Remus scrutò con disappunto il contenuto dell'armadio: quella sera avrebbe svolto il turno di guardia per l'Ordine della Fenice in compagnia di Ninfadora Tonks, motivo per cui non stava semplicemente frugando alla cieca all'interno del mobile.

Ogni volta che avvistava il proprio nome tracciato con la spigolosa calligrafia di Alastor affiancato a quello della giovane Auror, veniva pervaso da una sensazione di piacere assoluto, come se il suo cuore si allargasse fino a inghiottire ogni cosa.

Scelse l'abito che giudicò meno consunto e lo indossò, controllando il risultato a quello stesso specchio in cui si erano riflessi generazioni e generazioni di nobili Purosangue.

Rimase per un attimo in attesa: lo specchio avrebbe potuto reagire sputandogli in faccia un'antologia degli epiteti che i maghi utilizzavano per definire quelli come lui, ma i Black dovevano aver riservato il monopolio degli insulti al ritratto di Walburga, perché non accadde nulla.

Remus, insoddisfatto del proprio aspetto, si rattristò. Sapeva di non essere attraente, ma forse se si fosse sistemato un po', se avesse chiesto in prestito a Sirius dei vestiti decenti... non sarebbe migliorato probabilmente di molto, inoltre se Tonks avesse intuito che si era fatto bello per lei chissà che conclusioni avrebbe potuto trarne!

Era meglio non rischiare.

Richiuse l'armadio con un lungo, tremulo sospiro. Si stava comportando come se si stesse preparando per un appuntamento romantico, era semplicemente ridicolo!

Qualcuno bussò alla porta della sua camera.

“Remus, datti una mossa, dobbiamo dare il cambio a Kingsley e a Arthur!” incalzò Tonks.

 

 

***

 

Quando il loro turno di guardia fu concluso, Tonks lo convinse ad accompagnarla da un artigiano, per acquistare a prezzo di fabbrica un plico di pergamene da offrire all'Ordine.

Nel corso della nottata l'umore di Remus era stato altalenante. Ogni volta che gli pareva che Tonks gradisse la sua compagnia s'illuminava per la gioia, anche se il dubbio che il suo interesse fosse solo cortesia non l'abbandonava mai, ma se per caso coglieva l'ombra di un qualsiasi sentimento negativo nella sua espressione s'incupiva, ferito.

Tutto sommato, però, il bilancio della serata era stato positivo, così ora Remus si sentiva euforico. Inoltre Tonks aveva scelto di vestirsi in maniera singolare, considerando che li attendeva un turno di guardia all'addiaccio, e infilata in quel delizioso vestitino la trovava così bella che gli erano venute le vertigini, quando l'aveva vista fuori dalla sua stanza la sera precedente.

La seguì con la testa tra le nuvole per i vicoli di una cittadina limitrofa al maniero che avevano sorvegliato, ignorando tanto il percorso quanto la meta della loro passeggiata, finché non si fermarono davanti a uno stretto edificio schiacciato tra due capannoni.

“Eccoci qui!” annunciò allegramente Tonks, spalancando la porta d'ingresso.

Remus si sentì agghiacciare: conosceva quella bottega, perché ci aveva lavorato in passato. In quell'occasione, ricordò, ci erano voluti quattro mesi prima che il responsabile scoprisse la causa delle sue ripetute assenze e venisse cacciato tra il gelo, l'imbarazzo e la paura dei suoi colleghi.

Atterrito, afferrò Tonks per un braccio.

“Ehi!” protestò lei. L'aveva bloccata a metà di una falcata e ondeggiò, sforzandosi di ritrovare l'equilibrio. “Non sabotarmi, ti ricordo che non inciampo da almeno cinque ore!”

“Ho un impegno, me ne vado,” reagì lui, più bruscamente di quanto avesse voluto.

Tonks lo osservò intensamente, socchiudendo i luminosi occhi scuri.

“Hai detto giusto: hai un impegno. Con me. Mica posso trasportare da sola tutte quelle pergamene, peseranno quanto un vagone dell'Hogwarts Express!”

Remus, che era già indietreggiato di un passo, scrutò ansiosamente oltre le sue spalle.

“Hai la tua bacchetta, no?” replicò stupidamente.

“Certo, nessuno noterà una donna che passeggia facendo lievitare davanti a sé una tonnellata di pelli di vitello depilato. Ti ricordo che qui è zeppo di Babbani.”

“Posso aiutarvi?” trillò una voce, facendo sobbalzare entrambi.

Remus si voltò bruscamente, battendo il mento contro la nuca della donna che si stava richiudendo la porta d'ingresso alle spalle.

“Sono la tipa che ha ordinato le pergam...” Tonks lasciò la frase in sospeso per la sorpresa: la nuova arrivata aveva sfoderato la bacchetta e la stava puntando tra gli occhi di Remus.

“Fermo,” mormorò Agnes in tono incerto.

Remus arrossì miseramente.

Lui e Agnes avevano legato subito, quando era stato assunto nella fiorente bottega artigiana dove la donna lavorava già da qualche anno. Erano quasi coetanei e la strega, un po' imbarazzata, aveva ammesso di ricordarsi di lui, anche se sicuramente Remus non l'aveva mai notata quando entrambi frequentavano Hogwarts.

Agnes aveva ragione, ma lui le aveva mentito. Odiava ferire le persone e aveva fame di compagnia tanto quanto di cibo e non voleva partire con il piedi sbagliato con lei.

Erano persino usciti assieme, qualche volta, dopo il lavoro.

“Ehi, puoi dirmi qual è il problema?” le domandò cautamente Tonks. “Le pergamene sono per me, non stiamo facendo nulla d'illegale.”

Tonks temeva che Agnes sospettasse qualcosa riguardo l'Ordine, non aveva capito che la sua reazione dipendeva da tutt'altro.

Pur mortificato dal timore e dalla delusione che leggeva negli occhi di una persona che aveva considerato amica, Remus esultò, pensando che forse sarebbe riuscito a fare in modo che Tonks non scoprisse la verità.

Poteva facilmente immaginare cosa sarebbe accaduto in quel caso: una lunga confidenza tra donne, con lui alla gogna e Tonks che alla fine avrebbe convenuto che anche lei, al posto di Agnes, avrebbe reagito allo stesso modo. Anche se la giovane Auror non aveva mai mostrato pregiudizi nei suoi riguardi, sapeva che c'era un limite a tutto e che anche per lei doveva essere anormale, per non dire peggio, la prospettiva di uscire con un licantropo. Inoltre, tacendo la verità alla collega, si era comportato in maniera meschina.

“Pergamene?” ripeté Agnes, senza abbassare la bacchetta. “No, io... ho già impacchettato le sue pergamene, il problema è...”

“Non c'è nessun problema, io ora me ne vado,” s'inserì frettolosamente Remus, “non tornerò più, Agnes, lo giuro.”

Gli occhi della donna si inumidirono e sembrò vederlo realmente solo in quell'istante.

“Oh, Remus... Io... mi sono sentita così umiliata... come hai potuto?”

Remus sapeva che non avrebbe dovuto mentirle e poteva immaginare cosa doveva aver provato dopo aver scoperto che era un lupo mannaro.

“Mi dispiace,” le disse con enfasi.

Lei distolse lo sguardo e abbandonò la mano armata lungo il fianco.

“Non mi vergogno di aver cambiato idea sul tuo conto, dopo aver scoperto la verità,” mormorò con amarezza.

“Lo capisco,” la tranquillizzò lui, rattristato ma non sorpreso, “non affliggerti, è tutta colpa mia... non tornerò più, lo giuro,” ribadì.

Attese Tonks sul marciapiede, un po' discosto dall'ingresso della bottega, e quando uscì si fece carico della maggior parte delle pergamene accuratamente impacchettate. La fatica lo distoglieva dalla paura di doverla affrontare in merito a ciò che era appena accaduto, ma non era sufficiente. Dieci minuti di silenzio era già più di quanto potesse sopportare, inoltre non era un comportamento normale, per Tonks, tacere per un periodo di tempo così lungo.

“Non ti devo nessuna spiegazione,” le disse, mordendosi subito dopo la lingua: dieci minuti di elucubrazioni per tirare fuori una frase tanto stupida!

Tonks si illuminò.

“Ottimo! Speravo tirassi in ballo tu l'argomento, perché la tipa delle pergamene ha la bocca cucita e io sto bruciando dalla curiosità,” si fermò, ma solo per tirare il fiato, “insomma... doveva essere un'amante focosa, eh? Una che ti accoglie puntandoti una bacchetta in faccia non può essere altrimenti.”

Remus notò un certo risentimento nel tono della ragazza, particolarmente marcato nel pronunciare la parola 'amante'. Probabilmente era indignata dalla prospettiva che uno come lui avesse avuto come amante una strega normale, anche se in realtà era sorprendente che lei avesse anche solo preso in considerazione quella possibilità.

“Agnes non era la mia amante,” precisò, ed era la verità. Le loro uscite assieme non erano state dei veri appuntamenti, perciò il loro rapporto non si era mai evoluto in una relazione sentimentale.

“Io dico di sì,” insistette Tonks, “cosa le hai fatto? L'hai tradita? Non mi sembri il tipo...”

Remus la osservò di nascosto: le braccia strette attorno alle pergamene, il viso arrossato per la fatica.

“Non era la mia amante,” obiettò nuovamente, sforzandosi di immaginare cosa lei volesse sentirsi dire. Ovviamente non che Agnes era stata la sua amante, nonostante la sua insistenza, né che l'aveva tradita; sarebbe stato disposto a mentire pur di compiacerla, ma intuì che Tonks avrebbe gradito di più la verità.

Preferiva ammettere la propria codardia che perdere la sua approvazione.

“Eravamo colleghi e non ho avuto il coraggio di dirle che sono un lupo mannaro,” confessò, “ho taciuto, anche se sapevo che non sarebbe durata perché venivo regolarmente smascherato... l'ultima volta è capitato in maniera piuttosto clamorosa, direi,” scherzò, alludendo allo scalpore suscitato dalla sua nomina a insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure alla fine dell'anno scolastico, quando la verità sul suo conto era stata divulgata da Severus.

Tonks cercò insistentemente il suo sguardo e quando l'ebbe conquistato curvò le labbra in un sorriso d'incoraggiamento.

“Colleghi, eh?” disse, rilassandosi visibilmente, “Remus, so come gira il mondo per le persone speciali come te: gira nel verso sbagliato, per questo mi sono arruolata nell'Ordine.”

Remus le restituì il sorriso. Si sentiva assolto, come se si fosse trovato sotto processo.

“Grazie,” le mormorò.

Si Materializzarono a Londra e parlarono del più e del meno fino a che si trovarono, quasi senza accorgersene, di fronte all'ingresso dell'abitazione di Sirius.

Tonks esitò.

“Ehm... Remus?”

“Sì?”

La giovane esitò ancora, poi esplose:

“Allora, l'hai notato sì o no?”

Remus, preso alla sprovvista, non seppe cosa rispondere.

“Indosso un vestito, Remus,” chiarì lei, tradendo una certa frustrazione, “e delle calze!”

“L'ho notato subito, naturalmente,” ammise involontariamente lui, arrossì e cercò subito di rimediare: “l'ho notato perché non è l'abbigliamento più adatto a una notte di guardia nella foresta.”

“Ma dai! E per chi credi mi sia fatta bella?”

Remus si accigliò: l'abbigliamento di Tonks era stata una sorpresa talmente piacevole e inaspettata che non aveva riflettuto su cosa potesse averla spinta a vestirsi a quella maniera, ma non gli ci volle molto per intuirlo.

“Io credo... beh...” s'interruppe, incapace di reprimere una feroce gelosia, “avrai un appuntamento con qualcuno, stamattina.”

Tonks era incredula.

“Io ho avuto un appuntamento con qualcuno!” sbottò e aggiunse, prima di sbattergli la porta in faccia: “Non riconosceresti un appuntamento neppure se fosse così vicino da morderti il naso, Remus!”

 

 

 

 

Note di fine capitolo

Questa storia è basata sulla biografia di Remus Lupin scritta dalla Rowling: Remus e Tonks, per un intero anno, hanno taciuto l'uno all'altra i loro veri sentimenti.

Remus, che è patologicamente insicuro, non immagina che anche Tonks ha le sue insicurezze, per questo non capisce il suo comportamento, anche perché non prende neanche in considerazione la possibilità che lei possa essere interessata a lui, che si considera 'impuro'.

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