Note alla storia

Questa è colpa di un delirio notturno su skype tra me e Ladyhawke. Cercavamo di capire che accidenti fanno i Purosangue per vivere... Ecco la mia versione! XD
Le feste private delle grandi famiglie Purosangue erano prestigiose e incredibili, si diceva: si trattava all’incirca di riunioni di famiglia su scala più ampia, poiché tutti i partecipanti erano imparentati in un modo o nell’altro, ed erano interminabili.
Per quanto parteciparvi fosse un privilegio e una celebrazione del proprio status, oltre che una splendida occasione per procacciare nuovi affari, tutti le trovavano incredibilmente noiose.
In particolar modo, erano i bambini a detestare quelle serate orribili: erano obbligati a presenziare, tutti – salvo i più piccoli, ragion per cui spesso si creavano rancori insuperabili tra i fratelli – vestiti in maniera scomoda ed elegante, che era un modo dei grandi per impedire loro di fare qualunque cosa di anche minimamente divertente.
Non si poteva correre, né nascondersi, e bisognava stare seduti a tavola per un tempo infinito, stando attenti a mangiare come la loro tata cercava di insegnare, non lamentarsi mai di quello che c’era nel piatto… Una barba, insomma.
In più, le facce erano sempre le solite, non c’era mai niente di nuovo se non un manico di scopa giocattolo ricevuto a Natale, una bambola da torturare per far piangere la proprietaria, tutti divertimenti che si consumavano in fretta.
Un bambino di otto anni com’era Draco Malfoy, dunque, si annoiava molto in fretta. Era abituato a fare il capetto, specie quando si trattava di rappresaglie a quelle antipatiche delle femmine, ma era anche il primo a nascondersi dietro le sottane della mamma quando venivano rimproverati, quindi non era proprio amatissimo tra i suoi coetanei.
Era molto facile stuzzicarlo, a volte, perché era suscettibile e si offendeva facilmente, e gli altri lo sapevano bene.
Una sera i Malfoy arrivarono leggermente in ritardo – Narcissa amava farsi attendere – e così, quando entrò nella stanza destinata agli ospiti più giovani, Draco trovò i suoi amichetti già intenti a chiacchierare e a ridere.
«Di cosa parlate?» domandò con voce un po’ diffidente, quasi temesse di rimanere escluso dalla conversazione. Era sempre solo a casa, salvo gli Elfi Domestici a cui si divertiva a fare i dispetti, perciò quelle occasioni per lui erano una vera boccata d’aria.
«Il papà di Pansy ha avuto una promozione al Ministero, ora dirige un Dipartimento», gli piegò il piccolo Nott con aria molto seria.
«Sì, è diventato ancora più importante di prima», enfatizzò la bambina con un sorriso molto ampio. Era fiera del suo papà, che si dava così tanto da fare per la sua famiglia.
Draco era sorpreso, perché a casa aveva sentito spesso parlare i suoi genitori in maniera non molto carina del signor Parkinson, ma si tenne quel commento per sé. Aveva imparato a suon di sculaccioni a non parlare a sproposito, almeno non quando poteva essere scoperto dagli adulti.
«Oh», rispose semplicemente, deciso lo stesso a rimarcare quanto la sua famiglia fosse speciale, orgoglioso di essere un piccolo Malfoy. «Tanto non sarà mai importante quanto il mio papà».
Aveva imparato il valore di essere un Malfoy anche prima di leggere e scrivere, visto quanto ci tenevano i suoi genitori, perciò sapeva di doversi distinguere in ogni caso.
Peccato che quello fosse esattamente il tipo di commenti che indispettiva i suoi amichetti.
«Ah sì? E che lavoro fa tuo padre, Draco?», domandò Millicent nel suo enorme abito rosa. «Non ce l’hai mai detto, ora che ci penso».
«È vero, cosa fa tuo padre?», chiesero in coro gli altri. Draco si trovò improvvisamente in difficoltà, sapendo di non avere una risposta e sentendosi imbarazzato per questo.
«Beh, lui…» tentò d’inventare, ma senza successo, e si preparò a essere preso in giro per tutta la sera.
Era strano, in effetti, non conoscere il lavoro del proprio padre, eppure Draco non lo sapeva. Lo vedeva uscire ogni mattina di buon’ora dopo aver dato un bacio alla mamma e ogni sera lo aspettavano per la cena. Non lo sentiva mai parlare di lavoro, se non per lamentarsi di qualcosa che non era andato come voleva lui, e in quelle occasioni il bambino non stava a sentire.
Obbligato ad ascoltare i suoi amichetti che lo prendevano in giro, tuttavia, Draco decise che le cose dovevano cambiare: alla prossima festa avrebbe dovuto sapere il lavoro del suo papà.

*


«Papà, mi stavo chiedendo… Che lavoro fai tu?»
La mattina a colazione era il momento migliore per queste cose: mangiavano tutti e tre insieme le prelibatezze di Dobby, il papà leggeva il giornale e commentava divertito le notizie, la mamma faceva qualche domanda al figlio sulle cose che avevano studiato il giorno precedente, per poi proporre cose divertenti da fare, come un giro a Diagon Alley o una lunga passeggiata nel parco. Quando papà non era a casa, Draco aveva perfino il permesso di provare ad acchiappare i pavoni bianchi che popolavano i giardini, il che era sempre un gran divertimento per lui.
Lucius fece capolino dalle pagine della Gazzetta del Profeta, sorpreso da quella domanda.
«Non lo sai, Draco?»
Il bambino si sentì uno sciocco. Aveva le guance calde, quindi doveva essere arrossito parecchio. «So che lavori tanto e per noi, sì, ma non so cosa fai esattamente», spiegò per giustificarsi. «Il papà di Theodore è un Magiavvocato, e il papà di Pansy lavora al Ministero, so che ieri ha ricevuto una promozione…»
L’idea che doveva avere Lucius su quella promozione era ben chiara sulla sua faccia – in realtà il signor Parkinson sarebbe avanzato di grado per lavorare di più allo stesso stipendio, un passaggio inutile ai suoi occhi – eppure il mago non disse nulla, scambiando invece uno sguardo con sua moglie, che lo osservava con un sorriso.
«Il mio lavoro è complesso e molto noioso, Draco, faccio investimenti e mi assicuro che abbiano un ritorno», disse il padre, ma il bambino sembrò più confuso di prima.
«Forse oggi potresti andare al lavoro con papà», suggerì Narcissa, che era divertita da quello scambio di battute. «Che ne dici, tesoro? Ormai Draco è abbastanza grande».
Poteva essere un’occasione per rinsaldare il rapporto tra padre e figlio: la donna sapeva che Draco viveva in adorazione del padre, e che la cosa era reciproca, ma suo marito non era molto bravo a esternare le sue emozioni. A chi non lo conosceva granché, Lucius poteva perfino apparire eccessivamente freddo con chiunque, e quella sensazione si accentuava a vederlo con le persone che amava, eppure Narcissa non aveva mai dubitato del suo amore, così come sapeva che Draco era la cosa più bella e importante nella vita del mago.
Sapendo a cosa mirava la donna, Lucius annuì. «Perché no? È ora che mio figlio conosca gli affari di famiglia, visto che un giorno seguirà le mie orme. Che ne dici, Draco?»
Il bambino annuì con entusiasmo e sorrise, felice. Non gli capitava spesso di passare la giornata con suo padre, era una novità che non si era aspettato… E avrebbe visto con i suoi occhi doveva lavorava, quindi avrebbe saputo benissimo cosa ribattere a quegli antipatici dei suoi amici!
Su consiglio della mamma, che aveva colto l’occasione al volo per farlo rigare dritto, obbligarlo a finire tutta la colazione e a lavarsi senza storie, Draco si lasciò vestire in quel modo che tanto odiava, da principino lo definiva la madre, e perfino appuntare il mantello.
«Mi raccomando», gli ricordò Narcissa prima di riavviargli i capelli, «comportati bene e ricorda cosa ti abbiamo insegnato. Fai in modo che il tuo papà sia fiero».
Il bambino annuì, deciso a portare a termine quella missione come se ne andasse della sua vita, e prese la mano del padre, che lo stava già aspettando al camino. «Prima andremo in banca e poi ci dedicheremo ad altre questioni, sei d’accordo?»
Se era d’accordo? Draco era al settimo cielo.
«Ciao mamma!», salutò felice come se stesse andando a giocare.
Narcissa rispose con la mano, sorridendo entusiasta. Vedere gli uomini della sua vita uscire insieme prospettando una splendida giornata era uno spettacolo davvero meraviglioso.

*


Quando rientrarono, diverse ore dopo, la donna notò subito che qualcosa non andava: Lucius le scoccò un rapido a bacio a fior di labbra e svanì nello studio, il che non era mai buon segno e Draco, d’altro canto, sembrava intristito e si era diretto a sua volta verso la cameretta.
Narcissa decise di cominciare dal più semplice da lavorare, il figlio.
«Posso entrare, tesoro?», domandò affacciandosi sulla porta della stanza, per trovare il bambino steso sul letto stretto al suo enorme pupazzo a forma di Keppy il drago brontolone.
Draco la guardò appena e annuì lentamente, prima di tornare a fissare il soffitto.
«È successo qualcosa di brutto? Non ti sei divertito con papà?»
il bambino scosse il capo, eppure qualcosa non tornava ugualmente. «Siamo andati in banca, c’era un Goblin grinzoso che portava gli occhiali», spiegò con una vocina mogia, «e poi abbiamo attraversato un altro camino, abbiamo incontrato dei suoi soci, hanno discusso di infestamenti».
«Investimenti, tesoro, ma continua», lo corresse dolcemente la madre. Ancora non riusciva a capire chiaramente perché il piccolo fosse così abbattuto.
«Dopo siamo andati a vedere un recinto in cui c’erano degli Unicorni. Erano bellissimi, però papà mi ha detto di non avvicinarmi perché poteva essere pericoloso. E poi una serra, c’erano delle strane piante puzzolenti…»
«Mi sembra che abbiate fatto un sacco di cose divertenti. Perché sei così triste?»
Draco tirò su col naso e strinse ancora di più il pupazzo arancione: «Ho visto un sacco di cose, ma non che lavoro fa papà. Lui ha parlato, ha stretto la mano a un sacco di signori, ma non ha fatto niente».
Narcissa cominciava a capire: si era aspettato di vedere l’ufficio del papà – Lucius però aveva lo studio a casa – di conoscere dei colleghi e ammirarlo in un’attività più concreta per i suoi otto anni.
«Questo è il lavoro del papà, tesoro: lui ha i soldi della famiglia, il patrimonio dei Malfoy, e li usa per fare investimenti. Ad esempio, ha finanziato quell’allevamento di Unicorni quando ha aperto, e controlla la produzione di diverse piante magiche. Queste attività hanno dei guadagni, mi segui? E di questi guadagni la maggior parte torna a tuo padre».
«Quindi lui non fa niente?», domandò ancora Draco, poco convinto.
«Lui sceglie le cose in cui vale la pena mettere dei soldi, deve capire se gli tornerà più oro di quello che ha investito o no. È una scelta difficile, ma il tuo papà è bravo e diventa sempre più ricco», concluse Narcissa sperando di aver messo in una luce positiva suo marito.
Il bambino sgranò gli occhi: «Papà decide chi lavora per lui e diventa più ricco».
Improvvisamente sorrise: era geniale! Era vero che i Malfoy erano i più bravi e i più furbi, come gli era sempre stato ripetuto da quando riusciva a ricordare.
La mamma gli sorrise e gli accarezzò una guancia, domandando se si sentisse meglio e se volesse la merenda. Draco annuì e si alzò dal letto per seguirla, gongolando: non vedeva l’ora di incontrare di nuovo i suoi amici per dire loro la verità.
Il mio papà è un mito, lascia che siano gli altri a lavorare per lui e ci guadagna sopra. E io da grande voglio essere proprio come lui.
Chissà che faccia avrebbe fatto Pansy!

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