Andromeda si era sempre considerata una persona comprensiva; senza peccare di immodestia poteva dire con tutta sincerità di essere tutto sommato paziente… ma c’erano cose che andavano oltre la sua comprensione. Probabilmente era tutto dovuto al fatto che era cresciuta in una famiglia Purosangue con feroci tendenze Ammazzababbani, o forse i corsi di Babbanologia, che pure non aveva potuto seguire, non erano comunque molto chiari, perché lo spettacolo che aveva davanti agli occhi la lasciava perplessa. Pur con tutta la buona volontà non riusciva a capire perché Ted amasse così tanto fissarsi davanti ad uno schermo luminoso tutte le domeniche pomeriggio per quasi due ore.
Ancora peggio, forse, era vedere Dora, la sua adorabile figlia di otto anni, accanto papà a ingozzarsi di pop corn e inveire in maniera molto poco signorile, imitando il suo perfetto genitore.
- Che succede? Che c’è da urlare tanto? – chiese, uscendo dalla cucina.
- Goal mancato, mamma. È una partita importante! Il Liverpool è in vantaggio in classifica quest’anno, ma oggi si scontra con gli Ipswich Town, che hanno quasi vinto il campionato l’anno scorso. Grande sfida! – insistette lei, snocciolando le informazioni apprese dal padre.
- E chi vince? – Andromeda sospirò: la parte babbana di Ninfadora era tutta lì, mentre si appassionava allo sport preferito di Ted; la versione noiosa del Quidditch, a suo modo di vedere.
- Liverpool, ovviamente, ma Ipswich ha rischiato di pareggiare due secondi fa. – intervenne Ted sistemando la ciotola di leccornie prima che una manata della figlia la facesse ruzzolare per terra.
- Sciocca a chiederlo, vero? – domandò Andromeda, mentre si sedeva accanto agli altri due.
- Be’, è da qualche anno che Liverpool domina su tutti quanti. Vinceranno loro, penso. – replicò nuovamente la piccola annuendo con fare ridicolmente saccente. Ted sorrise sornione, fiero della sua creatura che proprio in onore della squadra che giocava in casa aveva tentato di far assumere alla sua chioma il colore rosso tipico della squadra al comando della classifica. Il risultato era stato quello che era stato: era troppo eccitata dallo scontro per controllare le sue capacità al meglio, quindi alla fine risultavano più arancioni che altro, ma almeno l’idea c’era.
- Se a Hogwarts i suoi studi non andranno bene avrà sempre una carriera di riserva. – buttò lì Ted, rivolto alla moglie.
- Cronista di calcio, dici? – domandò la strega. – Devo già preoccuparmi?
- Non ti preoccupare, mamma, andrò benissimo a Hogwarts. – tentò di rassicurarla la ragazzina, prendendo una manata di pop corn e infilandosi in bocca con nessuna grazia.
- E mangerai così a scuola? – indagò la madre con uno sguardo truce.
- Quando sarò da sola, magari… - tentò Dora parlando con la bocca piena, si pentì immediatamente di non essere rimasta zitta.
- Dora…
- Sì? – tentò lei, masticando con la bocca chiusa e mandando giù il boccone. Aveva lanciato un’occhiata al padre a implorare aiuto, ma questi aveva di nuovo rivolto l’attenzione verso la partita, preso a borbottare su un calcio di punizione per lui ingiustificato.
- Mi piacerebbe pensare, Dora, che mia figlia avrà il buongusto e la maturità per non comportarsi come un Kappa indemoniato né in pubblico né da sola. – l’apostrofò lei con quell’aria severa e inquietante che assumeva, fortunatamente, piuttosto di rado.
- Farò il possibile, mamma. – rispose lei, abbassando per un attimo lo sguardo, contrita. La coda dell’occhio intanto continuava a seguire il gioco, fino a che…
- GOAL! – Urlò la giovane, balzando in piedi sul divano! – Liverpool segna di nuovo! Ormai la partita è fatta!
- Aspetta Dora, aspetta… - la calmò suo padre. – Mancano ancora dieci minuti di gioco, lo sai che la partita non finisce finchè l’arbitro non fischia.
- L’Ipswich gioca come mia nonna, non potrà farcela, non oggi! – commentò Ninfadora, sempre più convinta.
Andromeda alzò gli occhi al cielo, sconfitta, e decise di abbandonare la stanza, prima che le venisse un serio mal di testa. La figlia aveva preso la china di suo padre, meglio farci l’abitudine. Non era mai stata un’accanita sostenitrice del Quidditch, figuriamoci del calcio, uno sport che si giocava con un solo pallone alla volta. Si rintanò in camera, sperando di leggere con un po’ di tranquillità.
Ninfadora, d’altro canto, era ormai in piedi sul divano, preda alla frenesia.
- Un minuto di recupero, papà! – scandì, preparandosi ormai a fare in conto alla rovescia.
- Finita! Liverpool vince di nuovo! – sospirò suo padre, altrettanto soddisfatto della conclusione. – Che ne dici, Dora, sei pronta a scendere dal divano?
- Oh, sì… scusa. – fece la bambina, saltando giù. – Ehm… è stato l’entusiasmo del finale. – si giustificò, mordendosi il labbro inferiore.
- Ho notato, sì…
- Papà?
- Che c’è, Dora? – chiese Ted mentre risistemava il divano devastato dalla figlioletta.
- Ha ragione la mamma?
- Riguardo a cosa?
- Al lamentarsi del mio essere sempre…
- Un incorreggibile maschiaccio? – finì la frase lui.
- Già. – annuì Ninfadora facendo una smorfia, e ridando ai suoi capelli un rassicurante color castano.
Ted osservò sua figlia attentamente prima di rispondere: capelli legati in una coda quasi disfatta, un maglioncino di cotone a cui aveva allungato le maniche a tal punto che ormai le coprivano le dita senza doverle tirare, e pantaloni rotti su entrambe le ginocchia. Non che sua moglie non glieli rattoppasse, ma anche la stoffa e le toppe si erano ormai arrese all’esuberanza di Ninfadora. Non era una cosa che diceva ad alta voce, ma se aveva mai avuto in mente una figlia ideale, la piccola Dora era quanto di più somigliante a quell’idea.
- Diciamo che per il Liverpool sei perfetta, ma ora è il caso di sistemarsi un attimo, ti pare?
Ninfadora fece un mezzo sorriso e cominciò ad armeggiare con la sua coda di cavallo. Si sarebbe fatta aiutare dal padre, ma in questo era più negato di lei, quindi meglio cavarsela da soli. Rimase seduta sul divano a litigare con l’elastico mentre Ted riportava in cucina lo spuntino della partita.
- Meglio? – chiese, raggiungendo il genitore nell’altra stanza. I capelli ora erano tirati in maniera ordinata, e la frangetta, benché pettinata con le dita, aveva perso la sa aria selvatica.
- Di sicuro, ma possiamo fare anche meglio. – le disse il padre.
- E come?
- Ti ricordi dove tua madre tiene ago e filo? – domandò Ted. La figlia annuì. – Valli a prendere, ti insegno a fare una cosa.
Affascinata dall’idea di fare qualcosa di nuovo, Dora corse a recuperare la scatola del cucito di Andromeda e a riportarla in cucina; la posò con delicatezza sul tavolo.
- Che si fa? – chiese, eccitata dalla novità.
- Una collana di pop corn. – rispose Ted, aprendo la scatola di legno e cominciando a frugarci dentro. Curiosa, Ninfadora salì sulla sedia per poi andare ad accomodarsi sul tavolo, vicino al padre, in modo da sorvegliare le sue operazioni.
- Colore preferito per il filo?
- Rosa! – esclamò la bambina.
- Dovevo aspettarmelo. – rise suo padre, per niente sorpreso. Agguantò un ago e un lungo pezzo di filo rosa ciclamino. – Dunque, Dora… sappiamo entrambi che non è il caso che una bambina della tua età maneggi queste cose, perché c’è il rischio di farsi male…
- La stessa scusa che usate per la bacchetta magica, non vale! – sbottò lei, sbuffando.
- Non mi invogli molto a farti mia complice, in questo modo, sai?
L’aveva ripresa con tono molto bonario, ma era stato sufficiente a farla tacere.
- Dicevamo… non abbiamo da far altro che far passare il nostro bel filo nella cruna dell’ago, in modo che sia doppio e fare un nodo in fondo. Fatto questo possiamo infilzare i nostri bravi pop corn superstiti. – la bambina seguiva attentamente i movimenti del genitore, mentre le spiegava come fare. Niente di difficile, in effetti.
- Posso infilarli io? – chiese, dopo che il padre aveva cominciato a infilzarne un paio.
- Tutto tuo. Occhio a non pungerti. – le rammentò.
Ninfadora ci si mise d’impegno, e lavorò silenziosamente alla sua collana; suo padre, intanto, cominciava ad armeggiare per preparare il tè. Era strano vedere sua figlia così concentrata e silenziosa.
- Fatto! Dici che sono abbastanza? – Dora richiamò l’attenzione del padre dopo un po’, quando pensò di aver creato una collana abbastanza lunga.
- Direi di sì. Al nodo penso io. – le disse, prendendole la collana tra le mani. Mentre Ted faceva un nodo doppio e tagliava il filo avanzato, la piccola Tonks si leccava via il sale dalle dita con sommo gusto, soddisfatta del suo operato.
- Pronta per la signorina. – in capo a un paio di minuti Ted aveva finito l’opera d’arte della figlioletta, e si premurò dunque di fargliela indossare.
- Che ci fa la scatola del cucito, qui? – proruppe Andromeda, mettendo piede in cucina. Dopo l’esultanza per il gol la strega aveva notato un silenzio quasi sinistro: di solito era difficile non avere nemmeno un piccolo sottofondo in casa: Dora era sempre così vivace!
- Abbiamo fatto una collana, mamma. Ti piace? – Ninfadora scese dal tavolo e si avvicinò alla madre per mostrare il suo capolavoro. – Mica faccio sempre cose da maschio. – spiegò, mentre la madre sfiorava con una mano la fila di pop corn.
- Hai fatto tutto da sola? – Andromeda sorrideva, sua figlia era davvero adorabile.
- Mi ha aiutato papà, l’idea è sua e a me questa piace molto. Posso tenerla anche se è commestibile, vero? – domandò Dora, in attesa del giudizio della madre.
La donna alzò la testa in direzione del marito, che si era finto molto preso a seguire il bollitore per il tè. – Certo che puoi tenerla, è davvero carina, e ti sta bene. Lo so bene che non sei solo un maschiaccio; per metà sei anche figlia mia. Avete avuto un’idea bellissima. Adesso però è l’ora del tè, il lavoro di cucito dobbiamo farlo sparire.
Felice dell’approvazione materna, Dora si occupò di far sparire pop corn, ago, filo e scatola dal tavolo; i genitori, invece, apparecchiarono la tavola con tazze e cucchiaini.
- Ci teneva a farti contenta, dopo la sua esultanza per la partita. – disse Ted alla moglie.
Andromeda sorrise. – Non potevi pensare a qualcosa di meglio.
Non appena Dora tornò nella stanza, tutti e tre si sedettero e cominciarono o a mescolare lo zucchero o a intingere biscotti secchi nel tè bollente per ammorbidirli. L’atmosfera era tranquilla, e i coniugi Tonks conversavano allegramente, quando furono entrambi distratti da uno strano risucchio…
- Dora! – esclamò la donna rivolta alla figlia, che stava sorseggiando la sua bevanda con fare poco signorile.
- Scusa, mamma… - pigolò la bambina, scambiandosi di nascosto un’occhiata d’intesa col padre.
Ancora peggio, forse, era vedere Dora, la sua adorabile figlia di otto anni, accanto papà a ingozzarsi di pop corn e inveire in maniera molto poco signorile, imitando il suo perfetto genitore.
- Che succede? Che c’è da urlare tanto? – chiese, uscendo dalla cucina.
- Goal mancato, mamma. È una partita importante! Il Liverpool è in vantaggio in classifica quest’anno, ma oggi si scontra con gli Ipswich Town, che hanno quasi vinto il campionato l’anno scorso. Grande sfida! – insistette lei, snocciolando le informazioni apprese dal padre.
- E chi vince? – Andromeda sospirò: la parte babbana di Ninfadora era tutta lì, mentre si appassionava allo sport preferito di Ted; la versione noiosa del Quidditch, a suo modo di vedere.
- Liverpool, ovviamente, ma Ipswich ha rischiato di pareggiare due secondi fa. – intervenne Ted sistemando la ciotola di leccornie prima che una manata della figlia la facesse ruzzolare per terra.
- Sciocca a chiederlo, vero? – domandò Andromeda, mentre si sedeva accanto agli altri due.
- Be’, è da qualche anno che Liverpool domina su tutti quanti. Vinceranno loro, penso. – replicò nuovamente la piccola annuendo con fare ridicolmente saccente. Ted sorrise sornione, fiero della sua creatura che proprio in onore della squadra che giocava in casa aveva tentato di far assumere alla sua chioma il colore rosso tipico della squadra al comando della classifica. Il risultato era stato quello che era stato: era troppo eccitata dallo scontro per controllare le sue capacità al meglio, quindi alla fine risultavano più arancioni che altro, ma almeno l’idea c’era.
- Se a Hogwarts i suoi studi non andranno bene avrà sempre una carriera di riserva. – buttò lì Ted, rivolto alla moglie.
- Cronista di calcio, dici? – domandò la strega. – Devo già preoccuparmi?
- Non ti preoccupare, mamma, andrò benissimo a Hogwarts. – tentò di rassicurarla la ragazzina, prendendo una manata di pop corn e infilandosi in bocca con nessuna grazia.
- E mangerai così a scuola? – indagò la madre con uno sguardo truce.
- Quando sarò da sola, magari… - tentò Dora parlando con la bocca piena, si pentì immediatamente di non essere rimasta zitta.
- Dora…
- Sì? – tentò lei, masticando con la bocca chiusa e mandando giù il boccone. Aveva lanciato un’occhiata al padre a implorare aiuto, ma questi aveva di nuovo rivolto l’attenzione verso la partita, preso a borbottare su un calcio di punizione per lui ingiustificato.
- Mi piacerebbe pensare, Dora, che mia figlia avrà il buongusto e la maturità per non comportarsi come un Kappa indemoniato né in pubblico né da sola. – l’apostrofò lei con quell’aria severa e inquietante che assumeva, fortunatamente, piuttosto di rado.
- Farò il possibile, mamma. – rispose lei, abbassando per un attimo lo sguardo, contrita. La coda dell’occhio intanto continuava a seguire il gioco, fino a che…
- GOAL! – Urlò la giovane, balzando in piedi sul divano! – Liverpool segna di nuovo! Ormai la partita è fatta!
- Aspetta Dora, aspetta… - la calmò suo padre. – Mancano ancora dieci minuti di gioco, lo sai che la partita non finisce finchè l’arbitro non fischia.
- L’Ipswich gioca come mia nonna, non potrà farcela, non oggi! – commentò Ninfadora, sempre più convinta.
Andromeda alzò gli occhi al cielo, sconfitta, e decise di abbandonare la stanza, prima che le venisse un serio mal di testa. La figlia aveva preso la china di suo padre, meglio farci l’abitudine. Non era mai stata un’accanita sostenitrice del Quidditch, figuriamoci del calcio, uno sport che si giocava con un solo pallone alla volta. Si rintanò in camera, sperando di leggere con un po’ di tranquillità.
Ninfadora, d’altro canto, era ormai in piedi sul divano, preda alla frenesia.
- Un minuto di recupero, papà! – scandì, preparandosi ormai a fare in conto alla rovescia.
- Finita! Liverpool vince di nuovo! – sospirò suo padre, altrettanto soddisfatto della conclusione. – Che ne dici, Dora, sei pronta a scendere dal divano?
- Oh, sì… scusa. – fece la bambina, saltando giù. – Ehm… è stato l’entusiasmo del finale. – si giustificò, mordendosi il labbro inferiore.
- Ho notato, sì…
- Papà?
- Che c’è, Dora? – chiese Ted mentre risistemava il divano devastato dalla figlioletta.
- Ha ragione la mamma?
- Riguardo a cosa?
- Al lamentarsi del mio essere sempre…
- Un incorreggibile maschiaccio? – finì la frase lui.
- Già. – annuì Ninfadora facendo una smorfia, e ridando ai suoi capelli un rassicurante color castano.
Ted osservò sua figlia attentamente prima di rispondere: capelli legati in una coda quasi disfatta, un maglioncino di cotone a cui aveva allungato le maniche a tal punto che ormai le coprivano le dita senza doverle tirare, e pantaloni rotti su entrambe le ginocchia. Non che sua moglie non glieli rattoppasse, ma anche la stoffa e le toppe si erano ormai arrese all’esuberanza di Ninfadora. Non era una cosa che diceva ad alta voce, ma se aveva mai avuto in mente una figlia ideale, la piccola Dora era quanto di più somigliante a quell’idea.
- Diciamo che per il Liverpool sei perfetta, ma ora è il caso di sistemarsi un attimo, ti pare?
Ninfadora fece un mezzo sorriso e cominciò ad armeggiare con la sua coda di cavallo. Si sarebbe fatta aiutare dal padre, ma in questo era più negato di lei, quindi meglio cavarsela da soli. Rimase seduta sul divano a litigare con l’elastico mentre Ted riportava in cucina lo spuntino della partita.
- Meglio? – chiese, raggiungendo il genitore nell’altra stanza. I capelli ora erano tirati in maniera ordinata, e la frangetta, benché pettinata con le dita, aveva perso la sa aria selvatica.
- Di sicuro, ma possiamo fare anche meglio. – le disse il padre.
- E come?
- Ti ricordi dove tua madre tiene ago e filo? – domandò Ted. La figlia annuì. – Valli a prendere, ti insegno a fare una cosa.
Affascinata dall’idea di fare qualcosa di nuovo, Dora corse a recuperare la scatola del cucito di Andromeda e a riportarla in cucina; la posò con delicatezza sul tavolo.
- Che si fa? – chiese, eccitata dalla novità.
- Una collana di pop corn. – rispose Ted, aprendo la scatola di legno e cominciando a frugarci dentro. Curiosa, Ninfadora salì sulla sedia per poi andare ad accomodarsi sul tavolo, vicino al padre, in modo da sorvegliare le sue operazioni.
- Colore preferito per il filo?
- Rosa! – esclamò la bambina.
- Dovevo aspettarmelo. – rise suo padre, per niente sorpreso. Agguantò un ago e un lungo pezzo di filo rosa ciclamino. – Dunque, Dora… sappiamo entrambi che non è il caso che una bambina della tua età maneggi queste cose, perché c’è il rischio di farsi male…
- La stessa scusa che usate per la bacchetta magica, non vale! – sbottò lei, sbuffando.
- Non mi invogli molto a farti mia complice, in questo modo, sai?
L’aveva ripresa con tono molto bonario, ma era stato sufficiente a farla tacere.
- Dicevamo… non abbiamo da far altro che far passare il nostro bel filo nella cruna dell’ago, in modo che sia doppio e fare un nodo in fondo. Fatto questo possiamo infilzare i nostri bravi pop corn superstiti. – la bambina seguiva attentamente i movimenti del genitore, mentre le spiegava come fare. Niente di difficile, in effetti.
- Posso infilarli io? – chiese, dopo che il padre aveva cominciato a infilzarne un paio.
- Tutto tuo. Occhio a non pungerti. – le rammentò.
Ninfadora ci si mise d’impegno, e lavorò silenziosamente alla sua collana; suo padre, intanto, cominciava ad armeggiare per preparare il tè. Era strano vedere sua figlia così concentrata e silenziosa.
- Fatto! Dici che sono abbastanza? – Dora richiamò l’attenzione del padre dopo un po’, quando pensò di aver creato una collana abbastanza lunga.
- Direi di sì. Al nodo penso io. – le disse, prendendole la collana tra le mani. Mentre Ted faceva un nodo doppio e tagliava il filo avanzato, la piccola Tonks si leccava via il sale dalle dita con sommo gusto, soddisfatta del suo operato.
- Pronta per la signorina. – in capo a un paio di minuti Ted aveva finito l’opera d’arte della figlioletta, e si premurò dunque di fargliela indossare.
- Che ci fa la scatola del cucito, qui? – proruppe Andromeda, mettendo piede in cucina. Dopo l’esultanza per il gol la strega aveva notato un silenzio quasi sinistro: di solito era difficile non avere nemmeno un piccolo sottofondo in casa: Dora era sempre così vivace!
- Abbiamo fatto una collana, mamma. Ti piace? – Ninfadora scese dal tavolo e si avvicinò alla madre per mostrare il suo capolavoro. – Mica faccio sempre cose da maschio. – spiegò, mentre la madre sfiorava con una mano la fila di pop corn.
- Hai fatto tutto da sola? – Andromeda sorrideva, sua figlia era davvero adorabile.
- Mi ha aiutato papà, l’idea è sua e a me questa piace molto. Posso tenerla anche se è commestibile, vero? – domandò Dora, in attesa del giudizio della madre.
La donna alzò la testa in direzione del marito, che si era finto molto preso a seguire il bollitore per il tè. – Certo che puoi tenerla, è davvero carina, e ti sta bene. Lo so bene che non sei solo un maschiaccio; per metà sei anche figlia mia. Avete avuto un’idea bellissima. Adesso però è l’ora del tè, il lavoro di cucito dobbiamo farlo sparire.
Felice dell’approvazione materna, Dora si occupò di far sparire pop corn, ago, filo e scatola dal tavolo; i genitori, invece, apparecchiarono la tavola con tazze e cucchiaini.
- Ci teneva a farti contenta, dopo la sua esultanza per la partita. – disse Ted alla moglie.
Andromeda sorrise. – Non potevi pensare a qualcosa di meglio.
Non appena Dora tornò nella stanza, tutti e tre si sedettero e cominciarono o a mescolare lo zucchero o a intingere biscotti secchi nel tè bollente per ammorbidirli. L’atmosfera era tranquilla, e i coniugi Tonks conversavano allegramente, quando furono entrambi distratti da uno strano risucchio…
- Dora! – esclamò la donna rivolta alla figlia, che stava sorseggiando la sua bevanda con fare poco signorile.
- Scusa, mamma… - pigolò la bambina, scambiandosi di nascosto un’occhiata d’intesa col padre.
Posta una recensione
Devi fare il login (registrati) per recensire.