Note alla storia

Questa shot era stata originariamente pensata come possibile partecipante al VI contest di Accio; in seguito, anche su consiglio della mia beta, ho optato per un'altra soluzione, ma la shot è rimasta. Non è obiettivamente nulla di speciale ma, nonostante questo, devo dire che mi piace. Il che è raro, per qualcosa che io ho scritto.

 

Grazie mille alla mia beta Lely1441: se non temessi di scatenare la tua vena sadica e venale, ti direi che ti devo un favore, caVa. xD

 

Ed ora vi auguro una buona lettura, sperando vi risulti gradita. ^^

"Che ne dici di Mark?"

"Andiamo, Dora..."

Ninfadora sbatté le palpebre un paio di volte, voltando la testa verso il marito.

"Perché? Che ha che non va come nome?"

Remus sospirò stancamente.

"Non è il nome, Dora, lo sai."

"No che non lo so, Remus." ribatté, accigliandosi "E, fossi in te, non insisterei in questa direzione."

"C'è una guerra fuori, Dora." continuò invece lui "Dovrei essere fuori a combattere con gli altri, invece di..."

"Invece di cosa?"

Remus si zittì: da quando era iniziata la gravidanza, vuoi per gli ormoni impazziti, vuoi per chissà cosa, l'umore di sua moglie si era fatto decisamente ballerino, nonché decisamente più aggressivo; e diciamocelo, avere in casa un'Auror lunatica, di sangue Black, pronta a lanciarti maledizioni o a scoppiare a piangere al minimo imprevisto, non era esattamente l'ideale per chiunque.

"Dora, capisco che il nome del bambino sia importante." riprese quindi con cautela "Ma credo che dovremmo attendere un momento più... tranquillo."

Ninfadora si morse il labbro.

"Potresti anche non avere tutti i torti." concesse "Ma Remus, cerca di capirmi: non sappiamo quando questa guerra finirà, né come finirà. E, anche nel migliore dei casi, dubito che ciò accadrà prima della nascita del bambino. Remus, io non voglio che tutti i miei ricordi della gravidanza riguardino le nausee mattutine, le caviglie gonfie, le voglie, la mia stazza da balenottera o i bollettini di guerra. Voglio dei ricordi normali, cose da poter raccontare a nostro figlio quando sarà grande senza aver timore di spaventarlo. E scegliere il suo nome - fare progetti - è precisamente quello che intendo: una cosa normale. Ne ho bisogno, Remus, davvero." lo guardò supplicante, mentre concludeva con un "Per favore" appena sussurrato.

Remus guardò gli occhi della moglie farsi lucidi e decise che, in fondo, la guerra poteva anche aspettare per un po'.

"D'accordo Dora, non penso che il mondo cadrà se noi ci assentiamo per un poco." le disse sorridendo e sistemandosi meglio sul cuscino; Dora sorrise raggiante "Allora, dicevi?"

"Mark." rispose subito, facendosi abbracciare e stendendosi a sua volta "Che ne pensi?"

Si accarezzò lentamente il pancione, ruotando la testa fino a poter osservare la reazione del marito. Manco a dirlo, quello storse il naso.

"Banale."

"Pretenzioso," sbuffò "E James?"

"Credo che quello sia appannaggio di Harry." rispose lui lentamente, dopo qualche secondo di silenzio; Tonks parve capire di aver toccato un tasto dolente senza volere, perché si affrettò a continuare.

"Luis?"

Remus dovette trattenersi per non scoppiare a ridere.

"Luis Lupin? Sii seria, Dora."

Lei aggrottò la fronte.

"È un nome bellissimo. Breve, diretto, semplice, normale" sottolineò pesantemente l'ultima parola, guardandolo con aria di sfida.

"Sembra uno scioglilingua."

"Pignolo" ribatté lei serafica.

"E poi, perché stai dicendo solo nomi maschili?"

"Perché sarà maschio, te l'ho già detto." rispose, come se tentasse di spiegare per l'ennesima volta un concetto assurdamente semplice ad un bambino assurdamente ottuso "È inutile pensare a nomi femminili, non serviranno."

Remus storse il naso, seguendo distrattamente la linea del pancione con l'indice.

"Continuo a sostenere che sarà femmina." borbottò testardo "Una piccola nanerottola metamorfica che distruggerà sistematicamente ogni singola superficie fragile di questa casa."

"E io, invece, continuo a sostenere che sarà un piccolo professore sapientone che mi inseguirà ovunque con libri assurdamente voluminosi, chiedendomi di leggerli per lui" ribatté lei.

Remus alzò gli occhi al cielo, abbracciando più strettamente la moglie, che si accoccolò meglio sul suo torace e chiuse gli occhi.

"Kate mi pare un bel nome, che dici? Kate Lupin" lo pronunciò lentamente, come per verificarne l'effetto, poi annuì, soddisfatto.

Ninfadora non parve però essere dello stesso avviso, perché si sollevò di scatto, fissandolo negli occhi con sguardo truce.

"Scordatelo!" affermò decisa "Nemmeno sotto tortura potrei prendere anche solo in considerazione quel nome funesto!"

"Perché?" chiese lui, confuso.

Ninfadora aggrottò la fronte, furiosa.

"Perché ricordo fin troppo bene quella volta in cui Sirius mi raccontò delle tue avventure giovanili. E, in particolare, ricordo una certa Kate, studentessa del quinto anno di Grifondoro con cui sembravi spassartela fin troppo, al tuo settimo anno."

Remus la fissò senza parole.

"Avanti, Dora, non puoi pensare seriamente che..."

Ma lei accentuò il cipiglio minaccioso e gli puntò un dito contro il petto.

"Remus John Lupin," esclamò, sottolineando ogni parola con un colpetto d'indice sul petto "Aggiungi anche solo un'altra sillaba al riguardo e ti ritroverai a dormire sul divano vita natural durante."

Saggiamente, l'uomo decise di seguire il consiglio della sua dolce consorte e si morse la lingua. Per la prima volta da che era morto, desiderò che Sirius fosse ancora vivo solo per poterlo rispedire di nuovo nell'oltretomba, quel traditore infame!

"Che ne dici di Elizabeth, allora?"

Tonks si rilassò, sistemandosi meglio tra le braccia del marito, e ci rifletté sopra.

"Non male," concesse alla fine "Ma totalmente inutile: sarà maschio, te l'ho già detto."

Remus alzò un sopracciglio, scettico.

"Sarà femmina."

Ninfadora non rispose, limitandosi a borbottare uno stizzito "Uomini..." che fece corrugare la fronte a Remus.

"Che intendi con quel ‘uomini', Dora cara?"

Ninfadora scivolò via dalle sue braccia, stendendosi sul materasso e dandogli le spalle per nascondergli il sorriso impertinente che le stava nascendo sul viso.

"Nulla di che, Remus."

"Dora," ribatté allora lui, poggiandole una mano sulla spalla e abbassando la testa fino ad accostare la bocca al suo orecchio "Ti conosco troppo bene per poter anche solo pensare che fosse solo un borbottio senza significato. Andiamo, dimmi che intendevi."

Le accarezzò di nuovo il pancione, e lei dovette soffocare una risata.

"Non intendevo nulla, Remus. Non mi credi?"

"Nemmeno un po'." rispose lui sollevandosi appena da lei; Dora si voltò per guardarlo in faccia, rivelando l'espressione scanzonata che, ogni volta, lo portava a pensare che sarebbe stata un'ottima malandrina, se solo fosse nata qualche anno prima.

"Eppure è così, professore: non c'era alcun intento ironico o anche solo vagamente sarcastico nel mio borbottio. Si è trattato solo della naturale reazione all'ennesima constatazione che, in fondo, gli uomini sono veramente creature ottuse."

"Ottuse... ?"

"Certo che sì" ribatté lei, mettendosi supina e allungando per bene le gambe sul letto.

"E cosa ti ha portato a questa... constatazione?"

"Il fatto che, nonostante non possano rimanere incinti, continuino a pretendere di sapere sempre più delle madri dei futuri pargoli." Remus la guardò interrogativo, e il suo sorriso si allargò mentre riprendeva la spiegazione.

"Una donna certe cose le sente, Remus. Non con la magia, non con chissà che marchingegno; semplicemente, è una cosa che una madre sa, più o meno precisamente. Io so che nostro figlio sarà maschio, ed è inutile che tu sostenga il contrario."

Conclusa la sua spiegazione, Dora chiuse gli occhi e assunse un'espressione saputa. Da canto suo, Remus storse il naso: quello che Dora diceva non aveva basi razionali né magiche; seriamente, credeva davvero di poterlo zittire a quel modo?

Con un lampo della vecchia malandrinità negli occhi, Remus le accarezzò la guancia per richiamare la sua attenzione.

"Dici davvero, Dora?"

"Certo che sì," ripose lei serafica.

"Quindi, una madre può sentire questo tipo di cose?"

"Esattamente, professore. Vedo che ha ascoltato attentamente la spiegazione."

"Certo che sì, Dora cara; ma permettimi di dissentire su un punto."

"Ovvero?"

"Solo il piccolo discorso della esclusività materna; anche i padri possono sentire determinate cose, sai?"

"In che senso?"

Remus esultò interiormente nel sentire la curiosità insita nelle parole della moglie: la stava portando esattamente dove voleva.

"Semplice: noi sentiamo il bambino."

"Lo sentite?"

Ora pareva confusa, rifletté lui; meglio ancora. Lentamente, si alzò sulle braccia e portò l'orecchio al centro del pancione in cui, da qualche mese a quella parte, stava suo figlio o sua figlia.

"Remus? Che stai facendo, di grazia?"

Remus alzò un dito, chiedendo silenzio, poi sorrise.

"Ecco, sto sentendo." annunciò; Dora si sporse leggermente in avanti, puntellandosi con le braccia, in modo da poter vedere meglio.

"Senti cosa?"

"Quello che sta dicendo."

"Sta parlando?" sembra incredula; Remus decise di sbrigarsi a completare l'opera prima che il sospetto divenisse certezza.

"Certo che sì, Dora; debolmente e un po' confusamente, ma sono vere parole."

"Che ti sta dicendo?" sembrava cauta, ma la curiosità era palese.

"Ah ah," esultò "Avevo ragione, Dora cara: sarà femmina!" uno sbuffo venne dalla direzione della moglie; ignorandolo, Remus alzò il viso, sorridendo radioso, attirando in questo modo l'attenzione della moglie "E, Merlino Santissimo, mi ha anche detto come vuole essere chiamata!"

Ora negli occhi di Tonks non c'era più traccia di incredulità. Si sporse ancora di più, fino al punto in cui glielo permetteva la gravidanza avanzata.

"Come?"

"Oh, con un nome che ha sentito spesso da me e dai tuoi genitori. Molto bello e... particolare." Remus sorrise, ed era il sorriso dei Malandrini; Dora iniziò ad intuire e spalancò gli occhi mentre lui diceva, angelico "Ninfadora."

Remus scoppiò a ridere di fronte all'espressione furiosa di Dora, e scattò all'indietro, giusto in tempo per evitare il cuscino che la sua dolce e gentile consorte gli aveva scagliato addosso.

"Stupido lupastro mal riuscito," gli stava intanto urlando lei "E io che stavo anche iniziando a crederti veramente!"

Remus si lasciò nuovamente cadere in avanti, accanto alla moglie ancora imbronciata, cercando inutilmente di frenare le risatine.

"Andiamo Dora, dopo il tuo discorso sul ‘sentire il bambino' che potevi aspettarti?"

"Un po' di serietà da parte tua?"

"Forse." concesse "Ma sarebbe stato noioso, non trovi?"

Tonks mugugnò qualcosa di incomprensibile, e Remus approfittò dell'attimo di distrazione per schioccarle un rapido bacio sulle labbra. Quindi, le sorrise.

"Mi terrai il broncio ancora a lungo, Dora cara?"

"Sì." rispose lei ostinata "E non ti basterà certo un bacetto per farmi cambiare idea, professore dei miei stivali" ma sorrideva mentre lo diceva.

Remus sorrise a sua volta, avvicinandosi nuovamente, ma Dora lo bloccò, spingendolo leggermente con la mano.

"Più importante, oh mio gran simpaticone, mi pare ti stia dimenticando una cosa." Remus la guardò negli occhi, confuso; il sorriso di Dora si allargò e posò la mano sul ventre "Come lo chiamiamo?"

 

 

 

Remus si fermò davanti alla porta della loro stanza con la mano tesa verso il pomello: non era esattamente sicuro di potercela fare. D'altronde, quella che portava non era decisamente una buona nuova; anzi, aveva sperato di non doverne mai riportare del genere.

Insomma, come poteva dire a sua moglie, peraltro in stato di attesa avanzata, che suo padre era morto?

Ripensò per un momento a poco prima, quando aveva informato Andromeda. Doveva ammettere che sua suocera aveva reagito molto meglio di come si aspettasse: non aveva pianto, non aveva urlato, non si era disperata. Aveva incassato il colpo con contegno, calmando lo shock con dei respiri profondi. Remus ne era rimasto ammirato: crescere tra i Black non doveva essere semplice, ma sicuramente temprava il carattere. Nonostante il momento, o forse proprio per quello, gli era sfuggito un sorriso nostalgico ripensando istintivamente a Sirius, che mai aveva trovato così simile alla cugina come in quel preciso istante. Per qualche secondo, si era concesso un breve tuffo nei ricordi, quando ancora era ad Hogwarts e la guerra, che imperversava allora come oggi, sembrava incredibilmente lontana da dentro quelle mura.

Fu Andromeda a riportarlo alla realtà.

"Sei stato gentile a dirmelo di persona; sei davvero un brav'uomo, Remus." lo aveva detto con la voce dolce che di solito riservava solo a sua figlia, e lui era rimasto interdetto per qualche secondo: Andromeda non aveva mai nascosto la sua disapprovazione verso il suo matrimonio; non con lui, almeno.

La donna gli si era avvicinata, sorridendo appena, e lui aveva chinato appena la testa in segno di assenso.

"Vuoi che parli io a Dora?"

Remus aveva scosso deciso la testa.

"Grazie per l'offerta, Andromeda, ma credo tocchi a me."

Lei aveva semplicemente annuito.

"Sì, forse è meglio così. Passerò a trovarla più tardi, se sei d'accordo."

"Sì, le farà bene parlarne con te."

La donna aveva annuito di nuovo, poi gli aveva appoggiato dolcemente una mano sulla spalla. Il tocco era durato pochi secondi appena, ma per entrambi furono sufficienti a dire un sacco di cose senza che ci fosse bisogno di parole inutili: grazie, ti avevo giudicato male, scusa per il mio comportamento con te finora. Per la seconda volta da quando Sirius era morto e lo aveva sperimentato di persona, Remus si era ritrovato a considerare come, partendo da un singolo fatto, in un minuto potessero cambiare tante cose.

Andromeda era quindi uscita, e lui aveva rispettato il suo desiderio di restare sola: essere una Black temprava, era vero, ma anche questo aveva i suoi limiti, purtroppo. Poi, lentamente, si era diretto a casa sua, dove lo aspettava un compito ben più difficile da portare a termine.

Aveva pregato Merlino di poterci riuscire.

 

 

 

E ora eccolo lì, davanti a quella dannata tavola di legno scuro con la mano tesa verso il pomello d'ottone.

Una parte di lui, quella vigliacca, gli stava urlando di girare i tacchi ed andarsene, chiamare Andromeda e lasciare a lei l'infausto incarico. La sentiva chiara e forte, e la tentazione era grande. Dannatamente, schifosamente grande.

Dovette trattenersi per non assecondarla. Divenne più semplice quando un riflesso proveniente dal suo anulare sinistro lo fece sorridere. Si rigirò istintivamente la fede dorata e sorrise: aveva già ascoltato quella vocina insistente una volta, mesi prima; era scappato e poi tornato, e aveva promesso a se stesso di non rifarlo mai più, costasse quel che costasse.

Respirando profondamente per farsi coraggio, Remus aprì la porta ed entrò nella stanza. Subito lo raggiunse la voce della moglie.

"Remus, stavo per venirti a chiamare! Ho trovato un nome: Matias. Matias Remus Lupin. Non trovi sia semplicemente magnifico?" era a dir poco entusiasta, e Remus si sentì morire; come diamine poteva demolire quella felicità?

"Non ti piace?" chiese lei, improvvisamente demoralizzata "Eppure ero sicura che ti sarebbe piaciuto..."

Remus sospirò, sedendosi sul letto accanto a lei. La guardò negli occhi.

"È molto bello, Dora, ma credo di averne trovato uno migliore, se sarai d'accordo anche tu."

 

 

 

Remus sedeva sul bordo del letto su cui Ninfadora riposava, sfinita: un parto non era mai una cosa semplice, soprattutto quando avveniva in casa, ma lei se l'era cavata benissimo. Gli pareva quasi irreale, ora, tenere tra le braccia quel frugoletto dai capelli azzurrini profondamente addormentato; se pensava che aveva rischiato di perdersi quel momento, qualche mese prima, si sentiva un tremendo idiota. Si ripromise di ringraziare Harry alla prima occasione propizia, e di chiedergli di essere il padrino: il figlio di un Malandrino per il figlio di un Malandrino; Remus sentiva che era giusto così.

Delicatamente, quasi come se avesse paura di romperlo in mille pezzi, gli accarezzò una guancia; il suo cuore fece un balzo quando il piccolo, nel sonno, alzò una manina e gli strinse piano il dito: con quel piccolino tra le braccia credere che per il Mondo Magico ci fosse ancora un futuro non sembrava poi così difficile.

Una piccola parte del suo cervello registrò che, alla fine, era Dora quella che aveva indovinato il sesso del nascituro; ugualmente, Remus ne fu felice, perché ora era sicuro che il nome che avevano scelto sarebbe stato adatto. Avvicinò appena le labbra alla testa del piccolo, posandovi un bacio leggero, poi sussurrò:

"Benvenuto tra noi, Ted."

Note di fine capitolo

Grazie mille per essere giunti fino in fondo, spero che la storia vi sia piaciuta almeno un po'.


Besos^^

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