Guardo il tuttofare allontanarsi. Quando sta per svoltare verso l’atrio lancia un’occhiata al fondo del corridoio, dove siamo fermi. Non guarda noi. Guarda Lavanda, che lo saluta sorridendo con una sbadigliante Claire tra le braccia. Ha gli occhi che le brillano e le guance un po’ arrossate.
«Chi è?» domando incuriosita.
Quell’uomo e mio marito hanno scambiato alcune parole come se si conoscessero da parecchio.
«Quello? È Sheldon, un mio compagno di scuola. Ricordi? Te ne ho parlato qualche volta. Era nella tua casa» spiega, strizzando l’occhio.
Magari fosse così.
«A Quidditch ce le siamo date di santa ragione per un paio d’anni, poi si è rotto una spalla e tanti saluti alla scopa! E adesso, dopo anni che bazzico qui, scopro che ci lavora anche lui! Però m’aspettavo qualcosa di meglio…»
«Perché dici così, Philip?» chiede Lavanda, improvvisamente curiosa.
Prima che notasse la nostra presenza, Sheldon stava parlando fitto con lei. Fitto e… ammaliato. Avevano un’aria molto complice. Forse Lavanda non è poi tanto sola come pensavo. Credo abbiano pranzato insieme, nell’aula accanto all’asilo.
«Beh, cosa ti posso dire? Era tra i migliori del nostro corso, anche a Pozioni. Figurati che una volta Piton gli ha quasi detto che aveva fatto un lavoro appena decente! È tutto dire!»
«A me diceva che ero un disastro, ma ai M.A.G.O. gli ho fatto vedere io chi faceva schifo!» esclama Tonks, che ci ha scortati fin lì.
La guardiamo disgustati, per varie ragioni. Chi ha avuto a che fare con l’arcigno docente per l’orrore di veder ricomparire la chioma nera e unta da cui sporge un grosso naso adunco. Chi come me o i bambini non ha avuto il dispiacere, proprio per la brutta impressione che fa quella testa sul corpo dell’Auror.
«Mamma ti prego, farai venire gli incubi a papà…» la supplica Teddy.
«Incubi? Ti faccio venire gli incubi peluchetto, se mi presento a letto così?»
Il sorriso che sfoggia fa apparire ancora più orrida e surreale l’immagine dell’insegnante. Per non parlare di quando gli fa l’occhiolino. Remus scuote il capo.
«Credo non dormirò mai più, dopo questa visione»
«Sei butta» sbadiglia Claire.
Le do un ultimo bacio prima che scompaia oltre le porte insieme agli altri.
Passiamo davanti alla guardia, Frank, che per una volta non mi chiede la bacchetta: è troppo impegnato a sbranare tramezzini. Dev’essersi perso tra scartoffie e indicazioni, vista la rapidità con cui attacca il pranzo fuori orario.
Philip scende al terzo piano, dove lo attende un pomeriggio di noiosissimi resoconti. I Lupin vengono con me ed Hermione. Nonostante Remus sia di riposo, insiste a voler passare dall’ufficio. Più per l’ospite che vi staziona che per gli incartamenti arretrati.
«Cos’hai preso stavolta?» domanda Hermione.
Di solito non è molto curiosa di scoprire chi stia bivaccando tra le pareti di vetro, perché la detenzione di creature magiche -di qual si voglia genere- è per lei un abominio. Ne fa una questione di principio, che in larga parte condivido.
«Uno Svimpio Canadese»
«Un cosa?»
Ho letto spesso i libri di Cura delle Creature Magiche e gli articoli del Cavillo, ma questo nome mi è assolutamente nuovo. Lo stesso vale per la mia collega. Entriamo nella stanza e ciò che vediamo nella penombra ci lascia indecise. Delizioso o tristissimo?
Lo Svimpio Canadese è steso sul fondo dell’acquario, nella posa della Sfinge di Giza. Ha le dimensioni di un gattino ma la forma è quella di un levriero. Un levriero a pelo lungo e lilla. Le zampine magre sono invece nere e quelle anteriori hanno lunghe dita da scimmia. Sentendoci avvicinare solleva un poco le lunghissime orecchie a nastro, anch’esse nere. Deve piacergli la compagnia, perché appena ci affacciamo si avvicina scodinzolando curioso, annusando la parete trasparente che lo divide da noi. Sul muso lungo e camuso ha tre paia di piccoli occhi. Ho la strana sensazione che ognuno di essi fissi una persona diversa, anche se non distinguo la pupilla dall’iride: sono talmente minuscole!
«Quant’è piccolo…» sospira Hermione.
«Qualche stupido deve averlo abbandonato. Girava dalle parti del Golf Club di Suffron Walden quando io e Teddy l’abbiamo trovato. Era ridotto in uno stato pietoso, sporco, triste, digiuno da giorni…»
«Mi ricorda tanto quando ti ho incontrato la prima volta» sghignazza Tonks. «Tu però non eri così colorato!»
«Abbandonato? Vuoi dire che è un animale da compagnia?» chiedo.
Se c’è una cosa che depreco ancor più della prigionia di questi animaletti, è il loro ingrato abbandono.
«Sì. La razza è stata creata circa sei o sette anni fa, partendo dagli Svimpi Maggiori. Sono animali selvatici che vivono in Irlanda. Creature molto graziose, grandi come un cane, inoffensive per noi, ma terribili per le coltivazioni. Le devastano, letteralmente!» spiega, sbucciando la mela che ha portato via dal Paiolo Magico.
«Sono vegetariani? Anche questo?»
In risposta, Remus solleva un poco il coperchio e spinge dentro una fetta di mela. Lo Svimpio la afferra con le zampette prensili e comincia a sbocconcellarla soddisfatto, sedendo sui posteriori. Non vedo denti in quella minuscola bocca, forse è come il becco degli uccelli.
«Cosa ne farai?» s’informa Hermione.
Creature del genere non possono essere reintrodotte in natura. Non sopravvivrebbero.
«Non lo so»
Teddy si è già voltato verso la madre, gli occhi scintillano supplichevoli, ma lei non ci casca.
«No. Lo so che da me non te lo aspetti cucciolino, ma pensaci un secondo. Se lo portiamo a casa dobbiamo smazzarcelo io e papà mentre sei a Hogwarts. Cacca, pappa, nanna… E tu sai cosa vuol dire!»
«Che te lo perderesti dopo cinque minuti che sono uscito dalla porta» sospira affranto. «Però c’è nonna…»
«Lascia perdere la nonna» interviene Remus, scompigliando la chioma turchese.«Dice già che noi tre messi insieme siamo peggio di una mandria di Graphorn imbizzarriti e che…»
I due si scambiano un’occhiata. Sembrano aver compreso una qualche profonda verità. Emettono una specie di basso latrato d’assenso,  girandosi contemporaneamente verso Tonks.
«“Scialacquare la pecunia”, eh?» ridacchiano in coro.
«Beh?» fa lei, stizzita.
Credo abbia intuito dove vogliono andare a parare. Io no.
«Cara ex-signorina Tonks ora signora Lupin, questa non è farina del tuo sacco…» insinua con trascuratezza.
«Ma del sacco dei Black!» esclama saccente Teddy, sfoggiando un elegante chignon castano. «Nonna è passata da casa e tu devi averle detto che andavamo a Diagon Alley senza di te! Ecco perché parli così!»
Il suo dito la punta imperterrito e la capigliatura rosa stinge in un bel color mandarino, arricciandosi.
«E va bene…. Sì, okay! Quella vecchia ciabatta è passata da casa nostra per “sincerarsi che non avessi messo a ferro e fuoco la lavanderia in sua assenza” e che non vi potessi seguire oggi, col rischio di “scialacquare la pecunia destinata all’istruzione di suo nipote”! Ma insomma, per chi mi ha presa?!?» rimbrotta spazientita, virgolettando con le dita nell’aria più del necessario.
La signora Andromeda ha un modo di fare molto rigido, ma come biasimarla? Ha per figlia un ciclone arcobaleno, per genero un licantropo e per nipote un mix dei primi due! Tenta con ogni mezzo, inutilmente,  di portare un po’ d’ordine in quell’allegro caos che chiamano famiglia.
«Ehi, guardate!»
Hermione indica lo Svimpio. Sempre seduto sulle zampe dietro, stava imitando con le dita sottili i gesti di Tonks. Ora fa il verso a Hermione.
Tamburello con un dito sull’acquario e lui fa altrettanto.
«Sono molto intelligenti, imparano ad aprire le gabbie e le porte in pochi giorni. Questo però sembra non avere intenzione di svignarsela» mormora Remus, infilando un altro pezzo di mela sotto al coperchio.
«Bravo amore, sei riuscito a trovare l’unico tonto che c’era in circolazione» lo prende in giro la moglie, ancora piccata dalla scoperta.
«Non è tonto! Vuole una famiglia!» piagnucola il tredicenne, tirandola per la manica.
Anche l’ennesimo tentativo di convincimento fallisce. Lo Svimpio intanto ha finito di mangiare e si pulisce le zampe con la lingua piccola e bruna. Somiglia alla punta di una fogliolina.
«Mi rivolgerò a qualche allevamento. A Parigi ce ne sono alcuni. Chiederò a Fleur di darmi una mano, non sono bravo con la lingua»
Si accorge troppo tardi dello strafalcione. Tonks è trionfante, le ha appena servito una battutaccia su un piatto d’argento.
«Ma cosa dici, sbrodoletto mio? La sai usare molto bene, invece… anche con la luna piena!»
«Dora!» strilla lui, avvampando.
«Per pulire i vetri della soffitta, ovviamente…»
Giuro che non voglio sapere cosa ci sia dietro a questi doppi sensi. Preferisco restarne all’oscuro e per ribadirlo, io ed Hermione ci dirigiamo di filato al nostro studio. È un sollievo poter rimettere le mani sulle nostre solite pratiche. I promemoria interpiano si sono accumulati sulla mia scrivania, in attesa di essere spianati, letti e archiviati. Mentre mi siedo sento qualcosa battere pesantemente sul piano di legno. Mi ero dimenticata di aver ancora indosso il Magipass!
Sfilo quella catena da rapper di terz’ordine, soffermandomi un secondo a guardarla. Peggio che le Passaporte. É fatto con della banale bigiotteria, di bassa qualità per giunta: la lamina dorata della catena in alcuni punti si sta staccando e sotto emerge il metallo ossidato. Diamine, avrebbero potuto sprecarsi un po’ di più. Voldemort ha creato i suoi Horcrux con oggetti molto preziosi e raffinati, il Ministero non poteva fare altrettanto? Lo ammetto, questo lato del grande Mago Oscuro mi attira. Era un uomo con molto gusto. Che poi fosse pure un pazzo assassino, beh, quello è un altro discorso.
Ripongo il catenaccio nella custodia che la mia cara collega ha lasciato accanto al mio portatile e mi decido a metter mano alla pratica Johnson. Nulla di che, una richiesta di risarcimento per il passaggio di un gruppo di Knarl nel giardino di casa.
Subito dopo passo alla pratica Mac Lean, alla Hughes, alla Moore, alla Jefford, alla Coleman. Tutte cose poco impegnative, tre moduli al massimo. Meno male. Dopo la mattinata di oggi dubito sarei riuscita a restar concentrata su qualcosa di più impegnativo del rinnovo di una licenza per la caccia ai Murtlap sull’isola di Arran. Di tanto in tanto lo sguardo della Centaura pezzata mi torna in mente, come anche quel suo “Oh!”. Riporto la mano sul ventre, pensierosa.
«Che silenzio…»
Hermione è affacciata alla porta del suo studio con in mano le tisaniere autoriscaldanti.
«Un the?»
«Sì, ci vuole» rispondo gettando un’occhiata all’orologio sulla parete.
Mancano poco meno di dieci minuti alle sedici. Faccio per alzarmi quando nel portapenne vedo spuntare un bel girasole. Sgrano gli occhi. Altri cominciano a sbucare dagli angoli dei cassetti. Non sono gialli: mentre le corolle ruotano lentamente i colori cambiano, lungo tutto lo spettro dell’arcobaleno. È un ingresso ben noto.
«Signor Mercury, entri pure!» chiamiamo.
La porta si apre e, accompagnato dal suo elfo domestico Nojno, fa il suo ingresso il più grande mago che abbia mai calcato i palcoscenici Babbani: Freddy Mercury. Roba che chiunque sverrebbe con le convulsioni. La prima volta che ha messo piede qui, in effetti, stava capitando pure a me. Sono passati anni da allora, non posso dire di averci fatto l’abitudine ma almeno non sbianco e non mi si azzera la salivazione.
Il signor Mercury (non riesco a chiamarlo per nome come mi ha chiesto tante volte, è più forte di me), in virtù di una legge del ‘700 è costretto a farsi firmare annualmente un visto, una specie di permesso di soggiorno. Lo trovo ridicolo. L’essere il figlio di un Veela nato all’estero crea questo genere di grattacapi, per via di una legislazione obsoleta. Anche la cognata di Hermione ha lo stesso problema.
«Mie gentili signore, buon giorno. Vengo ad annoiarvi come di consueto»
«Annoiarle, Farrokh?» cinguetta una voce impastata dall’altra stanza.
Il mago leva con eleganza il mantello grigio antracite ed il cilindro. Sotto porta abiti assolutamente normali, che ricordano la copertina del “The Freddy Mercury Album”. Il fascino di quest’uomo è innegabile, sangue Veela o no. Qualcuno potrebbe domandarsi perché non è biondo come le donne Veela, ma per gli uomini è diverso, non ereditano questi tratti specifici, ma lo charme rimane immutato. Non so però se si trasformino in creature inguardabili quando si arrabbiano.
Scomparve dalle scene per via di una malattia molto rara, che andò a curare in India, dove aveva vissuto per anni. Dover inscenare la sua morte gli costò parecchio, ma non aveva alternative. In Inghilterra non esistevano centri specializzati e la gravità della patologia era tale da lasciar spazio a timide speranze.
«Salve, Silente. Sempre a mettere il naso dove non dovresti, eh?» risponde affabile.
«Le ragazze stavano per prendere un the, vorresti partecipare?»
Questo vizio del defunto Preside di avanzare proposte in nostra vece ci è costato spesso ore di lavoro, ma oggi non mi sento di declinare la proposta. Purtroppo è l’ospite a rinunciare, con nostro grande rammarico.
«Sono solo passato a ritirare il rinnovo della Legge Beckford-Lennox» si scusa. «Avrei mandato Nojno se ultimamente non manifestasse la tendenza a perdere l’orientamento»
«Nojno è vecchio, ma aiuta Freddy finché può» replica l’uomino, sfoggiando un sorriso grinzoso tra le orecchie cadenti.
Scoprire che Harry non è stato il solo a liberare un elfo domestico è stata una versa conquista per Hermione. Sono ancora pochi quelli che aderiscono al progetto di affrancamento, principalmente perché agli stessi elfi non interessa.
«Ha altri progetti per oggi?» m’informo, allungando il documento timbrato e controfirmato.
«Sto lavorando ad un paio di brani con le Sorelle Stravagarie. Qualcosa di onirico e molto potente»
«Tipo la colonna sonora di Highlander?» azzardo.
«Non percorro mai due volte la stessa strada» sorride educatamente.
Cosa mi aspettavo? So benissimo come lavora il divino Freddy, altro che i cantanti di oggi che ripetono i brani dei colleghi con le fotocopiatrici. Ogni suo brano è un pezzo unico. Lavorare per i maghi mi concede un’immensa fortuna: quella di poter conoscere le sue nuove produzioni. “The clock is ticking away”, “Stars and pillows”, ma soprattutto “Avada Kedavra”, il brano che ha dedicato a Harry, Ron ed Hermione.
«Che uomo» spasima lei, mentre sorseggiamo il the.
«Ma non lo cambieresti mai con Ron, vero?» la stuzzico, allungandole la scatola dei biscotti.
«Perché? Tu lo cambieresti con Philip?»
Ridiamo. Silente si unisce a noi, ma tace. Nel suo quadro le briciole dei pasticcini al cioccolato e zenzero si spargono sulla sua veste e sul pavimento a olio. Mi domando dove vadano a finire le cartacce che durante la settimana si accumulano sulle assi dipinte. Secondo me, le butta fuori dal quadro quando passano gli inservienti per le pulizie, perché il lunedì la tela è sempre linda.
«Tra un’oretta escono i bambini. A che punto sei?»
Sbuffa, intingendo rabbiosamente il biscotto nell’infuso.
«Ti pareva che non mi sarei trovata con certi documenti sul tavolo?»
«Ancora?»
Parla dell’incartamento per l’acquisizione di alcuni terreni dei Malfoy per i Centauri di Hogwarts. Ero sicura che l’avrebbe ripresa in mano appena tornate.
«Herm, lo sai che dobbiamo passare dalla Tesoreria. Se prima non ci dicono che somme abbiamo a disposizione, non possiamo sapere quanto proporgli per l’acquisto!»
«Un calcio nel sedere basterebbe» sibila.
«Mia cara, non è da te essere così poco… diplomatica» interviene il Preside bidimensionale.
«Essere diplomatica con i Malfoy? Professor Silente, è già un miracolo che non chiedo l’esproprio forzato! Se lo meriterebbero» sbotta, tracannando quel che resta nella tazza per impedirsi di dire di peggio.
Alzo gli occhi al soffitto. E dire che l’avvocato Zabini ci sta aiutando non poco nelle trattative.
«Facciamo così. Se mi prometti di mettere via quella pratica almeno per oggi, rimando la visita ad Hampton Court per quel problema di Snasi, e martedì vengo con te all’incontro. Stavolta li battiamo»
«Sei ottimista»
«Ci tieni proprio a metter pace fra quei tre gruppi, non è così?»
«Tu non vorresti?»
Mi tornano di nuovo in mente gli occhi della Centaura, il suo sguardo malinconico e profondo. Odorava di muschio. Ricordo di aver visto il suo ventre muoversi mentre camminava. Il suo piccolo si stava girando nel poco spazio a disposizione. Quando sentivo Clarie agitarsi dentro di me provavo una gioia immensa, ma qualcosa ora non va. Rimango immobile, tremo.
«Jill? Che ti prende?»
«Co… cos’è?»
«Cosa?»
«C-c’è qualcosa che mi sta toccando il piede…» biascico.
Lo sento strusciarsi con forza contro la scarpa, a tratti mi sfiora la caviglia. Non tento di chinarmi a guardare sotto la scrivania. Ha delle punte che si piantano fastidiosamente nelle cuciture. Se solo non mi fossi cambiata prima di rientrare da Hogsmeade… con gli scarponi da trekking non mi sarei accorta di nulla.
«Oh, questa poi…»
«Cos’è? Herm… »
«Calma, calma. Non muovere un muscolo»
«Ti pare che abbia voglia di mettermi a ballare per caso?!?»
«Ssshh! Parla piano altrimenti potrebbe morderti»
«Mordermi?!?»
Un Libro Mostro, uscito da chissà dove, ha deciso che la pelle delle mie ballerine è un buon materiale su cui darsi una grattatina.
«Tiralo via!» piagnucolo.
«Calma, stai calma! Se non riesco a…»
«Faccio io, faccio io!» bisbiglia una voce da sotto la mia sedia. «Brava Jill, rimani così, ci sono quasi… ecco… vieni, bello, vieni… Non devi star qui»
Sento il libro scivolare via docilmente. Tiro un sospiro di sollievo guardando Teddy alzarsi con quell’affare dalla pelliccia ispida e verdastra tra le braccia. È il suo libro di Cura delle Creature Magiche, gli è scappato poco fa. La sola idea che anche la mia bimba debba portarmene a casa uno mi dà i brividi.
Teddy è in fibrillazione e accarezza il libro animato facendo mille versetti. A quanto pare, Remus ha trovato il modo per accontentarlo e sistemare lo Svimpio senza portarlo a casa. Ha contattato Neville, informandosi sulla disponibilità da parte sua di tenerlo nelle serre in qualità di “animale spazzino”: mangiando i frutti eccedenti delle piante coltivate per Erbologia, le manterrà in buono stato, evitando al professore la noiosa incombenza della raccolta e dello smaltimento di questi prodotti. L’unico problema sarà tenere a freno le fantasie da allevatore di Hagrid quando verrà a sapere del nuovo ospite.
«Alla mia amica Joy piacerà un casino!» trilla, accarezzando il suo libro. «Le piacciono un sacco le Creature Magiche! Anche ai gemelli! E anche a Victoire…» sospira in ultimo, sognante, prima di riprendersi con uno scatto euforico. «Che fico! Chissà quando glielo farò vedere! Dobbiamo trovargli un nome»
«A me sembra già buono Svimpio» ridacchia Hermione.
Quest’idea di trovare un nome a tutti gli animali la fa sorridere. E fa sembrare Teddy un po’ più piccolo.
«No, ci vuole qualcosa di più bello, una roba tosta… Tipo… Sgnaffo!»
La perplessità si spande sovrana nell’ufficio.
«Sgnaffo? Andiamo Teddy, vuoi rovinargli la digestione? Che razza di nome è? Persino Luna Lovegood ne troverebbe di più normali»
«Beh, ma quando mangia fa “sgnaff-sgnaff”, non credi, Herm? Sgnaffo va benissimo»
Hermione mi guarda. Levo le mani in alto. Teddy mi ha salvata dal Libro Mostro, per me può chiamarlo anche Mezzemaniche se gli pare carino, visto come le zampe nere emergono dalla pelliccia lilla.
«Mezzemaniche?» mi domanda, ripetendo il nome sottovoce. «Mezzemaniche… fichissimo!» e corre fuori, chiamandolo a gran voce.
Abbiamo giusto il tempo di riordinare l’ufficio e scendere. La giornata è volata.
Davanti all’asilo troviamo Ron, Harry e Philip intenti a discutere del’ultima partita della Nazionale di Quidditch. I bambini dentro stanno raccogliendo i giocattoli. Si sente James lamentarsi per non poter usare una bacchetta per farlo. Rolf arriva quando Lavanda ha aperto le porte da un pezzo.
«Scusa Lorcan, papà stava leggendo» dice prendendolo in braccio. «Ti sei divertito?»
«Claire è streghissima. È insolita!»
Parla come sua madre. Lui e Rolf ci accompagnano ai camini. Torneremo a casa con quelli. Loro invece staranno al Paiolo Magico per i prossimi tre giorni, prima di tornare a casa. Quello che non posso prevedere però è che Claire si è messa in testa di portare Lorcan a casa con noi.
«Ma non può venire, tesoro. Deve stare col suo papà, come te»
«Io lo vojo!» ribadisce abbracciandolo stretto.
«Su, andiamo. Domani giocherete ancora, non ti devi…»
«No!» singhiozza nascondendosi dietro l’amichetto. «Adesso!»
«Claire…»
Scamandro viene in nostro soccorso, allontanandosi un poco e richiamando il figlio che, obbediente, saluta tutti e lo segue. Claire lo guarda terrorizzata e cerca di rincorrerlo, ma sono più svelta di lei e la prendo in braccio. Il gesto, che di solito è seguito da un fitto scambio di baci, questa volta non sembra sortire il solito effetto. La mia piccola comincia a piangere, invocando il compagno di giochi, ormai nascosto tra la ressa dei dipendenti diretti a casa. Si agita e cerca di allontanarmi. Alcune streghe piuttosto anziane scuotono la testa ai suoi capricci. Sembrano voler dire “se fosse la mia non farebbe così”. Brutte arpie, se lo ricordano ancora cosa significhi avere un figlio?
«Claire, adesso basta!» la riprendo, un po’ alterata. «Domani lo rivedrai, non è il caso di fare tutte queste scene!»
«Butta! Butta! Sei cattiva!» strilla, cercando di saltare a terra.
Resto interdetta. Mia figlia non mi ha mai detto cose simili.
«Claire, stai facendo la monella. Non mi piaci così» interviene seccamente Philip.
Incurante della sgridata, lancia un ultimo richiamo con tutto il fiato che le resta tra una lacrima e l’altra:
«Lorcan!»

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