Mi sento sollevata. Molto sollevata. George e Angelina sono arrivati, e dalla porta socchiusa ho potuto scorgere un tavolino apparecchiato per una romantica colazione, petali di Rose Scintilline sparsi ovunque e sfere dorate che fluttuavano nell’aria. E io che facevo Fred un po’ troppo sveglio per la sua età…
Il nuovo negozio sta viaggiando piuttosto bene, a sentire il cognato di Hermione. Lee Jordan ha impiegato anni per convincerlo che a Hogsmeade c’era assolutamente bisogno di una succursale. George non voleva sentir parlare di questa sede, ma alla fine ha ceduto. Se non altro per rendere omaggio al gemello defunto. Infatti l’insegna recita a caratteri mutevoli: Tiri Vispi Weasley – Fred’s Welcomeback. Suona bene.
Salutiamo la famigliola, ringraziando per il punto d’arrivo e il the, avviandoci lungo Main Street. Sono venuta qui solo un’altra volta, l’anno scorso, per una diatriba tra Aberforth Silente e un abitante che proprio non poteva soffrire il suo animaletto da compagnia: un Ghoul. Ammetto che ho visto creature davvero brutte in questi anni, ma quella era in assoluto la più ripugnante mai incontrata. A parte la dentatura sporgente, storta e mancante di diversi elementi, era coperto di verruche e ciuffi di pelo luridi, ed emanava un tanfo pestilenziale. Cosa ci trovasse in quell’essere proprio non so, ma Aberforth non aveva intenzione di disfarsene, tanto più che lo deteneva legalmente.
Al di là della visita lavorativa, la cittadina è deliziosa. Piccola, ordinata, pulita, allegra. Faticherei a crederla un borgo magico se non vedessi oggetti fuori del comune nei negozi. La vetrina di Scrivenshaft attira subito la mia curiosità. Nell’esposizione sobria e composta, penne dagli sgargianti colori scrivono da sole rime e frasi, attingendo da calamai altrettanto variopinti. In un’altra, mantelle da maghi e abiti di gusto parecchio retrò stanno in bella mostra su manichini che s’inchinano ai passanti. Mi divertirei come una bambina se avessi tempo per visitare i negozi, ma in breve superiamo le ultime case ed arriviamo alla stazione. Là ci attende un cocchio, trainato da… un bel niente.
«Thestral» spiega Hermione, accarezzando il vuoto con aria un po’ triste. «Li vedono solo i maghi che hanno visto morire qualcuno. Credimi, non ti perdi niente» aggiunge con un sorriso.
I Thestral somigliano ai cavalli, ma hanno ali squamose, sono carnivori e piuttosto brutti. Quanto non so, ma dalle sue parole capisco di poter fare a meno di scoprirlo. Preferisco non assistere ad un decesso, se rappresenta la contropartita per una cosa di così poco conto.
Saliamo sulla carrozza, dirette alla scuola. Il cielo che ci aveva accolte velato di nubi si sta trasformando in un lenzuolo turchese, gonfio e luminoso. L’aria è pungente di resina. Percorrendo il viale di Hogwarts, non posso fare a meno di immaginarmi ragazzina, zaino in spalla e bacchetta alla mano, attorniata da maghi e streghe della mia età. La risa, gli scherzi, i compiti, le chiacchiere prima di andare a dormire, le esercitazioni pratiche e i compiti in classe.
«Va tutto bene, Jill?»
«Sì, perché?»
«Hai un’aria strana»
Sospiro dando uno sguardo alle colonne sormontate da cinghiali alati.
«Pensavo a come sarei stata qui» mento.
Per fortuna lei se la beve. In realtà ho un altro pensiero che in testa, ma non è il momento di rivelarlo.
«Ti saresti trovata benissimo. Probabilmente avremmo fatto subito amicizia»
«Philip dice che sarei finita di sicuro a Corvonero. Non ho abbastanza slancio Grifondoro, né cattiveria Serpeverde, né infinita pazienza come i Tassorosso. Sono troppo fissata con lo studio»
Ci pensa su, e conviene che sarebbe stata la casa perfetta.
In fondo alla strada, di fronte alla mole grigia del castello, compaiono due figure. Una decisamente mastodontica. È Hagrid, il Guardiacaccia ed insegnante di Cura delle Creature Magiche. Accanto a lui, avvolto in un mantello verde salvia, c’è il professor Paciock, fresco di nomina a Vicepreside. Ci faranno da guida nella Foresta Proibita, in cerca dei contendenti. Oggi sarà grama, non si tratta di sciami di Fate bizzose o di Pixie arrivati chissà come da quelle parti (in realtà, per queste apparizioni misteriose, il colpevole è quasi sempre Hagrid). Nient’affatto. A darci filo da torcere saranno nientemeno che i Centauri.
Il Ministero cerca da anni di ampliare i loro territori, secondo le loro richieste, ma i proprietari terrieri sono molto restii a cedere i loro superflui acri di terra incolta per alcune migliaia di galeoni. Situazione simile a quella del mondo Babbano.
A far più storie di tutti sono i soliti Malfoy, era scontato. Basta dar loro un’occasione per pestare i piedi ed eccoli, puntuali come orologi svizzeri. Eppure non mi sembrano dei totali decerebrati, visto che sanno sempre trovare cavilli e leggine a cui attaccarsi. Possibile siano solo dei grandissimi avari?
«No, sono anche illustrissimi Purosangue, con uno dei pedigree più lunghi del mondo!» sghignazza aspro Neville facendo strada.
«Mica c’hanno tanto sale in zucca quelli là!» rincara Hagrid, che avrebbe parecchie cose da ridire sulla platinata famiglia di Strizzapuffole. «E ci hanno dei paraocchi che bastano a una diligenza di Cavalli Alati!»
«A proposito di Cavalli Alati, come sta Madame Olimpe?» chiede Hermione.
«Oh, b-bene. Oly sta benone, la mia Oly» balbetta, arrossendo sotto la barbona brizzolata.
Parlare della moglie lo manda sempre in confusione. Sarà pure mezzo gigante, ma è un tenerone che si commuove per un nonnulla! La moglie e il figlio vivono a Beuaxbaton, ma a quanto pare quest’anno Alexander studierà qui. Una volta Hagrid mi ha detto che il ragazzo somiglia molto al nonno paterno, ed è orgoglioso di portarne il nome.
Ci addentriamo sempre più nel bosco. Nonostante il mio senso dell’orientamento sia abbastanza buono, se dovessi perdermi, non saprei proprio come uscirne. Accanto a me trotterella Balder, un cucciolone di danese. È il successore di Thor, morto due anni fa. La scuola aveva predisposto persino un funerale per il fedele amico del Guardiacaccia.
Sono quasi le dieci e a me sembra di camminare da giorni. La foresta si stende in ogni direzione, identica a sé stessa.
«Come vanno i rododendri, Jill?» chiede Neville fermandosi.
«Per il momento sono rossi, anche se Claire si ostina a colorarli di verde con i pennarelli. Grazie ancora per avermeli sistemati»
«Figurati. È forte quella piccoletta!» ride. «Scommetto che ti piacerà la figlia di Jill quando verrà qui, sai Hagrid? Adora i draghi»
L’omone si gira a guardarmi con gli occhi scintillanti d’emozione. Pessimo segno.
«Ci piacciono i draghi alla bimba? Davvero?» domanda, stropicciando trepidante le manone.
«Ha la stanza piena di poster, figurine e peluches di draghi! Conosce tutte le specie a memoria» ammetto orgogliosa.
«Ma è… è… forte! Io ce ne avevo uno. Una. Norberta, la mia bambina! Adesso sta in Romania e c’ha tanti cuccioli. I miei nipotini! Charlie mi ha mandato le foto…» e singhiozza con tanta foga che Balder attacca ad ululare in controcanto.
«Sì, delle pesti bubboniche che non si sa da che parte li si deve guardare, tanto sono brutti!» bisbiglia divertita Hermione, mascherata da Hagrid che si soffia il naso.
Per fortuna la sceneggiata dura poco. Il terreno inizia a vibrare, un rombo sommesso riempie l’aria. Non capisco da dove provenga, finché non vedo i cespugli fremere ad una cinquantina di metri da noi. Le felci si scuotono di dosso l’ultima rugiada appena prima d’essere calpestate.
Una ventina di Centauri ci raggiunge al galoppo, sollevando zolle e fili d’erba. Alla loro testa ce n’è uno dal mantello sauro, con i capelli biondi e gli occhi d’un azzurro tanto pallido che è quasi impossibile distinguere l’iride. Dalla descrizione fattami da Harry alcuni giorni fa, riconosco in lui Fiorenzo. Per qualche tempo ha insegnato Divinazione a Hogwarts, quando è stato bandito dalla società dei Centauri per aver dato il proprio appoggio a Silente. Saluta educatamente, gli altri tacciono. Da come scalpitano, direi che sono piuttosto nervosi. I volti sono tutti molto giovani, anche se so perfettamente che lo scorrere del tempo per loro è una questione relativa. Puramente di concetto, un tema di speculazione filosofica se vogliamo dirla così.
Il secondo gruppo (trovo avvilente definirli mandria come scritto in alcuni documenti ufficiali) sbuca pochi minuti dopo, all’altro capo dello spiazzo. Un Centauro tozzo e nerboruto li guida verso di noi. Le zampe terminano con lunghi crini bianchi mentre il resto del corpo è di un bel nero lucente. Mi riscuoto appena in tempo per non pensare che è proprio un bel “cavallo”, concentrandomi sulla parte umana per non ricascarci. I capelli e la folta barba sono nerissimi, e ha gli stessi occhi di Fiorenzo. Forse sono parenti.
«Dunque, costoro credono di poter dirimere le nostre dispute?»
La voce è ruvida, non minacciosa, quasi arrendevole, ma è abbastanza chiaro che non gli andiamo a genio. Fiorenzo gli parla chiamandolo Saturnino. Nome azzeccato, per uno con quel carattere. I suoi compagni sono schierati lungo il margine della foresta, e ci fissano di sottecchi. Ne scorgo uno che potrebbe essere definito un cucciolo, tanto è minuto e dinoccolato. Agita la coda tracagnotta e riccioluta nell’aria, tradendo impazienza.
«Non preoccuparti, Jill» bisbiglia Hermione. «Non ci faranno del male. Semplicemente hanno tutti i motivi del mondo per detestare gli esseri umani»
Ha ragione. Per secoli i maghi hanno tentato di soggiogarli, di domarli, addirittura di farne le proprie cavalcature. Li hanno definiti bestie semiumane, la peggior rappresentazione che si potesse dare a creature sulla cui sapienza si fonda la magia più antica. Quella degli albori della storia, quando maghi si chiamavano druidi e vedevano i Centauri quali amici, con cui essere parte di un unico mondo senza pregiudizi.
Nella selva si ode un nuovo rumore. Non è greve e poderoso, è diverso da un galoppo, meno irruento.
I Centauri s’irrigidiscono, alcuni storcono il naso, altri sono turbati. Ascolto. Ad un tratto, una nota acuta e dolcissima vela il primo suono. Un semplice vocalizzo, una “a” lunghissima.
Sbucano da una macchia di rose canine, lasciandoci senza fiato. Procedono al piccolo trotto, in una doppia fila ordinata, i movimenti egualmente misurati e sincroni. Nelle mani stringono lunghe lance dalle punte di pietra. Portano tralci di edera intrecciati ai capelli, che in alcuni casi arrivano a sfiorare il prato. I loro volti sono di una bellezza ninfale, delicatissimi, ieratici ed indefinibili nell’età. Rallentano, avvicinandosi con passo lieve, eleganti. La pelle manda strani riverberi, come fosse cosparsa di madreperla.
«Tu lo sapevi?» chiedo a Hermione con un filo di voce.
Anche lei è molto colpita e fatica a rispondere.
«C-cosa?»
«Che l’altro gruppo era di sole femmine»
«No»
Neville è rimasto a bocca aperta. Credo sia la prima volta che incontra delle Centaure. Io pure. Per non parlare di Hermione. Nutro dubbi persino su Hagrid.
Una avanza, le mani sui fianchi umani ed il mento appena sollevato come a voler sfidare i maschi. Il mantello pomellato è lucido di sudore, ma non respira con affanno. Fa un breve cenno del capo, accompagnandosi con la mano destra. Decido che è simpatica, se non altro per i modi meno grezzi.
«Bene, ci siamo tutti!» esplode all’improvviso Hagrid, facendoci trasalire. «Cominciamo?»
Fiorenzo e Saturnino si scambiano un’occhiata indecifrabile.
«Orsù, a chi la favella?» domanda lei.
Parla lentamente e sottovoce, passando in rassegna noi bipedi con un’espressione che non credo di riuscire a comprendere. Scherno? Curiosità? Astuzia? Indulgenza? Di sicuro trova ridicolo il nostro intervento, la sua gente è abituata a risolvere da sé i problemi.
Il Guardiacaccia dà una vigorosa gomitata al professore, che per poco non capitombola a terra.
«Credo… sarebbe gentile che cominciasse lei» tossisce, massaggiando le costole in cerca di fratture.
Freia, così chiamano la Centaura storna, è la portavoce delle giumente. Cielo, questo termine mi sembra così ridicolo, ma non so proprio come chiamarle!
Il problema è presto detto. Ha a che fare con le questioni territoriali, ma non con quelle che immaginavamo noi. La questione degli spazi troppo esigui è relegata in un angolo. La faccenda è molto più seria a quanto pare, legata ad una forma cultuale ancestrale, cui sembrano essere molto devote le femmine.
«All’interno della Grande Foresta, madre e dimora del nostro popolo, vi è un luogo che da sempre è interdetto a costoro» racconta Freia, indicando gli altri ambasciatori con lo sguardo.
«Perché è così importante questo posto?» domanda Hermione.
Freia la considera a malapena, proseguendo il discorso.
«Da tempo immemore esso rappresenta il fulcro delle nostre esistenze, il centro del divenire. In esso custodiamo ciò che abbiamo di più importante. Imporci di starne lontane è ingiustificabile»
«E voi cosa…» tentiamo di sapere, ma Saturnino ci interrompe.
«La cosa non ci riguarda. È vostro appannaggio»
«Dici che non vi riguarda? Eri di questo avviso, quando l’hai veduto correrti incontro?» sibila Freia, indicando il piccolo di poco prima. «Siete dello stesso avviso per lei?» e indica una compagna, il cui ventre bianco e marrone è la culla di un nuovo Centauro.
Sulle prime la fronteggia muto, gonfiando impercettibilmente il petto. Poi china la testa, quel tanto per dare ad intendere il torto.
A quell’ammissione, Freia sorride e io, che fino a quel momento le avevo tenuto gli occhi incollati addosso incantata, sento un brivido di gelo scorrermi lungo la schiena. Dietro all’apparenza tanto angelica, questa creatura nasconde una terribilità impensabile, superiore a quella che potrebbero sfoggiare i due maschi di fronte. Ha denti piccoli ed bianchi, aguzzi come quelli di uno squalo. Improvvisamente sembra molto più sinistra di una fotografia di Bellatrix Lestrange a grandezza naturale.
Getta indietro i lunghi capelli candidi, scoprendo i seni appena accennati. Sembrano quelli di una ragazzina. I Centauri non paiono curarsi di quelle nudità, che invece impongono un doveroso cambio di prospettive a Neville e Hagrid.
Né io né Hermione riusciamo a trattenere una fugace occhiata ai rispettivi decolleté, decisamente più abbondanti. No, come Centaure proprio non potremmo esistere. Avremmo serie difficoltà anche al passo. Incrociamo le braccia ostentando nonchalance e ascoltiamo le ragioni di ciascuno.
Questo luogo è, a quanto posso capire, un sito legato al culto della fertilità muliebre, pur non essendomi chiaro in che modo. Il progressivo ridursi del territorio, specialmente quello esterno al perimetro di Hogwarts, ha costretto i gruppi a spostarsi. Un po’ alla volta, questo spazio è rimasto inglobato nell’areale dove vivono i maschi. Questi ne hanno il massimo rispetto, ma non concedono alle femmine di accedervi, in nome delle antiche usanze che vogliono per i due sessi una vita separata. Ciò implica il divieto tassativo di condividere territori. Ma se ci sono una gravidanza in atto ed un ragazzino, questa separazione non può essere tanto netta.
«Potete mostrateglielo» concede Fiorenzo, svogliato.
Le Centaure concordano, ma Neville e Hagrid non possono seguirci. Il fatto che non siano addetti ministeriali ha poco a che vedere con le ragioni del diniego: sono maschi. Quel luogo non è per loro.
Silenziose, riprendiamo a camminare tra gli alberi. Freia ogni tanto si volta a guardarci. Quando siamo ben nascoste dalla vegetazione, ci fanno montare in groppa. I Centauri normalmente deplorano questa pratica, tuttavia, la posta in gioco è tale da permettere uno strappo alla regola.
La Foresta fila via, le fronde basse frustano le gambe. È molto difficile reggersi e non osiamo appoggiarci alle loro spalle.
Una grande quiete si spande nel verde. Tutto tace. Il gruppo torna al passo. Vediamo le chiome degli alberi aprirsi ed sole illumina d’oro il vuoto. Cespugli di ginestre coronano ad uno spiazzo ricoperto di sfagni. Gli zoccoli delle Centaure affondano silenziosi nel soffice tappeto. Una fila di pietre bianche descrive a terra una spirale, che culmina al centro con una sorta di pedana, fatta con gli stessi sassi, più piccoli e tondeggianti.
«Il Soffio racchiude in sé la sacralità della vita. Qui si compiono i riti del Grande Viaggio. Ogni fase della vita passa da qui» spiega una delle nostre accompagnatrici, indicando rispettivamente il centro ed il termine della spirale.
«Qui trasmettiamo il sapere alle nostre figlie» aggiunge commossa quella che mi porta. «Vengono educate alla conoscenza degli astri, apprendono l’arte della guarigione, imparano il linguaggio della natura. E conoscono la maternità»
«Il soffio della vita. Dal primo vagito all’ultimo respiro» conclude solenne Freia.
Ecco il problema. Nel Soffio vengono alla luce tutti i Centauri, e sotto l’egida delle antiche tradizioni esso è deputato alla crescita spirituale e culturale delle femmine. I maschi non possono imporre loro di rinunciarvi in nome di un confine. Questo luogo è alla base delle vite di entrambi!
Socchiudo gli occhi, respirando a fondo. Può essere che lo stia immaginando, sulla scorta di quanto ho appena udito, credo di percepire un qualcosa, una vibrazione. Provo un’immensa solidarietà per queste femmine, costrette da eventi esterni a rivoltarsi contro i propri simili. Sono certa che non vorrebbero farlo, ma la loro conoscenza vale tanto quanto quella dei maschi.
«Non possiamo promettervi nulla, ma tenteremo di convincerli che lasciarvi passare nel loro tratto di foresta non è una tragedia» sentenzia Hermione decisa.
Sulle labbra di tutte appare un riso ironico. Conoscono i loro avversari, sono l’altra metà del clan.
«Lasciateci tentare» insisto io.
Mentre torniamo sui nostri passi, una mano mi afferra, rischiando di gettarmi a terra. È la Centaura pezzata.
Chiede a quella che mi accompagna di attendere. Si avvicina, tanto che gli occhi bruno scuri finiscono coll’essere la sola cosa che riesco a scorgere. Hanno una coppia di minuscole corna sopra le tempie, non l’avevo notato prima.
Posa un dito sulla mia fronte, scende fino alla punta del naso e allo sterno, poi appoggia la mano sul mio ventre. Le sue dita sono leggermente più lunghe di quelle di un normale essere umano. Il suo palmo trema un poco.
«Oh!» è tutto quello che sospira, scostandosi.
Tornare a Hogwarts con le pive nel sacco ha demolito gran parte delle fantasie sul mio ipotetico soggiorno di studi là dentro. Fiorenzo e Saturnino non sviliscono il valore del Soffio all’interno della socialità, ciò nondimeno la nostra idea di concedere al gruppo di Freia un “corridoio” di transito per andare e venire liberamente è inaccettabile. Hanno addotto un elenco di motivazioni filosofico-teologici talmente lungo e complesso, che alla fine non abbiamo potuto ribattere nulla. Le Centaure non ce ne fanno una colpa.
«Almeno avete strappato la possibilità di un nuovo incontro dopo le prossime acquisizioni di terreno»
«Neville, hai idea di quanto sarà dura convincere i Brennan a cedere?» rimbrotta Hermione appoggiata al cancello della scuola.
Seduta sul predellino della carrozza, cerco di liberare la suola degli scarponi dal fango sbattendoli a terra con tanta foga che uno schizza via. Un’ombra raccoglie la calzatura.
«Giornataccia?» domanda una voce.
Balzo in piedi e gli getto le braccia al collo prima ancora di capire che è lui per davvero.
«Philip!» grido.
La sua presenza ed il suo bacio mi rianimano. Le sue guance pungono per la barba di due giorni, ma non m’importa. Tornando in città raccontiamo a vicenda quel che abbiamo vissuto in quei giorni di separazione ed ovviamente il discorso, dopo tutte le parole sugli impicci del lavoro, cade su Claire. Mancano venticinque minuti alle tredici, arriveremo in anticipo.
Decliniamo l’invito a pranzo di George. È meglio darsi alla fuga anche in assenza di motivi pregressi: dire che è un pessimo cuoco è fargli un complimento.
Stretta a Philip balzo nel camino, ansiosa di riabbracciare mia figlia. Sono certa che le piacerà sentir parlare dei Centauri. A Londra devo essere sorretta per i primi minuti, ma lo stordimento passa presto e mi fa venire ancor più voglia di correre all’asilo.
Svoltiamo nel corridoio, giusto in tempo per vedere Lavanda sulla porta. Di fronte a lei una colomba d’argento batte le ali.
«Oh, meno male che siete qui!» esclama sollevata, facendo sparire il suo Patronus.
Dalla porta si affaccia un’altra maestra e sento un pianto disperato risuonare nel corridoio. Sbarro gli occhi. Nello stesso istante, dietro di noi, delle suole di gomma compiono una brusca frenata, cigolando maldestramente mentre tentano di allontanarsi.
«Tesoro…» ringhio.
Mio marito leva la bacchetta. La fuga ha termine. I passi cambiano repentinamente direzione. Una figura alta e magra ci affianca.
«Potter»
Il mio non è un saluto, è una minaccia. Lui cerca di sorridere, pallido come un cencio. Se scopro che mia figlia piange per colpa di suo figlio, stavolta lo uccido. Sa che lo sto pensando, l’avevo avvisato.
Lavanda è molto imbarazzata e le occorre un bello sforzo per convincerci che chi sentiamo piangere è il secondogenito di Harry. E la causa del pianto è proprio Claire.
«Albus stava dicendo agli altri bambini che suo padre è il più potente eroe del mondo. Claire si è alzata, gli è andata davanti e dopo averlo guardato malissimo gli ha detto “Harry Potter? Harry Potter? Il più potente pasticcione del mondo! Ragazzo, ho più magia io nel mio dito mignolo!” e gliel’ha messo davanti agli occhi» spiega, mimando la scena alquanto perplessa.
Sento la mano di Philip stringere la mia. Ci capiamo al volo: nascondere il dvd de “La spada nella roccia” per almeno un mese. L’ha imparato a memoria, come temevo.
«E… Al?» s’informa Harry.
La maestra scrolla le spalle.
«Piange da mezz’ora e Jamie non fa che prenderlo in giro. Perdonami, Harry… Non riesco a calmarlo!» ammette affranta.
«Scusa, Lavanda, non per cambiare discorso» s’intromette Hermione, cercando di reprimere un risolino divertito all’indirizzo dell’amico, «ma chi sarebbe secondo Claire il più grande eroe del mondo?»
Rido. Conosco la risposta, e anche l’interpellata, che si trattiene meglio di me.
«Ma Boggie il Vermicolo, naturalmente!»