Note alla storia
Scritto appositamente per la sfida lanciata da VeryHermy su Accioforum: "Breathe no more"; l'ispirazione è nata ascoltando la canzone omonima, degli Evanescence.Proprio come mi ha insegnato VeryHermy, vi consiglio col cuore di ascoltare la canzone mentre leggete: vi aiuterà a calarvi nell'atmosfera triste ma dolce che ho cercato di dipingere ^^ Buona lettura!
Note al capitolo
Questa ff è nata per caso, è uscita dalla tastiera come se fosse dentro di me da molto tempo. E' uno sfogo che mi è venuto spontaneo, e la dedico a chi ha provato queste sensazioni almeno una volta nella vita.Perchè si può sempre trovare il coraggio per andare avanti!
I've been looking in the mirror for so long.
That I've come to believe my soul's on the other side.
All the little pieces falling, shatter.
Shards of me,
Too sharp to put back together.
Too small to matter,
But big enough to cut me into so many little pieces.
If I try to touch her,
And I bleed,
I bleed,
And I breathe,
I breathe no more.
Non ho idea da quanto tempo sia qui.
Un’ora? Due? Un pomeriggio? O forse un giorno intero?
Credo che il dolore che sento dentro non abbia tempo, che non esista orologio in grado di misurarne la durata.
E resto qui, seduta goffamente davanti allo specchio, nella speranza di ritrovare la mia anima nella mia immagine. Ed invece, tutto ciò che riesco a vedere, è solo uno sbiadito riflesso del tuo viso, come se tu fossi là dietro, presso la porta, ad osservarmi.
Hai un ghigno dipinto sulle labbra, quelle belle labbra che ti ho sempre invidiato. Ridi del mio dolore, del mio smarrimento, del mio sentirmi così sola. Ridi di me, della mia ingenuità, della mia fede... di tutto quello che ora si è frantumato.
Ma poi mi rendo conto che nello specchio ci sono soltanto io. Il mio viso fin troppo noto, le occhiaie, e questi occhi che tutti hanno sempre detto essere così dolci.
Vedi? Non sono come te... come voi. Credevo che questo fosse la mia forza, e invece ora ho capito che è solamente la mia più grande debolezza.
Pensavo che tutto sarebbe stato migliore, lontana da voi, libera di scegliere, e che la mia anima avrebbe finalmente respirato, quando avrei potuto vivere circondata da cose volute e conquistate con coraggio. Ero sicura che avreste ammirato la mia forza, nonostante tutto. Non che sperassi di darvi un esempio, ma nessuno avrebbe potuto impedirmi di avere fede nell’idea che non avreste mai smesso di amarmi.
Mi sbagliavo. La mia anima si è frantumata in tanti pezzi... così piccoli che voi, che mi avete cancellata dalla nostra vita, avete perfino smesso di vederli... così piccoli che nemmeno io mi riconosco più, eppure fa male e non so che cosa fare.
Forse quel qualcosa che teneva insieme la mia anima eravate voi. Vi ho tradite, voi mi avete voltato le spalle, ed ora io non esisto più.
O forse, più semplicemente, io non sono più io, cioè quella che era anche vostra... ho preteso di essere contemporaneamente due persone diverse, tua, vostra sorella ed un’estranea che non vi apparteneva. Mi sono illusa, ed ora è arrivata la resa dei conti.
Ero due persone diverse e non me ne rendevo conto, speravo avrei potuto conciliarle invece di dover scegliere.
Mi sembrava che lei fosse la prova che tra me e te ci fosse ancora l’affetto di un tempo, che tu non avessi il coraggio di comprometterti sventolando al mondo che mi amavi comunque, ma attraverso di lei, la nostra sorellina, mi sussurrassi che tutto, in fondo, era ancora come da bambine.
Ed invece... quando è stata l’ultima volta che lei mi ha fatto visita?
Ancora prima di fidanzarsi.
Poi c’erano i preparativi per le nozze, e pensavo fosse troppo oberata di impegni. Poi il matrimonio, ed io non solo non sono stata invitata, ma mi si è pure intimato di non presentarmi.
Ma non ho perso la fede. Ero sicura fosse stato un ultimatum di nostra madre. Ero sicura che nulla e nessuno potesse dividerci, mai.
E poi è nato suo figlio, e nemmeno una parola per annunciarmelo.
Come se non valesse la pena di dirlo a me, ma solo a te. Ad una sorella sì, ma all’altra no.
E adesso tu... condannata a vita. E nessuno che si preoccupi di informarmi.
Quando sono venuta a saperlo, per caso dal giornale, credevo di morire. Non posso crederci.
E mi sento in colpa, perché non è per la tua condanna che sto così male... ma semplicemente perché ho capito, in un lampo, che le mie sono state solamente illusioni, che quella che credevo di essere, e cioè la vostra Meda, indipendentemente dalla mia sete di libertà e dalle mie scelte, non esiste più. E non esiste più da tanto, ed io non me ne sono mai accorta.
Io per voi sono morta, non esisto più. E non l’ho capito, non ho voluto accettarlo, continuando ad illudermi di avere un posto nelle vostre vite, nei vostri pensieri, nei vostri cuori.
Ed ora ho capito che mi avete cancellata ciò nel momento stesso in cui ho messo la firma sull’atto di matrimonio, e voi avete bruciato il mio nome sull’arazzo di famiglia.
E ora sono rimasta sola.
Tu, condannata ad Azkaban a vita.
Cissy, troppo presa dalla sua famiglia per ricordarsi della mia esistenza. Non risponde se le scrivo, mi ignora se cerco di incontrarla.
E Sirius, l’amico della mia infanzia, il mio unico vero amico... anche lui...
Credevo che le mie scelte mi avrebbero riempito la vita, che mio marito e mia figlia mi sarebbero bastati per sempre, che non avrei mai più avuto bisogno d’altro. Che l’affetto per voi sarebbe rimasto, ma non sarebbe più stato indispensabile come prima a colmare il mio cuore.
Ma ora mi rendo conto che quella che credevo di essere, per voi è morta, e l’altra donna che sono – moglie e madre – non mi basta.
Mi guardo allo specchio, sperando di ritrovare la ragazzina che vi adorava, che non poteva vivere senza di voi. Sento le vostre voci, e mi chiedo quando sia morta e come abbia fatto a non accorgermene, a non provare dolore.
Sento di odiarmi, perché dovrei amare di più quello che ho ottenuto solo col mio coraggio, ed invece mi sento lacerata.
Questo fa male... e quanto. Piango come una bambina, mentre tremo, non so se solo per i singhiozzi o anche perché ho lasciato la finestra aperta.
Forse sono morta, poco fa, perché mi sembra di sanguinare. Mi porto una mano al petto dandomi della stupida, eppure mi sembra di sentire il calore viscido del sangue, come se mi avessi pugnalata, e ora ridessi della mia ingenuità, del mio stupore...
La superficie dello specchio è gelida contro la mia fronte. Il riflesso si appanna per il mio respiro, e resto ad osservarlo, come una bambina.
Alla mia Dora questo gioco è sempre piaciuto, ma io ora sto troppo male per apprezzarlo, così rimango immobile a fissare il mio respiro, le mani strette al petto, sento il mio sangue, anche se so che è soltanto la mia immaginazione.
Respiro più forte, e poi... non respiro più.
Forse è ora che sono morta davvero.
Take a breath and I try to draw from my spirits well.
Yet again you refuse to drink like a stubborn child.
Lie to me,
Convince me that I've been sick forever.
And all of this,
Will make sense when I get better.
But I know the difference,
Between myself and my reflection.
I just can't help but to wonder,
Which of us do you love.
So I bleed,
I bleed,
And I breathe,
I breathe no...
Bleed,
I bleed,
And I breathe,
I breathe,
I breathe-
I breathe no more.
Credevo sarebbe sempre andato tutto bene. Che avreste capito e seguito la mia sete di libertà, la mia insofferenza alla rigidità dell’educazione nella nostra famiglia.
Ero sicura che non sarei mai andata da nessuna parte senza di voi.
Poi ho conosciuto Ted, e ho scoperto che potevo essere felice anche con qualcuno che non fosse voi due.
Voi questo non lo avete mai accettato. Anche se non ho ancora capito se fosse perché Ted è nato Babbano, o se avreste reagito così anche se fosse stato un Purosangue da generazioni.
Forse eravate solo gelose perchè avevate paura di perdermi.
Ma temo che non saprò mai la verità, non ora che tu sei ad Azkaban, e che Cissy sembra essersi dimenticata di me.
Eppure io allora non immaginavo nulla, ero felice come non ero mai stata prima. Ero innamorata, e sapevo che lui sarebbe stato l’uomo della mia vita. Non veniva da una famiglia nobile, ed anzi, in quanto nato Babbano, aveva ancora uno sguardo spaesato per la magia; era un anticonformista, e nello stesso tempo un idealista e un sognatore… come me. Come voi non siete mai state, troppo assuefatte alla mentalità rigida e pragmatica della nostra famiglia.
La pecora nera sono sempre stata io, anzi: io e Sirius.
Ma so di essere una codarda rispetto a lui, lui che ha avuto il coraggio di essere smistato non solo in una Casa che non fosse quella di famiglia, bensì a Grifondoro... io no. Io ho rifiutato il consiglio del Cappello Parlante, non avrei potuto stare lontana da te, allora.
E adesso mi sento una fallita, perché credevo di aver costruito tanto con le mie mani: un matrimonio felice con un marito che amo alla follia, una bella bimba che mi dà un sacco da fare...
Eppure, in questo momento ogni cosa nella mia vita mi sembra un disastro, e non riesco a pensare ad altro che a voi... a te sopratutto. A te, che non hai neppure chiesto di vedermi prima che ti rinchiudessero in quella cella umida.
Hai forse smesso di amarmi? Da bambina dicevi che non sarebbe mai potuto succedere. Che sarei stata per sempre la tua più cara amica, qualunque cosa sarebbe accaduta, e non mi avresti mai amata di meno. Invece hai cambiato idea, è chiaro, altrimenti avresti chiesto di vedermi, mi avresti scritto, anche solo una parola, o avresti chiesto a Cissy di farlo per te.
E invece nulla! L’ho saputo dal giornale, come una qualunque estranea… come se davvero io fossi morta da tempo.
Quando stavo per sposarmi avrei dovuto capirlo, che non lo avresti mai accettato. Mi mentivi, cercavi di convincermi che ero “strana” e “malata” da sempre, che avevo in me fin dalla nascita il germe della ribellione. Che ti aspettavi da tempo una mia alzata di capo, che lo avevi previsto, e così mi facevi sentire ingiusta, superba, presuntuosa.
Ma sono andata avanti, ripetendomi che tra noi non poteva finire.
Sapevo già quale strada avevi preso, che avevi scelto il Lato Oscuro, mentre io avevo scelto il Bene. Non attivamente, ma nemmeno con indifferenza. Non facevo parte dell’Ordine della Fenice, né ne faccio ora, maa sto con loro, e non mi vergogno ad ammetterlo.
Ma tu sei mia sorella, qualunque scelta tu abbia fatto. Ero pronta ad accoglierti tra le mie braccia nonostante tutto, sicura che niente e nessuno, nemmeno il Signore Oscuro, avrebbe mai potuto mettersi tra noi.
Ed invece dentro di te io sono morta: respiravo, anche se lontana da te, poi, ad un tratto, non ho respirato più. E sono diventata solo uno sbiadito ricordo.
È davvero così che deve finire?
Un tempo mi hai detto che non esiste amore più saldo di quello tra sorelle che si adorano e sanno essere amiche. Mi mentivi anche allora? O forse non mi hai reputata degna di starti accanto, anche se ero disposta a farlo senza rancori?
Ted dice che sei stata invidiosa di quello che ho ottenuto da me. Io non voglio crederlo, mi rifiuto di crederti così meschina. Tu, che sei sempre stata la migliore di noi! La più bella, la più ammirata, la più corteggiata, la più fedele alla famiglia. Mamma era orgogliosa di te, e ti additava ad esempio ogni volta che io e Cissy la deludevamo in qualche modo. Perché in confronto alla forza della tua personalità, io e Cissy siamo sempre scomparse, inghiottite da qualcosa di troppo grande.
Io, perché nonostante i miei desideri di indipendenza sono stata sempre riservata e un po’ timida; Cissy, così eterea, quasi diafana, trasparente: perfetta all’apparenza, ma così sensibile, fragile, dipendente dalle persone care.
Tu no, tu eri forte, decisa, sapevi quel che volevi, avevi sempre una risposta per tutto.
Mi rifiuto di credere che tu abbia potuto essere così meschina, tanto da cancellarmi dalla tua vita, da uccidermi dentro di te.
E se ci penso, sento di nuovo che sto sanguinando. È una ferita vecchia, ma non me ne sono accorta prima, e il dolore si somma al dolore, all’umiliazione, alla sconfitta, e fa così male che è come morire.
Mi ascolto, e mi accorgo che non respiro più... accorgersi di essere morta è straziante.
Forse, quando starò meglio, quando avrò superato questo momento, troverò un senso a tutto: al tuo comportamento, a quello di Cissy.
Anche se so cosa mi diresti: se potessi parlarmi, rideresti, mi diresti che la mia testolina malata ha viaggiato troppo, che mi sono illusa, che sono una sciocca sognatrice, e le promesse si mantengono fin quando non si cambia idea.
Sposando un nato Babbano, ho infranto ogni confine, permettendoti di non rispettare più una promessa che aveva smesso di avere senso.
Lo so, per te tradire la purezza della nostra famiglia è un crimine peggiore dell’omicidio, ed anzi, uccidere in nome del nostro motto è un vanto.
Ma io conosco il limite tra la realtà e quello che accade solo nella mia testa: so bene quale sia la differenza tra me stessa e le mie riflessioni. Sono lucida, so e sento quanto soffro.
E puoi ridere quanto vuoi, ma questa è una di quelle certezze che non potrai togliermi.
Neanche ora che sanguino per te, che ascolto il mio respiro lento, debole, morente, finché mi manca l’aria, pensando alla cella buia nella quale sei stata rinchiusa, senza che io potessi farci nulla, senza che ti degnassi di chiedere il mio aiuto...
Perché? Perché Bella, perché?
Tanto so che non avrò mai risposta. E allora smetto di chiedermelo, e resto in silenzio e mi ascolto morire.
Perché ero me stessa solo quando ero con voi. Con te e Cissy. Sto morendo ora. Sto smettendo di respirare
Spero solo che morire faccia meno male che pensare a te.
“Mamma? Mamma sei qui?”
Non posso sentire questa voce. Io sono morta! Forse sto sognando.
“Mammina?”
Sì, sto sognando la voce di Dora.
“Meda, tesoro, sei qui?”
Sto sognando anche la voce di Ted! Loro sono di là, la porta è chiusa a chiave. E poi sono morta.
“Mammina...” quella che si posa sulla mia spalla è la manina paffuta e sudata di Dora. Alzare il viso è istintivo... e mi accorgo che respiro ancora.
La mia bambina vorrebbe parlare di nuovo, ma resta immobile con la bocca spalancata, quando mi guarda in viso. Forse l’ho spaventata. Ma non abbastanza, perché mi salta al collo con tale forza da soffocarmi. E lo sento adesso, il mio respiro; ed il mio cuore che pulsa contro le sue braccine tornite.
È mia. È la mia bambina. È il frutto di quello che ho scelto di essere. È mia e lo sarà sempre, anche quando la rimprovero severamente perché rovescia ogni cosa che sfiora, anzi, è mia soprattutto in quei momenti, quando stringe gli occhi, arriccia il naso e cerca di nascondermi che sta per piangere... ma i suoi capelli cambiano colore, e io vedo quello che prova.
L’abbraccio forte. Lei non ha nulla di me e di te, Bella. Somiglia a Ted, ma quei grandi occhi scuri e profondi sono gli stessi che ritrovo nello specchio.
“Meda... è arrivato un gufo. Dall’Ordine... loro...” è la voce di Ted. È triste e indecisa. Mi volto, lascio scivolare lo sguardo su di lui, e mi stupisco di scoprirlo esattamente come mi aspettavo che fosse, come è sempre stato; è una sensazione strana, è come tornare dopo un lungo sonno e accorgersi che nulla è cambiato, e che ciò che ci dava sicurezza è sempre uguale.
“Loro... volevano dirti che ti sono vicini... che capiscono il tuo dolore. E Silente vorrebbe farti sapere che, se ne hai bisogno, potrebbe contattare tua sorella... tua sorella Narcissa, ovviamente... e farvi incontrare... per... per parlare.”
No, non voglio vedere Cissy. Non quando so che lei non vorrebbe.
“Mammina!” singhiozza solo Dora. La stringo forte, senza rispondere. È cicciotella, calda, morbida, e profuma di biscotti.
Respiro attraverso di lei. Non mi sono mai sentita viva come ora, con la mia bambina stretta tra le braccia.
Forse mi sono sbagliata. Forse quello che ho costruito da me è sufficiente... anche se tu sei ad Azkaban, anche se Cissy non vuole parlarmi.
Voi non siete mai state davvero mie. Ma Dora lo è. E anche Ted è mio.
E lo guardo, mentre Dora mi asciuga goffamente le lacrime con le manine sudate. Ormai il tuo volto è svanito dalle specchio. Ora a riflettersi è solo quello di Ted, insieme al profilo di Dora.
E bella la mia bambina: ha gli occhi dolci, ed un’espressione così concentrata, mentre mi asciuga con delicatezza le guance bagnate.
“Come va?” sussurra Ted. Sa che è una domanda sciocca, ma il modo in cui lo dice mi commuove. “Bene. Bene, finché voi siete con me.”
Il sorriso che mi rivolge, e l’ennesimo abbraccio di Dora sono la risposta più bella che possa ricevere.
Ora, ho ripreso a respirare, anche senza di voi.
Perché potrò essere morta nei vostri cuori, ma non lo sarò mai davvero finché continuerò a vivere negli occhi di mio marito e di mia figlia.
That I've come to believe my soul's on the other side.
All the little pieces falling, shatter.
Shards of me,
Too sharp to put back together.
Too small to matter,
But big enough to cut me into so many little pieces.
If I try to touch her,
And I bleed,
I bleed,
And I breathe,
I breathe no more.
Non ho idea da quanto tempo sia qui.
Un’ora? Due? Un pomeriggio? O forse un giorno intero?
Credo che il dolore che sento dentro non abbia tempo, che non esista orologio in grado di misurarne la durata.
E resto qui, seduta goffamente davanti allo specchio, nella speranza di ritrovare la mia anima nella mia immagine. Ed invece, tutto ciò che riesco a vedere, è solo uno sbiadito riflesso del tuo viso, come se tu fossi là dietro, presso la porta, ad osservarmi.
Hai un ghigno dipinto sulle labbra, quelle belle labbra che ti ho sempre invidiato. Ridi del mio dolore, del mio smarrimento, del mio sentirmi così sola. Ridi di me, della mia ingenuità, della mia fede... di tutto quello che ora si è frantumato.
Ma poi mi rendo conto che nello specchio ci sono soltanto io. Il mio viso fin troppo noto, le occhiaie, e questi occhi che tutti hanno sempre detto essere così dolci.
Vedi? Non sono come te... come voi. Credevo che questo fosse la mia forza, e invece ora ho capito che è solamente la mia più grande debolezza.
Pensavo che tutto sarebbe stato migliore, lontana da voi, libera di scegliere, e che la mia anima avrebbe finalmente respirato, quando avrei potuto vivere circondata da cose volute e conquistate con coraggio. Ero sicura che avreste ammirato la mia forza, nonostante tutto. Non che sperassi di darvi un esempio, ma nessuno avrebbe potuto impedirmi di avere fede nell’idea che non avreste mai smesso di amarmi.
Mi sbagliavo. La mia anima si è frantumata in tanti pezzi... così piccoli che voi, che mi avete cancellata dalla nostra vita, avete perfino smesso di vederli... così piccoli che nemmeno io mi riconosco più, eppure fa male e non so che cosa fare.
Forse quel qualcosa che teneva insieme la mia anima eravate voi. Vi ho tradite, voi mi avete voltato le spalle, ed ora io non esisto più.
O forse, più semplicemente, io non sono più io, cioè quella che era anche vostra... ho preteso di essere contemporaneamente due persone diverse, tua, vostra sorella ed un’estranea che non vi apparteneva. Mi sono illusa, ed ora è arrivata la resa dei conti.
Ero due persone diverse e non me ne rendevo conto, speravo avrei potuto conciliarle invece di dover scegliere.
Mi sembrava che lei fosse la prova che tra me e te ci fosse ancora l’affetto di un tempo, che tu non avessi il coraggio di comprometterti sventolando al mondo che mi amavi comunque, ma attraverso di lei, la nostra sorellina, mi sussurrassi che tutto, in fondo, era ancora come da bambine.
Ed invece... quando è stata l’ultima volta che lei mi ha fatto visita?
Ancora prima di fidanzarsi.
Poi c’erano i preparativi per le nozze, e pensavo fosse troppo oberata di impegni. Poi il matrimonio, ed io non solo non sono stata invitata, ma mi si è pure intimato di non presentarmi.
Ma non ho perso la fede. Ero sicura fosse stato un ultimatum di nostra madre. Ero sicura che nulla e nessuno potesse dividerci, mai.
E poi è nato suo figlio, e nemmeno una parola per annunciarmelo.
Come se non valesse la pena di dirlo a me, ma solo a te. Ad una sorella sì, ma all’altra no.
E adesso tu... condannata a vita. E nessuno che si preoccupi di informarmi.
Quando sono venuta a saperlo, per caso dal giornale, credevo di morire. Non posso crederci.
E mi sento in colpa, perché non è per la tua condanna che sto così male... ma semplicemente perché ho capito, in un lampo, che le mie sono state solamente illusioni, che quella che credevo di essere, e cioè la vostra Meda, indipendentemente dalla mia sete di libertà e dalle mie scelte, non esiste più. E non esiste più da tanto, ed io non me ne sono mai accorta.
Io per voi sono morta, non esisto più. E non l’ho capito, non ho voluto accettarlo, continuando ad illudermi di avere un posto nelle vostre vite, nei vostri pensieri, nei vostri cuori.
Ed ora ho capito che mi avete cancellata ciò nel momento stesso in cui ho messo la firma sull’atto di matrimonio, e voi avete bruciato il mio nome sull’arazzo di famiglia.
E ora sono rimasta sola.
Tu, condannata ad Azkaban a vita.
Cissy, troppo presa dalla sua famiglia per ricordarsi della mia esistenza. Non risponde se le scrivo, mi ignora se cerco di incontrarla.
E Sirius, l’amico della mia infanzia, il mio unico vero amico... anche lui...
Credevo che le mie scelte mi avrebbero riempito la vita, che mio marito e mia figlia mi sarebbero bastati per sempre, che non avrei mai più avuto bisogno d’altro. Che l’affetto per voi sarebbe rimasto, ma non sarebbe più stato indispensabile come prima a colmare il mio cuore.
Ma ora mi rendo conto che quella che credevo di essere, per voi è morta, e l’altra donna che sono – moglie e madre – non mi basta.
Mi guardo allo specchio, sperando di ritrovare la ragazzina che vi adorava, che non poteva vivere senza di voi. Sento le vostre voci, e mi chiedo quando sia morta e come abbia fatto a non accorgermene, a non provare dolore.
Sento di odiarmi, perché dovrei amare di più quello che ho ottenuto solo col mio coraggio, ed invece mi sento lacerata.
Questo fa male... e quanto. Piango come una bambina, mentre tremo, non so se solo per i singhiozzi o anche perché ho lasciato la finestra aperta.
Forse sono morta, poco fa, perché mi sembra di sanguinare. Mi porto una mano al petto dandomi della stupida, eppure mi sembra di sentire il calore viscido del sangue, come se mi avessi pugnalata, e ora ridessi della mia ingenuità, del mio stupore...
La superficie dello specchio è gelida contro la mia fronte. Il riflesso si appanna per il mio respiro, e resto ad osservarlo, come una bambina.
Alla mia Dora questo gioco è sempre piaciuto, ma io ora sto troppo male per apprezzarlo, così rimango immobile a fissare il mio respiro, le mani strette al petto, sento il mio sangue, anche se so che è soltanto la mia immaginazione.
Respiro più forte, e poi... non respiro più.
Forse è ora che sono morta davvero.
Take a breath and I try to draw from my spirits well.
Yet again you refuse to drink like a stubborn child.
Lie to me,
Convince me that I've been sick forever.
And all of this,
Will make sense when I get better.
But I know the difference,
Between myself and my reflection.
I just can't help but to wonder,
Which of us do you love.
So I bleed,
I bleed,
And I breathe,
I breathe no...
Bleed,
I bleed,
And I breathe,
I breathe,
I breathe-
I breathe no more.
Credevo sarebbe sempre andato tutto bene. Che avreste capito e seguito la mia sete di libertà, la mia insofferenza alla rigidità dell’educazione nella nostra famiglia.
Ero sicura che non sarei mai andata da nessuna parte senza di voi.
Poi ho conosciuto Ted, e ho scoperto che potevo essere felice anche con qualcuno che non fosse voi due.
Voi questo non lo avete mai accettato. Anche se non ho ancora capito se fosse perché Ted è nato Babbano, o se avreste reagito così anche se fosse stato un Purosangue da generazioni.
Forse eravate solo gelose perchè avevate paura di perdermi.
Ma temo che non saprò mai la verità, non ora che tu sei ad Azkaban, e che Cissy sembra essersi dimenticata di me.
Eppure io allora non immaginavo nulla, ero felice come non ero mai stata prima. Ero innamorata, e sapevo che lui sarebbe stato l’uomo della mia vita. Non veniva da una famiglia nobile, ed anzi, in quanto nato Babbano, aveva ancora uno sguardo spaesato per la magia; era un anticonformista, e nello stesso tempo un idealista e un sognatore… come me. Come voi non siete mai state, troppo assuefatte alla mentalità rigida e pragmatica della nostra famiglia.
La pecora nera sono sempre stata io, anzi: io e Sirius.
Ma so di essere una codarda rispetto a lui, lui che ha avuto il coraggio di essere smistato non solo in una Casa che non fosse quella di famiglia, bensì a Grifondoro... io no. Io ho rifiutato il consiglio del Cappello Parlante, non avrei potuto stare lontana da te, allora.
E adesso mi sento una fallita, perché credevo di aver costruito tanto con le mie mani: un matrimonio felice con un marito che amo alla follia, una bella bimba che mi dà un sacco da fare...
Eppure, in questo momento ogni cosa nella mia vita mi sembra un disastro, e non riesco a pensare ad altro che a voi... a te sopratutto. A te, che non hai neppure chiesto di vedermi prima che ti rinchiudessero in quella cella umida.
Hai forse smesso di amarmi? Da bambina dicevi che non sarebbe mai potuto succedere. Che sarei stata per sempre la tua più cara amica, qualunque cosa sarebbe accaduta, e non mi avresti mai amata di meno. Invece hai cambiato idea, è chiaro, altrimenti avresti chiesto di vedermi, mi avresti scritto, anche solo una parola, o avresti chiesto a Cissy di farlo per te.
E invece nulla! L’ho saputo dal giornale, come una qualunque estranea… come se davvero io fossi morta da tempo.
Quando stavo per sposarmi avrei dovuto capirlo, che non lo avresti mai accettato. Mi mentivi, cercavi di convincermi che ero “strana” e “malata” da sempre, che avevo in me fin dalla nascita il germe della ribellione. Che ti aspettavi da tempo una mia alzata di capo, che lo avevi previsto, e così mi facevi sentire ingiusta, superba, presuntuosa.
Ma sono andata avanti, ripetendomi che tra noi non poteva finire.
Sapevo già quale strada avevi preso, che avevi scelto il Lato Oscuro, mentre io avevo scelto il Bene. Non attivamente, ma nemmeno con indifferenza. Non facevo parte dell’Ordine della Fenice, né ne faccio ora, maa sto con loro, e non mi vergogno ad ammetterlo.
Ma tu sei mia sorella, qualunque scelta tu abbia fatto. Ero pronta ad accoglierti tra le mie braccia nonostante tutto, sicura che niente e nessuno, nemmeno il Signore Oscuro, avrebbe mai potuto mettersi tra noi.
Ed invece dentro di te io sono morta: respiravo, anche se lontana da te, poi, ad un tratto, non ho respirato più. E sono diventata solo uno sbiadito ricordo.
È davvero così che deve finire?
Un tempo mi hai detto che non esiste amore più saldo di quello tra sorelle che si adorano e sanno essere amiche. Mi mentivi anche allora? O forse non mi hai reputata degna di starti accanto, anche se ero disposta a farlo senza rancori?
Ted dice che sei stata invidiosa di quello che ho ottenuto da me. Io non voglio crederlo, mi rifiuto di crederti così meschina. Tu, che sei sempre stata la migliore di noi! La più bella, la più ammirata, la più corteggiata, la più fedele alla famiglia. Mamma era orgogliosa di te, e ti additava ad esempio ogni volta che io e Cissy la deludevamo in qualche modo. Perché in confronto alla forza della tua personalità, io e Cissy siamo sempre scomparse, inghiottite da qualcosa di troppo grande.
Io, perché nonostante i miei desideri di indipendenza sono stata sempre riservata e un po’ timida; Cissy, così eterea, quasi diafana, trasparente: perfetta all’apparenza, ma così sensibile, fragile, dipendente dalle persone care.
Tu no, tu eri forte, decisa, sapevi quel che volevi, avevi sempre una risposta per tutto.
Mi rifiuto di credere che tu abbia potuto essere così meschina, tanto da cancellarmi dalla tua vita, da uccidermi dentro di te.
E se ci penso, sento di nuovo che sto sanguinando. È una ferita vecchia, ma non me ne sono accorta prima, e il dolore si somma al dolore, all’umiliazione, alla sconfitta, e fa così male che è come morire.
Mi ascolto, e mi accorgo che non respiro più... accorgersi di essere morta è straziante.
Forse, quando starò meglio, quando avrò superato questo momento, troverò un senso a tutto: al tuo comportamento, a quello di Cissy.
Anche se so cosa mi diresti: se potessi parlarmi, rideresti, mi diresti che la mia testolina malata ha viaggiato troppo, che mi sono illusa, che sono una sciocca sognatrice, e le promesse si mantengono fin quando non si cambia idea.
Sposando un nato Babbano, ho infranto ogni confine, permettendoti di non rispettare più una promessa che aveva smesso di avere senso.
Lo so, per te tradire la purezza della nostra famiglia è un crimine peggiore dell’omicidio, ed anzi, uccidere in nome del nostro motto è un vanto.
Ma io conosco il limite tra la realtà e quello che accade solo nella mia testa: so bene quale sia la differenza tra me stessa e le mie riflessioni. Sono lucida, so e sento quanto soffro.
E puoi ridere quanto vuoi, ma questa è una di quelle certezze che non potrai togliermi.
Neanche ora che sanguino per te, che ascolto il mio respiro lento, debole, morente, finché mi manca l’aria, pensando alla cella buia nella quale sei stata rinchiusa, senza che io potessi farci nulla, senza che ti degnassi di chiedere il mio aiuto...
Perché? Perché Bella, perché?
Tanto so che non avrò mai risposta. E allora smetto di chiedermelo, e resto in silenzio e mi ascolto morire.
Perché ero me stessa solo quando ero con voi. Con te e Cissy. Sto morendo ora. Sto smettendo di respirare
Spero solo che morire faccia meno male che pensare a te.
“Mamma? Mamma sei qui?”
Non posso sentire questa voce. Io sono morta! Forse sto sognando.
“Mammina?”
Sì, sto sognando la voce di Dora.
“Meda, tesoro, sei qui?”
Sto sognando anche la voce di Ted! Loro sono di là, la porta è chiusa a chiave. E poi sono morta.
“Mammina...” quella che si posa sulla mia spalla è la manina paffuta e sudata di Dora. Alzare il viso è istintivo... e mi accorgo che respiro ancora.
La mia bambina vorrebbe parlare di nuovo, ma resta immobile con la bocca spalancata, quando mi guarda in viso. Forse l’ho spaventata. Ma non abbastanza, perché mi salta al collo con tale forza da soffocarmi. E lo sento adesso, il mio respiro; ed il mio cuore che pulsa contro le sue braccine tornite.
È mia. È la mia bambina. È il frutto di quello che ho scelto di essere. È mia e lo sarà sempre, anche quando la rimprovero severamente perché rovescia ogni cosa che sfiora, anzi, è mia soprattutto in quei momenti, quando stringe gli occhi, arriccia il naso e cerca di nascondermi che sta per piangere... ma i suoi capelli cambiano colore, e io vedo quello che prova.
L’abbraccio forte. Lei non ha nulla di me e di te, Bella. Somiglia a Ted, ma quei grandi occhi scuri e profondi sono gli stessi che ritrovo nello specchio.
“Meda... è arrivato un gufo. Dall’Ordine... loro...” è la voce di Ted. È triste e indecisa. Mi volto, lascio scivolare lo sguardo su di lui, e mi stupisco di scoprirlo esattamente come mi aspettavo che fosse, come è sempre stato; è una sensazione strana, è come tornare dopo un lungo sonno e accorgersi che nulla è cambiato, e che ciò che ci dava sicurezza è sempre uguale.
“Loro... volevano dirti che ti sono vicini... che capiscono il tuo dolore. E Silente vorrebbe farti sapere che, se ne hai bisogno, potrebbe contattare tua sorella... tua sorella Narcissa, ovviamente... e farvi incontrare... per... per parlare.”
No, non voglio vedere Cissy. Non quando so che lei non vorrebbe.
“Mammina!” singhiozza solo Dora. La stringo forte, senza rispondere. È cicciotella, calda, morbida, e profuma di biscotti.
Respiro attraverso di lei. Non mi sono mai sentita viva come ora, con la mia bambina stretta tra le braccia.
Forse mi sono sbagliata. Forse quello che ho costruito da me è sufficiente... anche se tu sei ad Azkaban, anche se Cissy non vuole parlarmi.
Voi non siete mai state davvero mie. Ma Dora lo è. E anche Ted è mio.
E lo guardo, mentre Dora mi asciuga goffamente le lacrime con le manine sudate. Ormai il tuo volto è svanito dalle specchio. Ora a riflettersi è solo quello di Ted, insieme al profilo di Dora.
E bella la mia bambina: ha gli occhi dolci, ed un’espressione così concentrata, mentre mi asciuga con delicatezza le guance bagnate.
“Come va?” sussurra Ted. Sa che è una domanda sciocca, ma il modo in cui lo dice mi commuove. “Bene. Bene, finché voi siete con me.”
Il sorriso che mi rivolge, e l’ennesimo abbraccio di Dora sono la risposta più bella che possa ricevere.
Ora, ho ripreso a respirare, anche senza di voi.
Perché potrò essere morta nei vostri cuori, ma non lo sarò mai davvero finché continuerò a vivere negli occhi di mio marito e di mia figlia.
Note di fine capitolo
Spero di aver reso abbastanza bene il messaggio positivo che volevo dare, nonostante la disperazione di Andromeda...A Veronica (VeryHermy), che mi ha fornito l'occasione di scriverla con la sua sfida, nonchè la canzone; e perchè è un'amica davvero speciale.
E, sperando vi sia piaciuta, anche a tutti voi. Grazie della lettura!
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