Hope di KevanStark

Il sesto anno è da poco iniziato. La minaccia peggiore però non è quella esterna, per quanto strano possa sembrare, ma quella interna. Interna ad Hogwarts, là dove non te l'aspetti. Soprattutto interna al cuore. Nonostante quanto accaduto nell'anno passato, il legame fra i nostri amici è lentamente scivolato dietro muri di incomprensioni, segreti e paure non confessate. Hermione in special modo sembra nascondere qualcosa di terribile. C'è ancora una speranza?


Categoria: Post-HBP Personaggi: Nuovo personaggio, [+] Trio, [+] Tutti
Era: Harry a Hogwarts (1991-1998)
Generi: Angst, Avventura, Romantico
Lunghezza: A Capitoli
Pairing: Hermione/Ron
Avvertimenti: AU (Alternate Universe), OC (Personaggio Originale)
Sfide: Nessuno
Series: Nessuno
Capitoli: 2 Completa: No Parole: 8161 Read: 10389 Pubblicata: 16/12/11 Aggiornata: 30/12/11
Note alla storia:

Benvenuti nella mia prima fic! Avrei saltato l'introduzione per rimandarvi direttamente alle note finali, ma credo che alcune parole siano d'obbligo.
La storia che sto sviluppando è ambientata durante il Sesto anno ad Hogwarts, ma sebbene si ispiri agli avvenimenti che ci risultano familiari leggendo Il principe mezzosangue se ne discosta in più punti. Si tratta della mia versione di quell'anno, più incentrata sui problemi interiori ed interpersonali che affliggono i nostri protagonisti, a causa di vari avvenimenti, che scoprirete man mano leggendo! Niente anticipazioni o vi rovinerei la sorpresa. Ci sarà anche un personaggio da me inventato che comparirà più avanti, avrà un ruolo importante ma non ruberà la scena ai nostri amati protagonisti, e cercherò di renderlo più calato possibile all'interno della storia e dell'ambientazione, non vi preoccupate!
Questa fiction è nata così per caso, da piccole e vaghe idee che si sono unite da sole a formare la trama di questa storia.

Per ora è tutto, ringrazio anticipatamente i miei lettori, e spero che troverete questo primo capitolo stuzzicante per ciò che avverrà in seguito. Vi prego inoltre di recensire e di farmi sapere tutto quello che vi passa per la testa se deciderete di leggera questa mia fic! Sapete meglio di me quanto è importante avere del feedback, qualunque esso sia!  

1. Capitolo 1: Non l'ho mai vista cosė di KevanStark

2. Capitolo 2: An end has a start di KevanStark

Capitolo 1: Non l'ho mai vista cosė di KevanStark

 

Capitolo 1 - Non l'ho mai vista così 
That we both may share the hope in hearing
that we're not just spirits disappearing

Roy Harper - Hope

Still I close my eyes and my mind becomes clear
Still I dream and there you are
How still you lie and how your eyes bring back the fear
Still I can't face what's going on in here

Anathema - The Beloved


Ron e Harry stavano comodamente seduti sui divanetti della sala comune di Grifondoro, sfogliando con aria svogliata gli appunti di Storia della Magia opportunamente copiati da Hermione. I tiepidi raggi solari che filtravano dalle vetrate stavano rapidamente lasciando spazio ad una timida oscurità in quel tardo pomeriggio di un venerdì di Novembre. Era stata decisamente una giornata piacevole, priva di nubi e caratterizzata da quella soave malinconia che solo l'autunno coi suoi caldi giochi di luce riusciva a creare.

Il lieve crepitare del fuoco donava alla sala un'atmosfera pacifica e sorniona mentre i pochi studenti che vi si trovavano scartabellavano libri ed appunti. Seamus e Dean erano impegnati in una partita a scacchi che stava volgendo a favore dell'irlandese, mentre in un angolo Lavanda Brown e Calì Patil apparivano intente a confabulare con aria grave, gettando saltuariamente delle furtive occhiate in direzione di Ron.

Ciò che aveva indotto Harry e Ron a destinare quel pomeriggio allo studio, non era dovuto alla presa di coscienza del fatto che, ancora una volta, erano riusciti a rimanere indietro con i programmi di quasi tutte le lezioni. Ormai erano al sesto anno, e nonostante le continue pressioni esercitate su di loro da Hermione, il loro ritmo di studio non aveva subito dei miglioramenti apprezzabili. E dov'era il problema? Per quanto Harry ne sapeva, finora erano riusciti a cavarsela decisamente bene alla fine di ogni anno. Anche i G.U.F.O. erano scivolati via senza troppi problemi. Allora, per quale ragione avrebbero dovuto imprimere un cambiamento di rotta? Harry ci aveva pensato su – non troppo, badate bene – e aveva liquidato la questione con un'alzata di spalle.

Se oggi però si erano dedicati a cercare di recuperare quanto possibile delle lezioni di Storia era semplicemente perché la sessione di allenamento di Quidditch era stata annullata. Avevano infatti deciso di concedere il campo alla squadra di Tassorosso, che dopo la batosta con Serpeverde aveva perso alcuni giocatori per infortunio, lasciando così la casa giallo-nera con dei pesanti vuoti tra le sue fila. Vuoti che dovevano essere colmati con un urgente provino supplementare indetto proprio per questo venerdì.

La porta dietro il ritratto della Signora Grassa si aprì all'improvviso riempiendo la fino ad allora tranquilla sala comune di un intenso vociare. Neville fece il proprio ingresso seguito da una torma di studenti del secondo anno, di ritorno dalla lezione di Erbologia, l'ultima della settimana.

«Cercate di fare silenzio ora! E provate a ricordare quello che la Professoressa vi ha detto...». Neville stava facendo del suo meglio, ma era evidente che quei ragazzini non avevano la minima intenzione di starlo a sentire. Oltrepassarono piuttosto rumorosamente la sala attirandosi gli sguardi minacciosi degli studenti più grandi di loro e si diressero verso i dormitori. Harry e Ron alzarono lo sguardo dagli appunti, voltandosi ad osservare la fonte di quel trambusto che aveva in un certo senso rotto l'incanto presente fino ad allora nell'accogliente casa di Grifondoro. Harry salutò con un cenno del capo Neville per poi tornare a concentrarsi su ciò che stava scrivendo. Ron invece rimase voltato, posando il braccio sullo schienale del divano e si rivolse al suo coetaneo.

«Ehi, Neville.»

«Oh ciao Ron! Harry» Neville si avvicinò un po' di più al divano, tenendo dei libri sottobraccio. «Sono di ritorno dalle serre, ero andato a controllare a che punto stesse la germinazione dei bulbi che abbiamo piantato la scorsa lezione». Aveva sempre dimostrato di essere portato per Erbologia, ed anzi era una delle poche materie in cui eccelleva, in cui si dimostrava sicuro di sé e delle proprie capacità. Se escludiamo Difesa contro le Arti Oscure, in cui aveva dato prova di una discreta abilità l'anno prima, nelle riunioni dell'Esercito di Silente e negli avvenimenti occorsi al Ministero.

«Spero non stiano prendendo freddo» tagliò corto sarcasticamente Ron, mostrando scarso interesse per l'argomento. Quei bulbi presto germinati in qualcosa di orribile e non aveva certo fretta di scoprire da cosa doveva proteggersi questa volta. «Senti Neville, hai visto Hermione per caso?» Cercò di mantenere un tono neutro, come se la cosa non lo riguardasse. Ovviamente non lo riguardava. Era soltanto una domanda. Come se non fosse assolutamente normale chiedere dove fosse una propria amica. Lavanda gettò un'occhiata cupa all'indirizzo di Ron.

«Hermione? No, non l'ho vista» Neville fece una piccola pausa. «Perchè?»

Ron fece spallucce «Così, per sapere. Grazie lo stesso». Fece un piccolo gesto con la mano in segno di ringraziamento nei confronti del ragazzo e si voltò per tornare a leggere gli appunti. A cercare di leggere gli appunti.

«Di niente. Vado un po' in camera, ci vediamo più tardi per cena» Neville scomparve rapidamente salendo le scale a chiocciola che portavano verso i dormitori.

Harry seguitò a leggere per alcuni istanti, prima che lo sguardo cadesse su di Ron, che sembrava fissare i fogli che aveva in mano come se non li vedesse nemmeno. A dire la verità, ultimamente Ron sembrava sempre un po' distratto, ed oggi più che mai. Se così facendo non si rendeva un gran compagno di divertimenti, il problema cresceva soprattutto quando si trattava di allenarsi a Quidditch. McLaggen si stava facendo avanti per rilevare Ron dal suo posto di portiere con crescente insistenza, non mancando di sottolineare ad Harry, con evidente fastidio di quest'ultimo, quanto il rosso fosse decisamente inadatto alla responsabilità di proteggere gli anelli. Ma anche fuori dal Quidditch le cose non andavano molto meglio. La tendenza, peraltro molto poco caratteristica, di Ron ad estraniarsi spingeva Harry a lasciarlo solo il più delle volte, rifugiandosi nella saltuaria compagnia di Dean, Seamus e Neville. Hermione dal canto suo si intratteneva con Harry soltanto se Ron non era presente, anche se negli ultimi tempi nemmeno in questo caso. Sembrava sempre indaffarata. «Sono prefetto, Harry» si sentiva rispondere. Oppure «Avremo anche superato gli esami, ma il carico di studio non è diminuito per niente». Espressioni che erano seguite da un rapido svolazzamento del mantello di Hermione, diretta altrove, lasciando Harry a guardarla per alcuni istanti con aria un po' sconsolata.

Harry chiuse il libro lasciando che l'indice della mano destra fungesse da segnalibro e si rivolse al suo amico, dopo averlo fissato per qualche istante.

«Ron»

Nessuna risposta.

«Ron»

Questa volta il ragazzo alzò lo sguardo sussultando, come se fosse stato riscosso da un sogno. «Hm?»

«Che hai?»

«Niente! Perchè?» Sembrava sulla difensiva.

«A me non sembra che sia niente». Harry sorrise un attimo guardando Ron che nel frattempo aveva gettato via il libro e aveva steso le gambe verso il camino, le braccia incrociate dietro la testa. «Davvero, puoi dirmelo se c'è qualcosa che non va. Ultimamente mi sembra di essere diventato invisibile per voi». Harry si guardò in giro per la sala come per cercare qualcuno, quindi tornò a guardare Ron e gli si avvicinò abbassando la voce. «È per via di Lavanda?»

Ron rimase nella stessa posizione, gli occhi fissi su un punto non precisato della parete sopra il camino. «Lavanda?» rispose dopo qualche istante senza guardare in faccia Harry. «No, macchè. Pensavo...pensavo agli appunti di Storia»

Harry per un istante non seppe se ridere o meno, ma cercò di contenersi visto lo stato non troppo felice in cui sembrava versare il suo amico in quel momento. «Agli appunti? Non credo ci sia molto a cui pensare, a parte il fatto che noi non li prendiamo mai» fece una piccola pausa. «Forse stavi pensando a chi te li ha dati?» Un tentativo, nulla di più. Anche se non porterà a niente, come sempre.

«Sì»

Harry lo guardò un po' sorpreso ma decise di scuotersi per non perdere uno dei rari attimi in cui Ron tornava a parlare di Hermione. «Ti va di parlarne?»

«Insomma, hai visto che oggi sono ritornato con i suoi appunti, no?»

«Sì, mi chiedevo come avessi fatto a...»

«Me lo sono chiesto anch'io, fatto sta che mi trovavo...»

 

...nel cortile di Trasfigurazione. Ron stava tornando dalle serre, dove aveva raccolto alcuni ingredienti che gli sarebbero serviti per le lezioni di Pozioni col Professor Lumacorno. Adesso stava percorrendo il portico che circondava il cortile, sovrastato dalla torre di Divinazione, dimora dei Corvonero. Aveva percorso metà del tragitto che lo avrebbe condotto all'ingresso del viadotto, da dove avrebbe potuto scendere nei sotterranei, quando all'altezza dell'aula di Trasfigurazione vide la porta aprirsi. Ne uscirono la Professoressa McGranitt ed Hermione. Ron si fermò poco oltre, osservandole, osservando Hermione. Stavano discutendo di qualcosa relativo al programma, Ron non sapeva bene che cosa e francamente non gliene importava granché. La McGranitt stava annuendo a qualunque cosa la giovane Grifondoro le stesse dicendo, quando notò la presenza di Ron, e gli sorrise. Doveva sembrare un idiota, piantato lì con un'espressione da ebete.

«Ne parleremo la prossima settimana, non mi sembra qualcosa di cui preoccuparsi eccessivamente, signorina Granger» disse con aria bonaria la Professoressa «Credo che il signor Weasley la stia aspettando». Detto ciò, salutò con un sorriso Hermione e oltrepassò Ron scomparendo dietro l'angolo. Hermione si aggiustò il mantello con la mano sinistra, mentre con la destra stringeva la sua borsa. Stava ancora rivolta verso l'aula di Trasfigurazione, non rivolgendo nemmeno uno sguardo a Ron, che si trovava defilato alla sua destra, giocherellando nervosamente con il sacchetto degli ingredienti.

«Hermione...»

Passò qualche attimo prima che la ragazza rispondesse.

«Sì?» La voce era atona, il volto sempre rivolto alla porta chiusa.

Ron fece qualche passo incerto verso di lei. Nessuna reazione.

«Come stai?»

Silenzio. Il portone di legno che conduceva all'aula doveva essere molto interessante, dato che la ragazza continuava a fissarlo.

«Bene» rispose dopo alcuni attimi che a Ron sembrarono durare poco meno di due ore. Ci si poteva aspettare la stessa domanda da parte di Hermione, ma sarebbe stata un'attesa vana. Ron continuò.

«Volevo...volevo dirti una cosa»

Un altro passo.

«So che adesso non ci parliamo molto, ma...»

Hermione si voltò lentamente ed incrociò lo sguardo di Ron, che si bloccò di colpo. Era passato decisamente molto, troppo tempo dall'ultima volta che erano stati così vicini. A lezione, nella sala comune, durante i pasti i due si erano tenuti sempre a distanza, quasi per una tacita forma di accordo volta a limitare i reciproci spazi. Ron iniziò appena ad ammirarne inconsciamente i lineamenti che tratteggiavano in maniera delicatamente sublime il suo viso, ma si interruppe non appena vide i suoi occhi.

Si era aspettato odio. O indifferenza forse, quella sì.

Invece ciò che vide era soltanto tristezza. Quegli occhi che amava tanto, di un morbido color cioccolato, erano velati da un'incompenetrabile tristezza, tale da provocare in Ron una sensazione disarmante, ma al tempo stesso un desiderio inspiegabile ed incontenibile di abbracciarla e...

«Cosa?»

Venne riportato alla realtà da quell'unica parola proferita da Hermione e si vergognò immediatamente di quell'ultimo pensiero. Si stava rendendo ancora una volta un'idiota. Non doveva dirle qualcosa? La sua mente sembrava pervasa da una tormenta di neve.

«Sì, ecco, si sta avvicinando il compito di Storia della Magia e, miseriaccia, sai come io ed Harry non siamo molto bravi a prendere appunti, quindi pensavo...» Fantastico, vai così.

Non fece in tempo a continuare, che Hermione aveva portato la borsa a sé, aprendola e rovistandovi dentro alla ricerca di qualcosa. Ron si bloccò e la guardò in silenzio. Dopo qualche attimo Hermione tirò fuori alcuni fogli accuratamente compilati e li porse a uno stupito Ronald Weasley.

«Sono gli appunti? Li posso avere veramente?»

Hermione fece un breve cenno d'assenso col capo e lasciò i fogli in mano a Ron. Poi richiuse la borsa e si mise in cammino oltrepassando Ron, senza aggiungere altro.

Ron si bloccò con gli appunti di Hermione in mano. Non era possibile. Non era possibile che glieli avesse dati così facilmente, senza redarguirlo, senza ricordargli che non avrebbe dovuto copiare. Che a lezione c'era pure lui e doveva svolgere il suo dovere. Che non si parlavano da settimane. No, era decisamente strano. Si voltò immediatamente per bloccare Hermione prima che si allontanasse troppo.

«Hermione!»

La ragazza si fermò quasi all'istante.

«Che c'è, Ronald?»

Si sbagliava o percepiva una punta di esasperazione? Forse era solo la sua immaginazione. Di certo non era un bel segno il fatto che lo chiamasse col suo nome intero, Ronald. Suonava distante, freddo, vuoto. Come lei. Ron dovette fare appello a tutte le sue forze per continuare a parlare, mentre una vocina gli suggeriva di starsene in silenzio e lasciar andare via Hermione - arrivederci e grazie, è stato un piacere fare affari con lei.

Rispose con voce più incerta di quanto avrebbe voluto.

«Beh, io e Lavanda ci siamo lasciati».

Ben fatto Ronald Bilius Weasley. Una gran pensata, non c'è che dire. Se prima sembravi un idiota adesso lo eri, pensò. Come gli era venuto in mente di dirglielo così, come se fosse un'informazione di cui Hermione aveva bisogno?

«Mi dispiace». Il tono era sempre inespressivo. Speravi in qualche reazione? Speravi che saltasse di gioia? Quella maledetta vocina dentro di Ron si stava facendo sempre più fastidiosa.

«A me no». No? Cosa stava dicendo? «Voglio dire, sì, insomma...un po'. Ma non è che le cose stessero andando benissimo» si interruppe brevemente per poi riprendere tutto d'un fiato, come a dover specificare meglio. «Ovviamente se ti sto dicendo questo è perché siamo amici e come tali dovremmo dirci le cose che contano»

«Ovviamente»

Rimasero un attimo a fissarsi, Ron che era andato in confusione totale. Dopo pochi attimi Hermione parlò di nuovo.

«Se è tutto, io andrei. Sono già in ritardo».

Detto questo non aspettà nemmeno una risposta da parte di un inebetito Ron e si voltò scomparendo dietro l'angolo del porticato. Ron restò ancora diversi minuti fermo lì in mezzo, in una mano gli appunti di Hermione, nell'altra gli ingredienti presi alle serre. Non notò nessuno degli studenti che gli passavano accanto. Stava pensando cosa lo avesse spinto a parlare ad Hermione, a dirle quello che le aveva detto. Al perchè nonostante si fosse appena lasciato con Lavanda non gliene importasse granché, se fosse normale perdersi subito nei pensieri di un'altra ragazza. Una sua amica per giunta. Uscì dai propri pensieri soltanto quando passarono di lì Malfoy e la sua banda. Il biondo Serpeverde commentò qualcosa a proposito di una nuova statua con le fattezze di Ron che avevano appena eretto nel portico, suscitando l'ilarità di quelli che lo circondavano, ma Ron lo sentì a malapena. Tuttavia decise di andarsene da lì e si diresse verso l'aula di Pozioni. Ci avrebbe pensato un'altra volta.

 

Harry ascoltò il racconto di Ron senza proferire parola, per non interromperlo. In realtà quanto riferito dal ragazzo non era stato esattamente corrispondente all'accaduto. Era intervenuto un inconsapevole filtro che aveva modificato gli avvenimenti così come li presentava ad Harry, facendolo apparire più sicuro di quel che era stato effettivamente, e sorvolando sulle sensazioni, per lui inspiegabili, che aveva provato mentre parlava con Hermione. Così, un po' per queste omissioni da parte di Ron, un po' per la tendenza a minimizzare quanto accaduto da parte di Harry, il discorso era destinato a viaggiare su binari alquanto instabili.

«E questo è quanto. Voglio dire, è un comportamento strano da parte sua no?». Ron rivolse uno sguardo ad Harry quasi implorante.

«Beh, effettivamente non mi sarei aspettato che ti desse gli appunti» rispose il ragazzo con la cicatrice a forma di fulmine, dopo aver soppesato la questione. «Mi sarei aspettato una bella tirata su quanto siamo zucconi e...»

«Sì ma a parte quello...» dal tono stizzito della voce di Ron si poteva ben desumere che non fosse quello l'aspetto che lo preoccupava di più. «...miseriaccia, mi è sembrata davvero distante, triste. Non l'ho mai vista così» Fece una pausa come per considerare più a fondo la cosa, inclinando la testa e tornando a fissare le fiamme che crepitavano tranquille all'interno del camino. «Secondo te è colpa di McLaggen?»

L'aveva detto. Harry sospirò, meravigliandosi di come l'argomento McLaggen (che ormai aveva sostituito egregiamente l'argomento Viktor - Vicky – il maledetto bulgaro – il campione – ah quanto non lo sopporto!) fosse emerso piuttosto tardi. Scacciò momentaneamente l'immagine dell'ultima lite che il suo amico Weasley e Cormac avevano avuto lungo il corridoio - a proposito del Quidditch! Naturalmente - e si decise a rispondere.

«Lo sapevo che saresti andato a finire lì. Ascolta, mi sembra evidente ormai che Hermione non voglia parlarne con noi. Si tratta di qualcosa che riguarda loro due, e non mi sembra opportuno immischiarci»

Ron sbuffò scuotendo la testa «Certo...»

«Sì, Ron. Non capisco cosa ti prende alle volte». Stava perdendo la pazienza ormai, non che fosse una cosa nuova per Harry. «Sono io che dovrei sbuffare, visto che nel giro di qualche mese mi sembra di avere a che fare con due sconosciuti». Si fermò un attimo, con aria corrucciata. «O meglio, con uno sconosciuto, visto che l'altra persona mi evita direttamente. Almeno sapessi cos'è successo, se sono stato io ad aver fatto qualcosa di male. Ma no, mi dico, tiriamo avanti, sono cose passeggere. Eh no, non guardarmi così, non hai ragione. E lo sai».

A quel punto Ron si alzò dal divano repentinamente, gettando i fogli degli appunti per terra. «Pensi che mi stia divertendo? Ci penso tutto il giorno...anche la notte» Si interruppe quasi subito perchè vide che gli altri studenti presenti nella sala lo stavano guardando con sorpresa. O con astio, se consideriamo Lavanda e Calì. Ron si abbassò verso Harry, seguitando a parlare con un tono di voce più basso, ma non per questo con meno animosità. «È il mio pensiero fisso ogni dannato giorno, da quando apro gli occhi ogni maledetta mattina finché non crollo la sera sul mio letto. E non capisco ancora perché la nostra amicizia si è ridotta così!»

Harry lo fissò da dietro le lenti dei suoi occhiali a montatura rotonda, gli occhi verdi che scintillavano. «Davvero non lo capisci?»

Ron non fece in tempo ad aprire la bocca per ribattere. Venne interrotto dalla porta d'ingresso alla sala comune che si aprì lasciando entrare un agitatissimo Colin Canon. Appariva trafelato, come se avesse fatto tutte le scale correndo come un indemoniato. Ma sembrava anche sconvolto, il terrore intrappolato nei suoi occhi.

«Harry!»

Appoggià le mani sulle cosce piegandosi avanti, per riprendere fiato, sbuffando sonoramente.

«Harry! Ron! È successa una cosa terribile! Hermione...»

Ron sbiancò all'istante, mentre Lavanda si portò una mano alla bocca, atterrita.

 

Note finali:

Che sarà mai successo? Orrore orrore!

Lo sapremo nella prossima puntata...

Intanto qua ringrazio chi abbia avuto il  buon cuore di arrivare fino in fondo, e spero che vi sia piaciuto questo antipasto, in attesa di leggere il prossimo capitolo.
Se potete lasciare una recensione avrete la gratitudine del vostro Kevan!

Per finire con una nota più seria, vorrei passare ai ringraziamenti.

J.K. Rowling ovviamente.
In gran misura a Stephen King, maestro indiscusso della scrittura e mia costante fonte di ispirazione.
Poi vorrei ringraziare tutti quegli artisti che mi hanno aiutato enormemente durante la fase di ideazione e di scrittura di questa fic, ovvero Anathema, Antimatter, Bonnie "Prince" Billy, Dakota Suite, My Epic.

Ma soprattutto grazie a te, che leggi questa storia. 

Capitolo 2: An end has a start di KevanStark

 

Capitolo 2 - An end has a start We've all been changed from what we were
Our broken hearts smashed on the floor

Someone turn me around
Can I start this again?
Now someone turn us around
Can we start this again?

Editors - Smokers Outside The Hospital Doors



Welcome the end my friend, all the world's the stage
Welcome to the future, the world is black no turning
[...]
Welcome to the fall

Nevermore - Beyond Within


Speak to me
For I have seen
Your waning smile
Your scars concealed
So far from home, do you know you're not alone
Sleep tonight
Sweet summer light
Scattered yersterays, the past is far awway

How fast time passed by
The transience of life

Wasted moments won't return
And we will never feel again

Anathema - Emotional Winter

 

Colin stava tremando vistosamente mentre si sorreggeva con una mano allo stipite della porta. Sentendo su di sé gli occhi incerti dei presenti nella sala di Grifondoro proseguì dopo aver preso fiato, inspirando sonoramente. 

«H-Hermione...l'hanno portata in infermeria!» Fece una piccola pausa prima di aggiungere: «È grave.»

Ci fu come un attimo di vuoto al termine di queste parole. Gli studenti che fino a poco fa stavano tranquillamente svolgendo le proprie attività si bloccarono come se fossero stati colpiti da un Petrificus Totalus. Ron fu il primo a riscuotersi, pallido in volto. «Cos'è successo?» la voce gli uscì un po' roca. «COS'È SUCCESSO?» 

Colin guardò Ron con aria incerta e spaventata, quindi Harry, che lo stava fissando in maniera apprensiva. 

«Non lo so! Ce l'hanno appena portata, stavo passando di lì...oh è terribile!» 

Ron pensò di aver sentito abbastanza e si gettò oltre il divano, scavalcandolo. Gli appunti su cui stava cercando di studiare fino a poco fa finirono per terra sparpagliandosi un po' ovunque. Harry fece come per raccogliere quelle pagine, poi si fermò pensando quanto fosse stupido in quel momento occuparsi di quei fogli di carta e si alzò in piedi di scatto per seguire l'amico. 

Intanto Ron aveva già travolto Colin mandandolo a cozzare contro il muro, nella foga di uscire dalla sala. Cominciò a scendere le scale in maniera frenetica, saltandone due alla volta e rischiando di capitombolare in un numero imprecisato di occasioni. Ron le scale le vedeva a malapena in quel momento. Il panico si era impossessato di lui come se una coltre gelida lo avesse avvolto all'improvviso nella sua morsa. Un piano dopo l'altro si stava avvicinando nella sua discesa all'ingresso che lo avrebbe portato all'ala ospedaliera. Non sapeva come aveva fatto ad evitare di cadere in quell'intreccio di scale semoventi che cambiavano il proprio orientamento seguendo logiche tutte loro. Ad un certo momento Ron arrivò addirittura a pensare che cadere di sotto non sarebbe stato poi male. No, anzi, avrebbe impiegato meno tempo ad arrivare a destinazione. 

Doveva avere un aspetto decisamente sconvolto, cosa che non mancò di notare l'essere che meno aveva voglia di incontrare in quel momento: Pix. Gli venne incontro poco prima della porta che conduceva al secondo piano, quello dell'infermeria, e aveva un'aria tanto gioviale quanto odiosa, soprattutto in un momento come quello. 

«Oh, ma guarda che faccia che hai! Si direbbe che tu abbia appena visto un fantasma!» Detto ciò proruppe in una risata sguaiata, divertito dalla battuta che lui stesso aveva fatto. 

Ron si bloccò per un istante prima di apostrofarlo con voce irata: «Vattene, Pix! Non ho tempo per i tuoi stupidi scherzi.»

«Oh oh oh! Scusami tanto se mi sono permesso di fare dello spirito! Hai capito? Dello spirito!» Seguì una risata ancora più forte della prima, accompagnata da due ampie capriole all'indietro.

Ron provò un fremito di rabbia e si chiese dove fosse il Barone Sanguinario quando ce n'era bisogno. Decise di non rispondere al Poltergeist e tirò dritto scomparendo oltre il ritratto. Aveva qualcos'altro di cui preoccuparsi. Riemerse pochi istanti dopo all'interno della Torre dell'Orologio, notando immediatamente il gigantesco pendolo che oscillava ritmicamente avanti e indietro muovendo tutti gli ingranaggi che si trovavano ai piani superiori. C'erano pochi studenti in giro, ma sentiva un indistinto vociare provenire dal cortile lì fuori. 

Ron si infilò immediatamente nell'apertura laterale, affrontando le scale in legno che lo avrebbero portato all'imboccatura del lungo corridoio che immetteva nell'ala ospedaliera. Aveva quasi raggiunto il soppalco in legno quando per poco non finì addosso a due figure che stavano procedendo in senso contrario scendendo le scale. Quella sulla sinistra stava procedendo con andatura claudicante mentre si appoggiava su quella di destra. Ron, che stava salendo a gran velocità i gradini, non degnò i due di uno sguardo e li superò spintonandoli un po'. Vide con la coda dell'occho il colore verde-argento delle loro cravatte e capì che si trattava di due studenti di Serpeverde. Niente di importante. 

Arrivò finalmente al lungo corridoio illuminato da una fila di alte e sottili vetrate che filtravano la luce esterna, rendendo l'ambiente denso di colori, quasi sospeso nel tempo. I raggi morenti della sera donavano un sapore malinconico, che Ron colse a malapena mentre correva verso la doppia porta che chiudeva l'accesso all'infermeria vera e propria. Il cuore gli batteva forte, se lo sentiva palpitare in gola mentre i respiri si susseguivano sempre più forti. Non avrebbe saputo dire se fosse per via della corsa piuttosto che per l'ansia.

Intanto Harry si era precipitato all'inseguimento dell'amico giù per la scalinata, ansioso allo stesso modo di arrivare in infermeria per capire cosa fosse successo ad Hermione. Molti pensieri, uno più terribile dell'altro turbinavano dentro di lui man mano che procedeva, e sentiva che l'agitazione cresceva dentro di lui senza che potesse far molto per contenerla. Uscì dal ritratto giungendo alla torre campanaria e si diresse immediatamente alle scale più vicine come aveva già fatto Ron. Si imbattè in due figure che stavano uscendo dall'entrata ad arco che conduceva alla scalinata in legno. Stavano procedendo lentamente e una sembrava sorreggersi all'altra. Riconobbe subito Draco Malfoy - che fortuna - anche se non sembrava che se la stesse passando molto bene. Pareva quanto meno dolorante. L'altra figura che gli stava a fianco e lo stava aiutando non gli era familiare. 

Draco si fermò ostruendo di fatto il passaggio per Harry, che lo fissò con uno sguardo carico di odio e di impazienza. «Spostati, vado di fretta.»

Il Serpeverde aveva la faccia tirata, e anche quando storse la bocca in un ghigno beffardo pareva che fosse pervaso di dolore fisico. «Stai correndo in infermeria, Potter? Meglio che ti sbrighi, se tutto va bene avremo una sporca mezzosangue in meno già da stasera.» Provò a sottolineare il suo commento con una risata che però risultò strozzata da un accesso di tosse.

«Bastardo!»

Harry sentì la rabbia crescere dentro di sé senza che potesse far niente per ricacciarla dentro. Sollevò il braccio destro con l'intenzione di colpirlo forte al volto con un pugno. Di solito non si lasciava sfiorare dai commenti e dalle frecciatine del biondo coetaneo che aveva ormai imparato ad ignorare. Si limitava a rispondere per le rime e se ne andava poco più che infastidito. Adesso però l'ansia di conoscere le condizioni della sua amica Hermione aveva preso il sopravvento, e ciò che Draco gli aveva appeno detto non gli era stato per nulla di conforto. Stava per colpirlo direttamente in faccia per cancellargli quel sorrisetto odioso una volta per tutte quando...

«Fermo. Non farlo.»

Harry si bloccò con il pugno a mezz'aria osservando con aria stupita la fonte di quelle parole. Sul momento non aveva dato importanza alla persona che si trovava con Draco, ma ora si era accorto che non si trattava di una delle sue solite compagnie. Non era Tiger o Goyle, né tantomeno Pansy Parkinson. Era una ragazza che non aveva mai notato. Non che fosse poi così strano, le casate di Grifondoro e Serpeverde erano interessate da una sorta di faida che perdurava dai tempi della fondazione di Hogwarts e i contatti fra gli studenti delle due fazioni erano molto spesso limitati alle lezioni, quando l'orario decideva di accoppiarli. Harry abbassò lentamente il braccio e fissò la ragazza, che nel frattempo aveva smesso di sorreggere Malfoy e si era frapposta fra i due ragazzi. Era una ragazza molto diversa dalla solita Pansy che da anni ormai seguiva Draco come fosse la sua ombra. Aveva lunghi capelli biondo cenere, occhi azzurro-verdi penetranti e una pelle candida come la neve. Nel complesso dava l'idea di una bellezza algida, dominata da uno sguardo penetrante e al tempo stesso, così distaccato, quasi un ossimoro. 

«Non dovresti sbrigarti ad andare in infermeria?»

Detto ciò la ragazza di cui Harry ignorava il nome si mosse con Draco al seguito voltando l'angolo e uscendo nel cortile della torre, quello che portava al ponte coperto. Harry osservò per un attimo i due studenti di Serpeverde che si allontanavano, ma effettivamente la ragazza aveva ragione, doveva darsi una mossa e andare a raggiungere Ron. Si fiondò su per le scale salendo i gradini a due a due, le parole di Draco che ancora gli echeggiavano sinistre nella mente.

Nel frattempo Ron era arrivato alla fine del corridoio che terminava in un ambiente di disimpegno a pianta rettangolare che fungeva da anticamera per l'infermeria. Un grosso tavolo era posto al centro su cui vi erano alcuni registri che venivano compilati da una piuma che si muoveva magicamente da sola. Ai lati vi erano alcune cassettiere vecchio stile, con tante targhette ad indicare gli eventuali documenti che dovevano essere conservati al loro interno. La porta che conduceva all'area di degenza era chiusa, ma Ron riuscì a malapena ad accorgersene poiché qualcosa di enorme bloccava la sua visuale: si trattava di Hagrid. Enorme come una montagna, stava piangendo sonoramente stringendo un fazzoletto di stoffa delle dimensioni di una tovaglia. Davanti a lui la Professoressa McGranitt gli stava carezzando una delle possenti braccia cercando di consolarlo, ma aveva lei stessa un'espressione cupa. In un angolo la Professoressa Sprite stava parlando con uno studente di Tassorosso, che Ron riconobbe essere Ernie Macmillan. Gli stava dando una lista con delle erbe da prelevare con la massima celerità dalle sue riserve poste negli armadietti delle serre. Ernie si fermò un attimo a leggere il foglio stringendolo con entrambe le mani, ma la Professoressa lo rimbrottò dicendogli di non perdere altro tempo.

Ron si avvicinò di corsa sentendo alcuni scampoli della discussione tra Hagrid e la McGranitt.

«Oh che cosa orribile, povera Hermione!» Le parole del guardiacaccia erano poco comprensibili, interrotte sovente da dei rumorosi singhiozzi. «Ce l'ho vista lì, così, non sapevo che fare... io... io...» Si portò il fazzoletto al naso soffiando forte tanto da emettere un forte rumore di pernacchia.

«Andiamo Rubeus, hai fatto quel che potevi. Sei stato bravissimo a portarla qua così rapidamente, di più non potevi fare. Ora dobbiamo soltanto sperare in meglio, Piton e Lumacorno sono dentro e sapranno sicuramente assistere Madama Chips nel miglior modo possibile.» La McGranitt stava cercando di tirare su il morale di Hagrid come meglio poteva, ma sebbene le parole fossero quelle giuste qualcosa nel tono della voce un po' insicuro tradivano i dubbi che nutriva su una conclusione positiva di quella incresciosa vicenda.

Ron si accostò ai due, ansante, la voce gli tremava.

«Come sta? CHE LE È SUCCESSO?» urlò.

Minerva McGranitt si voltò sussultando sentendo il giovane Weasley, mentre Hagrid abbassò il fazzoletto per fissare il ragazzo, gli occhi lucidi di lacrime.

«Weasley... stavamo per mandare qualcuno a chiamare te e Potter dato che...» Le parole della professoressa furono prontamente interrotte da Hagrid.

«Ron, sei qui! Dov'è Harry? Oh povera ragazza, povera ragazza! S-Stavo tornando verso il castello e ce l'ho vista lì... l'abbiamo trovata tutta così.. .messa male, ecco, ma male forte! C'era tanto sangue, non sapevo che fare e mi son detto, Rubeus ci vuole che ce la porti dalla signora Chips subito!» Hagrid dovette portare nuovamente al naso il suo enorme fazzoletto e Ron vide che tutto il suo vestito era imbrattato di sangue, cosa che lo fece rabbrividire ancora di più.

«Rubeus, su calmati ora.» Minerva gli posò nuovamente una mano sul braccio, poi si rivolse a Ron. «Proprio con lei volevo parlare, Weasley. Mi sembra di aver lasciato la signorina Granger in sua compagnia quest'oggi. Dovremo andare in un posto un po' più al riparo da orecchie indiscrete per parlarne»

Ron spalancò gli occhi «Ma cosa è successo? Non ci sto capendo niente, fatemi vedere Hermione!»

«Un momento! L'ingresso è vietato categoricamente in questo momento, ordine preciso di Madama Chips. Ci sono già i professori Silente, Piton e Lumacorno e stanno prendendo tutte le misure necessarie.» 

«Vuole spiegarmi cos'è successo a Hermione sì o no? Hagrid, almeno tu, dimmi qualcosa!» Ron stava ormai dando in escandescenza.

«Esatto, cosa diamine le è capitato?» Una voce giunse alle spalle di Ron. Era Harry, anche lui col fiatone per la corsa.

Hagrid si accorse di Harry e gli si rivolse subito senza aspettare una risposta della McGranitt. «Harry! Eccoti qua meno male... Hermione, l'abbiamo trovata al Platano, ce l'aveva ridotta proprio male povera ragazza! Ma perché, perché...»

I due ragazzi strabuzzarono gli occhi e si guardarono increduli. Il Platano Picchiatore? 

«Rubeus...ragazzi, meglio che vi spieghi quel poco che sappiamo. Speravo infatti che poteste darmi maggiori delucidazioni, soprattutto lei, signor Weasley, ma vedo dalla sua faccia che ne sai meno di noi» la Professoressa fece una pausa sospirando profondamente. «La signorina Granger è stata trovata da Hagrid nei pressi del Platano Picchiatore. Era... è ridotta molto male, deve essere stata colpita ripetutamente e con violenza dall'albero.» Si fermò nuovamente, lo sguardo teso che spaziava da Harry a Ron. «È in fin di vita, ha riportato ferite e traumi molto pesanti. Stiamo facendo tutto il possibile ma la situazione è davvero disperata. Se Rubeus non l'avesse trovata, a quest'ora...» A questo punto dovette fermarsi pure lei, gli occhi le si erano inumiditi e la voce le si era spenta in gola. Estrasse da una tasca un fazzolettino ricamato e lo portò agli occhi per asciugarseli. 

Harry e Ron sembravano pietrificati. 

Ci fu un momento di silenzio, nessuno osava parlare né quantomeno respirare.

Il primo a scuotersi fu Ron. «Ma... ma perchè? come c'è finita lì? sapeva benissimo che il Platano era pericoloso e inoltre...»

«Ma infatti» lo interruppe Hagrid con voce roca. «È quello che ci dicevo a loro. Brava ragazza Hermione, sveglia, intelligente. Un altro studente forse poteva cascarci ma lei no, lei lo conosceva! Non me lo spiego, no, proprio no.»

La professoressa McGranitt ripiegò il fazzolettino e tirando lievemente su con il naso si rivolse a Ron. «È di questo che vorremmo parlarvi... voi non sapete niente? Del perchè abbia commesso questo gesto così folle e insensato?»

Ron e Harry si guardarono nuovamente, i volti che sembravano due punti interrogativi. 

«Un gesto? Ma che sta dicendo, sarà stato un incidente. Voglio dire, Hermione sapeva benissimo come gestire il Platano. Si ricorderà che al terzo anno...» Fu Harry a prendere la parola.

«Mi ricordo benissimo, Harry. Però vede, abbiamo ragione di credere che non sia stato un incidente.» Minerva si guardò intorno abbassando la voce. «Riteniamo che si sia avvicinata all'albero di proposito. So che sembra impossibile ma non riusciamo a trovare altre spiegazioni, anche perché... ma non sapete proprio nulla?» Si bloccò spalancando la bocca. Stentava a crederci.

Harry e Ron nel frattempo erano sempre più sconvolti. Cosa significava quello che la professoressa gli aveva appena detto? Hermione si sarebbe quindi gettata di sua volontà tra le grinfie del terribile Platano? Difficile a credersi. Anzi, impossibile. E inoltre la McGranitt insisteva ad alludere che i due ragazzi dovessero per forza di cose sapere di più sul conto della loro amica, ma la verità era che negli ultimi tempi sapevano ben poco di lei.

Ron si sentiva esplodere. Hermione stava oltre quelle porte, forse in fin di vita - forse, non poteva credere che fosse vero - e loro stavano perdendo tempo a discutere di cose secondo lui prive di senso. Scattò improvvisamente in avanti oltrepassando gli attoniti professori - anche Harry lo stava guardando incredulo - e si gettò contro le doppie porte spalancandole d'impeto per entrare in infermeria. Avrebbe visto Hermione, fosse l'ultima cosa che faceva. Che lo espellessero pure, per quanto glie ne importava.

Accadde tutto molto velocemente. Furono in realtà pochi secondi, ma a Ron parve che fosse passata un'eternità mentre ciò che vedeva di fronte a sé si dipanava con una lentezza tale da rasentare l'immobilità. Vide due lunghe file di letti vuoti, tutti uguali nel loro ordine. Vide la lunga barba di Silente che si chinava ad osservare l'operato di Madama Chips, che appariva impegnata in modo frenetico e parlava con foga al tempo stesso. Vide una lunga tunica nera e i capelli altrettanto neri e untuosi di Piton che gli davano le spalle assieme al Professor Lumacorno. 

Stava ancora correndo. 

Un passo. 

Un altro.

Silente alzò gli occhi cristallini verso di lui, vide che lo fissavano gravi da dietro gli occhiali con la montatura a mezzaluna. Piton si voltò, la bocca ridotta a una fessura. 

Ancora un altro passo.

Il letto su cui tutti erano concentrati era uno degli ultimi della fila di destra. Ron aveva il terrore di posare lo sguardo su quel letto, eppure si trovava costretto a fare una fatica incredibile per impedire ai suoi occhi di finire lì, come pezzi di metallo che cercassero di sfuggire ad una calamita. 

Un passo.

Un altro.

Anche Lumacorno si voltò a guardare Ron, il volto preoccupato segnato da mille rughe sulla fronte. Piton si voltò del tutto e cominciò ad andare incontro a Ron, livido in volto.

Ron abbassò finalmente lo sguardo sul corpo disteso sul letto. 

Fu come passare sotto il getto di una cascata gelida, rabbrividì mentre ancora si stava avvicinando. 

Vide un corpo martoriato, pieno di ferite che emergevano sanguinolente da sotto numerose lacerazioni ai vestiti della divisa scolastica che stava indossando. 

Non ci credo non ci credo non ci credo non ci credo.

Madama Chips stava applicando alcuni unguenti sul corpo di Hermione, essenza di Dittamo, nel tentativo di bloccare le varie emorragie che stavano dissanguando rapidamente la povera studentessa. Ron vide il suo volto, tumefatto e graffiato, di un pallore spaventoso. Piton si avvicinò al ragazzo di Grifondoro sibilandogli qualcosa, ma Ron non udì quelle parole che si persero in un'atmosfera che sembrava ovattata. Hermione sussultò convulsamente. Madama Chips urlò qualcosa e posò la boccetta dell'unguento cercando con frenesia nel carrello che aveva di fianco un altra boccetta, mentre Lumacorno si prodigava per tentare di tenere ferma la ragazza, con troppe penose esitazioni. 

Ron si sorprese sentendo le prime lacrime che gli scendevano lungo le guance, tentò di avanzare, ma le gambe gli si erano fatte incredibilmente pesanti, come se avesse delle scarpe imbottite di piombo. Hermione si contorse ancora in preda a delle convulsioni, poi ricadde di colpo immobile sul letto, il braccio sinistro che scivolava fuori dal letto. 

Ron non sentì il rumore di passi pesanti che facevano vibrare il pavimento dietro di lui. Non si accorse di due possenti braccia che lo afferravano da dietro e lo trascinavano con facilità via da quel luogo, via dall'infermeria, da Hermione. Provò a lottare dopo l'iniziale sorpresa, rosso in volto quasi quanto nei capelli, stava urlando, chiamando il nome di Hermione, mentre Piton gli intimava di andarsene e Silente, il vecchio e saggio preside, teneva fisso lo sguardo grave sulla studentessa.

Si ritrovò in un attimo fuori dall'infermeria. Hagrid lo lasciò andare e chiuse con uno schianto l'anta della porta dietro di sé, anche lui decisamente provato in volto. Era calato un silenzio abissale nell'anticamera adesso.

Hagrid se ne stava immobile con il capo abbassato davanti alle due porte, mentre le due professoresse, di Trasfigurazione e di Erbologia si lanciavano sguardi carichi di apprensione. Harry era là, le braccia rigide lungo il corpo, i pugni serrati. Era accaduto tutto molto in fretta, Ron che entrava e dopo un attimo di stupore Hagrid che si lanciava al suo inseguimento. Harry non aveva visto ciò che era avvenuto dentro, ma aveva ben capito la gravità della situazione, aveva visto Ron, che ora se ne stava fermo al suo fianco, la testa reclinata in avanti, gli occhi lucidi.

Nessuno osava parlare.

Non fu chiaro quanto tempo passò prima che la porta dell'infermeria si aprisse nuovamente, questa volta dall'interno. Ne emerse Piton, il volto tetro era una maschera. Gli occhi dei presenti si alzarono subito verso di lui, ma nessuno osava fare una domanda, come se ciò potesse rendere migliore la realtà. Se non lo vedi non esiste, se non chiedi non avrai la risposta che tanto temi. Il professore che da quest'anno aveva fatta sua la tanto ambita, e tanto pericolosa cattedra di Difesa contro le Arti Oscure, richiuse la porta dietro di sé senza fare rumore alcuno, fermandosi quindi ad osservare i presenti senza la benché minima traccia di emozione. Osservava soprattutto Ronald Weasley, che si trovava proprio di fronte a lui.

«Severus...» Fu la Professoressa McGranitt la prima a parlare. «Come sta?»

Non lo voglio sapere. Non dirlo, non aprire bocca, voglio sperare che tutto si risolva per il meglio, voglio sperare e tu non mi porterai via quella speranza. Scommetto che sei contento, sono anni che l'hai umiliata a lezione così come hai fatto con ognuno di noi Grifondoro... Ron alzò gli occhi verso Piton, occhi di un azzurro che lacrime incombenti avevano reso opaco e gelido.

«Madama Chips ha fatto del suo meglio...» La voce di Severus era poco più di un sibilo, come suo solito. 

No...no.

«Così come tutti noi. Le sono state somministrate tutte le cure del caso. Verrà tenuta in cura intensiva... la sua vita è appesa a un filo. È già tanto se riuscirà a superare questa notte e a vedere l'alba di domani.»

Nessuno osò fiatare. Soltanto Minerva McGranitt trovò la forza di replicare, seppure con un fil di voce. «E... quante possibilità ha, Severus?»

«Non molte.» La voce del capocasa di Serpeverde era gelida.

«Non è possibile!» Si voltarono tutti a guardare Ron, che era rosso in volto, la voce rotta dall'emozione «Cosa sta facendo lei qua? perché non è dentro ad aiutarla? Faccia qualcosa, prepari qualche pozione... ci sarà una pozione che può aiutarla, miseriaccia, perchè studiamo magia se non possiamo fare niente?» Vomitò queste parole tutte di seguito, mentre Piton rimaneva impassibile come sempre.

«Se avesse un po' di cervello, Weasley, si sarebbe accorto che non sono più io il professore di Pozioni. Ci penserà il professor Lumacorno, io posso rendermi utile in altro modo. La signorina Granger è un'insopportabile saputella, ma ha più intelletto di metà della scuola... sarebbe disdicevole perderla così. Cosa che non direi se al suo posto ci fosse stato uno di voi due.» disse posando lo sguardo alternativamente su Harry e Ron. «Tuttavia, anche le più potenti pozioni conosciute non possono nulla in confronto allo spirito umano. Se dimostrerà attaccamento alla vita e troverà la forza per lottare... allora ce la farà. In caso contrario avremo un altro decesso ad Hogwarts.» Detto ciò si mise in cammino facendosi strada fra di loro e dirigendosi verso il corridoio che nel frattempo era diventato molto più cupo.

Hagrid affondò di nuovo il naso nel suo enorme fazzoletto, mentre la professoressa McGranitt sospirando sommessamente si rivolse ai ragazzi: «Harry, Ronald... Severus ha ragione, stanno facendo tutto il possibile. Ora dobbiamo soltanto aver fiducia in Hermione, e soprattutto dobbiamo sperare. Vorrei vedervi entrambi nel mio ufficio tra poco. Credo che una tazza di thè sia l'ideale e vorrei anche dirvi...» 

Non fece in tempo a finire la frase. Ron stava cercando di controllarsi, ma si sentiva esplodere. Gli sembrava di vivere un brutto incubo, di quelli in cui ti agiti, ti dimeni ma non riesci a svegliarti. Sentiva affiorare di nuovo le lacrime ma non sopportava di stare ancora in quel luogo, di stare insieme alla gente. Davanti a sé aveva ancora l'immagine di Hermione sul letto dell'infermeria, e più tentava di scacciarla più riaffiorava con prepotenza. Si voltò repentinamente e cominciò a correre. Corse via e già dai primi passi iniziò a piangere, ormai era troppo faticoso trattenersi ancora. Finì addosso a qualcuno, non vide chi, non gli importava. Continuò a correre, lontano da quel luogo terribile.

Ginny aveva saputo soltanto allora di quanto era accaduto - la notizia si era sparsa via via tra gli studenti di Grifondoro grazie a Colin che aveva allarmato ormai mezza torre - e si era precipitata di sotto per sincerarsi delle condizioni della sua amica. Non era riucita a trovare né suo fratello né Harry, immaginò che dovessero essere già sul posto. Incontrò il professor Piton che si allontanava dal corridoio dell'infermeria con passo svelto, ma ci fece appena caso. Non appena svoltò anch'ella dietro l'angolo venne travolta da suo fratello Ron e dovette fare qualche passo all'indietro piuttosto rapidamente per riprendere l'equilibrio. Lo vide correre via e capì che non si era affatto reso conto di essere incappato in sua sorella. Stava piangendo? Le era sembrato di sì. Si affrettò a raggiungere Harry e gli altri in infermeria. 

Ron non sapeva per quanto tempo aveva corso prima di essere crollato a sedere contro una delle fredde pareti del castello. Non sapeva nemmeno dove si trovasse di preciso. Aveva vagato come un ubriaco, percorrendo corridoi e sale colpendo i muri come una palla da biliardo. Adesso si trovava seduto per terra, con le braccia appoggiate alle ginocchia e la testa che toccava il muro, il petto che si gonfiava ritmicamente nel tentativo di riprendere fiato. 

Passò un po' di tempo così, senza pensare a niente, tentando di concentrarsi soltanto sulla respirazione. 

Inspirare ed espirare. Inspirare ed espirare. 

Fu una lotta impari con il pensiero fisso di Hermione e ben presto dovette arrendersi. La mano corse verso una tasca della camicia, sotto il maglione che stava portando. Fu quasi un riflesso incondizionato. Ne estrasse una sorta di foglio ripiegato su se stesso e lo aprì con entrambe le mani. 

Era una foto.

In essa vi erano lui ed Hermione. L'aveva scattata Colin l'anno prima, al termine di uno degli incontri dell'ES. Anche crescendo, Colin non aveva perso la sua abitudine di girare con la sua macchina fotografica per imprimere nella pellicola i momenti più significativi - e anche quelli più odiosi, avrebbe detto Harry - della loro vita ad Hogwarts. Hermione aveva un'espressione determinata, ma aveva un sorriso di quelli che scioglierebbero un ghiacciaio. Questo almeno era quello che pensava Ron. Lui era lì, alla sua sinistra con un sorrisetto ironico stampato in volto, i rossi capelli che gli incorniciavano il volto. Era proprio una bella foto. 

Ron la portava sempre con sé. Se qualcuno se ne fosse accorto, gli avrebbe chiesto perché proprio quella di tutte le foto che aveva - e ce n'erano molte grazie a Colin. Oltretutto una foto, che non  si muoveva, come una di quelle babbane. Ron avrebbe alzato le spalle, sarebbe arrossito un po'. Probabilmente avrebbe risposto che non c'era un motivo particolare, gli piaceva la foto, tutto qua. Ah sì, era venuto decisamente bene in quella. Beh, poi è curiosa una foto che non si muove no? Forse avrebbe detto che era finita lì per caso, e l'avrebbe messa a posto quanto prima.

Quello che non avrebbe detto però era che quella foto era l'unica che lo ritraeva con Hermione senza la presenza di Harry. Colin Canon ne aveva scattate un'infinità, quasi tutte con Harry al centro. Harry e i suoi amici del cuore, Harry e i suoi tirapiedi. Harry, Ron ed Hermione. Forse sì, in qualcuna c'erano solo lui ed Harry, ma quella foto che stringeva in quel momento, che aveva quasi consumato, c'erano solo loro due. 

Ron ed Hermione. 

Non sapeva perchè continuava a portarla con sé. Si sentiva in colpa oltretutto. In realtà questa foto non era nemmeno propriamente sua. Tempo addietro Hermione aveva richiesto a Colin di realizzarle un album fotografico. Un giorno, finita la scuola, sarebbero state un ricordo stupendo e struggente, aveva detto. Così avevano selezionato una serie di scatti e le avevano immerse nel liquido speciale per farle muovere. Ron era passato di lì per caso, e aveva trovato la foto che ora stava stringendo tra le mani. Era finita in un angolo, e a nessuno sembrava importare. Certo, non c'è Harry in questa foto. Solo uno stupido gregario. Qualcosa spinse Ron a raccoglierla, conscio di aver a che fare con qualcosa che Hermione aveva rifiutato. Non sapeva cosa l'avesse spinto, ma lo fece lo stesso. La piegò e la mise in tasca senza farsi notare dai presenti.

Adesso, quella foto rischiava di essere l'unico ricordo di lei. Di Hermione, la sua...amica? Sì, cos'altro poteva essere? Sentì le lacrime affiorare di nuovo. Non poteva finire così. Davanti ai suoi occhi turbinavano le visioni di lei nell'infermeria e del loro ultimo incontro, poche ore prima - ore? sembravano mesi - davanti all'aula di trasfigurazione e si trovò a chiedersi inevitabilmente se quella fosse destinata ad essere l'ultima volta che le avrebbe parlato. 

Si sorprese a picchiare il dito contro la fotografia che aveva in mano. Perchè non si muoveva? Hermione gli aveva detto che era una cosa normale nel mondo babbano. Le fotografie non si muovono, sono istantanee. Picchiò ancora una volta con l'indice la fotografia sopra la figura di Hermione. Muoviti. Gli ricordava con orrore la stessa tremenda immobilità della ragazza quando l'aveva lasciata in infermeria. Non ha senso che le fotografie non si muovano. Una fotografia catturava un momento, un attimo? Ma come poteva catturare una persona nella sua vitalità. Vita è movimento. La morte è l'immobilità. 

Continuò a battere il dito sulla fotografia ancora per un po', poi richiuse la fotografia, prese la testa fra le mani e cominciò a piangere a dirotto.

 

 

How I needed you
How I grieve now you're gone
In my dreams I see you
I awake so alone

I know you didn't want to leave
Your heart yearned to stay
But the strength I always loved in you
Finally gave way

Somehow I knew you would leave me this way
Somehow I knew you could never.. never stay
And in the early morning light
After a silent peaceful night
You took my heart away
And I grieve

In my dreams I can see you
I can tell you how I feel
In my dreams I can hold you
And it feels so real

I still feel the pain
I still feel your love
I still feel the pain
I still feel your love

And somehow I knew you could never, never stay
And somehow I knew you would leave me
And in the early morning light
After a Silent peaceful night
You took my heart away
I wished, I wished you could have stayed

Anathema - One Last Goodbye

 

Note finali:

Volete che Hermione si salvi? Premete il tasto rosso del vostro telecomando entro 5 secondi...

A parte gli scherzi, che ne pensate? La trama sta emergendo piano piano, qua e là ci sono indizi di futuri sviluppi... e molti interrogativi credo.

Ho cercato di rendere la drammaticità del momento...ci sono riuscito? Non so, ma sono piuttosto soddisfatto del risultato finale.

Come al solito leggete, leggete...e recensite!! Qualsiasi cosa vi venga in mente è ben accetta, siete la benzina che mi fa andare avanti!

Grazie a tutti dal vostro Kevan, baluardo del Ron/Hermione in questo mare di Dramione!

A presto!

PS ascoltatevi le canzoni citate, ne vale la pena ;)

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