché lo stesso colpo di fortuna non si sarebbe mai ripetuto. E riguardo ai suoi fantomatici poteri… Il ghigno di Riddle si allargò. Non erano altro che storie, stupide fantasie di una ragazzina che vedeva il mondo con gli occhi della sua ingenuità: Harry era il giovane mago più forte, più bello, più potente che fosse mai esistito. “Tom, dovresti vedere il suo sguardo quando i nostri compagni lo evitano. Pensano che sia lui l’Erede di Serpeverde, Tom! E quando se ne rende conto, i suoi occhi diventano di un verde così profondo, come il vetro di una bottiglia di Burrobirra, e io vorrei solo poterlo abbracciare e dirgli che andrà tutto bene, ma non ne ho proprio il coraggio, Tom…” Così patetica!
Sì, tutto sommato anche la dolce Ginny stava per ricevere la sua giusta punizione. Il suo corpo se ne stava sdraiato in un angolo, inerme e prossimo alla morte. Riddle era perfettamente in grado di sentirlo, la forza che si rinnovava sempre più dentro di lui indebolendo la vita di Ginny un minuto dopo l’altro. Non avrebbe resistito ancora a lungo…
“Ora saresti contenta,” si disse fra sé, notando come Harry, nonostante avesse di fronte a sé un feroce Basilisco, le rivolgesse di tanto in tanto un’occhiata fugace, come per cercare in quella vista un motivo per non soccombere al terrore. “Hai tutta la sua attenzione, piccola traditrice”.
La bacchetta che aveva rubato sembrava sempre più reale mentre se la rigirava tra le dita. Ancora poco, solo un altro po’…
Poi un canto antico si diffuse nella Camera e sembrò scaldarne le pareti e gelare il sorriso di Riddle. La Fenice aveva accecato il Basilisco e il pavimento si coprì di sangue scuro e zampillante. Harry poteva sentire la voce del suo nemico che cercava di aizzare il serpente, troppo confuso e dolorante per potergli prestare davvero attenzione. Un attimo dopo, però, era di nuovo contro il ragazzo, pronto a colpire.
Il ricordo di Riddle dovette trattenere una risata quando il grande Harry Potter pensò di rispondere all’attacco nascondendosi sotto al Cappello Parlante. Incitò nuovamente il serpente ad attaccare, poteva sentire le venature del legno scorrere tra le dita, il viso di Ginny sempre più terreo e grigio in lontananza.
Il Basilisco tentò un primo attacco. Poi un secondo. Era solo questione di tempo, qualche attimo ancora…
Poi si udì uno stridio lacerante, il Basilisco si contorse su se stesso e cadde sul pavimento, morto. Potter aveva in pugno la Spada di Grifondoro e la reggeva verso il mostro con coraggio e fierezza: doveva salvare Ginny, e solo sconfiggendo Voldemort avrebbe potuto riuscirci! Ginny che ora giaceva a terra, fragile e persa, sola… I suoi occhi dardeggiarono per un istante, prima che cadesse a terra.
Nel silenzio della Camera, Riddle lo raggiunse e sorrise. Sul braccio del ragazzo, una delle lunghe zanne avvelenate del Basilisco aveva lasciato una ferita profonda. Il viso che sfacciatamente ricambiava la sua occhiata era smarrito, lo sguardo spento e opaco, il corpo intriso di acqua cupa e del sangue che inzuppava sempre più le vesti.
Riddle lo guardò accondiscendente. Ormai aveva vinto. Sovrastandolo, sorrise nuovamente e disse…

“Forza, a lavarsi le mani, la cena è quasi pronta!”
Un lieve toc toc sullo stipite della porta della cameretta.
“Uffa, mamma!” protestò James, incrociando le braccia indispettito. “Noi vogliamo sentire il finale della storia!”
Il bambino volse lo sguardo al suo fianco, verso il suo fratellino, in cerca di qualcuno che gli desse manforte. Albus, dal canto suo, sembrava avere un visino ancora più pallido del solito e tutta l’aria di chi avrebbe volentieri passato la notte nel letto dei genitori, ma annuì comunque un po’ per accontentare James.
“Magari più tardi, su, tutti e due,” insistette Ginny.
I bambini si alzarono dal tappeto – James con uno sbuffo di troppo che gli fece guadagnare un’occhiataccia di sua madre – e uscirono insieme dalla stanza.
Anche Harry si alzò e rimase lì, chiedendosi se l’espressione della moglie fosse più arrabbiata o divertita. La donna entrò e lui improvvisamente si sentì piccolo quanto i bambini.
“‘Il corpo intriso di sangue che inzuppava i vestiti’?” ripetè lei, scandendo ogni parola.
Harry avrebbe voluto dire che si trattava soltanto di un racconto, ma gli uscì solo un impacciato “Ehm..”.
“Per la barba di Merlino, ma come ti è venuto in mente?” continuò Ginny, iniziando a raccogliere i giocattoli dal pavimento. “Ti sembra una buona favola della buonanotte?”
“Non doveva essere una favola della buonanotte, infatti dobbiamo ancora cenare…”
“Hermione ieri ha raccontato loro una storia molto simpatica, si intitola “Cenerentola”. E’ forse troppo banale per te?”
“James voleva sapere della Spada di Grifondoro, erano curiosi…” provò a difendersi Harry.
Ma smise subito quando Ginny gli si parò davanti, con un cipiglio tale da fargli fare un passo indietro, ammutolendo.
“Non potevi aspettare che avessero almeno sette o otto anni?”
“Allora riprovo fra due an…”
“No!” esclamò Ginny, ma poi notò che il marito stava sorridendo.
Harry non aveva proprio potuto evitarlo. Il viso di Ginny, che era diventato tutto rosso di fervore sotto alle lentiggini, e l’assurdità di quella piccola scenata gli impedivano di restare serio.
La donna, per tutta risposta, gli puntò un dito contro.
“Stammi bene a sentire, non sarò io stanotte ad alzarmi ogni cinque minuti per consolare Albus dagli incubi, signor eroe, chiaro?”
Ma Harry notò come anche lei facesse ormai fatica a restare seria, le labbra che rischiavano a ogni parola di incurvarsi pericolosamente in un sorriso rivelatore.
“Chiaro,” rispose lui, sorridendo ancora più apertamente.
“Ah e già che ci siamo…,” aggiunse Ginny, abbassando il dito ma non il cipiglio. “Fragile, persa e sola?”
“Beh eri svenuta! Cosa avrei dovuto dire?!”
Ginny aggrottò pericolosamente le sopracciglia.
“C-cioè…” farfugliò lui. “Oh insomma, è così che fanno le damigelle in pericolo!”
“Le damigelle in pericolo? E tu chi saresti stato, il principe azzurro?”
“L’idea era quella…”
“Domani racconterò io una bella storia ai bambini!”
Harry non ebbe il coraggio di chiedere se ciò che aveva in mente Ginny avrebbe gettato buona luce sul genere femminile forte e indipendente o se, più semplicemente, sarebbe servito a screditare tutta la sua buona reputazione agli occhi di Albus e James.
“C-certo,” rispose coraggiosamente. “Ottima idea…”
A quel punto, Ginny sembrò persuasa di averlo strapazzato abbastanza e finalmente si concesse di lasciar libero quel sorriso sconcertato e allibito che le si era, suo malgrado, stampato in faccia nel cogliere le sue parole dal corridoio.
Anche Harry sorrise di più vedendola così.
“Passato?” tentò. “Sono stato sgridato abbastanza?”
“Per stavolta!” concesse Ginny, ormai quasi ridendo.
Harry la seguì, ma sentì un pizzico di inquietudine tornare quando lei gli si fece di nuovo vicina.
“Giusto per sapere quali traumi ho evitato per un pelo ai miei figli,” iniziò con sguardo indagatore. “Come avevi intenzione di continuare? Riddle sorrise e disse…?”
“Oh” fece Harry con apparente noncuranza mentre la abbracciava in vita. “Naturalmente disse ‘Nel caso in cui però non doveste morire, Potter, io sposerei quella ragazza perché mi sembra proprio un bel tipetto!’”.
Ginny si sciolse tra le sue braccia in una frizzante risata.

Note di fine capitolo

Un “quadruccio” semplice, senza tante pretese, forse un po’ sciocco e birbantello. Ma per me è molto di più. Un sorriso speciale che si aggiunge alla rilettura dei libri, una sequenza che nella sua linearità mi ha accompagnata per tanti piccoli momenti di sorrisi e di tenerezza, al punto da fare fatica a dare il giusto “pathos” alla prima parte di questa storia. Ancora una volta, una piccola Magia. Grazie a chi l’ha resa possibile (perché no, me compresa).

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