“Molly, bambini, sono tornato!” La voce di Arthur riempì la Tana.

Arthur si guardò intorno: per la prima volta Molly non era in cucina a preparare la cena per la tribù Weasley.

Aprì la porta che immetteva nel soggiorno e vide i suoi  figli più piccoli seduti in silenzio a disegnare sotto lo sguardo arcigno di zia Muriel.

“Muriel, devi insegnarmi l’incantesimo che hai usato per trasformare questi diavoli. O hai trasfigurato dei pezzi di legno nei miei figli?” 

“Papà, la mamma non si sente bene ed ha chiamato zia Muriel  in aiuto, anche se sia io che Charlie siamo a casa per le vacanze e ci sentiamo in grado di badare ai nostri fratelli.” Bill pronunciò le sue parole con volto serio e compunto, in piedi dietro il divano.

“Non essere assurdo, William. Nessuno di voi è maggiorenne e non potete badare a dei minorenni.” La voce secca di Muriel gelò le recriminazioni di Bill e bloccò Charlie nell’atto di aprire la bocca per ribattere.

“Grazie per l’aiuto, Muriel. Ora vado su da Molly e sarai libera appena le avrò parlato. Puoi trattenerti ancora un poco?”

 “Certamente, Arthur, fai pure con calma: non ho mai visto Molly così sofferente, neanche dopo la nascita dei gemelli.”

“Ragazzi, per favore badate ai piccoli ed aiutate Muriel con la cena, mentre io vado da vostra madre.” Arthur parlò salendo le scale.

Aprì la porta della loro camera ed entrò timoroso; Molly era stesa supina sul letto, un braccio sotto la testa, lo sguardo perso nel vuoto, il volto pallido rigato da lacrime.

“Tesoro, cosa è successo?” Arthur non aveva mai visto la moglie così depressa.

“Oh, Arthur. Ho perso il bambino!” Molly riuscì a stento a parlare, prima di scoppiare in singhiozzi.

“Il bambino… Quale… Cosa… Come ti senti ora?” Arthur farfugliò. “Hai visto un Guaritore? Hai avuto delle pozioni per rimpiazzare il sangue perso?”

“Certo, non preoccuparti: basterà una settimana con tre pozioni al giorno e non avrò problemi” Singhiozzò Molly. “Mi sento così in colpa. Se non mi fossi così strapazzata per queste vacanze estive, tutto questo non sarebbe successo.”

“No, amore mio, non dire così. Non sapevi neanche di essere incinta…” Arthur si avvicinò al letto e prese la moglie tra le braccia per consolarla.

“Ma dovevo pensarci: ormai l’esperienza  non mi manca.” Protestò Molly prima di essere sopraffatta dal pianto.

Il marito le accarezzò lentamente i capelli continuando a tenerla fra le braccia mentre piangeva disperata.

“Non addossarti colpe che non hai, per favore. Abbiamo già più figli di quanto possiamo permetterci e più che i genitori, per questo bambino saremmo stati i nonni. Forse è stato meglio così, ragionaci su e mi darai ragione. Fra qualche giorno avrò le ferie e potremo andare in campeggio come avevamo programmato; cucinerò e baderò io ai ragazzi così potrai riposare.” La voce di Arthur, per quanto carezzevole, ebbe su Molly l’effetto di una doccia gelata.

La donna si sciolse dall’abbraccio del marito e si alzò dal letto allontanandosi e guardandolo con aria delusa.

“Hai tutte le ragioni di questo mondo. Non abbiamo soldi, il numero dei nostri figli è già notevole, non siamo più di primo pelo. E’ tutto giusto. Il mio cervello lo sa come e meglio di te. Ma il mio cuore piange e non mi dà pace e non sarà certo una vacanza a darmela!”

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