Note alla storia

Storia scritta per il concorso estivo Compiti Scolastici

Harry era in difficoltà: il Principe, che era sempre così puntuale nel suggerire procedimenti migliori per l’esecuzione delle pozioni, non riportava alcuna nota riguardo agli effetti. Quella mattina il professor Lumacorno aveva assegnato alla classe un tema: “Dopo averla realizzata, spiegate dettagliatamente gli effetti della Pozione della Pace sul soggetto a cui viene somministrata.” Harry non aveva avuto problemi a realizzare il miscuglio dorato, miscelando attentamente l’essenza di elleboro con l’infuso di tiglio, ed era anche sicuro che durante l’ora successiva Lumacorno si fosse dilungato sugli effetti della pozione, ma Harry e Ron, protetti dall’incantesimo Muffliato, avevano discusso per tutto il tempo di una particolare strategia di Quidditch per battere i Serpeverde nella partita di sabato.

Il fatto che il Principe non gli fosse d’aiuto era alquanto scoraggiante: Harry ormai si era abituato a contare sui consigli di quell’amico fedele, mentre adesso gli si prospettavano ore in biblioteca a sfogliare vecchi e polverosi volumi, alla ricerca delle informazioni che gli servivano. Il tempo però era tiranno: tra gli allenamenti di Quidditch, le lezioni con Silente e il tempo impiegato a pensare a Ginny, non gli sarebbe rimasto un minuto da dedicare al compito.

La soluzione migliore sarebbe stata quella di somministrare la pozione a qualche studente ignaro e poi verificarne gli effetti. Ma a chi? Il nome della pozione suggeriva a Harry che questa avrebbe avuto maggior effetto su una persona irascibile e nervosa. Avrebbe potuto versarla nel succo di zucca di Hermione e poi andarla a disturbare mentre faceva i compiti, ma in quel periodo il morale della ragazza era talmente basso a causa di Lavanda Brown, che Harry scartò quella possibilità. Intanto, nella mente del ragazzo si era formata l’immagine di un professor Piton calmo e affabile che spiegava la lezione alla classe e assegnava punti a Grifondoro. Rise tra sé a quel pensiero inverosimile: versare la Pozione della Pace nel the mattutino del professore e godersi tranquillo la lezione successiva.

Abbandonando i suoi pensieri, Harry si accorse che era passata da un pezzo l’ora per fantasticare e, chiudendo il libro del Principe, si alzò per andare a letto. Notò, sotto ad un giornale abbandonato sul tavolo, uno dei berretti fatti a maglia da Hermione. Sbadigliando, Harry pensò che quella notte, mentre lui dormiva, Dobby avrebbe dovuto sistemare la sala comune dei Grifondoro da solo. Harry si fermò di colpo, con il volto illuminato da un’idea.

Chiamò ad alta voce: “Dobby.” L’elfo non si fece attendere, ma comparve all’istante insieme ad un pullover color ruggine, parecchi cappelli di lana e un numero considerevole di calzini spaiati.

“Harry Potter signore ha chiamato?” chiese l’elfo con un grande sorriso.

“Sì, Dobby. Ti ho chiamato perché vorrei chiederti di farmi un piacere, ma ti capirò se mi dirai di no” disse Harry in tono comprensivo.

“Dobby è un elfo libero e ubbidisce solo a chi vuole e Dobby sarà molto felice di ubbidire a Harry Potter” rispose l’elfo con un inchino.

“Ma quello che vorrei da te non è proprio una cosa,” Harry sembrò cercare le parole migliori. “Ecco, diciamo non è proprio una cosa legale!”

“Se Harry Potter vuole che Dobby faccia qualcosa, Dobby farà tutto quello che Harry Potter vuole,” rispose l’elfo solennemente. “E se fallirà, Dobby si punirà e si schiaccerà le orecchie nel forno.”

“No, Dobby, non voglio che ti punisci in nessun modo.” ribatté Harry prontamente.

“La generosità di Harry Potter è grande.” rispose l’elfo, esibendo un inchino ancora più profondo.

“Grazie, Dobby. Dunque quello che vorrei che tu facessi è che domani mattina tu versassi questa pozione nel the di Piton. Naturalmente senza che lui se ne accorga.” Mentre parlava, Harry estrasse dalla sua borsa una fiala di liquido dorato e l’agitò davanti al naso a punta dell’elfo.

“Dobby sarà onorato di aiutare Harry Potter e domani mattina verserà tutta la fialetta nella tazza del professor Piton” affermò l’elfo domestico con gioia.

“Grazie, Dobby,” esclamò Harry con entusiasmo. “Se ci riuscirai, mi aiuterai a prender un ottimo voto nel compito di Pozioni.”

L’elfo prese la fiala contenente la Pozione della Pace, si inchinò profondamente davanti ad Harry e con un sonoro crac scomparve dalla stanza.



Il mattino dopo, Harry scese nella Sala Grande con un certo nervosismo: il pensiero di drogare Piton per godersi una lezione tranquilla e studiare gli effetti della pozione gli era sembrata, la sera prima, un’ottima idea; ora però si rendeva conto di quanto rischiosa fosse questa operazione: e se Piton avesse sorpreso Dobby con la pozione? Era sicuro che Dobby non lo avrebbe mai tradito, ma Piton avrebbe comunque sospettato di lui e allora le cose si sarebbero messe davvero male. E se, invece, il piano avesse funzionato, quali effetti avrebbe avuto la pozione su Piton?

Harry si sedette di fronte a Ron e a Hermione, servendosi la colazione e lanciando occhiate furtive verso il tavolo dei professori. Dopo alcuni minuti, mentre i suoi amici erano immersi nelle pagine della Gazzetta del Profeta, Harry vide, con la coda dell’occhio, il professor Piton portarsi la tazza alle labbra e sorseggiare il suo the. Un brivido percorse la schiena di Harry: Dobby aveva portato a termine la missione? Lo avrebbe scoperto poco dopo.



Insieme con Ron e Hermione, Harry si recò verso l’aula di Difesa contro le Arti Oscure.

“Si può sapere che cos’hai, Harry?” chiese Hermione con aria preoccupata.

“Già,” le fece eco Ron, mentre si cacciava in bocca un Cioccalderone. “Non hai aperto bocca a colazione.”

Intanto erano arrivati davanti all’aula e Harry si limitò ad alzare le spalle. Tutti e tre entrarono nella stanza e presero posto in ultima fila;

“C’è qualcosa di strano qui dentro” notò Ron, guardandosi intorno.

“C’è più luce” puntualizzò Hermione.

In effetti, l’aula era più luminosa del solito, le tende erano state tirate e qualche debole raggio di sole entrava dalle finestre; persino i quadri, che solitamente esibivano persone ferite o torturate, rappresentavano invece paesaggi di montagna.

Severus Piton entrò nell’aula con un’espressione serena dipinta sul volto:
“Buongiorno miei cari studenti. Non trovate che oggi sia una splendida giornata?”

Il silenzio calò di colpo sulla classe poi si diffuse rapido un mormorio. Harry deglutì a fatica, con la bocca incredibilmente secca. Non c’erano dubbi: la Pozione della Pace stava mostrando i suoi effetti.
Piton non sembrò accorgersi della perplessità comparsa sui volti dei suoi studenti e si sedette alla cattedra, aprendo il libro:
“Benissimo, miei cari, se non vi spiace andate a pagina 154. Harry, ragazzo mio, mi faresti il favore di iniziare a leggere?”

Harry arrossì, ma non osò contraddire il professore e iniziò a leggere il capitolo sull’Incantesimo Scudo. La classe continuava a mormorare, ma Severus Piton sembrava non accorgersene: guardava Harry che leggeva, con le mani intrecciate e annuendo ogni tanto con la testa.

“Dean, per favore potresti trattenerti dal parlare con Seamus?” chiese pacatamente il professore, rivolgendosi ai due studenti di Grifondoro. Dean Thomas e Seamus Finnigan ammutolirono all’istante.

“Harry, continua pure a leggere.”

Quando Harry ebbe terminato la lettura, Piton parlò di nuovo:
“Adesso vi metterete a coppie e, stando ben attenti a non farvi del male, proverete l’Incantesimo Scudo.”
I ragazzi ubbidirono increduli.
Piton passava tra i banchi, osservando gli studenti all’opera. Alcuni Grifondoro, avendo partecipato alle lezioni dell'ES, sapevano già eseguire quell’incantesimo.

“Ottimo lavoro, Dean” esclamò Piton, dando una leggera pacca sulla spalla al ragazzo. “Dieci punti per Grifondoro!”

Mentre stava parlando, una fattura lanciata da Neville Paciock gli sfiorò un orecchio:
“Neville, ragazzo mio, potresti fare un po’ più d’attenzione? Il tuo bersaglio è la signorina Granger, non il mio orecchio. Oh suvvia, non fare quella faccia. Non ti crucierò per così poco.”

Neville, se possibile, impallidì ancora di più, poi guardò Hermione, che gli stava davanti, in cerca d’aiuto.

“Dai, concentrati!” fu l’unico commento della ragazza.

“Ben fatto, Weasley: dieci punti anche a te!” continuò poco dopo l’insegnante.

“Professore, si sente bene?” chiese preoccupata Pansy Parkinson, facendosi portavoce dei dubbi di tutti i Serpeverde.

“Mai stato meglio, ragazza mia.” le rispose il professore serafico.

La lezione trascorse così, con un Severus Piton tranquillo e disponibile, con gli studenti di Grifondoro sorpresi ma felici e quelli di Serpeverde che mormoravano tra loro, torvi.



“La lezione è finita, ragazzi,” esclamò il professore con voce squillante. “Nessun compito per la prossima volta. Godetevi un po’ di riposo e cercate di divertirvi, ma senza litigare. Mi raccomando. Buona giornata.”

Gli studenti uscirono allibiti, parlottando tra loro.

“Secondo voi cos’ha Piton?” chiese Ron rivolto agli altri Grifondoro.

“Niente di grave: ci deve essere una particolare congiunzione tra Venere e Saturno.” dichiarò Lavanda Brown, prendendolo per il braccio.

“Secondo me qualcuno gli ha fatto una fattura!” esclamò Neville il quale ancora non riusciva a credere di non essere stato punito.

“Una fattura non rende una persona più calma e mansueta, Neville.” sentenziò Hermione.
La ragazza aprì la bocca per aggiungere qualcosa ma fu interrotta da Draco Malfoy:
“Io so cosa avete fatto: gli avete dato la Pozione della Pace che abbiamo preparato ieri.”

“Non è vero: nessuno di noi somministrerebbe mai una pozione ad un professore.” ribatté Hermione “È contro il regolamento.”

“Beh, a Potter non importa molto del regolamento.” Aggiunse Malfoy. “Scommetto che è stato lui.”

Harry, che fino a quel momento si era tenuto in disparte, guardò Malfoy e, alzando le spalle, disse semplicemente:
“Provalo.”

Malfoy non seppe rispondere prontamente e Harry ne approfittò per sgusciare via insieme con Ron e Hermione. Avevano un’ora libera e tutti e tre si diressero verso la Torre di Grifondoro.

“Harry?” chiese Hermione. “Tu non drogheresti mai un professore, vero?”

“Pensi che ne sarei capace?” chiese di rimando Harry, senza guardare la ragazza.

Hermione scambiò un’occhiata con Ron il quale intervenne:
“E come avresti potuto fargli bere la pozione? No, è impossibile. Probabilmente aveva ragione Lav: c’entrano Venere e Saturno.”

A sentir nominare Lavanda, Hermione accelerò il passo, lasciando cadere il discorso.

“Ma cos’ho detto?” chiese Ron a Harry, sperando che l’amico potesse illuminarlo sullo strano comportamento della ragazza.

Ma Harry non lo stava ascoltando: sorrideva tra sé, pensando al bellissimo voto che avrebbe preso nel compito di Pozioni.

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