Note al capitolo

Forse per ora non può sembrare ma è una Scorpius/Rose

1° Capitolo

Prologue

 Let me go

Il sole era alto nel cielo azzurro ghiaccio come gli occhi del ragazzo che disteso sull’erba smeraldina, fissava le candide nuvole che di tanto in tanto facevano capolino in quell’azzurro intenso che lui tanto amava. Era sulla riva del Lago Nero, gli esami erano finiti e lui si stava rilassando prima di andare a preparare le valige per tornare a casa dalla sua famiglia.

Il ragazzo chiuse gli occhi: era felice come non mai, gli esami sapeva che erano andati bene, a casa i suoi genitori erano fieri di lui e il suo migliore amico, Albus Severus avrebbe passato l’estate a casa sua insieme alla cugina, Rose, la sua fidanzata. Stavano insieme da anni, ormai: all’inizio le loro famiglie erano contrarie ma poi li avevano lasciati decidere; cioè le loro madri avevano minacciato i loro padri.

Scorpius ghignò al ricordo di quel giorno di quasi tre anni prima, riaprì gli occhi stiracchiandosi svogliatamente quando una voce dolce e delicata iniziò a chiamarlo da lontano, il ragazzo si voltò e vide la sua ragazza che gli correva incontro, i lunghi boccoli cremisi che  ondeggiavano ritmicamente a ogni suo passo, sorrise era bella ed era sua.

“Scorpius! Miseriaccia, ma dove diavolo sei sparito, ti ho cercato tutta la mattina!” disse lei, immergendo i suoi occhi cobalto in quelli del ragazzo.

“Qua, a rilassarmi un po’…” rispose lui dandole un casto bacio sulla guancia.

“Non ti ho dato il permesso!” replicò lei facendo ridere il fidanzato;

La ragazza fece passare delicatamente la sua piccola mano sul volto dai tratti regali del giovane, facendolo sorridere amabilmente: poche volte l’aveva visto sorridere a quel modo e solo quando erano insieme, era il loro, il suo sorriso…

Rose appoggiò la testa sulla spalla del biondo sospirando mestamente.

“Che succede? Non sembri felice, eppure fino a ieri non stavi nella pelle al pensiero di venire a casa mia per tutta l’estate…” disse lui stringendola a sé baciandole la fronte con tenerezza.

La ragazza sospirò allontanandosi un po’ dal ragazzo, tormentandosi le mani, prese un bel respiro.

“Non posso venire da te quest’estate, i miei vogliono andare a fare un viaggio per l’Europa e sai quanto amo viaggiare! Non posso perdermelo!” disse la ragazza tutto d’un fiato mentre lui la fissava tra lo stupito e l’arrabbiato.

“Rose, ti ci porto io in Europa! E dai!” replicò lui cercando di convincerla.

La ragazza scosse la testa talmente veloce che i suoi capelli sembravano tante lingue di fuoco impazzito.

Il giovane la guardò con sguardo freddo e distante, in quel momento la somiglianza con suo padre era ancora più evidente, lo stesso sguardo e lo stesso sorriso cattivo, gelido e malevolo.

“Non dire cazzate, Rose, cosa c’è? Non sapevi come lasciarmi e adesso ti accampi con queste stronzate? Ti stai arrampicando sugli specchi!” disse gelido come mai era stato, la voce pungente da bambino viziato che aveva sempre caratterizzato il padre e che Scorpius tanto odiava, adesso si stava riflettendo su di lui come un ombra.

La strega si allontanò ancora di più come scottata e lo fulminò con lo sguardo.

“Smettila di fare il bambino viziato!” urlò lei trattenendo le lacrime, cosa che per fortuna aveva preso da sua madre.

“Non faccio il bambino viziato, sono solo un fottuto realista, Weasley!” sibilò lui sempre più gelido e scostante.

“Da quando in qua mi chiami per cognome?” disse lei a denti stretti, serrando i pugni, ferita nell’orgoglio.

“Da quando tu mi molli per l’estate per andare in Europa?” replicò lui strafottente.

“Sai quanto ci tengo!”

“E tu sai quanto ci tengo io a averti a casa mia per l’estate! Ma se preferisci la compagnia di qualche italiano o francese fai pure!” disse lui con cattiveria.

“Ma cosa dici?! Scorpius Hyperion Malfoy, sei proprio un bambino!” urlò Rose ormai incapace di trattenere le calde lacrime che avevano iniziato a scenderle dagli occhi.

Lui si voltò dall’altra parte, offeso. Lo sapeva: adesso lei gli avrebbe chiesto scusa e sarebbe passato tutto, ma due parole fredde e pungenti lo trafissero come delle lame incandescenti facendolo quasi crollare.

“E’ Finita… Scorpius non ce la faccio più, tu non ti fidi di me… Forse siamo andati troppo avanti, forse avevano ragione… Basta! Addio.” urlò lei girandosi di scatto e iniziando a correre verso il castello senza voltarsi.

Scorpius fissò per qualche istante il punto dove c’era stata Rose fino a pochi attimi prima, sentì qualcosa nel petto frantumarsi, sentì l’aria mancargli ma non fece niente per sentirsi meglio se non ghignare; con passo composto e regale si incamminò verso i dormitori di Serpeverde dove avrebbe preso le sue cose per tornare a casa.

*****

Erano passati circa due mesi da quando lui e Rose si erano lasciati, la prima settimana non aveva neanche rivolto parola al povero Albus che passava le giornate a parlare con i suoi genitori i quali non erano sempre troppo disponibili con lui.

All’inizio della seconda settimana, però, Albus convinse il biondo a alzarsi dal letto e riprendere la sua vita, in fondo di ragazze c’e ne erano tante disse il moro trascinando il giovane Malfoy in giro per Diagon Alley, Londra Babbana e tanti altri posti: non avrebbero avuto molto tempo per divertirsi una volta iniziati i loro corsi.

Di malavoglia Scorpius dovette ammettere che si stava divertendo e ormai la ragazza era soltanto un ricordo della sua adolescenza.

Una mattina di inizio agosto, Albus corse come un ossesso nella camera del biondo facendo irruzione, svegliando il malcapitato, facendogli prendere un accidente.

“Malfoy, alza il culo da quel letto! Una lettera dei tuoi nonni!” urlò il moro tirando giù le coperte del ragazzo che imprecò tirando un cazzotto nello stomaco del migliore amico.

“Stupido Potter! Ma che bisogno c’era di svegliarmi a quel modo! Pazzo maniaco!” disse il ragazzo prendendo la lettera dalle mani di Albus, notando che era già aperta.

“Dimmi una cosa, caro Albus… Non è che hai già letto la lettera per caso?” sibilò scocciato il ragazzo.

“Lo sai sono curioso!” disse il moro grattandosi la testa leggermente imbarazzato.

Il biondo lo guadò di sbieco trattenendo un sorriso, iniziando a leggere la lettera.

Caro nipote.

Io e tuo nonno abbiamo pensato che sarebbe bello riunire la nostra famiglia, e ci farebbe piacere se il quindici di questo mese ti unissi ai festeggiamenti insieme ai tuoi genitori e al tuo amico, visto che ci è giunta voce che il piccolo Potter è in visita a casa vostra.

Saluti i tuoi nonni

Lucius e Narcissa Malfoy.

Il biondo sorrise scuotendo la testa.

“Ma, Principino i tuoi nonni sono sempre così affettuosi?” domandò strafottente il moro beccandosi una cuscinata in viso dal più giovane dei Malfoy.

“Ci andiamo?” chiese d’un tratto il biondo

“Certo che si! Io voglio vedere se hai qualche cugina da presentarmi!” disse il moro arrossendo leggermente, non c’era niente da fare, per quanto ci provasse Albus non era così disinvolto come suo fratello James e sua sorella Lily, lui era impacciato, dolce e timido, era strano che fosse finito a Serpeverde…

Il ragazzo si distese sul letto pensando alla festa che si sarebbe svolta dopo pochi giorni, sì, forse si sarebbe divertito; in fondo non aveva più niente da perdere, aveva già perso tutto quando Rose lo aveva lasciato…

*****

“Potter, esci da quel bagno è ora di andare! Non ho cugine! Alza il culo e vieni qua!” urlò Scorpius bussando come un ossesso alla porta del bagno dove il suo migliore amico si era sigillato.

Il moro aprì la porta imbronciato e senza una parola i due scesero in salotto dove Draco e Astoria stavano aspettando i due ragazzi.

“Beh, era l’ora!” sibilò acido Draco

“Avevamo da fare.” replicò con voce atona Scorpius entrando nel camino insieme a Albus; pochi istanti e le fiamme smeraldine li catturarono trasportandoli nel salotto della casa di Lucius e Narcissa Malfoy.

Il salotto era immenso, le pareti erano di pietra scura con attaccati molti quadri che ritraevano scene di guerra o familiari; tutto era in perfetto stile gotico, il pavimento di granito scuro era talmente pulito che i ragazzi vi ci si potevano specchiare, ai lati della stanza vi erano armature e alcuni mezzi busti di tufo; un immensa finestra si apriva sul giardino del Maniero reso ancora più suggestivo dal sole che lentamente stava tramontando lasciando spazio a una notte scura illuminata soltanto da piccole stelle e dalla luna candida e perfetta. Un gigantesco lampadario di cristallo si trovava al centro della stanza proprio sopra ai divani scuri dove erano seduti alcuni invitati.

Albus era davvero impressionato dalla maestosità di quella casa, i suoi genitori avevano sempre detto che la famiglia di Scorpius amava ostentare la sua ricchezza ma pensava che fosse solo un altro modo per screditare l’amico e ne aveva avuta conferma con la villa dove abitava l’amico con i genitori, che era si immensa, ma non era “carica” come la villa dei suoi nonni.

Una donna dai lineamenti delicati e i capelli biondo cenere era seduta sul divano dinnanzi al camino vicino a un uomo dai capelli lunghi, corvini e la pelle scura, molto in contrasto con i suoi occhi pervinca i due salutarono con un sorriso gentile Scorpius.

“Zio Blaise, Zia Daphne…” disse con voce atona il ragazzo

“Ci sono anche Nathan e Athena?” chiese il giovane ai suoi zii.

“Sì, sono in giardino, credo…” disse Daphne indicando la porta finestra.

“Ma i tuoi genitori quando arrivano?” domandò strafottente Blaise, con un ghigno malizioso sulle labbra, Albus stava per strozzarsi, nessuno in casa sua aveva mai fatto strane allusioni sui suoi genitori o su i suoi zii…

“Non lo so, ma se hanno da fare meglio non disturbarli no?” replicò altrettanto maliziosamente mentre si dirigeva verso il giardino seguito da Albus il quale cercava di non arrossire, inutilmente.

Daphne rise alla battuta del nipote e Blaise ghignò sussurrando qualcosa alla moglie la quale annuì cercando di trattenere di nuovo le risate.

“Ma i tuoi zii… Sono sempre così… Così… Insomma, così!” chiese impacciato il moro raggiungendo il biondo.

“Sì, se non peggio... Oggi si sono trattenuti…” rispose semplicemente il ragazzo alzando una mano in modo di saluto a due ragazzi seduti su una panchina a parlare con un'altra ragazza, Scorpius non la riconobbe ma non le diede molta importanza.

“Athena, Nathan!” Salutò il biondo dirigendosi verso i ragazzi.

La ragazza aveva lunghi capelli color corda, la pelle color caffè latte e gli occhi color pervinca del padre; era alta e sinuosa nei movimenti, un sorriso dolce si aprì sulle sue labbra correndo in direzione del cugino per salutarlo con un sonoro bacio sulla guancia.

“Ciao, Scorpius!” disse con voce dolce la ragazza, salutando con un sorriso Albus, il quale sentì le guance andare a fuoco.

“Hei, Moccioso!” disse il ragazzo raggiungendo la sorella per salutare Scorpius.

Il giovane aveva la pelle leggermente più scura della sorella e i suoi capelli pece erano corti e dritti sulla testa mentre i suoi occhi giada erano identici a quelli della madre.

“Ciao anche a te, Nathan” replicò Scorpius tirando un pugno sulla spalla del cugino.

I due ragazzi erano più grandi di Albus e Scorpius, Nathan aveva quasi ventuno anni e Athena ne dimostrava almeno venticinque anche se ancora ne aveva diciannove; Albus li aveva visti qualche volta nella sala comune di Serpeverde o per i corridoi ma erano sempre sfuggenti e sulle loro, non avevano molti amici stavano sempre con una ragazza e un ragazzo, se non sbagliava Nott e Goyle; studiavano sempre per quello non li aveva mai conosciuti bene.

“Ciao anche a te, sconosciuto!” disse allegra Athena porgendo la mano a Albus il quale la prese sorridendo e ringraziando il cielo che fosse ormai buio e non si notasse il suo imbarazzo.

“Io sono Al…” disse il ragazzo.

“Piacere, Al io sono Athena e lui e mio fratello Nathan: lo so può sembrare scemo, e lo è, ma è anche abbastanza sopportabile!” replicò lei facendo ridere Scorpius e la ragazza che era ancora seduta sulla panchina dove fino a prima del loro arrivo vi erano anche i due Zabini.

La risata della ragazza era delicata, non volgare ma, cristallina e allegra, colpì subito il ragazzo che smise di ridere e guardò nella direzione della ragazza la quale a sua volta smise di ridere e imbarazzata chinò la testa iniziando a tormentare il suo vestito rosa antico.

Albus e i due Zabini fissarono i due ragazzi sorridendo sotto i baffi.

“Scorpius lei è Lyra è la nipote di Rabastan, il fratello di Rodolphus Lestrange.” Disse Athena indicando la ragazza che in quel momento alzò lo sguardo verso il biondo con aria titubante e sorrise leggermente.

“Lyra lui è Scorpius, mio cugino; cioè l’idiota di mio cugino, il figlio del furetto di cui ti stavamo raccontando prima…” disse la giovane facendo quasi scoppiare a ridere di nuovo la ragazza che, nervosa alzò una mano e si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“Ciao” disse semplicemente la ragazza senza alzare lo sguardo; la sua voce era delicata come la sua risata, leggera e soave; Scorpius sorrise senza un vero motivo, si sentiva stranamente felice, veramente felice, cosa che non accadeva ormai da mesi…

“Ciao, Lyra”

“Ragazzi, venite dentro, prima che Lucius e Narcissa si arrabbino…” disse Astoria avvicinandosi al gruppetto.

Anche se ormai aveva quarantadue anni, la madre di Scorpius aveva ancora il carattere ribelle della sedicenne che aveva fatto innamorare suo padre così follemente da volerla sposare subito dopo la fine della scuola.

“Arriviamo” disse Athena prendendo per un braccio Albus e trascinandolo dietro a sua zia, seguita da suo fratello che guardava il piccolo Potter con aria comprensiva; chi cadeva nelle grinfie della sorella era raro che ne uscisse intero

Scorpius e Lyra rimasero, così, soli.

“Ehm, vuoi andare dentro?” domando il giovane indicando il salotto dove si erano riuniti tutti.

La strega annuì e si alzò con eleganza dalla panchina precedendo Scorpius verso il salotto; il biondo la guardò stranito appena la luce della stanza illuminò il suo volto, già al buio aveva notato che era bella ma alla luce forse lo era ancora di più; i suoi capelli castano ramato le scendevano delicati in morbidi boccoli lungo le spalle diafane lasciate scoperte dal suo vestito rosa antico che le fasciava dolcemente il ventre piatto mettendo in risalto la sua figura delicata e sinuosa; il giovane scosse la testa e seguì la ragazza verso l’interno del Maniero.

La cena passò senza che Scorpius e Albus se ne accorgessero; il primo intento a studiare i delicati movimenti della piccola Lestrange e il secondo troppo preso dai discorsi con Athena;

Il biondo non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, qualcosa in lei lo attirava come una calamita, la prima cosa era la voce: bassa e delicata, poi la timidezza che la faceva sembrare ancora una bambina nonostante avesse quasi diciotto anni; i movimenti delicati e mai superflui e soprattutto gli occhi, l’avevano colpito, erano di un viola intenso con delle striature cobalto, ingenui e affettuosi, caldi nonostante fossero di colore freddo.

Finita la cena Albus e Athena andarono in biblioteca con la scusa di cercare un vecchio album fotografico mentre Nathan conversava con gli adulti.

Scorpius si appoggiò allo stipite della porta incrociando le braccia al petto continuando a studiare la ragazzina che era seduta fra il nonno e il padre con aria infelice, non sembrava gradire stare in compagnia dei suoi parenti, la vide sussurrare qualcosa al orecchio del padre e alzarsi e andare di nuovo verso il giardino con passo sicuro e troppo veloce rispetto alla sua solita camminata.

Il giovane la seguì cercando di non farsi notare da nessuno, la trovò seduta di nuovo sulla panchina con le braccia incrociate sotto il petto e un piede che batteva nervoso sulla ghiaia del sentiero, la testa chinata lasciando che i capelli ramati le scendessero sul volto.

“Lyra…” disse il ragazzo sedendosi vicino a lei e appoggiandole una mano sul braccio.

La giovane alzò di scatto il viso come riscossa da un brutto sogno e incontrò gli occhi color tempesta del ragazzo, arrossì leggermente era troppo vicino, non era abituata a stare con le persone; sua madre non l’aveva mai mandata a scuola, la istruiva lei a casa.

“Che succede?” chiese con gentilezza allontanandosi un po’, notando l’imbarazzo della ragazza.

“Niente.” sussurrò lei mandandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio come faceva quando era nervosa.

“Non è vero se no non saresti scappata a quel modo.”

“Io non sono scappata… Cioè non sopporto che parlino male di mia madre e me ne sono andata.” disse con semplicità e innocenza disarmante la giovane.

“Parlano male di tua madre? E perché?” chiese ingenuamente il biondo.

“Beh mamma ha lasciato mio padre e è tornata in Irlanda portandomi con sé quando ero ancora piccola, da allora passo qualche estate qua e loro parlano male di mamma come a chiedere conferma a me…”

“Abiti in Irlanda?” domandò il ragazzo stralunato

“Sì.”

“Ti manca l’Irlanda?”

“Perché dovrebbe mancarmi? E’ un posto come un altro, non c’è niente e nessuno che mi può fare dire che quella è casa mia o che mi manca…” disse con semplicità la strega.

“Beh perché è sempre casa tua…”

“E’ irrilevante, casa può essere ovunque è un posto dove si abita, non dove ci piace stare, come il mio nome è un nome non è speciale, ti risponderei anche se mi chiamassi Geltrude no?” affermò lei alzando il viso per ammirare il cielo stellato.

La luce della luna accarezzava dolcemente i suoi lineamenti mettendo in risalto la sua pelle diafana, il ragazzo la osservò silenziosamente per quasi tutta la sera e lei fece lo stesso, impararono a conoscersi senza parlarsi, solo osservandosi.

Quando fu il momento di andare si svegliarono come da un sogno, si sorrisero e rientrarono nel salotto, senza neanche sfiorarsi, vicini anche se distanti.

“Saluta, Lyra…” disse Rabastan rivolto alla nipote.

“Arrivederci a tutti.” disse lei sorridendo a Scorpius in particolare.

“Ciao, Lyra…” replicò il ragazzo sorridendole per poi abbassare la voce di modo che solo lei potesse sentirlo.

“Ci rivedremo vero?” chiese con dolcezza

Lyra sorrise, cercando di nascondere il pudico rossore che le era affiorato sulle guance  e annuì impercettibilmente seguendo il padre e il nonno fuori dal Maniero.

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