- Albus non era per niente un povero vecchio! – esclamò Piton all’improvviso, l’ira che vibrava forte nella voce. – Non permetterti mai più di ripetere una tale idiozia.
Harry spalancò gli occhi senza riuscire a capire. Piton aveva ucciso Silente… e ora lo difendeva? No, c’era qualcosa di importante che gli sfuggiva.
- Albus Silente era un grandissimo mago, uno dei maggiori di tutti i tempi. – statuì Piton con grande rispetto. – Perfino Il Signore Oscuro lo temeva, ed io non ti permetto di offenderlo!
A Harry veniva quasi da ridere; quel bastardo di Piton aveva ucciso Silente e ora veniva a fargli quella ridicola predica sul suo valore: ma a chi voleva darla a bere?
- Nessuno avrebbe mai potuto ingannare Silente, ed io meno di tutti! – aggiunse rabbioso. – Dire che ho tradito la fiducia di un povero vecchio significa insultare la memoria di Albus!
- Ma lei è un abile Occlumante! – obiettò Harry. – È così che l’ha ingannato…
- Ti sbagli, Potter, non sai quanto ti sbagli! – lo interruppe il mago, la voce ancora vibrante d’ira a fatica trattenuta. – Albus aveva un cervello straordinario ed era un fine conoscitore dell’animo umano: nemmeno un esperto Occlumante come me avrebbe mai potuto ingannarlo. Del resto, neppure l’Oscuro Signore era riuscito ad ingannarlo, nemmeno quando avrebbe ancora potuto avere l’innocenza di un bambino: credo che il preside te lo abbia raccontato, giusto?
Di nuovo, nella voce di Piton un grande rispetto era subentrato all’ira, e quello strano sorriso, che aveva il calore dell’affetto, era tornato ad adagiarsi sulle sue labbra sottili.
L’accenno fatto a Tom Riddle, poi, era del tutto corretto: in effetti, Silente non si era mai fidato di lui e lo aveva sempre tenuto sotto controllo, fin dal loro primo incontro nell’orfanotrofio.[1] Di Piton, invece, Silente aveva sempre dimostrato di avere una fiducia incrollabile. Fino a quando il traditore lo aveva ucciso.
- Albus aveva l’incredibile capacità, e sensibilità, di comprendere a fondo la vera indole delle persone, giudicandole con eccezionale correttezza.
Harry sbatté gli occhi e si pizzicò un braccio, come a volersi risvegliare da un sogno: era una vena di affettuosa tenerezza quella che gli pareva di aver percepito nella voce di Piton e che faceva invece a pugni con la realtà di assassino e traditore che era?
- Albus ha sempre riposto fiducia anche in Lupin, nonostante sia un lupo mannaro, e ha sempre creduto all’innocenza di quel mezzo gigante di Hagrid. – continuò il mago. – Ti sentiresti forse di affermare che Silente abbia mai sbagliato nel riporre fiducia in qualcuno o nel non riporne per nulla?
Harry non credeva alle proprie orecchie.
- Pensare che io abbia potuto ingannarlo significa non credere nel valore del grande Albus Silente! – affermò ancora Piton con decisione.
Gli occhi neri del mago scintillavano di profondo rispetto e di qualcosa che a Harry sembrava proprio un sincero affetto. Si chiese se il mago che aveva di fronte potesse recitare così bene: probabilmente sì, se era riuscito ad ingannare anche il grande Silente.
Il ragazzo non fece però in tempo a ribattere: il gelo sembrò scendere all’improvviso nella notte e la disperazione invase inarrestabile il suo cuore.
- I Dissennatori! – gridò spaventato.
Un nutrito gruppo di quegli esseri si stava avvicinando loro. Non aveva più la sua bacchetta, che Piton gli aveva sottratto quando erano ancora al castello, quindi non poteva difendersi; certamente il mago sarebbe rimasto a gustarsi con estremo piacere lo spettacolo dei Dissennatori che gli succhiavano l’anima.
Il professore lo stava fissando, una strana espressione sul volto pallido, quasi fosse incerto sul da farsi. Poi si spostò rapido al suo fianco, la bacchetta levata quasi intendesse difenderlo, cosa di cui Harry dubitava alquanto; così non resistette: morire per morire, prima gli avrebbe detto tutto ciò che pensava di lui!
- Avanti, mi mostri il suo fottuto metodo alternativo al Patronus per respingere i Dissennatori! [2]– lo sfidò. – Qui non siamo a scuola, dove può raccontare tutte le fesserie che vuole. – aggiunse maligno. – I Dissennatori se la prenderanno anche con lei se non fa qualcosa alla svelta. – concluse, la voce impastata di gelido terrore.
- Nessun metodo alternativo. – rispose Piton con freddo autocontrollo, sollevando la bacchetta. – Solo un Patronus eccezionalmente potente può respingere un gruppo di Dissennatori così numeroso.
Mentre rabbrividiva, di nuovo Harry non riusciva a credere alle sue orecchie: Piton gli stava davvero dando ragione?
- E allora, cosa aspetta a lanciarlo? O forse un assassino e traditore come lei non ha un ricordo abbastanza felice per lanciare un Patronus? – insinuò con voluta cattiveria. – È per questo motivo che a scuola insisteva sui metodi alternativi, vero?
Piton lo fulminò con lo sguardo: le sue iridi nere ora risplendevano di decisione.
- Guardami, Potter, guardami bene negli occhi! – ordinò secco.
Harry lo fissò e il mago per un lungo istante si perse nel verde profondo degli occhi spalancati del ragazzo. Poi accadde una cosa strana, che Harry non riuscì a comprendere, che neppure fu del tutto certo di avere visto tanto tutto accadde velocemente.
Gli occhi neri di Piton scintillarono e sulle sue labbra sottili apparve un lieve sorriso tinto di profonda dolcezza. Poi il volto pallido del mago tornò imperscrutabile e, mentre levava la bacchetta verso il cielo, la sua voce profonda tuonò:
- Expecto Patronum!
L’argento esplose all’improvviso nella notte nera, illuminandola.
Harry rimase immobile, incantato davanti all'incredibile spettacolo della notte che si era fatta d'argento davanti ai suoi occhi spalancati e colmi di stupore. La Cerva correva nel cielo nero, luminosa e splendente: immensa e protettiva sbarrava la strada ai Dissennatori ricacciandoli indietro senza la minima fatica.
Harry non aveva mai visto un Patronus così luminoso e immenso. Potente.
A quanto pare anche Piton, nonostante tutto, aveva un pensiero felice. E quale pensiero!
- Corri, Potter, levati dai piedi alla svelta! - gridò, Piton mettendogli fra le mani la bacchetta che gli aveva sottratto al castello.
Harry continuò a fissarlo stralunato, lo sguardo che dalla Cerva d'argento passava rapido al mago e viceversa.
Quella era la Cerva che lo aveva guidato nella Foresta di Dean, non c’era alcun dubbio.
Ed era il Patronus di Piton!
- Vai alla Stamberga Strillante, Potter, subito! – ordinò il mago spingendolo rudemente.
Il ragazzo infine si riscosse e schizzò via.
*
Quando, diversi minuti dopo, il mago raggiunse il ragazzo, Harry era ancora fermo davanti alla Stamberga, indeciso su come entrare.
- Reducto! - ordinò il mago puntando la bacchetta sulle assi che ostruivano la finestra più grande a piano terra e che svanirono in una miriade di pezzi sparando schegge dovunque.
Piton afferrò Harry per un braccio e lo trascinò con sé senza tanti complimenti, spintonandolo per scavalcare il davanzale.
Una volta all'interno, nell'ambiente scuro e polveroso e dal forte sentore di muffa della vecchia catapecchia, Harry ebbe finalmente l'occasione per osservare il suo professore. Il volto era soffuso di un intenso pallore e appariva molto stanco; inoltre, la manica sinistra della giacca era lacerata ed un copioso rivolo di sangue scendeva dal braccio, si suddivideva lungo la mano e cadeva infine a terra in dense gocce di colore rosso cupo.
- Lumos! – esclamò Harry dirigendo la punta illuminata della bacchetta sulla figura del mago. - É ferito?
Il mago lo fissò e stirò le labbra sottili in un obliquo sorriso di scherno, quindi sollevò la mano sinistra e diverse gocce di sangue caddero in rapida sequenza sul pavimento polveroso della Stamberga:
- Se un copioso sanguinamento é indice di un profondo taglio nella carne, - rispose sollevando un sopracciglio, - sì, direi di avere una ferita piuttosto seria.
- Ma... i Dissennatori... - balbettò Harry impallidendo.
- I Dissennatori succhiano l'anima, Potter, non il sangue. - rispose secco il professore. - Mi aspettavo che dopo sei anni di scuola di magia almeno questo lo sapessi! - concluse insinuante, il viso pallido incorniciato dai lunghi capelli neri.
Harry strinse forte i pugni e solo a fatica resistette alla voglia di rispondergli a tono: in fin dei conti Piton lo aveva protetto dai Dissennatori e, soprattutto, aveva lanciato quel Patronus che, ne era certo, era lo stesso che lo aveva guidato alla Spada di Grifondoro. Com'era mai possibile?
Il ragazzo rimase quindi in silenzio sostenendo lo sguardo penetrante del mago che, illuminato dalla punta della bacchetta di Harry, lentamente e senza mai smettere di fissarlo si tolse il mantello e la giacca, la candida camicia intrisa di sangue ed il braccio che continuava a sanguinare con abbondanza. Nella manica sinistra vi era un lungo squarcio attraverso il quale Harry poté intravedere la pelle insanguinata: con la bacchetta Piton aprì del tutto la manica spostando a lato i due lembi e lasciando in bella mostra il Marchio Nero. Il ragazzo fissò con disgustato orrore il teschio insanguinato inciso nella carne del mago, un'orbita vuota spalancata e l'altra occupata da una spira del serpente il cui corpo sinuoso, insieme ad un rivolo di sangue, si svolgeva fino ad arrivare alla cavità della bocca dalla quale usciva infine la piatta testa triangolare.
Quando Harry sollevò lo sguardo, ciò che vide lo sconvolse del tutto: sul volto pallido e teso di Piton, che ancora stava fissando intensamente il Marchio, era inciso un disgusto che gli sembrò infinitamente superiore a quello che lui stesso aveva appena provato, unito a quello che gli parve essere un odio rabbioso e dirompente.
A questo punto il mago avvicinò lentamente l'altra mano al Marchio, inciso dalla profonda lacerazione solo nella sua sommità, e fece un gesto inspiegabile: piegò le dita ad artiglio e con violenza graffiò la pelle aprendo il lembo inferiore della ferita dalla quale uscì un fiotto di sangue, quasi volesse strappare via la carne su cui il Marchio spiccava nero ed insanguinato:
- Peccato... - mormorò Piton tra sé, la voce colma di un odio lacerante a fatica trattenuto, - l'hanno mancato quasi del tutto...
Harry spalancò gli occhi: possibile che il professore intendesse dire proprio ciò che aveva appena udito? Rimase a fissarlo, l'incredulità negli occhi verdi, finché Piton non sollevò lo sguardo nero e penetrante ad incontrare il suo:
- Sì, Potter, - disse cupo a bassa voce, - questa volta, stranamente, hai compreso tutto ciò che c'era da comprendere.
Mentre cominciava a curare il profondo taglio, il mago continuò a parlare spiegando l'accaduto:
- Dietro il nugolo di Dissennatori c'erano tre Mangiamorte. Poiché in questo particolare momento non posso permettermi che vadano a raccontare in giro che mi sto piacevolmente intrattenendo col Prescelto, invece di consegnarlo all'Oscuro come sarebbe mio primo dovere, mi sono concesso l'infinito piacere di eliminarli in modo definitivo. - concluse con un ghigno colmo di odio.
Harry sussultò:
- Piacere?
- Sì, Potter, piacere. - sbottò Piton guardandolo torvo. - Erano tre bestie maledette, tre dannati carnefici di innocenti, tre assassini che godevano nell'uccidere. Non vedevo l'ora di liberare il mondo dalla loro immonda presenza!
Harry fu investito con violenza dall'ondata di odio feroce di cui erano permeate le parole del suo ex professore: non riusciva a capire più nulla, così rimase in silenzio a fissarlo mentre con la bacchetta terminava di curarsi il profondo taglio sul braccio, il volto pallido che si colmava di nauseato disgusto mentre il Marchio Nero tornava a ricomporsi sulla sua pelle.
Note di fine capitolo
[1] Tratto da Harry Potter e il principe Mezzosangue, capitolo 17 – Un ricordo Lumacoso.
«Ma lei non si fidava veramente di lui, giusto? Lui mi ha detto... il Riddle che è uscito da quel diario mi ha detto: 'Silente non mi ha mai apprezzato quanto gli altri insegnanti'».
«Diciamo che non davo per scontato che fosse degno di fiducia» precisò Silente. «Come ho già detto, avevo deciso di tenerlo d'occhio, e così feci…». [2] Tratto da Harry Potter e il Principe Mezzosangue, capitolo 21 – La Stanza delle necessità.
Harry si aspettava di prendere un voto basso, perché non era d'accordo con Piton sul modo migliore per affrontare i Dissennatori…