Note alla storia

Long-Fiction: P R I S M_Element Power!

Note al capitolo

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Lacrime Antiche

 

 

 

Capelli ramati e grandi occhi blu.

Schiena dritta e sguardo profondo.

Piccole mani intrecciate.

Desiderio di conoscere e capire, paura di domandare.

Cuore che urla parole silenziose.

Desiderio di parlare, paura di farlo.

Silenzio .

 

 

La bambina se ne stava in silenzio, composta come al solito, seduta sul grande tappeto dello studio del nonno mentre cercava, invano, di capire cosa c’era scritto su quel grosso tomo che il professore le aveva lasciato alla fine della lezione precedentemente.

Inutile dire che non riusciva minimamente a concentrarsi, almeno non dopo quello che le aveva detto il nonno la sera precendente.

Nonno… ormai non poteva più chiamarlo “nonno” perché in realtà non era suo nonno ed infondo al suo cuoricino l’aveva sempre sospettato e saputo.

Lei non aveva mai conosciuto altri nonni ma sapeva per certo che i nonni non si comportavano come Silente, nei suoi libri i nonni riempivano di cioccolata i loro nipotini e li viziavano moltissimo prendendosi le sgridate da parte dei genitori che non volevano che li guastassero troppo.

Invece con lei Silente era sempre stato dolce, attento, premuroso e presente ma mai si era comportato come un nonno normale… non l’aveva mai viziata, non l’aveva mai portata a giocare ed a sporcarsi in mezzo al prato, mai.

Le portava doni quando tornava dal lavoro ma glie li consegnava solo quando riusciva a svolgere bene uno degli esercizi che anni prima aveva iniziato ad insegnarle.

Non le raccontava mai le fiabe ma si dilettava nel leggerle tomi di animali fantastici facendole delle domande di tanto in tanto per essere sicuro della sua attenzione.

Le regalava dolci, quello sì, ma alla fine anche Stilla, l’elfa che le faceva da balia, gliene regalava.

Non che fosse infelice lì ma, dentro di se,  la bambina aveva sempre percepito quel lieve muro che la separava dal “nonno”.

Quando era più piccola non gli dava peso, ma ora sì, soprattutto dopo la sera precedente.

Alzò lo sguardo e incrociò quello di Silente che dalla sua poltrona l’osservava già da un po’, aveva subito percepito i pensieri della piccola, ancora troppo piccola per essere in grado di schermare la sua mente dagli attacchi mentali.

L’uomo osservò quello sguardo duro ed innaturalmente adulto e si domandò nuovamente se avesse fatto bene a crescerla come aveva fatto.

Oh… lui la buona volontà ce l’aveva sempre messa ma ora, leggendo in quegli occhi blu, si rendeva conto di averle strappato qualcosa irrimediabilmente .

Aveva fatto di tutto per farla crescere felice e spensierata ma alla fine non c’era riuscito, non aveva mai voluto sostituirsi al padre della piccina ed ora, col senno di poi, si domandava se avesse operato la scelta giusta.

Cercando di non prendere il posto di James aveva finito per erigere un muro invisibile fra lui e la bambina; per lei, invece che un nonno, era stato sempre un “professore”, magari un professore particolarmente buono e gentile ma pur sempre un professore.

Si domandava se perfino Stilla non fosse stata più vicina di lui alla bambina ed infondo al cuore se ne vergognava.

In quel momento, mentre lei continuava a fissarlo seria, si domandò se l’avrebbe odiato in futuro, se avrebbe compreso i suoi sforzi e le sue motivazioni, se avrebbe capito e soprattutto se l’avrebbe perdonato.

Qualcuno di orrendo e spietato l’aveva proibita dell’abbraccio caldo e dolce di una madre, di quello forte e rassicurante di un padre e della spensieratezza di un’infanzia fatta di giochi e risate.

E lui, prima l’aveva privata dell’affetto che avrebbe potuto trovare in suo fratello o poi di quello di un “amico” che avrebbe potuto amarla senza riserve .

Non era riuscito a lasciarsi andare, non aveva voluto… non aveva potuto.

Non avrebbe avuto la forza poi di vedere l’odio nei suoi occhi quando le avrebbe detto tutta la verità, di come l’aveva separata da suo fratello, di come l’aveva tenuta chiusa in quella gabbia dorata per anni tentando di “addestrarla” ad una guerra a cui era predestinata.

Il suo vecchio cuore non ce l’avrebbe mai fatta .

Harry, il piccolo Harry, anche a lui avrebbe dovuto chiedere perdono .

Perdono per averlo abbandonato in quella casa, per averlo fatto crescere da solo senza sua sorella, per  non averlo protetto dalla cattiveria di parenti che non l’avevano mai voluto.

Lui sapeva cosa era costretto a passare quel bambino, da solo, nelle mani di quei parenti indegni che lo trattavano come uno schiavetto ed il cuore gli lacrimava sangue ogni volta che leggeva uno di quei rapporti che la Signora Figg gli inviava.

Lui leggeva in silenzio mentre il cuore perdeva un battito e si ripeteva ogni volta che era stata la cosa giusta… che l’amore di Lily l’avrebbe protetto da Voldemort solo se fosse rimasto vicino ad un suo parente di sangue.

Con la piccola Debby era stato più facile, nessuno sapeva di lei, forse neppure la bella e dolce Lily sapeva di aspettare un’altra creatura quando la loro casa era stata attaccata.

Neppure Lily… prima o poi la bambina avrebbe capito anche questa cosa e ne avrebbe sofferto come mai e lui non avrebbe potuto fare nulla per evitarle tutto quel dolore.

Si sentiva tremendamente vecchio.

Sospirò ed abbassò lo sguardo nuovamente sulla piccina che aveva ripreso a leggere quel grosso tomo che il professore di pozioni le aveva lasciato.

Un piccolo sorriso le incurvò le labbra, probabilmente era stato proprio lui a stare più vicino alla piccola di quanto si sarebbe mai aspettato.

Non capiva come mai, ma si era reso conto ormai da molto tempo di quanto fosse profondo il legame tra i due, nonostante le parole fredde  e distaccate che sempre le rivolgeva il professore.

La bambina, quando udiva quelle parole, lo guardava negli occhi, induriva lo sguardo e senza degnarlo di una parola se ne andava lasciando Piton solo con il suo rancore.

Ed allora l’uomo la seguiva e le urlava che non aveva il diritto di ignorarlo visto che era un suo professore e che, dato che era più grande, doveva rispettarlo  ed allora la bambina si girava e molto candidamente gli diceva che lui non aveva il diritto di odiarla perché lei era una bambina e i bambini non vanno odiati.

Quanta forza di James c’era in quella creatura.

Aveva lo stesso sguardo, la stesso sprezzo del pericolo, la stessa consapevolezza di essere una vincente.

Aveva tanto anche della dolce Lily.

Era testarda, intelligente, giusta, equilibrata, precisa ed aveva una dolcezza ed una radiosità che pochi aveva avuto la fortuna di poter ammirare con i loro occhi.

 Quanto di entrambi racchiudeva quella piccola peste che da 10 anni scorrazzava per il maniero ed illuminava le sue giornate.

Ma aveva anche tanto di suo, alcuni lati del suo carattere spesso lo avevano preoccupato.

Schiva, fredda, altera, composta … questo è quello che Debby voleva mostrare al mondo di essere.

Era una bambina di 10 anni ma raramente la si sentiva urlare, piangere o fare i capricci, era come se avesse imparato ad imprigionare dentro di lei le sue emozioni.

Ricordava ancora quando, più piccola, lo faceva diventare matto quando decideva di sparire per ore ed ore per il maniero, oppure quando si arrabbiava per non essere riuscita ad ottenere quello che voleva: gli urli di frustrazione riecheggiavano per tutta la casa rischiando di far infrangere i vetri.

Quando era più piccina rideva molto, correva, faceva scherzi alla povera Stilla e portava gaiezza ovunque andasse.

Poi piano, piano, con gli anni, quella creatura dai capelli color rubino aveva semplicemente smesso di ridere spensieratamente, aveva smesso di riempirlo di “Perché” ed aveva smesso di urlare.

Ora non urlava mai e le sue risposte fredde ed acuminate erano l’unico segnale che evidenziavano il suo stato d’animo .

Non perdeva più il controllo con la stessa frequenza di prima e quando ciò accadeva era sempre un problema avere a che fare con lei.

Come la sera precedente.

Silente sospirò nuovamente.

Ricordava molto bene il discorso che le aveva fatto la sera prima quando le aveva spiegato della morte dei suoi genitori, di come lui in realtà fosse solamente un caro amico della sua mamma e del suo papà e non suo nonno e soprattutto quando le aveva parlato di suo fratello.

Ovviamente non le aveva spiegato i particolari ben convinto  che fosse compito del fratello, un giorno, riferirglieli ma lei, nonostante tutto, non aveva pianto ne urlato ne l’aveva accusato.

Gli aveva semplicemente rivolto uno sguardo duro e gli aveva chiesto: - Quindi ora non potrò più chiamarti nonno?

A Silente si era stretto il cuore nel sentire le emozioni della bambina che si dibattevano nella sua piccola anima e le aveva risposto: - Sei libera di scegliere, non voglio ne posso importi nulla.

E lei: - Ah, bene. Allora ti chiamerò Silente, tanto ormai sono diventata troppo grande per chiamarti nonno no? Lo dici sempre anche tu che sono una signorina! – rispose cercando di lanciargli un mezzo sorrisetto che non ingannò neanche per un secondo il vecchio Preside e che sapeva essere la sua punizione.

La bambina alzò di nuovo lo sguardo sul “nonno” e vide che aveva lo sguardo triste e perso e si domandò a cosa stesse pensando ma non volle chiederglielo .

Silente si sentì un po’ rincuorato dal fatto che, dentro di lei, lo considerava ancora il “nonno”; sapeva che non doveva farlo ma i sentimenti della piccina erano troppo “assordanti” per essere ignorati.

C’era troppo potere in lei e non era in grado di tenerlo sottocontrollo quando non era perfettamente calma ecco perché aveva iniziato 2 anni prima ad insegnarle la magia, non voleva che costituisse un pericolo per gli altri ma soprattutto per lei stessa.

- A cosa stai pensando? – si sentì chiedere da Debby che, evidentemente, aveva cambiato idea.

- A te sai? – le rispose calmo.

- E perché pensi a me? – disse con voce curiosa.

- Perché mi fa piacere, sai noi persone anziane passiamo molto tempo a pensare a chi teniamo.

La bambina lo guardò nuovamente e per un attimo l’antico luccichio allegro passò per le sue iridi blu, ma fu solo un attimo e subito dopo torno al suo libro, in silenzio.

Passarono così tutta la serata, chiusi nel loro silenzio quando ad un certo punto la bambina lo ruppe dicendo: - Secondo me hai detto una bugia. O tutta o mezza. Tu mi dici sempre che non vanno dette però le dici a me. Non è giusto…

La frase della piccola rimase in sospeso mentre il vecchio Preside cercava di trovare una risposta che non la facesse sentire presa in giro, alla fine se non le aveva detto tutta la verità era solo per il suo bene, era ancora  troppo piccola.

Ma quando fece per rispondere Debby lo anticipò dicendo: - Andiamo a letto? Mi racconti ancora quella vecchia storia del lupo, il cervo e il cane??

Silente rimase in silenzio per un attimo sorpreso che si ricordasse di quella vecchia storia che le raccontava quando ancora rideva libera e spensierata  ed infine disse: - Certo piccola, andiamo a letto e ti racconterò di come un cervo ed un cane in una notte di luna piena fecero amicizia con un grande lupo salvandolo dalla solitudine.

 

 

 

 

 

Fine.

Note di fine capitolo

Spero che questa prima one-shot dedicata alla fiction vi piaccia ^_^

 Peronalmente mi piace molto ma molto presto ne posterò una fra Severus Piton e la piccola Debby dato che sono, a mio avviso, stupendi assieme.

Come stupendo è il loro rapporto XD

 Fatemi sapere cosa ne pensate eh :)

 

Nasreen<3

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