I sogni restano sogni di Padmini

La guerra è finita, ma Harry è tormentato da uno strano sogno che lo sta lentamente facendo impazzire.

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“Ginny … non so cosa farei, senza di te …”
Non pianse, non quella volta. Aveva già versato tante, troppe lacrime, in quel momento aveva solo voglia di sentirsi amato e di dare il suo amore a lei.
“Mi dispiace … sarei dovuto venire io da te, tanto tempo fa, ma ...”
Lei sciolse l'abbraccio per poterlo di nuovo guardare e gli posò un dito sulle labbra.


Categoria: Post-DH Personaggi: Harry Potter
Era: Harry a Hogwarts (1991-1998)
Generi: Angst, Drammatico, Introspettivo, Romantico
Lunghezza: A Capitoli
Pairing: Ginny/Harry
Avvertimenti: OC (Personaggio Originale)
Sfide: Nessuno
Series: Nessuno
Capitoli: 3 Completa:Parole: 4769 Read: 13348 Pubblicata: 10/02/17 Aggiornata: 28/03/17

1. Harry di Padmini

2. Ginny di Padmini

3. Eileen di Padmini

Harry di Padmini
Note dell'autore:

Ciao a tutti! è la prima volta che esploro il sito e questa è la mia prima fanfiction su Harry Potter pubblicata qui. Spero che vi piaccia!

 

Mini

 

Harry

 

 

Si svegliò all'improvviso, sudato e con il fiatone di chi ha corso per chilometri.

Mettendosi seduto e guardandosi rapidamente attorno notò che nessuno si era svegliato. Tornò a sdraiarsi, esausto.

Era successo di nuovo, l'aveva sognata ancora. Non l'aveva mai vista, non la conosceva, ma sapeva esattamente di chi si trattava e quel pensiero lo uccideva dentro ogni volta. Il sogno era sempre lo stesso, non cambiava nemmeno di una virgola. Tutto era iniziato quel giorno, circa due mesi prima.

 

 

 

 

Se fosse stato per lui non avrebbe più messo piede a Hogwarts, non dopo la lunga battaglia che aveva portato via così tante vite. In tanti però non sembravano della sua stessa idea: prima Hermione, poi la signora Weasley, la Professoressa McGrannit e perfino Kingsley Shacklebolt avevano insistito perché tornasse a completare il settimo anno di studi. Così, più per sfinimento che per reale desiderio, si era ritrovato a riempire il suo vecchio baule con i libri, il materiale per le pozioni e la divisa, pronto per un altro anno, l'ultimo, in vista dei gufo.

Nonostante tutto era stato anche felice di tornare. La scuola, che era stata debitamente ricostruita, ora non sembrava più tanto terrificante. Tra quelle mura, oltre alla tristezza dovuta alle perdite, sentiva la speranza e la felicità per un nuovo futuro.

D'altra parte, come aveva immaginato, c'era ben poco tempo per i rimpianti. Le lezioni erano complesse, gli incantesimi e le pozioni erano aumentati di livello e richiedevano tutta l'attenzione e l'impegno degli studenti, che si ritrovavano a trascorrere molte ore sui libri o con la bacchetta in mano, impedendogli di pensare ad altre cose oltre alle materie di studio.

Quella mattina, il professor Vitious propose alla sua classe un'esercitazione molto particolare. Aveva preparato una serie di fiale trasparenti e aveva fatto portare, direttamente dall'ufficio che era stato di Silente, ora occupato dalla McGrannit, il pensatoio che Harry conosceva bene.

Oggi ci eserciteremo in un incantesimo apparentemente semplice, ma che necessita di un'elevata concentrazione. Si tratta di prelevare dei ricordi dalla mente di un altro mago. Chi di voi intraprenderà la carriera di Auror avrà a che fare molto spesso con i ricordi e dovrà riuscire a estrapolare quelli giusti, senza errori.”

Si levò un mormorio eccitato, ma Vitious lo zittì alzando le braccia.

Per oggi vi limiterete a estrarre i vostri ricordi. In questo modo.”

Il professore puntò la bacchetta contro la propria tempia mentre con l'altra mano teneva vicina la fiala vuota e chiuse gli occhi.

Si tratta di un incantesimo non verbale e per farlo vi basterà concentrarvi sul ricordo che volete estrarre.”

Così dicendo, allontanò la bacchetta, facendone fuoriuscire un filo argentato che delicatamente depose nella fiala che teneva nell'altra mano.

Questo è un ricordo. Ovviamente non serve a nulla finché è qui dentro. Per poterlo davvero utilizzare, lo si deve versare in un pensatoio, come questo. Il ricordo va buttato nell'acqua e per poterlo osservare va immersa la testa.”

Si voltò e indicò con la punta della bacchetta il grande bacile di pietra.

Ora, provate voi!” esclamò “Prendete la fiala e tenetela in mano accanto alla tempia, in modo da non farvi sfuggire il ricordo! Come primo tentativo, potete estrarne uno qualsiasi, quello che preferite. L'importante è che sia intero e comprensibile.”

Harry, imitato da tutti gli altri, aveva eseguito. Un lungo filo argentato era uscito dalla sua tempia ed era finito ordinatamente sulla fiala. Aveva pensato di voler vedere un ricordo felice, qualcosa che magari aveva dimenticato, giusto per non dare per scontato i momenti che, anche in quegli anni difficili, lo avevano spinto ad andare avanti.

Guardandosi attorno notò che non tutti ce l'avevano fatta e si sentì orgoglioso per questo. Ovviamente Hermione, seduta al suo fianco, sorrideva altrettanto fiera.

Bene, bene.” mormorò il professore, passando tra i banchi “Chi di voi è riuscito a estrarre il suo ricordo si alzi e si avvicini al pensatoio. Uno alla volta potrete osservarlo e constatare se è integro o meno. Per la valutazione mi basterà osservare i movimenti del ricordo sull'acqua, non mi sarà necessario guardarli, se vi preoccupate per la vostra privacy.”

Hermione fu la prima ad avvicinarsi. Vuotò la fiala sul bacile e vi immerse la testa. Ne emerse qualche minuto dopo, rossa in viso e visibilmente felice. Harry si chiese quale ricordo avesse estratto.

Coraggio, signor Potter, tocca a lei!”

Harry, felice come raramente si era sentito in vita sua, lasciò scivolare il ricordo nel bacile e, senza timore, vi immerse la testa.

 

 

 

 

Tremò ripensando a quel giorno. Ciò che aveva visto doveva essere felice, era felice … ma allora perché, una volta tornato alla realtà, non aveva potuto fare a meno di fermare le lacrime? Perché quel ricordo, così bello, aveva il gusto amaro della disperazione? Si era insinuato nei suoi sogni, inquinandoli, come un cioccolatino prelibato, ripieno però di veleno, che ti delizia il palato prima di ucciderti.

Così, da due mesi, si trascinava lungo i corridoi, irriconoscibile ormai. Il pallore della pelle contrastava ancor di più sotto i suoi capelli neri e gli occhi verdissimi, cerchiati da tante notti in bianco. Nessuno osava parlargli, nessuno si era preso la briga di chiedergli perché stesse così male. Non si trattava di egoismo o disinteresse, d'altra parte non era l'unico a dover convivere con i fantasmi di quella battaglia. Ron ed Hermione avevano imparato che, in casi come quello, era meglio che fosse lui ad avvicinarsi per primo, perché odiava essere soffocato dalle attenzioni indesiderate, e lui lo apprezzava, ma presto sarebbe crollato. Aveva bisogno di aiuto.

Guardò l'ora, era ancora troppo presto. Da una parte voleva continuare a dormire, ma dall'altra aveva ancora il terrore di rivivere quel sogno così bello e spaventoso insieme. Chiuse gli occhi, magari poteva provare a rilassarsi senza dormire realmente … speranza vana. Il suo fisico era provato, necessitava di quel sonno che da troppo tempo gli veniva negato. Così, nonostante Harry tentasse con tutte le sue forze di restare aggrappato alla realtà, scivolò piano nel sonno e nel sogno.

 

Si trovava in un giardino, pieno di fiori e alberi, ma non era solo. Qualcuno si avvicinò a lui e lo chiamò.

Harry! Harry! Vieni a giocare! Dai! Vieni a giocare con me!”

La voce di una ragazza lo raggiunse, facendolo voltare. Era bella, aveva lunghi capelli rossi e gli occhi nocciola. Gli sorrideva con affetto, ridendo.

Lui la guardò, la riconobbe e scoppiò a ridere, felice di vederla

Sei tu?” le chiese, sei davvero tu?”

Sì, chi altri potrei essere?” domandò lei, stupita “Non fare lo stupido!”

Harry scoppiò a ridere, ma non riuscì a muoversi. Anche se voleva davvero andare da lei, le sue gambe non obbedivano, si sentiva immobilizzato, incapace di fare un solo passo. La gioia si trasformò in panico, mentre la voce della ragazza si faceva sempre più lontana e la sua figura più indistinta.

Andiamo, Harry! Non restare lì impalato! Ti sto aspettando!”

 

Ancora una volta, Harry si svegliò. Il sudore aveva appiccicato il pigiama alla pelle e gli era venuto un forte mal di testa. Ormai il sonno era svanito del tutto. Si guardò attorno, nessuno dei suoi compagni di stanza si era svegliato. Con un sospiro si alzò e si vestì, nonostante fossero solo le cinque del mattino.

Uscì nel cortile e da lì raggiunse la riva del lago. Una fresca brezza gli colpì il viso, portando via ogni residuo di stanchezza. Si accovacciò accanto ad un grande albero, nascosto rispetto alla scuola, e scoppiò in lacrime.

 

 

 

 

Il sole aveva iniziato a scaldare il suo viso e capì di essersi addormentato ancora una volta, senza accorgersene, stavolta senza sognare per fortuna. Controllò l'orologio e si accorse di aver dormito un paio d'ore. Ormai doveva essere pronta la colazione. Lentamente si avviò verso il castello e, raggiunta la Sala Grande, si avvicinò ai suoi amici. Hermione e Ginny sembrano preoccupate e anche Ron, che solitamente non pensava ad altro che al cibo, parlava con Neville e Luna, apparentemente agitato. Quando lo videro si voltarono verso di lui.

“Harry! Miseriaccia, dove ...”

Quando Harry si avvicinò di più, nessuno poté evitare di vedere che aveva pianto.

“Harry ...” mormorò Hermione, alzandosi e raggiungendolo “Cos'è successo?”

Lui non rispose, non voleva rispondere, non voleva dire a nessuno cosa aveva visto, quale sogno lo stesse tormentando, ma qualcuno lo avrebbe fatto al suo posto.

Ginny si alzò a sua volta e, superata Hermione, abbracciò di slancio Harry.

“Mi dispiace … mi dispiace così tanto … io non avrei dovuto, ma ...”

Tutti gli sguardi dei presenti si rivolsero alla ragazza, che sciolse l'abbraccio per guardare negli occhi il ragazzo che amava.

“Non avrei dovuto ...” ripeté “ … ma l'ho fatto e non me ne pento.”

“Di cosa stai parlando?” mormorò Harry, sempre più confuso.

“L'ho visto.” rispose lei, ingoiando le nuove lacrime che stavano per sopraffarla “Ho visto il tuo ricordo.”

Harry aggrottò le sopracciglia e aprì la bocca per parlare, ma lei lo interruppe.
“Ho capito che era stato quello a farti male, a impedirti di dormire bene … Stai così da quando lo hai visto … e ho capito che l'unico modo per aiutarti era vederlo a mia volta, così sono entrata nel tuo dormitorio, ho frugato nel tuo baule e l'ho trovato.”

Harry serrò le labbra. Sembrava sul punto di mettersi ad urlare o a prendere a pugni qualcosa. Il suo viso e i suoi occhi si stavano facendo sempre più rossi, tanto che Ron fu sul punto di alzarsi se mai avesse osato mettere le mani addosso alla sua sorellina.
“M-mi dispiace … mi dispiace tanto, Harry, ma ...”

Non ci fu nessun pugno, nessuno schiaffo. Harry le si avvicinò e l'abbracciò.

“Ginny … non so cosa farei, senza di te …”

Non pianse, non quella volta. Aveva già versato tante, troppe lacrime, in quel momento aveva solo voglia di sentirsi amato e di dare il suo amore a lei.

“Mi dispiace … sarei dovuto venire io da te, tanto tempo fa, ma ...”

Lei sciolse l'abbraccio per poterlo di nuovo guardare e gli posò un dito sulle labbra.

“Non qui ...”

Si voltarono leggermente. Tutti li stavano fissando, ma a lui non importò. Come quel giorno, senza averlo premeditato, senza pensare, la baciò. Era un bacio di gratitudine, d'amore, di speranza. Lei rispose al bacio e lo approfondì appena, prima di staccarsi per prenderlo per mano.

“C'è una cosa che dobbiamo fare.”

Harry non capì, ma decise di fidarsi.

“Di cosa parli?” domandò Hermione, scocciata per non riuscire a seguire il filo del discorso.

“Te lo diremo.” sussurrò Ginny, la gola ancora chiusa per l'emozione.

La ragazza prese Harry per mano e, insieme, si allontanarono.

 

Ginny di Padmini

 

Due giorni prima

 

Era trascorso molto tempo da quando Harry aveva sconfitto per sempre lo stregone oscuro più potente e temuto di tutti i tempi. Era trascorso molto tempo da quando suo fratello Fred aveva sorriso per l'ultima volta. C'era stato tempo per il dolore, per il pianto, ma ora voleva andare avanti, gioire, ridere … e donare tutto il suo amore a Harry, ma lui sembrava perso, finito in un'altra dimensione dove era solo e dove nemmeno lei sembrava poterlo raggiungere.

Sarebbe tornato? Avrebbe aperto gli occhi alla realtà invece di rifugiarsi nel dolore e nel senso di colpa?

Se dall'inizio dell'anno anche lei era stata fin troppo occupata a gestire lezioni e compiti per occuparsi anche di lui, non aveva potuto però non notare un sostanziale cambiamento. Da quando avevano fatto quella prima lezione sui ricordi, lui era cambiato radicalmente. Se prima era triste, ma concentrato sulle materie in vista dei MAGO, da un paio di mesi sembrava sfiorito, come se quel giorno, nell'aula di Incantesimi, qualcosa lo avesse spezzato. Dormiva poco, lo si poteva vedere dalle profonde occhiaie che segnavano il suo viso sempre più pallido e tirato e sempre più spesso lo notava cercare di nascondere gli occhi, rossi per la stanchezza o il pianto. Aveva intuito che quel suo cambiamento era dovuto al ricordo che aveva estratto dalla propria mente, ma doveva capire, voleva vedere cosa lo stava uccidendo dentro.

 

Tutti erano a lezione e anche lei avrebbe dovuto esserlo, ma aveva lamentato un forte mal di pancia e, con la scusa di riposare un po', tornò nella Torre di Grifondoro, ovviamente deserta a quell'ora del mattino. Contrariamente a quanto detto però non si recò nel suo dormitorio, bensì in quello dei ragazzi. Non fu difficile trovare il letto di Harry. Come aveva immaginato, era sfatto, le lenzuola stropicciate e il cuscino a terra dimostravano che anche quella era stata una notte agitata per lui. Lasciò perdere il letto e si concentrò sul baule che il ragazzo, per distrazione, aveva lasciato aperto. Frugò a lungo, tra calzini bucati, vecchie pergamene e libri, e infine lo trovò. Nascosta ben bene sotto una pila di maglioni, c'era la fiala che conteneva quel maledetto ricordo. La prese e, facendo attenzione a rimettere tutto esattamente come lo aveva trovato, uscì dal dormitorio per andare davvero nel suo stavolta. Si distese sul letto e chiuse gli occhi, tenendo la fiala stretta tra le mani e chiedendosi, mentre lasciava passare il tempo che avrebbe giustificato la sua assenza dalle lezioni, se stava facendo la cosa giusta.

 

Quella notte stessa prese la sua decisione. Ormai aveva rubato il ricordo, non poteva più tornare indietro, non le restava che guardarlo. Sgattaiolò fuori dal letto e, avvolta dalle tenebre, raggiunse l'aula di Incantesimi, dove il Professor Vitious aveva tenuto il Pensatoio per permettere agli studenti di esercitarsi durante le lezioni.

Lentamente, quasi con timore, si avvicinò al bacile di pietra. Estrasse dalla tasca la fiala, il cui contenuto argenteo brillava timidamente nel buio, l'aprì con un movimento deciso e fece scivolare il liquido nell'acqua placida. Trattenne il fiato, più per l'emozione che per la reale necessità, poi immerse il viso.

 

 

 

 

Cadde delicatamente nel ricordo e subito fu accolta da una luce tenue e dorata. Si trovava in una stanza piccola ma accogliente, illuminata dal fuoco che scoppiettava nel caminetto. Guardando fuori dalla finestra vide il buio avvolgere gli alberi scossi dal vento e le prime foglie autunnali iniziare a cadere sull'erba del giardino. La stanza era deserta, ma sentì subito delle voci avvicinarsi. Per istinto le venne spontaneo nascondersi, poi ricordò che nessuno avrebbe potuto vederla, perciò rimase dov'era, in attesa degli sviluppi.

Eh sì, è proprio così!” esclamò la donna entrando, accompagnata da un uomo che teneva in braccio un bambino.

Ginny restò senza fiato. Di fronte a lei c'era una famiglia, felice e unita.

La donna aveva lunghi capelli rossi, occhi verdi come il prato e un sorriso luminoso. L'uomo accanto a lei aveva i capelli più disordinati che avesse mai visto, neri come il carbone, che incorniciavano un viso sottile sul quale spiccavano i suoi occhi nocciola, coperti da un paio di occhiali squadrati. In braccio a lui, un bimbo che doveva avere un anno o poco più, piccolo ma proporzionato, i capelli simili a quelli del padre ma dagli occhi verdi come quelli della madre.

Lily, James e Harry erano davanti a lei. Si portò le mani alla bocca per non gridare, ma non riuscì a frenare le lacrime che lentamente le stavano inumidendo le guance rosse. Erano così giovani, così felici … e tra poco tutto quello sarebbe scomparso per sempre. Il solo pensiero bastò per spezzarle il cuore. Era questo dunque che aveva fatto star così male Harry … o c'era dell'altro?

Lily e James raggiunsero il caminetto e si sedettero sul divano per godere del tepore del fuoco.

Sollina!” esclamò Harry all'improvviso, sporgendosi verso la madre.

No, Harry … dillo bene, avanti!” lo rimproverò James, fingendo disappunto “So che lo sai dire. Riprova.”

So-so-sorrellina! Sorellina!” gridò ancora, eccitato, sfiorando con la manina paffuta il ventre di Lily.

Sì, hai ragione!” lo lodò Lily, accarezzandogli la testa “Qui dentro c'è la tua sorellina Eileen. Presto nascerà e tu dovrai fare il bravo fratello maggiore. Ne sarai capace, vero?”

Tì!” rispose lui, annuendo convinto e fiero, accarezzando come poteva il pancione di Lily, appena accennato sotto gli abiti.

James si avvicinò alla moglie e la baciò teneramente sulle labbra.

Ti amo, Lily ...” mormorò, accarezzandole la guancia “Vi amo … siete tutta la mia vita ...” continuò, guardando poi Harry e le sue manine, posate sulla pancia della madre.

Tao sorellina, ti vojo bene!” sussurrò Harry, si avvicinò e baciò quella pancia, consapevole che lì dentro c'era Eileen, la sua piccola sorellina.

 

 

 

 

Nel momento in cui il ricordo finì, Ginny si rese conto che aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo. Così Harry avrebbe avuto una sorellina … una sorellina di nome Eileen. Quella notte non erano morti solo James e Lily, ma anche quella piccola creatura che non aveva nemmeno visto la luce.

Quel pensiero la distrusse dentro e finalmente capì cosa aveva avvelenato l'animo di Harry. Lei aveva appena perso un fratello e, benché fossero trascorsi mesi da quando era successo, sentiva nel suo cuore lo stesso dolore del primo giorno. Come lei sentiva la mancanza di Fred, Harry soffriva per la consapevolezza di aver perso una sorella che non aveva nemmeno conosciuto. Quel ricordo era la sintesi di tutto quello che avrebbe potuto avere e che gli era stato brutalmente sottratto, solo per le smanie di un uomo privo d'amore e pietà.

Rimise il ricordo nella fiala e tornò silenziosa alla torre, vuota come un fantasma. Passando davanti alla porta del dormitorio maschile le sembrò di sentire il respiro affannoso di Harry. Si fermò, travolta dal dolore, prese un profondo respiro e raggiunse il letto.

Una volta stesa sotto la coperta però non riuscì a prendere sonno. Il pensiero di Harry, dei suoi genitori e di sua sorella continuava a martellarle la testa. Voleva fare qualcosa per lui, farlo sentire meglio, fargli superare il dolore per la perdita della sua famiglia, ma come? All'improvviso, il pensiero di Fred riuscì a farle capire cosa doveva fare, aveva solo bisogno dell'aiuto della Professoressa McGrannit.

 

La mattina successiva si svegliò presto e andò direttamente nell'ufficio della preside. Le raccontò rapidamente la situazione, certa che lei l'avrebbe aiutata. La Professoressa, già perfettamente sveglia nonostante l'ora, tralasciò la parte in cui Ginny le raccontava del furto del ricordo e andò dritta al punto.

“Nessuno di noi sapeva che Lily era incinta ...” mormorò, ricacciando indietro le lacrime che le avevano inumidito gli occhi “Harry avrà bisogno di molto aiuto per poter superare questa cosa.”

“Vorrei aiutarlo io.” disse Ginny, seria e determinata “Ho perso anch'io un fratello. Quando morì Fred pensai che non sarei più riuscita a superare questo dolore, ma dopo il funerale, dopo quell'addio, capii che avrei potuto continuare a vivere, pur serbando il suo ricordo nel mio cuore, con amore e non con sofferenza. Perciò … ho pensato che anche Harry potrebbe aver bisogno della stessa cosa.”

La McGrannit annuì tristemente.

“Sì, credo che tu abbia ragione, signorina Weasley” mormorò, pensierosa “Di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, sono a tua completa disposizione.”

Ginny sorrise, rassicurata dalla gentilezza della Preside.

“La ringrazio, Professoressa. Ci sarebbe una cosa di cui avrei bisogno ...”

Poco dopo, Ginny uscì dall'ufficio della Preside, diretta alla guferia. Scrisse rapidamente un messaggio, vi allegò qualche moneta e lasciò che Leotordo, ormai cresciuto, lo recapitasse a chi di dovere. Se tutto fosse andato secondo i piani, il giorno dopo avrebbe già potuto aiutare Harry. Tremava all'idea di dovergli confessare di aver violato il suo ricordo, ma il pensiero di averlo fatto per il suo bene la spingeva ad andare avanti.

 

Il pacco era arrivato la sera precedente così, con la complicità della Professoressa McGrannit, era riuscita completare l'ultimo preparativo per il giorno successivo.

Arrivò presto in Sala Grande, non voleva rischiare di perdere Harry prima che arrivasse il momento giusto. Il giorno precedente non aveva parlato con lui né con nessun altro, persa nei pensieri e nel dolore che quel ricordo aveva suscitato anche in lei. Aveva quasi finito di mangiare la colazione e stava disperando, temendo che ormai avrebbe dovuto aspettare il giorno successivo. Fu la voce di Hermione a destarla dai suoi pensieri.

“Ron, come mai Harry non è sceso con te?” chiese al rosso, temendo la risposta.
“In realtà credo che sia già sceso” rispose lui, servendosi ancora di succo “Quando mi sono svegliato il suo letto era vuoto.”

“Mi sta facendo preoccupare. Ultimamente è troppo sciupato. Credo che si incolpi ancora per le morti della battaglia di Hogwarts” mormorò, guardando distrattamente la sua ciotola ormai vuota.

“Proprio ora che potrebbe vivere tranquillamente, perché non riesce ad andare avanti?” si chiese Neville “Insomma, è stato un eroe! Deve capire che non è responsabile di quelle morti ma è grazie a lui che noi siamo vivi!”

Hermione annuì e Ginny, che dal giorno precedente si portava dentro il suo segreto, si morse un labbro. Sarebbe stato il caso di dirlo anche a loro? No, non poteva. Prima doveva affrontare lui, fare in modo che fosse lui stesso a confidarsi, ma con una leggera spinta.

In quel momento entrò Harry. Era esausto, si poteva vedere dai suoi occhi che non aveva dormito abbastanza nemmeno quella notte. Si voltò, imitata dagli altri, intenzionata a parlargli, ma fu Ron a rompere il silenzio.

“Harry! Miseriaccia, dove ...” iniziò, ma si interruppe vedendo che aveva gli occhi rossi di pianto.

“Harry ...” mormorò Hermione, alzandosi e raggiungendolo “Cos'è successo?”

Ginny non ce la fece più. Si alzò e, superata Hermione, fece ciò che desiderava fare da tanto, troppo tempo. Lo abbracciò.

 

Eileen di Padmini

Eileen

 

 

 

Ginny condusse Harry fuori dalla Sala Grande e lo portò nel cortile davanti al portone principale.
“Cos'hai in mente?” le chiese, ma completamente abbandonato a lei.

Ginny non rispose subito, guardò l'ora e, annuendo, tirò fuori dalla borsa la fiala contenente il suo ricordo. Vedendola, Harry gemette.

“Tra qualche minuto questa fiala diventerà una passaporta” spiegò “Ci porterà a Godric's Hollow”

“A Godric's Hollow …?” iniziò Harry “Perché?” non se la sentiva di andare lì, eppure sapeva che era giusto.

“Lo vedrai.”

In quell'istante la fiala si illuminò tra le sue dita e Harry fece appena in tempo a toccarla che entrambi furono trascinati via dalla magia della passaporta.

 

Atterrarono su un prato soffice, coperto dalle numerose foglie cadute dagli alberi. Harry aiutò Ginny a rialzarsi e si resero conto di trovarsi in un cimitero, lo stesso che Harry aveva visitato con Hermione nemmeno un anno prima. Subito tremò, non per il freddo ma per l'estrema emozione.

La ragazza gli si avvicinò e lo prese per mano, conducendolo come un bambino verso le lapidi. Non ci volle molto a trovare quella giusta. Dopo la sconfitta di Voldemort, molti avevano omaggiato con corone di fiori la lapide sotto la quale riposavano James e Lily Potter e, ora lo sapeva, la piccola Eileen.

In quel momento Harry capì. Si voltò verso Ginny e le sorrise, pieno di gratitudine. Le prese la fiala dalle mani tremanti e si inginocchiò ai piedi della lapide. Anche volendo non sarebbe riuscito a scavare la terra senza magia come aveva fatto con Dobby, il terreno era troppo duro e freddo. Con un colpo di bacchetta produsse un piccolo buco e, tremando per il pianto, vi posò la fiala.
“Addio, Eileen ...” mormorò, ricoprendo quella che doveva essere anche la tomba di sua sorella, mai nata “Addio … non ti ho mai conosciuta, non hai mai visto questo mondo, ma io ti terrò sempre nel mio cuore ...”

Si voltò verso Ginny, sorridendo nonostante il suo volto fosse rigato di lacrime.

“La sogno ogni notte” spiegò, senza preoccuparsi di asciugarsi il viso “La vedo, come se fosse reale, come se fosse nata e cresciuta con me. Ha i capelli rossi di mia madre e gli occhi di mio padre. Mi invita ad andare da lei, a giocare con lei, a essere il fratello maggiore che avevo promesso di essere … ma non potrà essere così, non potrà mai … essere … è un sogno … solo … solo un sogno … e i sogni restano sogni ...”

Ginny lo ascoltò in silenzio, piangendo a sua volta.

Si passò una mano sugli occhi velati dalle lacrime e, con un secondo colpo di bacchetta, incise il nome della sorella sulla lapide. Era migliorato rispetto all'anno precedente, quando aveva scritto malamente il nome del suo amico elfo su quella lapide sulla spiaggi, la scritta lo soddisfò.
“M-mi dispiace, Ginny, sono stato un egoista ...” mormorò poi, appoggiandosi alla lapide per alzarsi “Tu hai perso tuo fratello Fred e io non ti sono stato vicino ...”

“No, Harry” lo rimproverò lei, aiutandolo ad alzarsi “Non solo io ho perso un fratello. Fred era un fratello anche per te e la sua perdita è un dolore per entrambi, ma tu devi affrontare un dolore anche più grande.”

Guardò la lapide e i nomi incisi.

“I tuoi genitori non ci sono e nemmeno tua sorella, ma non sei solo, Harry. Noi siamo la tua famiglia, io posso essere tua sorella, se lo vorrai.”

“No.” rispose lui, scuotendo vigorosamente la testa “Non potresti mai essere mia sorella.”

Gli occhi di Ginny si riempirono di lacrime, ma quando Harry si voltò verso di lei, vide che stava sorridendo. Le prese la mano.

“Io ti amo, Ginny. Sei l'unica persona che mi capisce davvero e che vorrei al mio fianco. Ci sei sempre stata quando ho avuto bisogno e anche ora sei qui ad affrontare il dolore con me. Vorrei poter fare lo stesso per te, vorrei poterti sostenere nei momenti di difficoltà, affrontare la vita con te, le sofferenze ma ora soprattutto le gioie. Voglio vivere con te, amarti e renderti felice. Vorrei che tu fossi la mia famiglia.”

Prese un giglio e un girasole dalla tomba dei genitori e glielo porse.

“Non ho un anello, ma ho tutto il mio cuore. Pensavo che non sarebbe più uscito dall'ombra del dolore, ma tu sei stata il sole che lo ha riportato alla vita. Ho aspettato, forse troppo, per farti questa domanda, ma credo che non ci sia luogo più giusto, qui, dove ci sono i miei genitori e mia sorella.”

Si inginocchiò di fronte a lei, che tratteneva il respiro per l'emozione.

“Ginevra Molly Weasley, vuoi diventare mia moglie?”

Ginny sentì che il cuore stava per esploderle, ma annuì.

“Sì, Harry. Lo voglio, lo voglio con tutta me stessa!”

Si baciarono, sigillando così quella promessa solenne e il sole, che faceva capolino dietro alle fronde degli alberi ormai spogli, sembrò illuminare la liscia superficie della tomba.

Dopo secondi, minuti o forse ore, si staccarono.

“Tu non hai un anello” disse Ginny, frugando nella borsa “Ma io ho qualcosa per te.”

Estrasse un bracciale di cuoio, su cui era legata una piccola ambra.

“Ho immaginato che se i tuoi genitori avessero avuto una figlia avrebbe avuto gli occhi di James, così ho preso questo braccialetto per te, perché potessi portare il colore dei suoi occhi per sempre con te.”

Harry era senza parole per la sorpresa così lei, senza aspettare una sua risposta, legò il braccialetto al suo polso. La osservò mentre le sue mani sfioravano leggiadramente il suo polso e pensò che da quella notte Eileen non sarebbe più tornata nei suoi sogni, finalmente riposava in pace.

“Ginny … Grazie.” disse semplicemente, incapace di esprimere a parole l'immensa gratitudine che provava per lei.

Lei gli sorrise e gli strinse il braccio con affetto.

“Questa è la passaporta che ci farà tornare a Hogwarts, abbiamo ancora una mezz'ora prima che si attivi.” spiegò “Cosa vuoi fare nel frattempo?”

Harry le sorrise, le accarezzò la guancia e la baciò dolcemente sulle labbra. Sapeva che al ritorno ad Hogwarts avrebbe dovuto spiegare tante cose, a Hermione, a Ron, a Neville, a Luna … ma in quel momento voleva semplicemente godersi la felicità che Ginny era stata capace di donargli.

“Vorrei passeggiare con te” disse “Semplicemente passeggiare. Dopo tutti questi anni, ho bisogno di qualcosa di semplice ...”

Lei annuì e lo baciò nuovamente sulle labbra. Prima di allontanarsi, i due si voltarono ancora una volta verso il marmo su cui erano incisi i nomi della famiglia Potter. Harry si sporse e accarezzò quella superficie fredda, che a lui sembrò riscaldarsi dell'amore che, nonostante la morte, i suoi genitori avevano saputo trasmettergli.

 

 

 

James Potter, nato il 27 marzo 1960, morto il 31 ottobre 1981

Lily Potter, nata il 30 gennaio 1960, morta il 31 ottobre 1981

Eileen Potter, mai nata, morta il 31 ottobre 1981

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