Harry vide il professore impallidire appena e trarre un cupo sospiro, il dolore che di nuovo invadeva il suo sguardo nero e sembrava quasi distorcere i lineamenti tesi, proprio come quella notte davanti alla capanna di Hagrid che andava a fuoco.
- È stato per il Voto Infrangibile, vero? Solo per non morire lei, - aggiunse Harry con disprezzo, -perché, io l’ho visto, Draco: non ce l’avrebbe mai fatta ad uccidere Silente…
- Non sono così vigliacco come ti ostini a credere, Potter. – rispose Piton cupo. – Sarei morto mille volte al posto di Albus, se solo fosse servito qualcosa. Se solo me lo avesse permesso.
C’era qualcosa, nell’intensità del tono di voce del mago, che diede i brividi a Harry: era sofferenza, un dolore tremendo e infinito, misto alla disperazione più angosciante. Era quasi impossibile dubitare della vibrante verità di quelle parole che trasudavano una pena indicibile.
Ma come poteva essere? Perché?
Si fissarono a lungo, infine Piton ruppe quel greve silenzio denso di interrogativi:
- È stato Albus a ordinarmelo. – aggiunse in un sofferto sospiro. – Io… non volevo, mi sono più volte ribellato…
La voce del mago si incrinò e si interruppe per un breve istante, mentre Harry, del tutto impreparato, vedeva ondate di lancinante sofferenza susseguirsi sempre più potenti nello sguardo e sul volto del professore, pallido come un morto. Continuò a fatica, la voce roca:
- Ma Albus lo dava per scontato…
Harry all’improvviso ricordò ciò che gli aveva raccontato Hagrid sul litigio origliato tra Silente e Piton al limitare della Foresta Proibita. Le parole risuonarono limpide nella sua mente: “ho solo sentito Piton che diceva che Silente dà tutto per scontato e che forse lui – Piton – non voleva farlo più… Comunque Silente ci ha detto chiaro e tondo che aveva accettato di farlo e basta. E’ stato molto deciso. “[1]
- Non volevo farlo, come potevo ucciderlo… proprio lui… - mormorò Piton con voce rotta dal dolore, le parole che uscivano a fatica dalle labbra sottili, - ma Albus è stato irremovibile e ha preteso che io mantenessi la mia parola…
Harry lo fissava con gli occhi spalancati, sbalordito.
Piton socchiuse un attimo gli occhi sospirando:
- La mia anima…
La voce del mago tremò e si spense mentre piegava il capo e i lunghi capelli neri gli coprivano il volto dipinto di un mortale pallore.
L’assassinio spezzava l’anima, Harry lo sapeva. E Piton, un Mangiamorte, un assassino, sembrava preoccuparsi per la propria anima. Com’era mai accettabile un tale folle pensiero? E se il mago, invece, fosse davvero sempre stato dalla loro parte, come aveva affermato all’inizio di quell’inconcepibile serata? Se avesse davvero obbedito all’ordine di Silente? Ma perché mai il vecchio preside avrebbe dovuto impartire quell’ordine senza senso?
Piton riaprì gli occhi neri soverchiati dalla sofferenza e a fatica riprese a parlare:
- La mano annerita di Albus, la ricordi?
Harry annuì.
- È stata una maledizione potente a bruciargliela. Una maledizione inarrestabile. – spiegò il mago in un sofferto sussurro. – Ho provato in ogni modo a debellarla, ma non ci sono riuscito. Ho fallito.
Dolore, angoscia e disperazione investirono ancora Harry.
- Albus era condannato a morire. – continuò Piton. – Sapeva che gli rimanevano ormai solo pochi mesi…
La voce del mago si spense, di nuovo soffocata da un lungo sospiro. Poi con sforzo riprese vigore:
- È stato l’anello. – scandì lentamente. – Sai di quale anello parlo, vero Potter?
Harry annuì in silenzio. Questa volta era sicuro che il mago non avesse letto assolutamente nulla nella sua mente.
- Era un Horcrux e la maledizione è uscita quando Albus ha spezzato la pietra con la Spada di Grifondoro.
Harry trattenne il fiato per non urlare.
- La spada alla quale il mio Patronus ti ha guidato quella notte nella foresta di Dean.
Questa volta il ragazzo non riuscì a trattenere un’esclamazione di stupore:
- Lei sa… sa degli Horcrux?
Fu la volta di Piton ad annuire.
- Silente l’ha detto anche a lei?
Il mago scosse il capo stizzito:
- No, il vecchio aveva mille segreti per tutti. Anche per me. Temeva che essendo io troppo vicino all’Oscuro Signore, lui potesse scoprilo.
- E allora...?
- L’ho compreso da solo, e non è questo il momento per dirti come, Potter. - rispose il mago asciutto. – Sta di fatto che so tutto, e che colui che crede ancora d’essere il mio padrone, - spiegò con voce venata di profondo disgusto, - invece, non ha scoperto mai nulla frugando nella mia mente.
Gli occhi neri di Piton scintillarono di orgoglio come mai Harry aveva visto prima:
- So mentire all’Oscuro Signore, Potter, - affermò a testa alta, - e sono l’unico che riesce a farlo! – concluse con voce traboccante di fierezza.
Harry non sapeva più a cosa credere.
- Se ho capito bene dagli strilli isterici di Bellatrix, - proseguì il mago, di nuovo quello strano sorriso soddisfatto sulle labbra sottili, - dovresti aver sottratto un Horcrux dalla sua camera blindata alla Gringott.
Harry cercò di rimanere impassibile e di proteggere la mente con tutte le sue forze. Piton sorrise, palesemente soddisfatto:
- Bene, Potter, vedo che hai finalmente imparato a occludere la mente.
- E… e lei ne è contento?
- Certo, anche se noto che la cosa ancora ti stupisce.
Vedere Piton che gli sorrideva soddisfatto era un’esperienza molto difficile ed inusuale da affrontare per Harry. Ed era ancor più difficile credere che stesse realmente accadendo perché era riuscito a impedirgli di accedere ai propri pensieri.
Per il mago non fu difficile giungere alla conclusione che doveva scoprirsi maggiormente se voleva che Harry gli credesse:
- Se non ho fatto male i conti, tenuto conto dell’errore di Lucius cinque anni fa con il diario che tu hai distrutto, dell’anello cui ha pensato Albus, con l’Horcrux che hai sottratto a Bellatrix e quello che hai distrutto con la Spada di Grifondoro che ti ho fatto gentilmente trovare, - enumerò il mago, gli occhi neri scintillanti e un’ombra della vecchia beffarda ironia che risuonava ancora nella voce profonda, - dovrebbero esserne rimasti solo due.
Harry rimase muto. Ancora non poteva fidarsi di lui.
Piton annuì, il sorriso soddisfatto che sembrava non voler proprio lasciare le sue labbra.
- Va bene, Potter, giochiamo a carte scoperte. – lo affrontò a bruciapelo. - Tu ti occupi di distruggere l’Horcrux su cui non ho informazioni, - disse facendo una lieve pausa a effetto, - ed io elimino Nagini.
Harry sgranò gli occhi: Piton sembrava sapere tutto, ma come poteva fidarsi di lui?
- Ancora non ti fidi di me, vero Potter?
Il ragazzo lo fissò senza rispondere, ma il mago non aveva bisogno di parole. Sapeva che doveva andare fino in fondo e che sarebbe stato necessario togliere anche l’ultima maschera per conquistare la fiducia di quel figlio che non sarebbe mai stato suo, ma che aveva sempre protetto e per il quale era pronto a sacrificare la vita.
- Eppure sai che ti ho sempre protetto.
Harry annuì:
- Silente mi ha detto che lo ha fatto per mettersi in pari con mio padre…
Il volto pallido di Piton si irrigidì:
- Abbiamo già discusso una volta di questo, Potter. – lo interruppe in un pericoloso sibilo il mago. – Quello scherzo avrebbe comportato la mia morte se tuo padre all'ultimo momento non avesse avuto paura delle conseguenze per lui stesso e i suoi amici. Checché ne pensasse Silente, o, meglio, - precisò con aria minacciosa, - qualunque cosa Silente volesse farti credere per i suoi scopi in quel momento, no, Potter, non è per rimettermi in pari con tuo padre che ho trascorso gli ultimi sette anni della mia vita a proteggerti.
- Lei odia mio padre!
Piton rimase immobile, quindi trasse un lungo respiro e infine ammise:
- Sì, Potter, è vero. Odio tuo padre e ho un motivo ben preciso…
- E me lo vuole dire?
Il mago lo fulminò con lo sguardo:
- Ogni cosa a suo tempo. – rispose a labbra strette, conscio che di tempo, ormai, ne rimaneva invece ben poco. - Torniamo ad Abus, alla maledizione dell’anello e all’ordine che mi ha impartito di ucciderlo cui ti è tanto difficile credere.
Harry annuì di nuovo: ormai nulla più di ciò che Piton diceva lo stupiva dopo aver scoperto che sapeva tutto degli Horcrux e lo aveva aiutato a distruggere il Medaglione di Serpeverde guidandolo alla Spada di Grifondoro.
- Quella notte tu e Silente eravate andati a recuperare un Horcrux.
Harry cercò di rimanere impassibile, la mente schermata da ogni intrusione.
Piton sorrise ancora, un velo di soddisfazione sulle labbra sottili per quella dimostrazione di volontà da parte del ragazzo:
- Il medaglione di Serpeverde, per essere precisi. – aggiunse condiscendente. – Quello che hai poi distrutto nella Foresta di Dean.
Doveva assolutamente riuscire a conquistare la fiducia del ragazzo. Con ogni mezzo. Fosse anche stato il mettere a nudo il proprio cuore davanti al figlio di Lily, se proprio non poteva fare altro.
Aveva un dovere da compiere, da cui non poteva e non voleva sfuggire.
- Quella notte Albus ti ha dato lo stesso pazzesco ordine che aveva già impartito a me quasi un anno prima. – aggiunse con intensità.
Harry lo fissò senza comprendere.
- Prima di partire ti ha fatto giurare di eseguire qualunque suo ordine, ricordi? – chiese
Harry rabbrividì: sì, certo che ricordava, non avrebbe mai potuto dimenticare ciò che era accaduto nella caverna e tutti i suoi tremendi sensi di colpa per quello che aveva fatto. Si era profondamente odiato quando forzava Silente a bere la pozione nel bacile; aveva provato un infinito disgusto per se stesso mentre spingeva il calice verso le labbra del preside obbligandolo a bere il veleno; ricordava con ribrezzo tutte le menzogne che aveva dovuto raccontargli per adempiere all’ordine che il vecchio mago gli aveva impartito prima di partire.
- Mentre obbedivi al suo ordine, c’erano odio e disgusto sul tuo volto. – spiegò Piton sospirando. – Lo stesso odio e disgusto che erano sul mio volto quando sono stato costretto a pronunciare quelle due terribili parole di morte. – concluse in un sofferto sussurro.
Harry spalancò gli occhi, colpito nel profondo da quell’affermazione: sì, ricordava bene anche l’espressione di odio e disgusto incisa nei duri lineamenti di Piton mentre lanciava l’Avada. Possibile che avesse frainteso tutto e il motivo fosse invece lo stesso? Che anche il suo professore si odiasse per ciò che stava facendo quella notte sulla torre e provasse un tremendo disgusto per l’azione che doveva compiere, proprio come era accaduto a lui nella grotta poche ore prima? Ma, allora, se così fosse stato…
- E lei come fa a saperlo? – esclamò d’un tratto il ragazzo, memore che il professore non avrebbe dovuto sapere proprio nulla di ciò che era accaduto nella caverna dell’Horcrux.
Piton sollevò un sopracciglio con la sua solita aria di beffarda superiorità, le labbra sottili stirate nel ben conosciuto sorriso obliquo.
Già, come sempre quel bastardo aveva frugato nella sua mente. Solo che, forse, Piton non era proprio il bastardo che aveva sempre creduto… Ma quando diavolo lo aveva fatto? Non si erano più rivisti da quella notte orribile!
- Lei non dovrebbe continuare a leggere ciò che vuole nella mia mente! – gridò Harry ribellandosi.
- Mi sembra di averti già spiegato, Potter, - intervenne il mago con durezza, - che la Legilimanzia è qualcosa di molto più complesso e raffinato della cosiddetta lettura del pensiero di cui cianciano i Babbani.
- In ogni caso, lei non…
- In ogni caso, - ripeté il professore interrompendolo, - tu continui a mentirmi, Potter, quindi non ho altra scelta che andarmi a cercare la verità frugando nella tua mente. – concluse secco.
Harry abbassò il capo e deglutì amaro: in fondo, non poteva neppure escludere d’essere stato lui stesso a uccidere Silente con quel veleno, già prima che Piton gli lanciasse l’Avada.
Severus si accorse subito che il ragazzo era preda dei sensi di colpa per ciò che gli aveva appena ricordato: il mago, del resto, era un vero esperto in sensi di colpa che gli avevano rovinato la vita, e non era certo quello che voleva per il figlio di Lily.
- No, non pensarlo: non sei stato tu a uccidere Albus!
Le parole di consolazione gli erano sfuggite dalle labbra prima ancora che se ne rendesse conto:
- Albus era già condannato da quella maledizione e, in ogni modo… - la voce del mago tremò, - sono stato io che l’ho ucciso… obbedendo al suo ordine, proprio come hai fatto tu. – concluse, il dolore che con una nuova ondata sommergeva il pallore del suo viso.
Severus sospirò chinando il capo e scrollandolo piano, i lunghi capelli neri che gli coprivano il volto sofferente:
- E mi è costato tutto il mio coraggio, la mia forza, la mia determinazione…
Harry rimase a osservarlo in silenzio, di nuovo travolto dalla sofferenza che permeava a fondo le parole e i gesti del mago. La stessa sofferente angoscia che gli aveva visto sul volto pallido in quella fatidica notte, quando lo aveva insultato e gli aveva dato del codardo.
Harry sospirò, dispiaciuto. Sì, forse aveva tremendamente sbagliato a giudicare il suo professore…
Infine Piton sollevò il capo e vi era una nuova fierezza nel suo sguardo nero e scintillante:
- Volevo bene ad Albus. – disse con voce traboccante di inatteso e caldo affetto. – È stato come un padre per me. Mi ha concesso una nuova possibilità, dopo la mia tragica scelta sbagliata, si è fidato di me, nonostante tutto…
La voce del mago si incrinò e si ruppe di nuovo e i suoi occhi neri erano lucidi alla fioca luce del Lumus che proveniva dalla bacchetta di Harry, quasi come se le lacrime premessero per uscire.
Note di fine capitolo
[1] Sono le parole che Hagrid riferisce ad Harry relative al “litigio nella foresta” tratte da Harry Potter e il Principe Mezzosangue, pag. 372-3