Le maschere di Severus Piton di Ida59

Un lungo confronto finale tra Harry e Severus Piton, nel corso del quale l’odiato mago toglierà una a una tutte le sue maschere mostrandosi al ragazzo per l’uomo che realmente è.


Categoria: Post-DH Personaggi: Harry Potter, Minerva McGranitt, Severus Piton, Tom Riddle/Voldemort
Era: Harry Post-Hogwarts (1998-)
Generi: Drammatico, Introspettivo
Lunghezza: A Capitoli
Pairing: Lily/Piton
Avvertimenti: AU (Alternate Universe), Momento Mancante
Sfide: Nessuno
Series: Nessuno
Capitoli: 7 Completa:Parole: 14407 Read: 70327 Pubblicata: 02/04/18 Aggiornata: 13/05/18
Note alla storia:

Autore/data: Ida59 – 1/30 ottobre 2014
Beta-reader: nessuno
Tipologia: long-fic
Rating: per tutti
Genere:introspettivo, drammatico
Personaggi: Severus e Harry (Minerva e Voldemort marginali)
Pairing: Severus/Lily
Epoca: fine 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Un lungo confronto finale tra Harry e Severus Piton, nel corso del quale l’odiato mago toglierà una a una tutte le sue maschere mostrandosi al ragazzo per l’uomo che realmente è.
Parole/pagine: 15.255/ 37
Nota 1: storia scritta per la sfida “Il confronto” nell’ambito della Severus House Cup del Forum “Il Calderone di Severus”.


Indice

1.      La maschera del Mangiamorte.
2.      La maschera si incrina.
3.      Il peso delle maschere.
4.      Oltre la maschera.
5.      Via la maschera.
6.      L’ultima maschera.
7.      Senza maschera.

1. 1. La maschera del Mangiamorte di Ida59

2. 2. La maschera si incrina di Ida59

3. 3. Il peso delle maschere di Ida59

4. 4. Oltre la maschera di Ida59

5. 5. Via la maschera di Ida59

6. 6. L’ultima maschera di Ida59

7. 7. Senza maschera di Ida59

1. La maschera del Mangiamorte di Ida59

 

1.   La maschera del Mangiamorte

 
Il duello tra la professoressa McGranitt e l’odiato Piton era serrato e Harry lo stava seguendo col cuore che batteva forte, nascosto con Luna sotto il Mantello dell’invisibilità a difenderla dagli incantesimi che dardeggiavano tutto intorno a loro.
Come altre volte gli era già parso, il ragazzo aveva l’impressione che Piton sapesse che erano sotto il mantello, quasi potesse vederli o, comunque, percepire la loro presenza. Proprio in quell’istante, Piton si liberò dalla stretta dell’armatura cui l’incanto del professor Vitious aveva dato vita e la spedì in volo contro i suoi quattro avversari; per evitarla Harry dovette tuffarsi di lato con Luna perdendo però la copertura del Mantello.
Con mossa fulminea, Piton si slanciò in avanti ed agguantò per un braccio Luna, quindi arretrò veloce facendosene scudo.
- Vigliacco, VIGLIACCO![1] – urlò la professoressa McGranitt puntando la bacchetta. - Combatti, invece di nasconderti dietro ad una ragazzina!
Un'ombra cupa passò per un attimo nello sguardo del mago che strinse le labbra sottili e rimase muto, il volto pallido che sembrava scolpito nel marmo. Con la bacchetta puntata sugli avversari in una mano e l'altro braccio che immobilizzava Luna, continuò ad arretrare finché raggiunse la porta di un'aula che spalancò con un calcio; entrò veloce trascinandosi dietro la studentessa che scalciava cercando, senza alcun successo, di intralciargli i movimenti e si richiuse la porta alle spalle sigillandola con la magia.
Pochi istanti dopo, Minerva irruppe nell'aula seguita da Potter e dagli altri professori:
- Mi aspettavo un Colloportusmolto più potente, da parte tua, Severus. – inveì con scherno l’anziana insegnante. – E’ stato fin troppo facile infrangerlo, anche per una vecchia strega come me!
Piton era con Luna dall’altro lato dell’aula, vicino alla finestra aperta; Harry ebbe la strana impressione che i suoi occhi neri scintillassero, come se tutto si stesse svolgendo seguendo il preciso schema preordinato dal mago che, con tutta tranquillità, sollevò Luna, stranamente acquiescente, e la mise a sedere sul davanzale, i piedi penzoloni nel vuoto:
- Bene, Minerva, visto che vieni a disturbare i miei piani, - disse Piton con voce fredda, il volto pallido impassibile salvo lo strano scintillio degli occhi neri, - mi obblighi ad alzare la posta. – concluse, puntando la bacchetta su Luna, incosciente, e facendola levitare appena fuori dal davanzale della finestra, sospesa nel vuoto.
Alle spalle di Harry la professoressa Sprite diede un urlo, mentre la McGranitt si coprì la bocca con la mano soffocando il proprio.
- La Lovegood non mi interessa. - sibilò il mago, gli occhi neri penetranti fissi su Harry. - Voglio Potter!
Il ragazzo non fece in tempo a parlare che la McGranitt si era già parata davanti a lui a sua difesa:
- Prendi me come ostaggio, bastardo assassino, – esclamò la strega con odio, - e avrai la tua fuga assicurata.
- Non è la fuga il mio scopo, Minerva. – rispose lentamente Piton, quasi le parole gli uscissero a fatica dalle labbra sottili, gli occhi neri di nuovo cupi e privi di ogni luce. – Voglio Potter. Ho bisogno di parlargli.
- Parlargli? – esclamò sbalordita la McGranitt spalancando gli occhi.
- Sì, ho informazioni essenziali per il ragazzo. – ribadì Piton, sempre più pallido.
Per un lungo istante rimasero tutti in silenzio, poi Harry fece un passo avanti e superò la professoressa avvicinandosi al mago.
- No, Harry, non puoi farlo: Piton ti consegnerà a Voldemort! – esclamò la strega cercando di fermarlo.
- Se non lo faccio, Piton ucciderà Luna. – rispose il ragazzo guardando il volto pallido e imperscrutabile del mago che si apriva appena in un vittorioso sorriso obliquo, come se avesse previsto tutto fin dall’inizio.
- Expelliarmus!
La bacchetta di Harry volò rapida nelle mani di Piton che la ripose nel mantello e tornò a puntare la propria sulla McGranitt, mentre il corpo di Luna continuava ad ondeggiare nel nulla fuori dalla finestra:
- Minerva, sono costretto a chiederti di allontanarti. – ordinò il mago.
La strega rimase immobile, la bocca ridotta ad una sottile fessura e gli occhi verdi che stillavano odio misto a delusione.
Piton afferrò Harry con un braccio e, indicando il corpo di Luna, ordinò secco:
- Sali sul davanzale!
La professoressa Sprite urlò di nuovo, mentre Lumacorno gemette ancora ansante per la corsa.
- Lurido assassino e traditore! – lo insultò il piccolo Vitious, impotente davanti al ricatto dell’altro.
Mentre Harry saliva sul davanzale senza mai togliere gli occhi dal volto di Piton, pallido e indecifrabile, Minerva diede in un piccolo gemito:
– Come puoi fare una cosa del genere? - mormorò con voce tremante. - Proprio tu, Severus…
- Ha ucciso anche Albus… - piagnucolò la professoressa Sprite scrollando la testa senza più alcuna speranza.
In piedi sul davanzale, Harry vide Piton esitare per un fugace istante: i suoi occhi si fecero più neri e un’ombra come di dolore dilagò sul suo volto incupendone il pallore. Al successivo battito di ciglia il viso del mago era di nuovo imperscrutabile, gli occhi neri spenti e vuoti:
- Non posso fare altro, Minerva. - rispose in un sussurro strozzato che gli graffiò la gola.
Con un balzo il mago salì sul davanzale e afferrò Harry per un braccio, quindi diresse la punta della bacchetta su Luna e guidò dolcemente il suo corpo fino ad adagiarlo davanti alla McGranitt.
- La Lovegood sta bene e non si è accorta di nulla, Minerva, - spiegò Piton fissando l’anziana insegnante, - devi solo risvegliarla dal torpore magico che le ho indotto.
La strega ricambiò il penetrante sguardo e per un lungo istante vi furono solo immobilità e silenzio, mentre a Harry sembrò di scorgere ancora l’ombra del dolore percorrere greve il volto pallido del mago che, alla fine, scrollò il capo sospirando:
- Devo solo parlargli… – furono le ultime, intense parole del mago mentre, stringendo Potter tra le braccia, si slanciava con impeto fuori dalla finestra.
 
Passato il primo istante di panico, in cui Harry aveva creduto che Piton avesse deciso di ucciderlo scaraventandolo giù dalla finestra, il ragazzo si trovò strettamente bloccato tra le braccia ossute, ma non per questo prive di forza, del suo professore che, a quanto pareva, non aveva alcun bisogno di una scopa per volare: si trattava senz’altro dello stesso incanto di volo padroneggiato da Voldemort la notte in cui i Sette Potter erano usciti in volo dal numero quattro di Privet Drive.
Harry cercò allora di divincolarsi, ma la stretta del professore era ferrea, rafforzata probabilmente anche da un incantesimo di blocco. Il ragazzo continuò così a scalciare e a battere bugni sul petto del mago, ma senza alcun successo.
- Stai fermo, Potter. – sbuffò infine Piton stizzito, - cadere da questa altezza non è una soluzione di fuga percorribile.
Harry guardò di sotto e vide i tetti del castello allontanarsi veloci mentre le punte dei primi alberi della Foresta Proibita si avvicinavano nella notte. In effetti, quel bastardo di Piton non aveva torto: ma sfuggire alla sua presa e sfracellarsi a terra gli avrebbe però impedito di consegnarlo a Voldemort prendendosi tutto l’onore della  sua cattura. E sicuramente non sarebbe stata una morte peggiore di quella che Voldemort aveva in serbo per lui.
Con rinnovata energia il ragazzo cercò ancora di liberarsi causando un brusco sbandamento nel volo del mago:
- Non costringermi a schiantarti, Potter! – sibilò spazientito stringendolo ancor più in una ferrea morsa, fin quasi a soffocarlo. – Come ho già detto, ho essenziali informazioni da rivelarti, e nessuna intenzione di consegnarti all’Oscuro, come ti ostini invece a credere.
Possibile che Piton riuscisse a leggergli nella mente anche in quel frangente?
Con un ultimo sforzo disperato, Harry richiamò a sé tutte le proprie energie: raccolse di scatto le gambe e puntò entrambe i piedi sulle cosce del mago, spingendo quanto più forte possibile, quasi volesse spiccare un salto nel vuoto. Allo stesso tempo, spinse con forza con le braccia contro il torace magro del professore che, colto di sorpresa dal nuovo, subitaneo attacco, per un brevissimo istante perse la concentrazione: il suo volo subì un improvviso intoppo e il ragazzo con un’ultima contorsione sgusciò via dalla presa delle sue braccia precipitando nel buio della notte con un lungo urlo di terrore.
Severus scosse la testa con forza, irritato; ripreso il controllo del volo, si lanciò a capofitto verso il terreno, l’incanto di localizzazione già sulle labbra: una debole luce azzurrina tremolò molto più sotto di lui e il mago vi si diresse alla massima velocità, mentre l’incanto di levitazione, scaturito dalla punta della sua bacchetta come un argenteo filo di ragnatela, raggiungeva il puntino luminoso rallentando progressivamente la caduta e spegnendo anche l’urlo di Harry.
Solo a pochi metri da terra il mago riuscì ad agguantare il ragazzo, sbiancato e tremante, e lo depose rudemente sul terreno, sano e salvo, tenendolo sotto la mira della propria bacchetta:
- Evidentemente sei più stupido di quanto io pensassi, Potter! – sibilò, il fiato corto per la tensione del salvataggio. – Ci tieni proprio così tanto a morire?
- Deve portarmi vivo da Voldemort? Sono questi gli ordini del suo padrone? – chiese con forzata impudenza. – E’ per questo che si dà tanto da fare per salvarmi la vita?
Per un lungo momento Piton lo fissò in silenzio con uno sguardo nero e penetrante. Non sembrava neppure irritato, ma c’era una strana luce nei suoi occhi che Harry non seppe interpretare:
- No, Potter, non è questo il motivo. – rispose infine, secco.
Incredulo, il ragazzo lo sfidò con sguardo bellicoso, avanzando con il petto fino ad incontrare la punta della bacchetta.
- Ho una promessa da mantenere… - sussurrò cupo Piton, quasi parlasse solo con se stesso.
Quindi il mago mosse rapido il polso facendo flettere la bacchetta e Harry si ritrovò spinto con violenza all’indietro: barcollò, cercando di non perdere l’equilibrio finché i suoi piedi non inciamparono nelle radici esposte di un grande albero e rovinò con il sedere per terra.
- Certo che se queste sono tutte le capacità magiche di cui dispone il Prescelto, - sussurrò Piton con suadente ironia, - temo che non abbiamo molte possibilità di vittoria, questa notte. – concluse, sollevando un sopracciglio ed avvicinandosi al ragazzo, la bacchetta sempre puntata sul suo petto.
- Abbiamo? – rimarcò Harry con rabbia. – Da quando stiamo dalla stessa parte?
- Da sempre, Potter. – affermò serio il mago. – Da sempre.
- E’ difficile credere alle parole di un bastardo traditore! – gridò Harry cercando senza successo di rialzarsi. – Di un assassino.
Una vena pulsò vistosamente alla tempia di Piton mentre il professore stringeva le mascelle e si avvicinava di più al ragazzo incombendo minacciosamente sopra di lui:
- Come ho già avuto più volte modo di dirti, - scandì lentamente, - ho essenziali informazioni da comunicarti.
Si squadrarono in silenzio per un lungo istante, poi Piton aggiunse secco:
- Informazioni da parte di Silente.
Il ragazzo scattò in avanti finché, di nuovo, il suo petto si scontrò contro la punta della bacchetta del mago che si divertiva a prenderlo in giro:
- Lei lo ha ucciso! – gridò Harry fuori di sé. - Silente si fidava e lei ha tradito la fiducia di un povero vecchio! – concluse con voce strozzata.
Le labbra sottili del professore si stirarono in un sorriso obliquo:
- Ci sono tanti modi per definire Silente, questo è indubbio, - sussurrò mellifluo, - ma povero vecchio mi sembra del tutto inadatto…
All’improvviso, uno strano ed incomprensibile sorriso apparve sulle labbra del mago ed i suoi occhi neri scintillarono:
- E ad Albus non sarebbe per nulla piaciuto!
Harry fissò stralunato il suo professore e quel sorriso mai visto prima d’allora sul suo volto pallido. Un sorriso che, incredibilmente, gli ricordava il calore dell’affetto e che appariva invece orribile sulle labbra di un assassino.

Note finali:

[1] Già, è proprio così che urla Minerva nel libro, addirittura con tutte le maiuscole!

2. La maschera si incrina di Ida59

- Albus non era per niente un povero vecchio! – esclamò Piton all’improvviso, l’ira che vibrava forte nella voce. – Non permetterti mai più di ripetere una tale idiozia.
Harry spalancò gli occhi senza riuscire a capire. Piton aveva ucciso Silente… e ora lo difendeva? No, c’era qualcosa di importante che gli sfuggiva.
- Albus Silente era un grandissimo mago, uno dei maggiori di tutti i tempi. – statuì Piton con grande rispetto. – Perfino Il Signore Oscuro lo temeva, ed io non ti permetto di offenderlo!
A Harry veniva quasi da ridere; quel bastardo di Piton aveva ucciso Silente e ora veniva a fargli quella ridicola predica sul suo valore: ma a chi voleva darla a bere?
- Nessuno avrebbe mai potuto ingannare Silente, ed io meno di tutti! – aggiunse rabbioso. – Dire che ho tradito la fiducia di un povero vecchio significa insultare la memoria di Albus!
- Ma lei è un abile Occlumante! – obiettò Harry. – È così che l’ha ingannato…
- Ti sbagli, Potter, non sai quanto ti sbagli! – lo interruppe il mago, la voce ancora vibrante d’ira a fatica trattenuta. – Albus aveva un cervello straordinario ed era un fine conoscitore dell’animo umano: nemmeno un esperto Occlumante come me avrebbe mai potuto ingannarlo. Del resto, neppure l’Oscuro Signore era riuscito ad ingannarlo, nemmeno quando avrebbe ancora potuto avere l’innocenza di un bambino: credo che il preside te lo abbia raccontato, giusto?
Di nuovo, nella voce di Piton un grande rispetto era subentrato all’ira, e quello strano sorriso, che aveva il calore dell’affetto, era tornato ad adagiarsi sulle sue labbra sottili.
L’accenno fatto a Tom Riddle, poi, era del tutto corretto: in effetti, Silente non si era mai fidato di lui e lo aveva sempre tenuto sotto controllo, fin dal loro primo incontro nell’orfanotrofio.[1] Di Piton, invece, Silente aveva sempre dimostrato di avere una fiducia incrollabile. Fino a quando il traditore lo aveva ucciso.
- Albus aveva l’incredibile capacità, e sensibilità, di comprendere a fondo la vera indole delle persone, giudicandole con eccezionale correttezza.
Harry sbatté gli occhi e si pizzicò un braccio, come a volersi risvegliare da un sogno: era una vena di affettuosa tenerezza quella che gli pareva di aver percepito nella voce di Piton e che faceva invece a pugni con la realtà di assassino e traditore che era?
- Albus ha sempre riposto fiducia anche in Lupin, nonostante sia un lupo mannaro, e ha sempre creduto all’innocenza di quel mezzo gigante di Hagrid. – continuò il mago. – Ti sentiresti forse di affermare che Silente abbia mai sbagliato nel riporre fiducia in qualcuno o nel non riporne per nulla?
Harry non credeva alle proprie orecchie.
- Pensare che io abbia potuto ingannarlo significa non credere nel valore del grande Albus Silente! – affermò ancora Piton con decisione.
Gli occhi neri del mago scintillavano di profondo rispetto e di qualcosa che a Harry sembrava proprio un sincero affetto. Si chiese se il mago che aveva di fronte potesse recitare così bene: probabilmente sì, se era riuscito ad ingannare anche il grande Silente.
Il ragazzo non fece però in tempo a ribattere: il gelo sembrò scendere all’improvviso nella notte e la disperazione invase inarrestabile il suo cuore.
- I Dissennatori! – gridò spaventato.
Un nutrito gruppo di quegli esseri si stava avvicinando loro. Non aveva più la sua bacchetta, che Piton gli aveva sottratto quando erano ancora al castello, quindi non poteva difendersi; certamente il mago sarebbe rimasto a gustarsi con estremo piacere lo spettacolo dei Dissennatori che gli succhiavano l’anima.
Il professore lo stava fissando, una strana espressione sul volto pallido, quasi fosse incerto sul da farsi. Poi si spostò rapido al suo fianco, la bacchetta levata quasi intendesse difenderlo, cosa di cui Harry dubitava alquanto; così non resistette: morire per morire, prima gli avrebbe detto tutto ciò che pensava di lui!
- Avanti, mi mostri il suo fottuto metodo alternativo al Patronus per respingere i Dissennatori! [2]– lo sfidò. – Qui non siamo a scuola, dove può raccontare tutte le fesserie che vuole. – aggiunse maligno. – I Dissennatori se la prenderanno anche con lei se non fa qualcosa alla svelta. – concluse, la voce impastata di gelido terrore.
- Nessun metodo alternativo. – rispose Piton con freddo autocontrollo, sollevando la bacchetta. – Solo un Patronus eccezionalmente potente può respingere un gruppo di Dissennatori così numeroso.
Mentre rabbrividiva, di nuovo Harry non riusciva a credere alle sue orecchie: Piton gli stava davvero dando ragione?
- E allora, cosa aspetta a lanciarlo? O forse un assassino e traditore come lei non ha un ricordo abbastanza felice per lanciare un Patronus? – insinuò con voluta cattiveria. – È per questo motivo che a scuola insisteva sui metodi alternativi, vero?
Piton lo fulminò con lo sguardo: le sue iridi nere ora risplendevano di decisione.
- Guardami, Potter, guardami bene negli occhi! – ordinò secco.
Harry lo fissò e il mago per un lungo istante si perse nel verde profondo degli occhi spalancati del ragazzo. Poi accadde una cosa strana, che Harry non riuscì a comprendere, che neppure fu del tutto certo di avere visto tanto tutto accadde velocemente.
Gli occhi neri di Piton scintillarono e sulle sue labbra sottili apparve un lieve sorriso tinto di profonda dolcezza. Poi il volto pallido del mago tornò imperscrutabile e, mentre levava la bacchetta verso il cielo, la sua voce profonda tuonò:
- Expecto Patronum!
L’argento esplose all’improvviso nella notte nera, illuminandola.
Harry rimase immobile, incantato davanti all'incredibile spettacolo della notte che si era fatta d'argento davanti ai suoi occhi spalancati e colmi di stupore. La Cerva correva nel cielo nero, luminosa e splendente: immensa e protettiva sbarrava la strada ai Dissennatori ricacciandoli indietro senza la minima fatica.  
Harry non aveva mai visto un Patronus così luminoso e immenso. Potente.
A quanto pare anche Piton, nonostante tutto, aveva un pensiero felice. E quale pensiero!
- Corri, Potter, levati dai piedi alla svelta! - gridò, Piton mettendogli fra le mani la bacchetta che gli aveva sottratto al castello.
Harry continuò a fissarlo stralunato, lo sguardo che dalla Cerva d'argento passava rapido al mago e viceversa.
Quella era la Cerva che lo aveva guidato nella Foresta di Dean, non c’era alcun dubbio.
Ed era il Patronus di Piton!
- Vai alla Stamberga Strillante, Potter, subito! – ordinò il mago spingendolo rudemente.
Il ragazzo infine si riscosse e schizzò via.
 
*
 
Quando, diversi minuti dopo, il mago raggiunse il ragazzo, Harry era ancora fermo davanti alla Stamberga, indeciso su come entrare.
- Reducto! - ordinò il mago puntando la bacchetta sulle assi che ostruivano la finestra più grande a piano terra e che svanirono in una miriade di pezzi sparando schegge dovunque.
Piton afferrò Harry per un braccio e lo trascinò con sé senza tanti complimenti, spintonandolo per scavalcare il davanzale.
Una volta all'interno, nell'ambiente scuro e polveroso e dal forte sentore di muffa della vecchia catapecchia, Harry ebbe finalmente l'occasione per osservare il suo professore. Il volto era soffuso di un intenso pallore e appariva molto stanco; inoltre, la manica sinistra della giacca era lacerata ed un copioso rivolo di sangue scendeva dal braccio, si suddivideva lungo la mano e cadeva infine a terra in dense gocce di colore rosso cupo.
- Lumos! – esclamò Harry dirigendo la punta illuminata della bacchetta sulla figura del mago. - É ferito?
Il mago lo fissò e stirò le labbra sottili in un obliquo sorriso di scherno, quindi sollevò la mano sinistra e diverse gocce di sangue caddero in rapida sequenza sul pavimento polveroso della Stamberga:
- Se un copioso sanguinamento é indice di un profondo taglio nella carne, - rispose sollevando un sopracciglio, - sì, direi di avere una ferita piuttosto seria.
- Ma... i Dissennatori... - balbettò Harry impallidendo.
-  I Dissennatori succhiano l'anima, Potter, non il sangue. - rispose secco il professore. - Mi aspettavo che dopo sei anni di scuola di magia almeno questo lo sapessi! - concluse insinuante, il viso pallido incorniciato dai lunghi capelli neri.
Harry strinse forte i pugni e solo a fatica resistette alla voglia di rispondergli a tono: in fin dei conti Piton lo aveva protetto dai Dissennatori e, soprattutto, aveva lanciato quel Patronus che, ne era certo, era lo stesso che lo aveva guidato alla Spada di Grifondoro. Com'era mai possibile?
Il ragazzo rimase quindi in silenzio sostenendo lo sguardo penetrante del mago che, illuminato dalla punta della bacchetta di Harry, lentamente e senza mai smettere di fissarlo si tolse il mantello e la giacca, la candida camicia intrisa di sangue ed il braccio che continuava a sanguinare con abbondanza. Nella manica sinistra vi era un lungo squarcio attraverso il quale Harry poté intravedere la pelle insanguinata: con la bacchetta Piton aprì del tutto la manica spostando a lato i due lembi e lasciando in bella mostra il Marchio Nero. Il ragazzo fissò con disgustato orrore il teschio insanguinato inciso nella carne del mago, un'orbita vuota spalancata e l'altra occupata da una spira del serpente il cui corpo sinuoso, insieme ad un rivolo di sangue, si svolgeva fino ad arrivare alla cavità della bocca dalla quale usciva infine la piatta testa triangolare.
Quando Harry sollevò lo sguardo, ciò che vide lo sconvolse del tutto: sul volto pallido e teso di Piton, che ancora stava fissando intensamente il Marchio, era inciso un disgusto che gli sembrò infinitamente superiore a quello che lui stesso aveva appena provato, unito a quello che gli parve    essere un odio rabbioso e dirompente.
A questo punto il mago avvicinò lentamente l'altra mano al Marchio, inciso dalla profonda lacerazione solo nella sua sommità, e fece un gesto inspiegabile: piegò le dita ad artiglio e con violenza graffiò la pelle aprendo il lembo inferiore della ferita dalla quale uscì un fiotto di sangue, quasi volesse strappare via la carne su cui il Marchio spiccava nero ed insanguinato:
- Peccato... - mormorò Piton tra sé, la voce colma di un odio lacerante a fatica trattenuto, - l'hanno mancato quasi del tutto...
Harry spalancò gli occhi: possibile che il professore intendesse dire proprio ciò che aveva appena udito? Rimase a fissarlo, l'incredulità negli occhi verdi, finché Piton non sollevò lo sguardo  nero e penetrante ad incontrare il suo:
- Sì, Potter, - disse cupo a bassa voce, - questa volta, stranamente, hai compreso tutto ciò che c'era da comprendere.
Mentre cominciava a curare il profondo taglio, il mago continuò a parlare spiegando l'accaduto:
- Dietro il nugolo di Dissennatori c'erano tre Mangiamorte. Poiché in questo particolare momento non posso permettermi che vadano a raccontare in giro che mi sto piacevolmente intrattenendo col Prescelto, invece di consegnarlo all'Oscuro come sarebbe mio primo dovere, mi sono concesso l'infinito piacere di eliminarli in modo definitivo. - concluse con un ghigno colmo di odio.
Harry sussultò:
- Piacere?
- Sì, Potter, piacere. - sbottò Piton guardandolo torvo. - Erano tre bestie maledette, tre dannati carnefici di innocenti, tre assassini che godevano nell'uccidere. Non vedevo l'ora di liberare il mondo dalla loro immonda presenza!
Harry fu investito con violenza dall'ondata di odio feroce di cui erano permeate le parole del suo ex professore: non riusciva a capire più nulla, così rimase in silenzio a fissarlo mentre con la bacchetta terminava di curarsi il profondo taglio sul braccio, il volto pallido che si colmava di nauseato disgusto mentre il Marchio Nero tornava a ricomporsi sulla sua pelle.

Note finali:

[1] Tratto da Harry Potter e il principe Mezzosangue, capitolo 17 – Un ricordo Lumacoso.
«Ma lei non si fidava veramente di lui, giusto? Lui mi ha detto... il Riddle che è uscito da quel diario mi ha detto: 'Si­lente non mi ha mai apprezzato quanto gli altri insegnanti'».
«Diciamo che non davo per scontato che fosse degno di fiducia» precisò Silente. «Come ho già detto, avevo deciso di tenerlo d'occhio, e così feci…». [2] Tratto da Harry Potter e il Principe Mezzosangue, capitolo 21 – La Stanza delle necessità.
Harry si aspettava di prendere un voto basso, perché non era d'accordo con Piton sul modo migliore per affrontare i Dissennatori…

3. Il peso delle maschere di Ida59

Quando Severus rialzò lo sguardo, si accorse subito dello stupore e della confusione che regnavano sul viso di Potter e si chiese se il ragazzo cominciasse finalmente a essere colto da dubbi che potessero in qualche modo minare le ferree certezze che aveva sempre avuto nei suoi riguardi.
Forse era giunto il momento in cui poteva parlargli e compiere fino in fondo il proprio dovere rivelandogli ciò che Albus gli aveva confidato l’anno precedente.
Ma prima ancora che il mago potesse cominciare a parlare, un'altra voce rimbombò nella penombra della Stamberga illuminata solo dalla fioca luce del Lumos che scaturiva dalla punta della bacchetta di Harry: una voce acuta e fredda che proveniva dal nulla e sembrava uscire dalle sbilenche pareti di legno. Severus si irrigidì e strinse forte la bacchetta nel pugno.
- So che vi state preparando a combattere.
Harry spalancò gli occhi: era la voce di Voldemort!
- I vostri sforzi sono futili. Non potete fermarmi. Io non voglio uccidervi. Nutro un enorme rispetto per gli insegnanti di Hogwarts. Non voglio versare sangue di mago.
Harry guardò Piton: non sembrava preoccupato da quelle parole, ma il suo volto pallido era indubbiamente colmo di disgusto che non cercava per nulla di mascherare.
- Consegnatemi Harry Potter, - proseguì la voce di Voldemort,- e a nessuno verrà fatto del male. Consegnatemi Harry Potter e lascerò la scuola intatta. Consegnatemi Harry Potter e verrete ricompensati.
Sul volto di Piton, ora, oltre al disgusto Harry poteva leggere un odio intenso e feroce, a fatica trattenuto: il mago stringeva la bacchetta nel pugno così forte che le nocche erano divenute bianche.
- Avete tempo fino a mezzanotte.[1]
Harry arretrò e strinse la bacchetta: che reali possibilità aveva di difendersi contro un mago con il livello di esperienza e di potenza di Piton?
Eppure, aveva vinto il duello anche contro Voldemort. La prima volta nel cimitero, quando il mago oscuro era riuscito ad avere di nuovo un corpo, e poi mentre fuggiva da Privet Drive, con la copertura dei sette Potter. Però, in entrambi i casi, in effetti era stata la sua bacchetta con l’anima di piuma di fenice a combattere per lui e a salvarlo. La prima volta dando luogo al Prior Incatatio e la seconda prendendo vita praticamente di propria iniziativa e distruggendo quella di Voldemort. Ora, però, non aveva più la sua bacchetta che si era rotta a Godric Hallow, nello scontro con Nagini: adesso aveva solo la bacchetta di biancospino di Draco. Sarebbe stata sufficiente?
Chissà, forse aveva qualche speranza anche contro il suo ex professore di Pozioni, anche se il loro precedente duello dopo la morte di Silente non era certo un ricordo incoraggiante: Piton non aveva avuto la più piccola difficoltà ad arginare i suoi incantesimi d’attacco e non gli aveva fatto alcun male solo perché, come il professore stesso aveva ricordato all’altro Mangiamorte che lo stava cruciando “Potter appartiene al Signore Oscuro... dobbiamo lasciarlo stare!”.[2]  In ogni caso, Harry non aveva altra possibilità che provare: meglio farsi uccidere in duello da Piton che permettergli di consegnarlo a Voldemort!
- Se crede che sia arrivato il suo momento di gloria, si sbaglia! - esclamò in un impeto di coraggio disperato, brandendo la bacchetta dalla cui punta la luce del Lumos svaniva e puntandola con decisione contro il petto del mago. - Non le permetterò di portarmi vivo da Voldemort!
Un impercettibile sorriso incurvò le labbra del mago davanti al coraggio del ragazzo che, con tutta evidenza, ancora non aveva capito nulla di ciò che stava accadendo. Avanzò di un passo, con lenta tranquillità:
- Ancora non hai capito che non ho alcuna intenzione di consegnarti all'Oscuro, Potter, né vivo né morto? - chiese, una lieve vena di incredulità che si faceva largo nella voce profonda. - Avrei potuto ucciderti più volte, questa notte, scaraventandoti a terra mentre ero in volo o dandoti in pasto ai Dissennatori. Ma non l'ho fatto. - statuì sollevando ironico un sopracciglio. - Questo dovrebbe significare qualcosa perfino per te, Potter, anche senza la Granger a suggerire. - concluse provocatorio.
Nella penombra polverosa della Stamberga Strillante Harry fissò incerto il suo ex professore di Pozioni e di Difesa dalle Arti Oscure, la bacchetta sempre stretta nel pugno e puntata sul suo petto. Da quando lo aveva "rapito" al castello, in effetti erano accadute alcune cose molto strane.
Aveva parlato di Albus Silente con immenso rispetto e ammirazione, con una voce intensa e commossa che non aveva mai sentito da lui e che gli era quasi sembrata pervasa di affetto. Perché l'assassino di Albus parlava in quel modo del vecchio preside, rendendogli onore più di chiunque altro? Inoltre, ne era assolutamente certo, aveva letto un immenso dolore nei suoi occhi neri, lo stesso dolore che, chissà perché solo ora gli tornava alla mente, gli aveva già visto sul volto proprio la notte subito dopo l'assassinio, mentre lo inseguiva e gli dava del codardo.
In un attimo il ricordo di quella notte terribile riempì la sua memoria e per la prima volta si ritrovò a valutarlo con occhi limpidi e privi di pregiudizio: Piton non lo aveva mai attaccato, durante il loro duello, e si era sempre limitato solo a difendersi; anzi, aveva perfino trovato l'opportunità, nel suo solito modo scostante e scortese, di impartirgli una lezione pratica sui duelli magici, ricordandogli l'importanza degli incantesimi non verbali e la potenza dell'Occlumanzia. E, ben lungi dal cruciarlo, come invece all'inizio lui aveva creduto, lo aveva liberato con rabbiosa sollecitudine dalla Cruciatus dell'altro Mangiamorte.
All'improvviso Harry realizzò che anche quella notte, prima con la professoressa McGranitt  e poi con gli altri professori, Piton si era sempre limitato esclusivamente a difendersi, anche quando quella tattica, in così schiacciante inferiorità numerica, avrebbe potuto causare la sua sconfitta. E qualcosa, invece, diceva con certezza a Harry che Piton era perfettamente in grado, non solo di attaccare, ma anche di uccidere e sconfiggere ben più di un avversario per volta.
E poi... poi c'era stato il Patronus che il mago aveva lanciato guardandolo negli occhi con quella espressione così strana e intensa: quella Cerva luminosa e potente che aveva riempito d'argento la notte e respinto con forza i Dissennatori. La stessa Cerva dolce e rassicurante – e non aveva alcun dubbio su questo - che alcuni mesi prima lo aveva guidato fino allo specchio d'acqua ghiacciato dove aveva recuperato la Spada di Grifondoro. La Cerva d'argento che il suo cuore, non sapeva bene il perché, aveva intimamente collegato a sua madre, forse per quello sguardo lucente colmo d'amore. Ma perché Piton lo aveva aiutato a recuperare la Spada di Grifondoro, quella vera, dopo aver messo al sicuro alla Gringott quella falsa? E perché il Patronus di Piton gli faceva pensare a sua madre?
Mille altre domande si accavallavano tumultuose nella sua mente: davvero il suo ex professore aveva importanti informazioni per lui? Da parte di Silente, poi? Proprio lui che lo aveva spietatamente ucciso davanti ai suoi occhi?
Eppure, Piton aveva anche affermato che stavano dalla stessa parte, da sempre, e lo aveva anche enfatizzato. Per non parlare dell'odio feroce che gli aveva letto in volto mentre guardava il Marchio: era rimasto profondamente scioccato dal gesto con cui sembra volersi strappare via la carne incisa dall'orrido teschio col serpente! E l’odio verso i tre Mangiamorte che Piton stesso aveva bollato come crudeli assassini, bestie feroci e carnefici di innocenti? E lo aveva detto proprio lui, assassino e carnefice di Silente e di chissà quanti altri!
Sopra ogni altra cosa, però, era innegabile il fatto che Piton avrebbe avuto molte occasioni per ucciderlo ma, come aveva ben detto, non lo aveva fatto. Anzi, si era prodigato a salvargli la vita quando era precipitato mentre erano in volo, così come aveva fatto anche a scuola, durante la partita di Quidditch con i Serpeverde nel corso del primo anno. Perché lo aveva promesso, così gli aveva detto. Ma a chi mai Piton poteva aver promesso di proteggerlo? E, soprattutto, perché?
 
Harry tornò al presente, la bacchetta ancora puntata sul mago che lo stava fissando con sguardo penetrante, in apparenza del tutto rilassato e in paziente attesa della sua mossa, perfino l'ombra di un sorriso sulle labbra sottili. Non era il suo solito sorriso di scherno, era qualcosa di diverso, di sconosciuto, che non gli aveva mai visto sulle labbra. Harry ebbe subito la spiacevole sensazione che in quel momento Piton stesse liberamente leggendo nei suoi occhi ogni pensiero, ogni dubbio, ogni domanda.
- Vedo che ci sono molte domande importanti nella tua mente, Potter, domande alle quali solo io posso rispondere. - scandì il mago con fare quasi provocatorio. – Ma tu devi avere la buona volontà di starmi ad ascoltare…
Le parole di Piton erano la inesorabile conferma del suo sospetto: il suo ex professore riusciva ad accedere liberamente ai suoi pensieri. E adesso, cosa sarebbe accaduto?
All'improvviso Piton fece qualcosa che Harry non avrebbe mai immaginato: con un gesto lento e misurato gli buttò tra i piedi la propria bacchetta e poi rimase a fissarlo in silenzio, l'ombra di quello strano sorriso sempre sulle labbra sottili.
Nella penombra della Stamberga Harry guardò sbalordito il legno magico e poi l'enigmatico sorriso di Piton; infine si decise a chinarsi per raccogliere da terra la bacchetta del mago e cominciò a rigirarsela tra le dita, senza saper cosa fare e dire, sotto lo sguardo quasi divertito del professore.
A un certo punto si fermò e fissò di nuovo Piton, interrogativo:
- E... cosa dovrei fare?
- Puoi uccidermi, se vuoi. - rispose molto serio il mago. - Nessuno più di me lo meriterebbe. -concluse in tono grave e cupo.
Rimasero a fissarsi in silenzio, a lungo, finché Harry si accorse che stava ancora puntando la propria bacchetta contro il petto del mago: l'abbassò lentamente tornando ad illuminarne la punta con un Lumos, quindi scrollò confuso il capo:
- Non riesco a capire più nulla... - mormorò, sconcertato dagli avvenimenti.
Piton annuì:
- Sì, é molto evidente. - disse in tono neutro, per una volta del tutto scevro da qualsiasi sarcasmo. Il silenzio continuò tra loro mentre continuavano a fissarsi alla luce del Lumos, Harry sempre più stupito dal comportamento inusuale del suo professore e Piton che sembrava quasi incerto sul da farsi finché si decise a parlare:
- Bene, chiarito finalmente che non intendo ucciderti né consegnarti all'Oscuro Signore, - affermò sollevando lievemente un sopracciglio, - credi di essere finalmente in grado di starmi ad ascoltare con mente sgombra dall’odio e dai pregiudizi che in questi anni hai accumulato contro di me?
A dire il vero, il mago sapeva benissimo di avere a lungo coltivato l’odio del figlio di Lily, perché solo odio meritava da lui, da quegli occhi verdi che non aveva mai smesso di amare.
A Harry sfuggì un lieve sospiro tinto di amara incertezza: chissà, forse i suoi erano davvero pregiudizi; in fin dei conti Silente aveva piena fiducia nel mago che gli stava di fronte. Ma era anche altrettanto vero che Piton aveva ucciso Silente. A Harry sembrò che la sua mente stesse andando a fuoco: più cercava di ragionare e meno capiva cosa stava accadendo.
Piton lo fissava con una strana espressione, molto seria e ben diversa dalla solita gelida impassibilità: Harry ebbe addirittura l'assurda impressione che il mago fosse quasi a disagio davanti a lui e questo aumentò ancor di più la sua confusione.
- C'è una domanda che ti preme più delle altre, Potter, - chiese il mago squadrandolo con i penetranti occhi neri, - qualcosa da cui ti pare che tutto dipenda?
Harry si sentì nudo peggio di un verme: ancora una volta Piton stava liberamente girovagando per i suoi pensieri e lui non riusciva a impedirglielo. Già, forse se avesse messo in pratica i suggerimenti del professore, così come aveva fatto con quelli del Principe Mezzosangue, magari ora avrebbe saputo difendersi da quelle sgradevoli intrusioni!
Ad ogni modo, Piton voleva sapere qual era la domanda di cui più gli premeva la risposta? Bene, lo avrebbe subito accontentato!
- Perché ha ucciso Silente? – chiese a bruciapelo.
Già, perché era proprio quella la chiave di volta dell’inestricabile situazione. Silente si fidava completamente di Piton e voleva a tutti i costi che Harry lo rispettasse: quante volte gli aveva ricordato che doveva riferirsi a lui col dovuto titolo di Professore? Cosa che lui non aveva mai fatto…
Però, Piton aveva ucciso Silente e lo aveva fatto proprio sotto i suoi occhi: non poteva esistere nessun dubbio su questo fatto.
Era in un dannatissimo vicolo cieco dal quale non era capace di uscire in alcun modo.
Il mago fissò il ragazzo.
Si aspettava quella domanda. Era la domanda più logica, ma anche la più difficile. Quella che forse gli faceva più male e riapriva una ferita che ancora bruciava terribilmente.
Eppure Severus doveva rispondere, e nel modo più completo e sincero, se voleva essere creduto. Perché ora il mago aveva un dannato bisogno che il ragazzo gli credesse e che avesse fiducia in lui.
Impresa impossibile, forse.
Salvo svelargli tutto. Tutta la tremenda verità.
Il suo più prezioso segreto.
Severus sapeva che doveva mettersi a nudo davanti al figlio di Lily, davanti a quegli occhi verdi che lo avrebbero giudicato e, con tutta probabilità, lo avrebbero inesorabilmente condannato.
Com’era giusto che fosse.
Ma doveva farlo, subito, perché il tempo era ormai agli sgoccioli: come Albus aveva previsto, era arrivato il momento in cui l’Oscuro Signore teneva Nagini al sicuro accanto a sé, sotto protezione magica.
Severus, però, aveva scoperto anche ciò che il vecchio preside non gli aveva mai rivelato: Nagini era un Horcrux.
L’ultimoHorcrux, se il giovane Potter era riuscito a svolgere fino in fondo il compito che Albus gli aveva affidato prima di morire.
 

Note finali:

 


[1] Questa e le tre precedenti battute di dialogo (in corsivo) sono tratte dal capitolo 31 – La battaglia di Hogwarts di “Harry Potter e i doni della morte”

[2] Parole pronunciate da Piton in “Harry Potter e il Principe Mezzosangue”, nel capitolo 28: La fuga del Principe.

4. Oltre la maschera di Ida59

Harry vide il professore impallidire appena e trarre un cupo sospiro, il dolore che di nuovo invadeva il suo sguardo nero e sembrava quasi distorcere i lineamenti tesi, proprio come quella notte davanti alla capanna di Hagrid che andava a fuoco.
- È stato per il Voto Infrangibile, vero? Solo per non morire lei, - aggiunse Harry con disprezzo, -perché, io l’ho visto, Draco: non ce l’avrebbe mai fatta ad uccidere Silente…
- Non sono così vigliacco come ti ostini a credere, Potter. – rispose Piton cupo. – Sarei morto mille volte al posto di Albus, se solo fosse servito qualcosa. Se solo me lo avesse permesso.
C’era qualcosa, nell’intensità del tono di voce del mago, che diede i brividi a Harry: era sofferenza, un dolore tremendo e infinito, misto alla disperazione più angosciante. Era quasi impossibile dubitare della vibrante verità di quelle parole che trasudavano una pena indicibile.
Ma come poteva essere? Perché?
Si fissarono a lungo, infine Piton ruppe quel greve silenzio denso di interrogativi:
- È stato Albus a ordinarmelo. – aggiunse in un sofferto sospiro. – Io… non volevo, mi sono più volte ribellato…
La voce del mago si incrinò e si interruppe per un breve istante, mentre Harry, del tutto impreparato, vedeva ondate di lancinante sofferenza susseguirsi sempre più potenti nello sguardo e sul volto del professore, pallido come un morto. Continuò a fatica, la voce roca:
- Ma Albus lo dava per scontato…
Harry all’improvviso ricordò ciò che gli aveva raccontato Hagrid sul litigio origliato tra Silente e Piton al limitare della Foresta Proibita. Le parole risuonarono limpide nella sua mente: “ho solo sentito Piton che diceva che Silente dà tutto per scontato e che forse lui – Piton – non voleva farlo più…  Comunque Silente ci ha detto chiaro e tondo che aveva accettato di farlo e basta. E’ stato molto deciso. “[1]
- Non volevo farlo, come potevo ucciderlo… proprio lui… - mormorò Piton con voce rotta dal dolore, le parole che uscivano a fatica dalle labbra sottili, - ma Albus è stato irremovibile e ha preteso che io mantenessi la mia parola…
Harry lo fissava con gli occhi spalancati, sbalordito.
Piton socchiuse un attimo gli occhi sospirando:
- La mia anima…
La voce del mago tremò e si spense mentre piegava il capo e i lunghi capelli neri gli coprivano il volto dipinto di un mortale pallore.
L’assassinio spezzava l’anima, Harry lo sapeva. E Piton, un Mangiamorte, un assassino, sembrava preoccuparsi per la propria anima. Com’era mai accettabile un tale folle pensiero? E se il mago, invece, fosse davvero sempre stato dalla loro parte, come aveva affermato all’inizio di quell’inconcepibile serata? Se avesse davvero obbedito all’ordine di Silente? Ma perché mai il vecchio preside avrebbe dovuto impartire quell’ordine senza senso?
Piton riaprì gli occhi neri soverchiati dalla sofferenza e a fatica riprese a parlare:
- La mano annerita di Albus, la ricordi?
Harry annuì.
- È stata una maledizione potente a bruciargliela. Una maledizione inarrestabile. – spiegò il mago in un sofferto sussurro. – Ho provato in ogni modo a debellarla, ma non ci sono riuscito. Ho fallito.
Dolore, angoscia e disperazione investirono ancora Harry.
- Albus era condannato a morire. – continuò Piton. – Sapeva che gli rimanevano ormai solo pochi mesi…
La voce del mago si spense, di nuovo soffocata da un lungo sospiro. Poi con sforzo riprese vigore:
- È stato l’anello. – scandì lentamente. – Sai di quale anello parlo, vero Potter?
Harry annuì in silenzio. Questa volta era sicuro che il mago non avesse letto assolutamente nulla nella sua mente.
- Era un Horcrux e la maledizione è uscita quando Albus ha spezzato la pietra con la Spada di Grifondoro.
Harry trattenne il fiato per non urlare.
- La spada alla quale il mio Patronus ti ha guidato quella notte nella foresta di Dean.
Questa volta il ragazzo non riuscì a trattenere un’esclamazione di stupore:
- Lei sa… sa degli Horcrux?
Fu la volta di Piton ad annuire.
- Silente l’ha detto anche a lei?
Il mago scosse il capo stizzito:
- No, il vecchio aveva mille segreti per tutti. Anche per me. Temeva che essendo io troppo vicino all’Oscuro Signore, lui potesse scoprilo.
- E allora...?
- L’ho compreso da solo, e non è questo il momento per dirti come, Potter. - rispose il mago asciutto. – Sta di fatto che so tutto, e che colui che crede ancora d’essere il mio padrone, - spiegò con voce venata di profondo disgusto, - invece, non ha scoperto mai nulla frugando nella mia mente.
Gli occhi neri di Piton scintillarono di orgoglio come mai Harry aveva visto prima:
- So mentire all’Oscuro Signore, Potter, - affermò a testa alta, - e sono l’unico che riesce a farlo! – concluse con voce traboccante di fierezza.
Harry non sapeva più a cosa credere.
- Se ho capito bene dagli strilli isterici di Bellatrix, - proseguì il mago, di nuovo quello strano sorriso soddisfatto sulle labbra sottili, - dovresti aver sottratto un Horcrux dalla sua camera blindata alla Gringott.
Harry cercò di rimanere impassibile e di proteggere la mente con tutte le sue forze. Piton sorrise, palesemente soddisfatto:
- Bene, Potter, vedo che hai finalmente imparato a occludere la mente.
- E… e lei ne è contento?
- Certo, anche se noto che la cosa ancora ti stupisce.
Vedere Piton che gli sorrideva soddisfatto era un’esperienza molto difficile ed inusuale da affrontare per Harry. Ed era ancor più difficile credere che stesse realmente accadendo perché era riuscito a impedirgli di accedere ai propri pensieri.
Per il mago non fu difficile giungere alla conclusione  che doveva scoprirsi maggiormente se voleva che Harry gli credesse:
- Se non ho fatto male i conti, tenuto conto dell’errore di Lucius cinque anni fa con il diario che tu hai distrutto, dell’anello cui ha pensato Albus, con l’Horcrux che hai sottratto a Bellatrix e quello che hai distrutto con la Spada di Grifondoro che ti ho fatto gentilmente trovare, - enumerò il mago, gli occhi neri scintillanti e un’ombra della vecchia beffarda ironia che risuonava ancora nella voce profonda, - dovrebbero esserne rimasti solo due.
Harry rimase muto. Ancora non poteva fidarsi di lui.
Piton annuì, il sorriso soddisfatto che sembrava non voler proprio lasciare le sue labbra.
- Va bene, Potter, giochiamo a carte scoperte. – lo affrontò a bruciapelo. - Tu ti occupi di distruggere l’Horcrux su cui non ho informazioni, - disse facendo una lieve pausa a effetto, - ed io elimino Nagini.
Harry sgranò gli occhi: Piton sembrava sapere tutto, ma come poteva fidarsi di lui?
- Ancora non ti fidi di me, vero Potter?
Il ragazzo lo fissò senza rispondere, ma il mago non aveva bisogno di parole. Sapeva che doveva andare fino in fondo e che sarebbe stato necessario togliere anche l’ultima maschera per conquistare la fiducia di quel figlio che non sarebbe mai stato suo, ma che aveva sempre protetto e per il quale era pronto a sacrificare la vita.
- Eppure sai che ti ho sempre protetto.
Harry annuì:
- Silente mi ha detto che lo ha fatto per mettersi in pari con mio padre…
Il volto pallido di Piton si irrigidì:
- Abbiamo già discusso una volta di questo, Potter. – lo interruppe in un pericoloso sibilo il mago. – Quello scherzo avrebbe comportato la mia morte se tuo padre all'ultimo momento non avesse avuto paura delle conseguenze per lui stesso e i suoi amici. Checché ne pensasse Silente, o, meglio, - precisò con aria minacciosa, - qualunque cosa Silente volesse farti credere per i suoi scopi in quel momento, no, Potter, non è per rimettermi in pari con tuo padre che ho trascorso gli ultimi sette anni della mia vita a proteggerti.
- Lei odia mio padre!
Piton rimase immobile, quindi trasse un lungo respiro e infine ammise:
- Sì, Potter, è vero. Odio tuo padre e ho un motivo ben preciso…
- E me lo vuole dire?
Il mago lo fulminò con lo sguardo:
- Ogni cosa a suo tempo. – rispose a labbra strette, conscio che di tempo, ormai, ne rimaneva invece ben poco. - Torniamo ad Abus, alla maledizione dell’anello e all’ordine che mi ha impartito di ucciderlo cui ti è tanto difficile credere.
Harry annuì di nuovo: ormai nulla più di ciò che Piton diceva lo stupiva dopo aver scoperto che sapeva tutto degli Horcrux e lo aveva aiutato a distruggere il Medaglione di Serpeverde guidandolo alla Spada di Grifondoro.
- Quella notte tu e Silente eravate andati a recuperare un Horcrux.
Harry cercò di rimanere impassibile, la mente schermata da ogni intrusione.
Piton sorrise ancora, un velo di soddisfazione sulle labbra sottili per quella dimostrazione di volontà da parte del ragazzo:
- Il medaglione di Serpeverde, per essere precisi. – aggiunse condiscendente. – Quello che hai poi distrutto nella Foresta di Dean.
Doveva assolutamente riuscire a conquistare la fiducia del ragazzo. Con ogni mezzo. Fosse anche stato il mettere a nudo il proprio cuore davanti al figlio di Lily, se proprio non poteva fare altro.
Aveva un dovere da compiere, da cui non poteva e non voleva sfuggire.
- Quella notte Albus ti ha dato lo stesso pazzesco ordine che aveva già impartito a me quasi un anno prima. – aggiunse con intensità.
Harry lo fissò senza comprendere.
- Prima di partire ti ha fatto giurare di eseguire qualunque suo ordine, ricordi? – chiese
Harry rabbrividì: sì, certo che ricordava, non avrebbe mai potuto dimenticare ciò che era accaduto nella caverna e tutti i suoi tremendi sensi di colpa per quello che aveva fatto. Si era profondamente odiato quando forzava Silente a bere la pozione nel bacile; aveva provato un infinito disgusto per se stesso mentre spingeva il calice verso le labbra del preside obbligandolo a bere il veleno; ricordava con ribrezzo tutte le menzogne che aveva dovuto raccontargli per adempiere all’ordine che il vecchio mago gli aveva impartito prima di partire.
- Mentre obbedivi al suo ordine, c’erano odio e disgusto sul tuo volto. – spiegò Piton sospirando. – Lo stesso odio e disgusto che erano sul mio volto quando sono stato costretto a pronunciare quelle due terribili parole di morte. – concluse in un sofferto sussurro.
Harry spalancò gli occhi, colpito nel profondo da quell’affermazione: sì, ricordava bene anche l’espressione di odio e disgusto incisa nei duri lineamenti di Piton mentre lanciava l’Avada. Possibile che avesse frainteso tutto e il motivo fosse invece lo stesso? Che anche il suo professore si odiasse per ciò che stava facendo quella notte sulla torre e provasse un tremendo disgusto per l’azione che doveva compiere, proprio come era accaduto a lui nella grotta poche ore prima? Ma, allora, se così fosse stato…
- E lei come fa a saperlo? – esclamò d’un tratto il ragazzo, memore che il professore non avrebbe dovuto sapere proprio nulla di ciò che era accaduto nella caverna dell’Horcrux.
Piton sollevò un sopracciglio con la sua solita aria di beffarda superiorità, le labbra sottili stirate nel ben conosciuto sorriso obliquo.
Già, come sempre quel bastardo aveva frugato nella sua mente. Solo che, forse, Piton non era proprio il bastardo che aveva sempre creduto… Ma quando diavolo lo aveva fatto? Non si erano più rivisti da quella notte orribile!
- Lei non dovrebbe continuare a leggere ciò che vuole nella mia mente! – gridò Harry ribellandosi.
- Mi sembra di averti già spiegato, Potter, - intervenne il mago con durezza, - che la Legilimanzia è qualcosa di molto più complesso e raffinato della cosiddetta lettura del pensiero di cui cianciano i Babbani.
- In ogni caso, lei non…
- In ogni caso, - ripeté il professore interrompendolo, - tu continui a mentirmi, Potter, quindi non ho altra scelta che andarmi a cercare la verità frugando nella tua mente. – concluse secco.
Harry abbassò il capo e deglutì amaro: in fondo, non poteva neppure escludere d’essere stato lui stesso a uccidere Silente con quel veleno, già prima che Piton gli lanciasse l’Avada.
Severus si accorse subito che il ragazzo era preda dei sensi di colpa per ciò che gli aveva appena ricordato: il mago, del resto, era un vero esperto in sensi di colpa che gli avevano rovinato la vita, e non era certo quello che voleva per il figlio di Lily.
- No, non pensarlo: non sei stato tu a uccidere Albus!
Le parole di consolazione gli erano sfuggite dalle labbra prima ancora che se ne rendesse conto:
- Albus era già condannato da quella maledizione e, in ogni modo… - la voce del mago tremò, - sono stato io che l’ho ucciso… obbedendo al suo ordine, proprio come hai fatto tu. – concluse, il dolore che con una nuova ondata sommergeva il pallore del suo viso.
Severus sospirò chinando il capo e scrollandolo piano, i lunghi capelli neri che gli coprivano il volto sofferente:
- E mi è costato tutto il mio coraggio, la mia forza, la mia determinazione…
Harry rimase a osservarlo in silenzio, di nuovo travolto dalla sofferenza che permeava a fondo le parole e i gesti del mago. La stessa sofferente angoscia che gli aveva visto sul volto pallido in quella fatidica notte, quando lo aveva insultato e gli aveva dato del codardo.
Harry sospirò, dispiaciuto. Sì, forse aveva tremendamente sbagliato a giudicare il suo professore…
Infine Piton sollevò il capo e vi era una nuova fierezza nel suo sguardo nero e scintillante:
- Volevo bene ad Albus. – disse con voce traboccante di inatteso e caldo affetto. – È stato come un padre per me. Mi ha concesso una nuova possibilità, dopo la mia tragica scelta sbagliata, si è fidato di me, nonostante tutto…
La voce del mago si incrinò e si ruppe di nuovo e i suoi occhi neri erano lucidi alla fioca luce del Lumus che proveniva dalla bacchetta di Harry, quasi come se le lacrime premessero per uscire.

Note finali:

[1] Sono le parole che Hagrid riferisce ad Harry relative al “litigio nella foresta” tratte da Harry Potter e il Principe Mezzosangue, pag. 372-3

5. Via la maschera di Ida59

 
- Perché mi ha sempre protetto? – chiese Harry a bruciapelo, rompendo il silenzio carico di sofferenza che non riusciva più a sopportare.
Era quella, adesso, la nuova domanda chiave.
Se Piton, davvero, stava dalla loro parte e aveva ucciso Silente su suo espresso ordine, era essenziale conoscere per quale motivo si fosse sempre prodigato a proteggerlo e perché lo stava facendo ancora anche in quel momento estremo, dopo l’ultimatum di Voldemort.
Severus sospirò profondamente guardando in quegli amati occhi verdi che, per la prima volta, lo stavano osservando scevri da odio e pregiudizi, quell’odio che aveva fatto di tutto per coltivare nel ragazzo che non era suo figlio.
Dirgli la verità, tutta la verità, gli sarebbe costato ancora più coraggio di quello che gli era servito per uccidere Albus. Doveva rivelare il suo segreto più prezioso, l’amore che da tanti anni teneva nascosto nel profondo del proprio cuore.
- Potrei dirti che l’ho promesso a Silente. – disse piano, in un lento sussurro. – Non sarebbe certo una menzogna, - aggiunse sospirando appena, - ma non sarebbe neppure la verità, la mia verità più vera… e dolorosa.
Il mago lo fissò in profondità negli occhi verdi e Harry lo guardò con aria interrogativa, incapace di comprendere il significato di quelle parole misteriose. Anche se qualcosa di strano si agitava nel suo intimo come se… come se avesse la precisa sensazione che la rivelazione che stava per arrivare avrebbe cambiato ogni sua precedente percezione della realtà.
- Posso riavere solo per un attimo la mia bacchetta? – chiese il mago con un’inattesa gentilezza che mise a disagio Harry.
Il ragazzo gliela tese: ormai era sicuro che il professore non gli avrebbe fatto del male. Del resto, non gliene aveva mai fatto.
- Expecto Patronum!
La Cerva illuminò d’argento la penombra polverosa della Stamberga Strillante.
- L’ho promesso a… lei! – sussurrò dolcemente il mago. – Anche se lei non lo ha mai saputo… - terminò con voce tremante, gli occhi lucidi e scintillanti d’amore.
Harry non aveva mai visto un Patronus così solidamente corporeo.
La Cerva si avvicinò a Piton che si inginocchiò al suo fianco e, con un gesto colmo di incredibile e delicata dolcezza che mai Harry avrebbe immaginato possibile da parte del suo professore, le accarezzò piano il muso rimirandola con amore, una lacrima che brillava negli occhi neri, a fatica trattenuta dalla ciglia.
- L’ho amata fin dal primo istante che la vidi. – disse in un ardente sussurro, la voce traboccate d’amore. – L’ho sempre amata e l’amerò per sempre!
Harry era completamente sconvolto: Piton, sì, proprio l’odiato Piton, gli stava confessando di amare sua madre! E in quella confessione Harry era sicuro che ci fosse tutta l’anima del suo professore, dell’uomo che aveva odiato così tanto e a lungo e che, invece, l’aveva sempre protetto… perché amava sua madre!
In un istante riconobbe l’enfasi che il mago aveva posto sulla parola sempre: era lo stesso tono intenso che aveva usato quando aveva affermato di essere sempre stato dalla loro parte e, naturalmente, Harry non gli aveva creduto.
All’improvviso, le parole che Silente gli aveva detto la sera prima di partire alla ricerca dell’Horcrux assunsero finalmente un significato chiarissimo: non hai idea del rimorso che provò il professor Piton quando capì come Lord Voldemort aveva interpretato la pro­fezia, Harry. Credo che sia il rimpianto più grande della sua vita e la ragione per cui tornò...[1]
Quella sera di un anno prima l’odio lo aveva accecato: aveva appena scoperto dalla Cooman che era stato Piton a origliare la profezia e a riferirla a Voldemort condannando così a morte i suoi genitori. Era sicuro che lo avesse fatto apposta, per vendicarsi perché odiava suo padre, e che non avesse mai provato alcun rimorso…
Harry chiuse gli occhi e un lungo brivido percorse il suo corpo.
E invece… non aveva mai capito nulla. Aveva ragione Silente, come sempre. Era vero che aveva una ragione di ferro per fidarsi di Piton. E si era fidato così tanto di lui che gli aveva perfino affidato la propria morte!
Harry rabbrividì ancora e riaprì gli occhi giusto in tempo per vedere il mago asciugarsi furtivo la lacrima che brillava sulla guancia pallida, illuminata da un tetro raggio di luna che filtrava dalle assi divelte della finastra da cui erano entrati. I suoi occhi neri incredibilmente scintillavano d’un amore puro e intenso, mentre seguiva con lo sguardo la Cerva svanire piano nella notte che tornava a farsi scura; le sue labbra sottili erano appena dischiuse, tremanti, come in un muto sussurro d’amore, in un intenso e sofferente anelito del cuore.
Harry si sentì stringere il petto in una morsa. Il professor Piton amava sua madre e per tutti quegli anni era stato tormentato dal senso di colpa per aver causato la sua morte!
- È per questo che odiava mio padre…
Harry non sapeva come quelle parole fossero uscite dalle sue labbra. Erano parole stupide. Inutili.
Severus si girò lentamente a guardarlo, gli occhi neri ancora scintillanti d’amore che si specchiavano in quel verde tanto amato: gli aveva rivelato il suo segreto, il suo amore, la sua colpa tremenda. Il ragazzo avrebbe capito o era ormai troppo tardi?
- Me l’ha portata via… - disse in un sussurro tremante, gli occhi ancora immersi nel verde di Lily che risplendeva negli occhi di suo figlio.
- Li ha traditi, li ha dati in pasto a Voldemort!
Harry non riusciva a controllare le parole che gli uscivano di bocca: era come se, rotto l’argine, tutto ciò che per un anno gli era rimasto nel cuore ora uscisse senza poterlo in alcun modo trattenere.
Piton annuì, il dolore che come un’ombra oscura era di nuovo calato nei suoi occhi neri. E Harry infine comprese anche quello: non erano gelidi e vuoti, gli occhi del suo professore, non erano tunnel immersi nel buio. Erano abissi colmi di indicibile sofferenza!
- Non sapevo, non potevo saperlo… - mormorò il mago con voce roca scuotendo piano il capo e abbassando lo sguardo.
Era come se quasi non si sentisse degno di fissare ancora quegli occhi verdi che, per la prima volta dopo tanti anni, non stillavano più odio nei suoi confronti. Perché negli occhi del ragazzo, in quel momento, c’era comprensione. Lo stava guardando come non lo aveva mai guardato prima, come se solo adesso lo vedesse veramente.
- È la mia colpa più grande, il mio più tremendo rimorso. – aggiunse in un angosciato sussurro sollevando di nuovo lo sguardo colmo d’infinito dolore. – Il mio inesauribile tormento…
La voce del mago si incrinò e gli occhi neri tornarono a farsi lucidi di lacrime da troppi anni mai piante:
- La mia implacabile condanna…
- Perché ha deciso di rivelarmi tutto proprio ora? – chiese Harry, incapace di sopportare lo sterminato dolore di quello sguardo.
- Perché devi riuscire ad avere fiducia in me, per credere a ciò che ti dirò. – rispose il mago a fatica. - La stessa fiducia che avevi nel Principe Mezzosangue.
- Era sempre lei…
Piton annuì:
- È stata una delle solite strambe idee di Albus, farti avere quel libro. – spiegò il mago, una vaga ombra di sorriso sulle labbra sottili. – Pare che abbia funzionato.
- Sì, direi di sì. – rispose Harry ricambiando il sorriso dell’uomo che solo quella notte aveva imparato a conoscere.
- Credo di essere pronto ad ascoltare quello che ha da dirmi, Professore.
Il ragazzo sorrise tra sé: alla fine, Silente era riuscito ad ottenere che trattasse Piton con rispetto.
Harry sapeva perfettamente che in quel modo stava sfuggendo da ciò che il mago gli aveva appena rivelato, ma aveva bisogno di tempo, molto tempo, per accettare l’idea che Piton avesse amato sua madre… e che continuasse ad amarla, soprattutto.
Qualsiasi altra rivelazione avesse avuto da fargli sarebbe andata benissimo, ne era certo.
Piton annuì in silenzio. Gli era facile comprendere che il ragazzo stesse sfuggendo alla realtà che gli aveva appena rivelato, ma sapeva anche che la successiva rivelazione sarebbe stata altrettanto difficile da accettare. Se non addirittura peggio. Salvo che Silente si sbagliasse; e Severus lo sperava con tutto se stesso, con quel suo cuore che, contro il suo volere, continuava a battere e a fargli provare sentimenti che lo dilaniavano: nonostante un anno prima lo avesse ancora recisamente  negato, si era affezionato al ragazzo. E non solo perché aveva gli stessi occhi di Lily.
Il fatto che Harry avesse smesso di chiamarlo assassino e traditore e usasse di nuovo rispetto nei suoi confronti, però, era già di per sé un ottimo segnale: la Cerva d’argento era riuscita a far breccia nel cuore del ragazzo proprio come Severus aveva sperato. E raccontargli tutta la verità, mostrando il suo povero cuore straziato, per quanto fosse stato tremendamente difficile e gli fosse costato ogni briciola d’orgoglio, era stato fondamentale per ottenere la fiducia del ragazzo che era elemento essenziale per raccontargli tutto il resto. E sconfiggere l’Oscuro Signore, finalmente.
Piton annuì e fece cenno a Harry di sedersi sulle sedie sgangherate e ricoperte di polvere: sarebbe stata una lunga spiegazione. Il ragazzo obbedì in silenzio e abbassò un poco la punta della bacchetta illuminata dal Lumos levandola così dagli occhi del professore.
- Silente aveva una tesi circa quanto è accaduto la notte in cui l’Oscuro Signore ha ucciso…
La voce gli mancò per un instante.
- … i tuoi genitori. – proseguì stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche. – Albus riteneva che quando ha cercato di ucciderti e…
Il mago strinse con forza le mascelle e per un attimo Harry temette di sentire lo scricchiolio dei denti che si frantumavano.
- … e Lily…
La voce del mago era un sussurro dolcissimo e i suoi occhi scintillavano di lacrime trattenute:
- … Lily ha interposto la sua vita fra di voi… - proseguì con uno strenuo sforzo, la voce roca, - come uno scudo d’amore…
Piton trasse un lungo sospiro prima di continuare, pensando per l’ennesima volta quanto avrebbe voluto essere stato lui a sacrificarsi pur di salvare Lily.
- L’Avada gli è rimbalzato addosso grazie alla protezione che Lily che ti aveva dato con il suo sacrificio… - una lacrima brillò tra le ciglia del mago, - e un frammento della sua anima, ormai troppo lacerata dagli assassini, si è agganciata a te, il solo essere ancora vivente in quella casa.
Harry sbarrò gli occhi, incredulo e spaventato:
- Io… io sarei un Horcrux di Voldemort? – chiese con voce tremula.
- Sì. - rispose Piton annuendo, la voce ferma. – Questo è ciò che credeva Albus.
- Quindi… significa che se io non muoio… neppure Voldemort potrà mai morire?
Il professore fece un secco cenno affermativo:
- Esatto.
Quindi prese un lungo respiro e continuò:
- Albus riteneva necessario che tu… - la voce del mago tremò appena, indice dell’affetto che ormai provava per il ragazzo, - ti sacrificassi… e che fosse l’Oscuro in persona ad ucciderti.
- Ma lei… lei non lo crede, vero? – chiese di nuovo Harry, aggrappandosi disperatamente alla tenue fiammella della speranza che le parole di Piton gli offrivano.
- No, non lo credo. – rispose Piton sicuro. – Conosco molto bene le Arti Oscure: Il sortilegio per creare un Horcrux è troppo complesso perché possa avvenire senza la volontà del mago.
- Ma… Silente aveva detto che c’era uno strano legame tra me e Voldemort… - mormorò Harry temendo il peggio, - la cicatrice… forse è davvero successo…
- No, lo escludo. – ribadì il mago con voce ferma. – Nelle Arti Oscure una forte e determinata volontà è essenziale per la riuscita del sortilegio e l’Oscuro Signore in quel momento non ha avuto alcuna possibilità di esercitarla.
Gli occhi neri di Piton scintillavano nella penombra della Stamberga Strillante rischiarata solo dalla tenue luce del Lumus proveniente dalla bacchetta che in quel momento Harry puntava desolatamente a terra.
- Però tra noi esiste un legame… - mormorò Harry in cerca di sicurezze.
- Questo è indubbio. Un brandello della sua anima può davvero essersi aggrappato a te…
- Ma allora Silente ha ragione…
- Non mi interrompere, Potter, e ascolta bene quello che dico. – sibilò Piton. – Il fatto che un insignificante brandello della sua anima sopravviva in te non ti trasforma automaticamente in un Horcrux, se l’Oscuro Signore non ha esplicitamente manifestato la volontà di costituirlo, cosa di cui dubito assai.
Harry rimase immobile e muto. Forse c’era ancora una speranza per lui, se Piton aveva ragione. E il mago sicuramente conosceva bene le Arti Oscure, probabilmente meglio di quanto le conoscesse Silente. O, almeno, così Harry aveva disperatamente bisogno di credere.
- Esiste sicuramente un legame tra voi: conosci il Serpentese, - cominciò a enumerare il professore, - e c’è un collegamento tra le vostre menti, che entrambi avete sfruttato. Ma nulla più. Tu non sei un suo Horcrux.
Harry rimase a lungo in silenzio fissando il suo professore. Infine parlò:
- E quindi…
- Quindi non è necessario che tu ti sacrifichi.
Vi era una densa penombra scura nella Stamberga Strillante, il Lumos a rischiarare solo le assi impolverate del pavimento, ma Harry ebbe l’impressione che Piton gli sorridesse.
Ed era un bel sorriso.
Paterno, quasi.

 


[1] Harry Potter e il principe mezzosangue, Capitolo 25 – La veggente spiata.

6. L’ultima maschera di Ida59


- E ora cosa accadrà? – chiese Harry.
Piton rimase a fissarlo a lungo prima di rispondere, gli occhi neri scintillanti nella penombra della Stamberga Strillante.
Il ragazzo era in gamba, davvero. Era il degno figlio di Lily e nei suoi occhi verdi il mago aveva letto senza difficoltà, dietro all’ovvia paura di morire, la piena disponibilità a sacrificarsi per il mondo magico. Ma se la sua tesi era esatta, il sacrificio della vita di Harry non sarebbe stato necessario.
- Ora dobbiamo distruggere gli Horcrux rimanenti. – rispose Piton con decisione.
- Dobbiamo?
Le labbra sottili del mago si incurvarono di nuovo in un lieve sorriso mentre il sopracciglio si alzava un poco, del tutto bonario questa volta:
- Mi sa che hai proprio bisogno di aiuto, Harry.
Era la prima volta che lo chiamava con il suo nome.
Non più il figlio di Lily, com’era stato per tanti lunghi e dolorosi anni nei suoi pensieri; e neppure semplicemente il ragazzo, come in quell’ultimo anno in cui aveva temuto per la sua vita. Adesso era Harry, solo Harry. Nonostante gli occhi verdi di Lily.
Harry rimase senza fiato.
Per la prima volta il Professor Piton lo aveva chiamato con il suo nome. Non più quel Potter, sibilato con gelido odio come se fosse una staffilata – e ora gli era davvero chiaro perché il mago odiasse suo padre – bensì il suo nome, semplicemente Harry. Be’… in fondo Harry stesso aveva cominciato a pensare a lui come Professor Piton, invece di quel bastardo di Piton.
Sì, indubbiamente quella notte le cose erano molto cambiate tra loro.
- Oltre a Nagini manca un altro Horcrux, giusto?
Harry annuì.
- Mi auguro che tu ormai sappia quale sia, - chiese il mago con enfasi, - e dove si trovi.
Il sopracciglio era sempre alzato, ma questa volta il professore non gli parve più così minaccioso: in fin dei conti, nelle parole di Piton aleggiava un non so che di fiducia nei suoi confronti. Una fiducia che Harry non voleva e non poteva deludere.
- La tiara, - rispose veloce, - il diadema di Corvonero.
All’improvviso Piton perse la sua imperscrutabile espressione:
- Corvonero! – esclamò. – Ecco perché l’Oscuro mi ha ordinato di mettere sotto controllo la loro torre!
- Ma non ho la più pallida idea di dove si trovi! – sputò fuori Harry. – Salvo il fatto che è qui nel castello e Voldemort sta venendo a prenderlo.
Questa volta aveva capito che era meglio dire subito e direttamente la verità al professore.
Piton ebbe un lieve moto di stizza, subito controllato:
- Continui a cercare nella sua mente le informazioni che ti servono? – domandò secco.
Harry annuì, un poco in imbarazzo, visto che non era mai riuscito ad occludere la mente come il mago aveva cercato di insegnargli:
- Peccato che siano informazioni incomplete… - cercò di ammiccare.
Piton corrucciò le labbra e si lasciò sfuggire un sospiro preoccupato:
- Ci sono tante leggende sul diadema perduto di Corvonero. – ponderò guardando fisso davanti a sé come se cercasse la soluzione all’arcano. – Perfino il Barone Sanguinario ne parla spesso: a ben pensarci, sembra quasi che ne sia ossessionato.
All’improvviso il mago si interruppe, colto da un’improvvisa intuizione:
- La Dama Grigia! – esclamò. – L’ultima volta che l’ho sentito parlare del diadema stava animatamente discutendo con la Dama Grigia!
Harry lo guardò senza capire.
- Chi è la Dama Grigia?
- Dannazione, Pott… Harry!
Il ragazzo sorrise alla correzione del proprio nome, ma l’aria interrogativa non svanì.
- Dopo sette anni di scuola dovresti sapere che la Dama Grigia è il fantasma di Corvonero!
All’improvviso Harry capì a chi doveva rivolgersi per avere informazioni sul diadema.
- Avanti, Harry, vai! – lo spronò Piton.
Il ragazzo mosse un passo per andarsene, ma poi si fermò:
- E lei, Signore?
Sulle labbra di Piton era ancora adagiato quel singolare sorriso e i suoi occhi neri scintillavano:
- Tornerò da lui. – scandì il mago, il volto pallido e di nuovo del tutto serio. – È quello il mio posto.
- Ma lei… lei non è un Mangiamorte, non è un assassino!
L’espressione di Piton si incupì:
- Lo sono stato. – si accusò lapidario.
- Ma non lo è più… da tanto tempo! – insistette Harry.
- Ho ucciso Silente.
Ogni parola pronunciata dal mago sembrava un macigno che lo schiacciava sotto il peso delle sue colpe.
- Ha solo obbedito al suo ordine! – gridò il ragazzo. – Venga con me!
- No, non ne ho il diritto. Il mio posto è solo là, nell’oscurità, – ribadì Piton con voce tetra. – da quando ho lasciato andare via… lei
Harry fissò l’uomo che quella notte aveva imparato a conoscere e di cui aveva visto il vero volto dietro a tutte le sue pesanti maschere e impeccabili recite.
- Non è vero, Signore! – disse accorato. – Anche lei ha diritto a vivere!
Piton sorrise appena lasciandosi sfuggire un breve sospiro:
- In effetti, a questo punto l’idea non mi dispiacerebbe nemmeno… – mormorò, rivolto più a se stesso che al ragazzo.
Ora che Harry sapeva, ora che i suoi occhi verdi erano tornati limpidi, privi di tutto l’odio e il disprezzo che lui stesso vi aveva fatto crescere col suo sgradevole comportamento, ecco, forse adesso dare l’addio alla vita non era più proprio quello che il mago voleva…
Poi scosse la testa e riprese, con rinnovata decisione:
- Tornerò dall’Oscuro Signore, Harry, perché solo restando al suo fianco potrò ancora aiutarti e proteggerti quando sarà arrivato il momento dello scontro finale.
Harry sentì un lungo brivido freddo percorrergli la schiena.
- Pensa a trovare e distruggere il diadema di Corvonero e io lo terrò lontano da te per il tempo necessario. – promise Piton. – E quando sarà arrivato il momento giusto, toglierò di mezzo quel maledetto serpente.
Si guardarono in silenzio per un lungo istante, poi il mago continuò:
- Se Silente ha sbagliato ed è la mia tesi quella giusta, - disse soppesando ogni singola parola, - quando Nagini sarà distrutta, non ci sarà più nulla a tenere in vita quel maledetto! – concluse con occhi di ardente fuoco nero.
- Non dovrò combattere contro Voldemort, allora?
- No, Harry, - rispose Piton, di nuovo quel singolare sorriso appena accennato sulle labbra sottili, - - non sarà necessario.
- Ma se lei ucciderà Nagini davanti a Voldemort…
Harry si interruppe mentre le immagini di quanto poteva accadere scorrevano veloci davanti ai suoi occhi.
- … la sua vita sarà in grave pericolo, Signore!
Piton sorrise ancora:
- Non è la mia vita a essere importante in questa guerra, Harry, - spiegò sospirando appena, - così come non lo era quella di Albus!
Harry deglutì a fatica.
- Lo fa… lo fa per mia madre? – chiese con voce tremante.
Severus lo guardò a fondo negli occhi di quel verde incredibile, quegli occhi così tanto e a lungo amati. Poi scosse piano la testa:
- No, Harry. – disse con inattesa dolcezza. – Lo faccio per te… per me, per tutto il mondo magico…
Poi socchiuse gli occhi per un istante:
- … e lo faccio anche per Lily, - disse in un roco sussurro tremante, - per mantenere la promessa che lei non ha mai conosciuto.
Quando riaprì gli occhi, Harry vide una nuova e fortissima determinazione in quelle profonde iridi nere.
- È tutto chiaro, Harry? – chiese secco Piton. – Sai esattamente cosa devi fare?
Il ragazzo lo guardò stupito: cosa diavolo stava succedendo?
Era arrivato il momento più difficile, Severus lo sapeva bene: l'attimo inesorabile in cui avrebbe perduto tutto quello per cui aveva lottato fino a quel punto. L’istante crudele in cui in quegli occhi verdi sarebbe tornato a regnare l’odio per un traditore e un assassino.
- Ora lancerò su di te un Oblivion selettivo. – spiegò il mago con gelido distacco. – Ricorderai solo ciò che è necessario, Harry, e dimenticherai tutto il resto.
Tutto ciò che gli aveva raccontato affinché il ragazzo potesse credere in lui, e fidarsi. Ciò che si era reso conto di avergli raccontato quasi fosse il suo testamento, affinché almeno una persona sapesse e potesse ricordare la sua memoria senza odio e disprezzo; non aveva grandi speranze di sopravvivenza in quell’ultima battaglia finale, anzi, forse voleva solo morire: in fin dei conti, aveva compiuto il suo dovere, a cosa valeva vivere ancora e continuare a soffrire?
Harry lo fissava, gli occhi verdi spalancati, limpidi e lucenti, per la prima volta colmi di fiducia e rispetto per lui, lui che era stato la causa della morte dei suoi genitori. Sì, ci sarebbe ancora stato un motivo per vivere, ma Severus non se ne sentiva degno.
Dopo una breve esitazione continuò:
- Dimenticherai tutto quello che mi riguarda.
Piton levò la bacchetta sul ragazzo.
- No! – gridò Harry lanciandosi con impeto contro di lui. – Io non voglio dimenticare ciò che ho scoperto su di lei stasera!
- È necessario, Harry, affinché tu possa compiere il tuo dovere fino in fondo. – asserì impassibile il professore. – Ed io compirò il mio!
E il primo atto di quel maledetto dovere che andava compiuto era proprio fare sì che il ragazzo tornasse a combattere senza preoccuparsi per lui, senza temere per la sua vita. Perché la sua vita non meritava le preoccupazioni di nessuno.
- No! – ripeté con decisione Harry opponendosi ancora. – Io non voglio dimenticare adesso che so la verità, non ora che conosco quale persona, realmente, si nasconde dietro la sua sgradevole maschera, Professor Piton!
Severus esitò, gli impulsi del cuore che per un momento, come tanti anni prima, sopraffacevano quelli della mente. A fatica riprese il controllo di se stesso, proprio mentre il lampo di un’intuizione balenava nei suoi ricordi: forse poteva esserci una soluzione. Forse era solo un miraggio e di sicuro la probabilità di riuscita era minima: ma cosa aveva mai da perdere nel provarci?
- E allora, se proprio sei deciso a ricordare chi sono, se davvero vuoi, - disse puntando di nuovo la bacchetta, - guardami, Harry, guardami per l’uomo che realmente io sono!
Per un istante gli occhi verdi si fusero in quelli neri, poi vi fu un improvviso lampo di luce e Piton esclamò:
- Oblivion!

7. Senza maschera di Ida59
Note dell'autore:
[1] Parole di Silente a Lucius Malfoy: “Harry Potter e la Camera dei Segreti”, Capitolo 14 - Cornelius Caramell. [2] Parole di Silente a Harry: “Harry Potter e la Camera dei Segreti”, Capitolo 18 - Un premio per Dobby.
[3]
Parole di Silente a Piton: “Harry Potter e i Doni della morte”, Capitolo 33 – La storia del Principe.

 
La battaglia era durata a lungo: la scuola era ormai semi distrutta e invasa dai Mangiamorte, i suoi difensori decimati e senza più speranze.
Si era arrivati alla resa dei conti nella Sala Grande: Harry Potter, ferito, sanguinante e zoppicante era solo di fronte a Voldemort, forte e invincibile, ormai certo della vittoria finale; tutti gli altri assistevano immobili e in silenzio al duello che avrebbe decretato la sorte del mondo magico.
Solo Nagini si muoveva, strisciava nel cerchio che si era formato intorno ai due contendenti, finalmente libera da pochi istanti dall’impenetrabile gabbia incantata nella quale Voldemort l’aveva tenuta protetta fino a poco prima, quando, nell’esaltazione della vittoria di cui aveva ormai la certezza, aveva deciso che anche il serpente potesse infine partecipare all’apoteosi finale.
Severus Piton era in un angolo, invisibile a tutti grazie a una sua pozione segreta. Aveva impiegato il suo tempo a proteggere come poteva i combattenti, soprattutto gli studenti, ma anche i professori e i membri dell’Ordine quando ne aveva avuta l’occasione. Come un nero angelo senza ali, si era mosso rapido tra i duellanti ed era stato ovunque un suo incantesimo di difesa o uno scudo protettivo potessero salvare una giovane vita. Eppure, troppe volte era arrivato in ritardo, o era stato troppo lontano per intervenire, e aveva visto impotente giovani maghi e streghe accasciarsi al suolo senza vita in quell’ultima battaglia che si era trasformata in un massacro.
Aveva più volte cercato di eliminare Nagini, ma l’infuriare della battaglia, la necessità di proteggere i ragazzi e la potenza della gabbia incantata da Voldemort glielo avevano sempre impedito.
Adesso, però, il serpente era libero e il mago poteva finalmente compiere il suo dovere.
- Bene, Harry Potter, ora non puoi più fuggire, – sibilò Voldemort con la sua fredda e acuta voce insinuante, - né puoi più farti scudo dei tuoi amici.
Con un gesto plateale indicò i sopravvissuti tenuti sotto tiro dalle bacchette dei Mangiamorte che li soverchiavano in numero.
Gli occhi di Harry erano fissi su Nagini e Severus poté leggervi chiara la preoccupazione del ragazzo che sapeva di non poter affrontare con successo Voldemort finché il suo ultimo Horcrux, il serpente, era ancora vivo. Ma, al tempo stesso, Harry sapeva che non ci sarebbe stata alcuna possibilità di successo per lui in quello scontro finale; doveva sacrificare la propria vita, perché lui stesso era un Horcrux: doveva lasciarsi uccidere da Voldemort affinché anche quell’ultimo brandello d’anima fosse distrutto. Eppure, qualcosa dentro di lui lo frenava, gli imponeva di aspettare ancora: sapeva di essere un Horcrux, glielo aveva detto Silente. Però… non riusciva a ricordare quando glielo avesse rivelato, e questa era davvero pura follia. Forse la sua mente non funzionava più, forse era stato colpito da troppi incantesimi…
Severus pregò che il suo Oblivion selettivo avesse funzionato e che nei ricordi del ragazzo, insieme alla tesi di Silente che Harry fosse un involontario Horcrux di Voldemort, fosse rimasta anche l’essenziale informazione di non sfidare l’Oscuro Signore finché Nagini non fosse morta.
- Non intendo fuggire, - rispose lentamente Harry senza mai perdere di vista Nagini, - non sono mai fuggito davanti a te.
Severus si trovò mentalmente a implorare il ragazzo di cercare di guadagnare ancora tempo e, soprattutto, di non provocare le ire dell’Oscuro Signore. E quell’inizio non andava affatto bene…
Voldemort non ebbe difficoltà a notare che l’attenzione di Potter era volta verso Nagini e, timoroso che volesse farle del male, ordinò secco:
- Nagini, esci dal castello! Ora!
Il grosso serpente sollevò la testa e in un guizzo spinse fuori la lingua biforcuta, quasi volesse protestare contro l’ordine del suo padrone; poi tornò a strisciare obbediente per terra, fendette con il suo grosso corpo sinuoso la folla che si aprì impaurita al suo passaggio e si diresse velocemente verso l’uscita della Sala Grande.
Severus, che si trovava dall’altra parte della sala, scivolò rapido e silenzioso dietro il cerchio di spettatori stretto intorno ai due contendenti: l’effetto della pozione dell’invisibilità stava ormai svanendo e a tratti poteva vedere il proprio mantello nero apparire nell’aria e ondeggiare al suo fianco.
Doveva fare presto, prestissimo, prima che fosse troppo tardi. E ormai gli rimaneva davvero poco tempo. Se la tesi di Silente fosse stata sbagliata, come Severus era convinto, il sacrificio cui Harry stava andando incontro gli sarebbe stato fatale e avrebbe regalato all’Oscuro Signore la supremazia su tutto il mondo magico.
Accelerò il passo e si mise quasi a correre verso l’uscita della sala all’inseguimento del serpente diretto verso il portone d’ingresso: nessuno degli spettatori al duello finale avrebbe badato a un mago vestito di nero che nella notte correva forse incontro alla propria morte.
Doveva riuscire a eliminare Nagini prima che lo scontro finale si compisse; in cuor suo sperava che le manie di grandezza di Voldemort lo portassero a perdere tempo parlando ancora con Harry. E altrettanto fortemente si augurava che Harry gli desse corda e non si lasciasse invece prendere dalla solita irruenza di Grifondoro: di morti quella notte ce n’erano già stati abbastanza e se qualcuno doveva ancora sacrificarsi, quello era lui, Severus Piton, non certo un giovane mago dall’anima pura e limpidi occhi verdi!
Il mago giunse correndo al Salone d’Ingresso: Nagini era ancora lì e sentendolo arrivare si girò e lo fissò con i suoi freddi occhi. Dalla Sala Grande giungevano ovattate le voci di Voldemort e di Harry, a tratti coperte dalle esclamazioni degli spettatori. Non doveva lasciarsi distrarre: aveva ancora un dovere essenziale da compiere.
Se la sua personale ipotesi, del tutto in antitesi con quella di Silente, fosse stata giusta, con l’eliminazione di Nagini non ci sarebbero stati altri frammenti della sua anima a tenere Voldemort ancora legato alla vita. Si sarebbe afflosciato davanti a tutti, finalmente privo di vita. Per sempre.
Di nuovo l’urlo della folla giunse alle sue orecchie: forse il duello era iniziato.
Nagini era davanti a lui, la testa sollevata sul grosso corpo e la lingua guizzante.
Doveva essere veloce e letale, doveva dimostrare ancora una volta la sua piena fedeltà a Silente e compiere la missione che gli aveva affidato tanti anni prima: proteggere il figlio di Lily.
Ma Harry non era più solo il figlio di Lily. Se quella notte il mago si era mostrato a lui senza maschere, era solo perché il ragazzo in tutti quegli anni era riuscito a entrargli nel cuore, era riuscito ad essere il figlio che tanto avrebbe desiderato da Lily. Non vedeva più il volto dell’odiato James nei giovani lineamenti di Harry; vedeva solo un ragazzo che aveva bisogno di guida e di affetto, un ragazzo che era rimasto solo e aveva perduto tutti i suoi punti di riferimento.
Severus ormai vedeva solo un ragazzo dai limpidi occhi verdi che credeva in lui.
Nagini si era fatta molto nervosa e si era avvicinata, quasi volesse attaccarlo.
Il mago levò la bacchetta augurandosi che, tolta la protezione della gabbia magica, nient’altro difendesse l’Horcrux e, quindi, la sua magia fosse sufficiente a uccidere il serpente senza venire a sua volta ucciso dalle difese messe in opera dal brandello d’anima di Voldemort.
Un lampo vermiglio entrò dal varco lasciato dall’anta divelta del portone d’ingresso della scuola e si stemperò poi in scintille dorate: era Fanny.
La fenice si posò al suo fianco lasciandogli scivolare in braccio un involto scuro e rattoppato: il Cappello Parlante!
Fanny era arrivata in suo aiuto e un lieve sorriso sfuggì dalle labbra del mago ricordando le parole che tanti anni prima Albus gli aveva detto e che da un anno continuava ossessivamente a ripetersi, dopo la terribile notte sulla Torre di Astronomia: avrò veramente lasciato la scuola soltanto quando non ci sarà più nessuno che mi sia fedele. [1]
E Severus gli era sempre stato fedele, su questo non c’era alcun dubbio!
Il mago sentì il Cappello Parlante pesare fra le sue mani e subito intuì che contenesse la Spada di Grifondoro, la stessa che Silente aveva usato per distruggere l’Horcrux contenuto nella pietra dell’anello e di cui aveva avuto bisogno Ron per distruggere quello contenuto nel medaglione di Serpeverde.
Altre parole del vecchio preside gli risuonarono nella mente: soltanto un vero Grifondoro può estrarre la spada dal cappello.[2]
La grossa testa piatta e rettangolare di Nagini era davanti a lui, le grandi fauci spalancate e i denti aguzzi colmi di veleno magico.
Severus infilò la mano nel Cappello, esitante, aggrappato al ricordo di altre parole di Albus, parole che lo avevano stupito e che, forse, non aveva mai compreso appieno: sei un uomo molto più coraggioso di Igor Karkaroff. Sai, a volte credo che lo Smistamento avvenga troppo presto... [3]
Con un sorriso di trionfo Severus estrasse la spada d’argento, la mano dalle lunghe dita pallide e affusolate stretta con forza sull’elsa tempestata di rubini.
La testa di Nagini scattò in avanti per azzannare e i denti scricchiolarono sbattendo tra loro quando mancò la presa; il mago si era sottratto all’attacco con un rapido movimento e stava ora tirando un fendente deciso: tagliò di netto la grossa testa del serpente che rimbalzò a terra e poi rotolò sul pavimento fermandosi contro un mucchio di calcinacci e pietre.
Severus non degnò di un solo sguardo il grosso corpo di Nagini che si abbatteva di schianto a terra: lasciò cadere la spada e si slanciò veloce verso la porta della Sala Grande proprio mentre un urlo di orrore vi echeggiava.
Voldemort stava lanciando il suo fatale Avada Kedavra contro il ragazzo che era coraggiosamente fermo davanti a lui, indifeso e vulnerabile, del tutto pronto al sacrificio finale, la bacchetta che era stata di Draco a terra vicino al suo piede destro, irrimediabilmente spezzata.
Il raggio verde della maledizione mortale eruppe con odio furioso dalla punta della bacchetta del mago oscuro, si innalzò e si diresse rapido verso il petto inerme di Harry.
Poi, come in un sogno, mentre Severus correva veloce dentro la Sala Grande e si faceva strada tra gli spettatori accalcati e ormai ammutoliti, vide la traiettoria fatale interrompersi e la luce verde del sortilegio affievolirsi e poi svanire del tutto a pochi centimetri dal petto di Harry che era rimasto immobile ad attenderla.
Spostò lo sguardo verso Voldemort e lo vide afflosciarsi di colpo su se stesso, un’espressione di incredulità dipinta sui lineamenti serpentini. Si sgonfiò come un sacco vuoto, privo di reale vita ormai da anni, ripiegandosi su se stesso, mentre il suo corpo si sbriciolava tramutandosi in impalpabile cenere.
Tom Riddle era morto. Morto come avrebbe già dovuto essere diciassette anni prima.
Severus sorrise stirando appena le labbra sottili: la sua tesi era quella giusta, ma senza la Spada di Grifondoro non avrebbe potuto salvare Harry.
Un urlo lacerò l’aria della Sala Grande:
- Eccolo! È là, in mezzo alla folla: è quel fottuto bastardo di Piton!
Era stato Paciock a individuarlo, il ragazzo che per tutto l’anno aveva guidato contro di lui la rivolta dell’Esercito di Silente e che ora lo stava indicando a tutti.
Il mago ormai era arrivato quasi in prima fila e il resto della folla si aprì quasi, spingendolo avanti.
Decine di bacchette si levarono contro di lui e Harry avanzò fino a fronteggiarlo:
- Ah! Eccolo il codardo che si è nascosto per tutta la durata della battaglia!
Piton impallidì lievemente, ma mantenne la sua espressione imperturbabile, il volto fiero rivolto in avanti: aveva compiuto il suo dovere e Harry era salvo. Questo solo era importante.
- Cercavi di filartela in mezzo alla folla, vigliacco, ora che il tuo padrone è morto?
Il mago sostenne impavido lo sguardo colmo di odio di quegli occhi verdi che solo poche ore prima lo avevano guardato in modo ben diverso.
Lo fissò in profondità, gli occhi neri nei verdi, e poi disse, con impassibile calma, la voce profonda e ferma:
- Se davvero vuoi, guardami, Harry, guardami per l’uomo che realmente io sono!
Per un lungo istante infinito gli occhi verdi si fusero in quelli neri.
- Un assassino, un bastardo traditore, ecco chi sei! – urlò Harry indicandolo a tutti quanti.
Un lampo di terrore passò per un fugace istante negli occhi di Piton. Sapeva a priori che quel sortilegio era molto difficile, che raramente funzionava. E sapeva perfettamente cosa sarebbe accaduto se avesse fallito. Era un rischio fatale che aveva messo in conto fin dall’inizio.
- Usa la mia, Harry, e uccidilo!
Neville gli lanciò la sua bacchetta e Harry l’afferrò al volo con il suo istinto di Cercatore, senza neppure spostare lo sguardo dagli occhi neri e scintillanti del mago davanti a lui. Sentiva l’odio montargli in petto: era solo colpa di Piton se i suoi genitori erano morti.
Brandì la bacchetta e la puntò contro il viso del mago: voleva sentirlo implorare, quel maledetto assassino, quello schifoso codardo che aveva ucciso Silente solo per salvarsi la vita!
Severus trattenne il fiato e rimase immobile, gli occhi sempre fissi in quelli di Harry, pronto a ricevere la maledizione di morte che già leggeva nella mente del ragazzo.
Era giusto così, lui solo era la causa della morte di Lily e James, e Harry adesso avrebbe rimesso a posto ogni cosa. In fin dei conti, aveva compiuto il suo dovere, fino in fondo: aveva salvato il ragazzo che non sarebbe mai stato suo figlio… e ora poteva anche morire.
- … Professor Piton!
La voce di Harry tremò, vibrante di profondo rispetto.
Severus deglutì a fatica:
- Harry… - sussurrò, un sorriso appena accennato che si posava con sollievo sulle labbra sottili.
Un sorriso che Harry già conosceva bene.
Un sorriso che desiderava rivedere. Ancora e ancora.
Il ragazzo lo aveva infine riconosciuto per l’uomo che realmente era: era riuscito a revocare l’Oblivion con le stesse parole con le quali lo aveva lanciato poche ore prima. E questo significava una sola cosa: il ragazzo davvero non voleva dimenticare, non dopo aver saputo la verità, non dopo aver conosciuto quale persona, realmente, si nascondeva dietro la sgradevole maschera di Severus Piton!
Nel silenzio sospeso e sbalordito che era sceso intorno a loro, il mago scosse piano il capo, il sopracciglio che si sollevava, forse solo per abitudine:
- Perché, dannazione, perché sei rimasto fermo davanti a lui? Perché non hai cercato di fuggire e salvarti la vita?
Il sorriso si allargò sul volto sudato e coperto di schizzi di sangue e terriccio di Harry:
- Forse perché avevo piena fiducia in lei, Professor Piton? Perché sapevo che avrebbe compiuto il suo dovere, fino in fondo?
Severus fissò in silenzio il figlio che avrebbe voluto fosse suo, mentre il sole sorgeva dopo quella tremenda notte di battaglia e il soffitto incantato della Sala Grande si incendiava di luce.
- Grazie, Professor Piton, grazie per tutto quello che ha sempre fatto per me! – esclamò Harry buttando le braccia al collo del mago mentre intorno a loro si levavano esclamazioni di sorpresa sempre più forti.
Severus rimase immobile, rigido tra le braccia di quel figlio che aveva protetto per tutta la vita, mentre la commozione dilagava sul pallore del suo volto e una lacrima solitaria scendeva ad incontrare il suo sorriso.
 

Questa storia è stata archiviata alle http://www.acciofanfiction.com/viewstory.php?sid=4905