Note alla storia

Titolo in italiano: frittelle a colazione.
Sirius aveva scoperto che c’erano molti vantaggi ad avere qualcuno bravo in cucina e con il difetto – a dir poco terribile – di essere mattinieri.
La colazione a letto, ad esempio.
Certo, non è che lui passasse tutte le mattine della sua vita a ronfare senza sosta, ma quelle volte (rare) che riusciva ad anticiparlo, cercava di starsene immobile fino a quando non sentiva il letto dondolare. Lo sentiva muoversi lentamente per non svegliarlo, nonostante sapesse che il suo sonno avrebbe tranquillamente perdurato sotto le minacce di una guerra magica imminente, e attivarsi in cucina.
Remus amava cucinare.
E per lui che possedeva la sacra arte di far esplodere persino le uova in acqua fredda, era assolutamente una manna del cielo. In più, Lunastorta si era dimostrato particolarmente fantasioso nelle colazioni: ogni mattina, se ne usciva con qualche nuova ricetta col tasso glicemico che sfiorava i tremila e un grosso sorriso sulla faccia.
E lui amava il dolce.
Avrebbe potuto sopravvivere a dolci e cioccolato per un intero mese, cosa che ovviamente non mancava di ricordare a chiunque avesse lo stomaco fragile – tipo James “cheschifoildolce” Potter. Sì, ammetteva di scodinzolare amenamente, anche in forma umana, davanti ad un bel piatto di frittelle annegate nello sciroppo d’acero, e Remus lo sapeva. Peccato che lui fosse più tipo da salato, anzi, nello specifico Remus repelleva il dolce come Mocciosus repelleva lo shampoo. Era un difetto molto grosso, in effetti, ma se non venivano trascinati in una discussione sull’argomento, potevano facilmente soprassedere. Lui si teneva la sua cara fetta di torta – o torta intera in alcuni casi – a fine pasti, e Remus si gustava i suoi primi e secondi ricoperti di sale.
«Mmh».
Sirius mugugnò, proiettando automaticamente la mano verso il lato destro del letto che, altrettanto automaticamente, era vuoto.
Oramai, vigeva una sorta di schema – tipo, nella loro felice vita non coniugale: Remus si alzava alle sette precise. Era un mattiniero della peggior specie, di quelli che tengono le pantofole unite, parallele al letto; che appena si alzano, sistemano le coperte diligentemente e che si muovono come se non possedessero un corpo. Appena alzati, hanno l’energia di sradicare alberi a mani nude, trillano “buongiorno” svegli come fringuelli, smanettano in cucina e che si vestono in un arco di tempo di dieci secondi.
Lui, il più delle volte, continuava a gironzolare nei suoi sogni che – rigorosamente – ricalcavano le notti precedenti, senza che vi fosse un particolare bisogno di cambiare qualcosa per renderli più eccitanti. Spesso, come già detto, fingeva di dormire: restava sdraiato ad ascoltare i suoni attutiti delle pentole e le canzoni stonate che insisteva a cantare. La sua preferita era una sorta di fusione tra una ballata magica che gli aveva insegnato James e November Rain che – ovviamente – gli aveva insegnato lui. Peccato che si mangiasse le parole; ma dopotutto Remus non era tipo da November Rain.
Quando poi l’orario diventava un’accettabile nove, si alzava lentamente, strascicando i piedi e lasciando un groviglio di coperte e una scia di cadaveri fatti di vestiti. No, decisamente l’ordine di Lunastorta, non poteva competere col suo disordine organizzato. Tra l’altro lui non ce le aveva nemmeno, le pantofole. Il bagno era la sacra anticamera degli zombie della domenica mattina, con lo specchio che rifletteva impunemente quanto male si potesse stare, ad appena un’ora dal risveglio.
Lo scontro avveniva sempre sotto forma di lotta silenziosa, con lo specchio che sperava di distrarlo, mentre ancora imparava ad usare lo spazzotino. I cinque minuti che di solito si impiegano a lavarsi i denti, sono sempre pervasi da una profondità quasi catartica: si passa dal cespuglio di capelli, intricati come rovi, alle ombre scure - effetto vampiro, alla pelle che neanche Ruf nei giorni peggiori. Dopodiché si commentava con un sbuffo un attimino disinteressato – o un ringhio, dipendeva dalla giornata – e si passava alle scale. Il cammino era arduo, soprattutto perché spiegare ai neuroni che no, farsi le scale rotolando non era poi una grande idea, era più difficoltoso di quanto si credesse.
Al quel punto, però, l’odore dolce passava dallo stato di beato miraggio, alla consistente realtà sfilando sotto il suo naso addormentato.
E poi, le frittelle erano ancora più buone se a fartele era qualcuno che si muoveva nella tua camicia: Remus stava litigando con la padella che – per quello che aveva sentito – si rifiutava di collaborare; indossava il pantalone del pigiama scuro e la sua camicia della sera precedente, più larga di almeno due taglie.
Lui si appoggiò allo stipite della porta, incrociando le caviglie nude (non possedeva pantofole e, per Merlino, non dormiva con nessunissimo pigiama!) e tossì, godendosi la vista di un Remus che sussultava e lo mandava al diavolo con la sguardo.
«Che ci fai alzato?» Gli sbottò per buongiorno, mentre gli brandiva contro la padella incriminata.
Un altro tacito accordo era che non osasse mettere piede in cucina, prima che la colazione non fosse pronta o prima che lui non fosse arrivato a soccorrerlo, tra le coperte, con una buona dose di frittelle e sciroppo. Peccato che Remus fosse anche decisamente lento e – assolutamente – troppo pignolo. Lui lo illudeva di credere che la sua colazione si preparasse da sola, senza una buona dose di padelle bruciate, e si illudeva che lo facesse per lui, non per la sua pignoleria. Ed erano tutti contenti.
«Buongiorno anche a te» replicò mitemente, avvicinandosi tanto da sfiorargli il naso con il suo. Remus arrossì, scostandosi «P-perché devi sempre andare in giro nudo, si può sapere?» Borbottò, mentre lui ghignava.
Il suo caro Lunastorta era sempre timido come se non lo avesse visto nudo già un migliaio di volte. Sirius accostò la bocca al suo orecchio – Perché ho sempre caldo – lo stuzzicò, ignorando il fatto che il suo cuoco avesse abbandonato le uova al loro triste fato.
«Ah! Le uova!» Urlò invece Remus, mentre si affrettava a spegnere. Sirius sbuffò, come a sottolineare l’offesa per il fatto che le uova fossero più importanti di lui e del suo essere nudo, e si buttò sulla sedia, in soli boxer neri.
«Tu devi starmi lontano, quando ci sono dei fuochi accesi, dannato cagnaccio…» stava lamentandosi Remus, mentre Sirius già si avventava sulle frittelle piazzate sotto al suo naso.
«Non mi pare che… ti fossi mai lamentato delle mie… mhh… nudità» replicò, frammezzando la frase dai bocconi.
«Almeno ingurgita» fece schifato, con gli occhi al cielo.
Stava per rispondergli, quando un trillo li proiettò verso il salotto e lo specchio magico di Sirius. A quanto pareva, anche James aveva reputato che le nove del mattino, non fossero un’ora poi così indecente. Sirius si alzò, sbuffando, trascinandosi fino allo specchietto, mentre Remus si godeva – perché lo faceva – la vista del suo didietro.
«Che vuoi?» Sbottò sulla superficie di vetro, mentre uno scarmigliato James gli restituiva la stessa espressione da pesce lesso.
«Ma tu vai sempre in giro n-n-nudo?» Gli domandò, sbadigliando.
«Ecco, diglielo…» borbottò da lontano Remus, mentre già sentiva le poche forze raziocinanti abbandonarlo.
«Hai chiamato per rompere?» Rimbrottò allora Sirius, mentre James ghignava «Non volevo disturbare…» ironizzò, mentre al suo fianco qualcosa si muoveva, poi il mugugno di Lily lo raggiunse.
«Ramoso, perché non rompi le scatole a tua moglie e lasci noi altri a goderci una riposante domenica?» Lo rimproverò, prima di chiudere il collegamento.
Borbottando e sbuffando, ritornò al tavolo dove – finalmente – era sopraggiunto anche Remus.
«Le uova sono un po’ morte» bofonchiò, mentre afferrava del pane.
Sirius ghignò «Lo so, è colpa del mio fisico imponente» si risedette e Remus ne approfittò per fissarlo «In realtà, sei dimagrito troppo» gli fece, facendolo quasi strozzare col succo.
Aveva parlato quello che in un plenilunio perdeva dai due ai quattro chili minimo e che poteva indossare quattro suoi maglioni senza risentirne.
«Mpf… e parli tu?»
Remus appoggiò il mento alle mani «Ma io sono sempre stato magro» ribatté, sorridente.
Sirius ghignò «E’ il fascino del teppista trasandato, sai…» si pavoneggiò, mentre inghiottiva un’altra frittella.
L’altro negò col capo «Lasciamo perdere che è meglio».
«Ammettilo, il mio fisico è un ottimo argomento di conversazione» gli fece Sirius, agitandogli contro un relitto di frittella sbocconcellata.
«Non lo sarebbe se ti degnassi di coprirlo ogni tanto!» Sbottò Remus, cercando di far trapelare tutto il suo sdegno dal cipiglio marcato.
«Mmh, non vuoi che lo mostri agli altri, giusto… ah, il mio Lunastorta gelosone!»
Remus arrossì violentemente - come ogni qualvolta si accennasse a “mio”, “Sirius” e “noi” in una stessa frase - e tossì eloquentemente, mentre si alzava per posare i piatti «No, Sirius, intendevo dire proprio coprirlo, sempre e comunque».
«Potrei andare a dormire con un burqa» propose, mentre si alzava a sua volta.
«Basterebbe un pigiama, un bel pigiamino lungo…» cominciò, con gli occhi al cielo, poi Sirius gli tolse i piatti da mano «E dove sarebbe il divertimento?» Gli sussurrò, passandogli vicino.
«Ecco, divertiti di meno» replicò Lunastorta, stringendo gli occhi.
Sirius lasciò i piatti nel lavandino e tornò indietro a fissarlo «Mmh, lo sai che mi diverto solo con te…»
Arrossì di nuovo. Dio come adorava quando arrossiva.
«Ti detesto» mugugnò Remus, mentre Sirius si avvicinava. «E poi lo so che ti… diverti solo con me, che credi. Sono mica scemo» fece sulla difensiva.
Sirius annuì «Bravo, stai imparando. E, a parte il caldo, c’è un motivo per questa mia decisione…» continuò, serio.
«E sarebbe?»
«Così non si perde troppo tempo…» lo stuzzicò, mentre gli metteva le mani sui fianchi, sotto la camicia aperta, e lo spingeva verso il lavello.
«Sei un porco» asserì Remus, accigliato, mentre Sirius gli rideva sul collo «Grazie! Queste sono le dolci parole che ogni amante vorrebbe sentire!» Ironizzò, mentre litigava con la stoffa della sua camicia per il monopolio della sua pelle.
Remus sbuffò, cercando di mantenere un minimo di contegno «Lo sai che odio il dolce» riuscì a dire, mentre già il cervello gli si scollegava.
Sirius annuì «Già, ma conosco un metodo per fartelo assaggiare».
«Tu e i tuoi doppi sen-» cominciò Remus, prima che Sirius decidesse di dimostrare la validità della sua teoria nudista, baciandolo.
Le sue labbra sapevano di sciroppo d’acero. Erano dolci ma – chissà perché – quel dolce non lo infastidiva. Anzi.
Prima che il cervello proclamasse lo sciopero generale per le successive due ore, Sirius ripensò a quanto amasse le colazioni del suo Lunastorta. Decisamente.


Note di fine capitolo

La canzone citata è November Rain, dei Guns n Roses.
Chissà perché, anche se mago, ce lo vedo Sirius ad ascoltarli. Ah, beh, il fatto che Remus potesse amare il salato e Sirius il dolce, scambiandosi un pò i "ruoli" consueti, mi piaceva troppo

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