Note al capitolo

Un capitolo un po’ palloso, immagino, ma necessario. Ho immaginato cosa potesse aver attratto Tonks all’inizio, e Remus, negli scambi di opinione dell’Ordine, ha davvero questo ruolo centrale, non è un uomo solo per via dell’età, ma si comporta come tale; anche le persone più grandi di lui, o più qualificate, gli danno retta e chiedono la sua opinione. Ho pensato che per lei, che l’aveva idealizzato non poco, sarebbe stato difficile all’inizio accettare che non era solo ‘forte’. Quindi immagino una Tonks meno matura di quella che vediamo del settimo libro, che accetta le debolezze del marito senza batter ciglio, ma comunque non una bambina.  Ha 22 anni, lavora da un anno, probabilmente vive da sola… insomma, non è un’adolescente, è molto giovane, ma adulta. E non fatevi venire strane idee, Magnus ha la sua età ;-)

 
"Questo atteggiamento mentale è il peggior tipo di sottomissione: aver paura di fare ciò che è giusto per non dare fastidio a chi è nel torto."
‘Agent 6’, Tom Rob Smith

Tonks riuscì ad acchiappare Kingsley un attimo prima che sparisse nel suo ufficio.
“Ehi!” lo salutò.
“Ehi anche a te,” gli fece eco lui con un sorrisetto.
“Posso parlarti due secondi?”
Kingsley scrollò le spalle.
“D’accordo,” acconsentì, guidandola alla propria scrivania.
Le altre postazioni dell’ufficio erano in quel momento deserte, ma Tonks decise di andare subito dritta al punto perché sapeva che Savage e Dawlish potevano arrivare da un momento all’altro. Era in corso una qualche indagine in cui lei non era stata coinvolta.
“Senti, tu conosci Remus?”
Lui aggrottò la fronte, guardando lontano quanto glielo permetteva l’angusto spazio dell’ufficio.
“Intendi quel tipo allampanato che bazzica il nostro lugubre secondo quartier generale? Credo di averlo notato, sì.”
Tonks sbuffò.
“Non prendermi in giro, sai cosa intendo!”
“Certo, scusami.”
“No, scusami tu, ma oggi mi prende un po’ male…”
Kingsley la studiò preoccupato. Era la ‘piccola’ sia dell’Ordine che del reparto Auror e il fatto che gli altri stessero in pensiero per lei solo perché era la più giovane la faceva arrabbiare sempre di più man mano che passava il tempo. Era ormai un anno che prestava servizio al Ministero, non era più una novellina!
“Non lo conosco molto più di quanto lo conosca tu.”
“Beh, meglio che niente. Non è un bamboccio, vero?” aggiunse a bruciapelo, sperando così di ottenere un giudizio istintivo e perciò sincero.
“Un bamboccio?”
“Di solito è così maturo e autoritario!”  ridusse la voce a un bisbiglio. “Tutti nell’Ordine danno un gran peso al suo parere e spesso si finisce con il fare ciò che dice,” argomentò, cercando di non palesare troppo quanto cieca fosse la sua ammirazione.
“È così,” confermò Kingsley.
“Già! Ma ieri mi è scaduto un sacco…”
Era rimasta molto delusa dal comportamento tenuto da Remus il giorno precedente, si era comportato come un immaturo e ora temeva di essersi sbagliata sul suo conto. Aveva ventidue anni ed era attratta da uomini che non fossero tali solo in senso anagrafico: non voleva certo trovarsi invischiata in una relazione con un uomo di tredici anni più vecchio che richiedeva le stesse attenzioni di un quindicenne, perché quella era la sua età mentale!
Sarebbe stato… imbarazzante. E per niente erotico. Desiderava un amante, non un bebè!
Kingsley, che era una persona discreta, non chiese spiegazioni, limitandosi ad attendere in silenzio che lei proseguisse.
“Voi due avete pochi anni di differenza, vi frequentavate a Hogwarts?” investigò.
Remus era così chiuso, scherzava e parlava parecchio, ma mai di sé. Si era resa conto di non conoscerlo affatto: aveva battezzato la sua reticenza con l’affascinante termine ‘misterioso’, invece di domandarsi il perché del suo comportamento.
“Non direi, no. Remus faceva parte di una combriccola molto esclusiva.”
“Rimarrei delusa se mi raccontassi cosa combinavano?”
Kingsley puntò gli occhi nei suoi, sorpreso. Tonks dava spesso dimostrazione del suo intuito, ma la gente aveva la sgradevole abitudine di dimenticarsene ogni volta.
“A scuola erano considerati i migliori e, come te e tanti altri ragazzi, non erano particolarmente ligi alle regole,” non si scompose lui. Il messaggio era chiaro: non intendeva esprimere un giudizio su di loro.
Kingsley era molto bravo a misurare le parole, non si sbilanciava quasi mai.
“Io non mi comportavo affatto bene, e lo racconto in giro senza vergogna perché non ho mai fatto nulla che non volessi fare. Ho una morale che non ho mai tradito.”
Kingsley abbozzò un sorriso.
“Tu sei una ragazza forte: sei persino sopravvissuta a Malocchio. Non è da tutti!”
Gli sorrise, lusingata dal complimento.
“È che io credevo che anche Remus fosse forte,” rispose, senza riuscire a nascondere la delusione.
Lui strinse le mani sulla scrivania, inclinando leggermente la testa di lato.
“Dovresti parlarne con lui. Scommetto che sei abbastanza forte da capire che essere ‘forti’ non significa essere perfetti.”
 

***

Remus si svegliò quando il sole era già alto. Aveva preso sonno molto tardi a causa del caldo soffocante di quei giorni e alcuni pensieri su cui preferiva non tornare subito a rimuginare non l’avevano certo aiutato a rilassarsi.
I Weasley si erano trasferiti a Grimmauld Place da qualche settimana, quindi sarebbe stato costretto a vestirsi per raggiungere il bagno: amava avere gente attorno, ma c’erano anche alcuni svantaggi che non aveva calcolato.
A causa dell’affollamento si poteva disporre della lavanderia secondo turni rigidissimi e lui non aveva praticamente quasi più nulla di pulito.
Frugò sul pavimento, raccattando una camicia e un paio di pantaloni stropicciati, che si infilò mentre contemporaneamente dava un’occhiata nel cassettone accanto al letto.
Aveva ancora della biancheria e un paio di camice pulite, ma era agli sgoccioli: il suo guardaroba contava pochi capi, se non poteva fare il bucato più che spesso presto sarebbe rimasto in mutande… o più probabilmente anche senza quelle.
Aprì la porta della camera, pregustandosi una lunga doccia fredda, e andò a sbattere contro…
“Tonks!” esclamò stupefatto.
“Dobbiamo parlare!” esordì lei, senza apparentemente notare il suo aspetto più arruffato del solito.
Remus, imbarazzato dalla propria performance alla gelateria, mise su un’aria di convincente indifferenza.
“Mi sono appena alzato,” le fece notare, sperando di potersela dare a gambe.
Tonks sporse il labbro inferiore, scrutandolo con i suoi luminosi occhi scuri.
“Io esco con Magnus, te ne farai una ragione,” affermò, alzando un po’ il mento in un atteggiamento di sfida.
Voleva litigare, ma lui non era disposto a darle corda. Sapeva come sarebbe andata a finire: lei avrebbe dovuto fare delle scelte, e lui non era mai stato la prima scelta per nessuno in vita sua. Non per James, che se fosse stato costretto a scegliere tra lui e Sirius avrebbe optato per Felpato quasi senza batter ciglio, non per Harry, che non lo calcolava minimamente malgrado avesse sempre cercato di far sentire la propria voce.
Per Tonks sarebbe stato lo stesso. Visto che avrebbe comunque scelto Magnus, che lo facesse esclusivamente per sua decisione, senza coinvolgerlo.
“Come vuoi,”  le rispose a denti stretti.
Lei accentuò il broncio, accusando il colpo.
“Cioè non ti fa arrabbiare che io abbia flirtato con te – perché l’ho fatto veramente, non te lo sei immaginato! – e ora me ne vengo fuori così?”
Remus fissò lo sguardo sulla macchia di umidità che stava scollando la tappezzeria dal muro alle sue spalle.
“Va bene così.”
“No! No che non va bene!”
Non gli sfuggì la delusione nella sua voce.
“Cosa vuoi che ti dica? Che ti ordini di lasciare Magnus? Mi odieresti. L’altro giorno mi sono comportato come un deficiente, ho perso la testa. Mi spiace.”
“Quasi quasi ti preferivo deficiente,” brontolò lei. “Ed è vero, ci sono rimasta male per la tua caduta di stile, ma io sono l’ultima persona al mondo che può fare di una stupida caduta una colpa imperdonabile.”
La sua battuta assolutrice lo fece sentire subito meglio, ma lei non aveva finito.
“Il punto è che sono io che ho sbagliato a non dirti niente di Magnus. Mi sono comportata in maniera pessima e tu dovresti cantarmele per bene, ti ho messo nella condizione di farlo solo un minuto fa! Invece decidi che ho ragione perché temi che ti tenga il muso?”
Era incredula, e a ragione. Lei l’aveva visto sempre e solo assieme ai membri dell’Ordine, e ormai non taceva più con nessuno, Sirius compreso. Se aveva qualcosa da dire lo faceva davanti a tutti, senza darsi troppa pena per la loro opinione; finché si trattava di lavoro, o di tenere a bada Felpato, era all’altezza della situazione. Il problema era che con lei si andava sul personale, sui sentimenti. Ed era ancora talmente difficile, per lui.
“Io l’avrei spiegato in maniera meno colorita, ma… è più o meno così,” ammise.
“Remus, questo atteggiamento mentale è il peggior tipo di sottomissione: aver paura di fare ciò che è giusto per non dare fastidio a chi è nel torto!” fece una pausa per dargli modo di difendersi, ma lui rimase immobile e silenzioso. “Così non va, non è su queste basi che si costruisce una relazione sana.”
Sentì il cuore afflosciarsi in un misero mucchio nel petto. Tonks l’aveva centrato in pieno, aveva descritto su cosa si era basata ogni sua relazione, d’amicizia o d’amore che fosse.
Chiaramente non era adatto a lei, che desiderava qualcosa di vero fino in fondo, non paura e quel comportamento da branco che non gli veniva dal lupo, come gli avrebbe fatto comodo sostenere, ma dalla sua patetica necessità di farsi voler bene.
“Non vedo dove stia il problema, tu un uomo lo hai già. O almeno, non ho controllato in maniera approfondita, ma suppongo che Magnus lo sia, anche se ancora non ha neppure l’ombra di una barba.”
Quasi si morse la lingua, e quella da dove gli era uscita?
“Tu non sai nulla di Magnus,” si indispettì lei, anche se dall’espressione del viso sembrava aver appena aperto gli occhi su un particolare che non aveva mai notato prima. “È vero, sembra ancora un ragazzino… Per le Mutande di Merlino! Chissà se si rade o davvero non ne ha ancora bisogn…”  scacciò l’argomento dalla mente con un gesto seccato. “Ma non è questo il punto! Per lui è difficile…”
“Anche per me è difficile. E non una cosa in particolare, lo è più o meno tutto,” lo disse in maniera svagata, come fosse una cosa su cui ridere su. Poi si sentì male, la gelosia era una bestia quasi peggiore del lupo: lo stava obbligando a esporsi e lui non voleva farlo. Finché la loro relazione – se così poteva essere definita – era stata superficiale era stato bello, e piacevole, ma così… così no. “Torna da lui, adesso. Per lui è difficile, avrà bisogno del tuo aiuto. Insomma, un giorno o l’altro la barba inizierà  a crescergli – succede a tutti! - e tu dovrai insegnargli a…” notò che gli occhi di lei si inumidirono, come se l’avesse profondamente offesa. Stava sul serio cadendo molto, molto in basso. “Scusa. Ora la pianto.”
“È davvero questo che pensi?”
Remus evitò il suo sguardo.
“Tu un uomo lo hai già,” ripetè cocciuto.
“Sì!” esclamò lei, frustrata. “E visto come ti stai comportando vedrò di tenermelo stretto!”
Girò sui tacchi e marciò verso la scalinata che portava al piano di sotto, trovandosi il vuoto sotto ai piedi al primo scalino non calcolato.
Cadde scendendone almeno quattro con il sedere prima di riuscire a tirarsi in piedi, indifferente allo scivolone, come fosse stata di gomma.
Remus rimase impalato a guardarla uscire in strada, chiedendosi come quella ragazzina riuscisse a far crollare tutte le sue difese, mettendolo a nudo come nessun’altro prima d’allora era riuscito a fare.

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